A Sakkaku,
un’amica che ormai
da anni
condivide con me la
passione
per la scrittura,
per la lettura, per
i gatti e che spero
di riabbracciare
al più presto nella
real life!
Buon compleanno,
tesoro ♥
Il borseggiatore
Becky entrò in ufficio e si diresse senza esitazioni verso
il distributore automatico: una bella barretta ai cereali era il modo migliore
per cominciare la giornata lavorativa.
Tuttavia fu costretta a fermarsi a metà strada quando una
chioma di capelli rosso fuoco attirò la sua attenzione; si voltò verso sinistra
e tentò di mettere a fuoco un collega in uniforme blu che se ne stava
stravaccato dietro una scrivania con i piedi appoggiati sul piano in legno e
una tazza di caffè tra le dita.
Gli lanciò un’occhiataccia e si puntò le mani sui fianchi,
avvicinandosi in fretta allo sconosciuto. «Ehi, tu! Giù le zampe dalla
scrivania!» esclamò.
Il rosso – i capelli legati in un codino e due occhi verdi e
scintillanti – non si scompose minimamente e le indirizzò un sorriso sagace. «Buongiorno,
io sono Ben. Oggi sostituisco l’agente Kinder, il tuo partner. Sta facendo un
corso o qualcosa del genere.»
«E come fai a sapere che Kinder è il mio partner?»
Ben, sempre con il solito sorriso, indicò il cartellino
appuntato all’uniforme della donna. «C’è scritto che sei l’agente Carter. Ci
sono arrivato per logica, non ci vuole mica una laurea!»
Becky sbuffò irritata: quel tizio l’aveva già squadrata da
capo a piedi e aveva perfino indugiato sul suo tesserino, quindi arrivò alla
conclusione che non avesse perso l’occasione di immaginare le rotondità che
nascondeva sotto la rigida divisa.
«Sei sempre così scontrosa?» proseguì il rosso, mettendo giù
le gambe e finendo di bere il suo caffè.
«No, solo con gli idioti dai capelli rossi» gracchiò Becky.
Il nuovo arrivato si alzò e lei si rese conto che era
piuttosto alto e dinoccolato, aveva un corpo magro e sembrava un folletto
infilato in una divisa da poliziotto con quella pelle chiara punteggiata di
lentiggini e le orecchie leggermente a sventola.
Lo guardò dal basso in alto e incrociò le braccia al petto.
«Qual è il tuo cognome?»
«Baker. Agente Bernard Baker.» Poi si lasciò sfuggire un
sorrisetto e le strizzò l’occhio. «Becky e Baker: proprio una bella squadra!»
esclamò.
Lei sospirò e si sbatté una mano sulla fronte: sarebbe stata
proprio una lunga e difficoltosa giornata insieme a quel tizio.
La primavera regalava ai due agenti in borghese un tiepido
sole, mentre una lieve brezza pungente costringeva Becky a tenere addosso il
foulard con i gatti che le aveva regalato Timothy.
Ora che ci pensava, le mancava trascorrere un po’ di tempo
con il suo migliore amico. Appuntò mentalmente di chiamarlo e organizzare una cena
a base di cibo spazzatura e alcolici. Erano i momenti in cui entrambi riuscivano
a svagarsi e aprirsi, raccontandosi qualsiasi cosa e ridendo fino alle lacrime.
In quel momento, però, mentre i colori sgargianti di fiori
che sbocciavano le riempivano gli occhi, era costretta a passeggiare
discretamente accanto al centro commerciale in compagnia di uno sconosciuto
dagli irritanti capelli troppo rossi.
Si trovavano in quel luogo perché in centrale erano giunte
diverse segnalazioni a proposito di un ladro di cani che aveva già fatto
sparire tre cuccioli nel giro di due settimane.
«No, ma dico io… chi cazzo è che ruba dei cani? E perché
poi?» sbottò Baker a un certo punto, sollevando una mano per sfiorare una
farfalla colorata che gli volava accanto.
«E io che ne so?»
«Ma poi come si fa a rubare un cane senza che i padroni se
ne accorgano? Roba da matti!» continuò il collega momentaneo, ignorando la
replica dell’altra.
Becky pensò che quel tipo fosse bizzarro e che parlasse un
po’ troppo per i suoi gusti; non che lei fosse una donna silenziosa, però Baker
aveva un modo di porsi che in certi momenti le faceva desiderare che perdesse
la voce.
«E comunque ho dato appuntamento a mia sorella qui. Ci
aiuterà» disse il rosso all’improvviso.
Becky si fermò di botto e lo incenerì con lo sguardo. «Sei
scemo?! Ti sembra questo il modo di lavorare? Guarda che per colpa sua potrebbe
saltare la copertura!»
«Non conosci mia sorella, come fai a saperlo?»
«Se hai i capelli come i tuoi, sicuramente attira troppo
l’attenzione» rispose Becky scettica.
«Ma lei sarà la nostra esca.»
La donna non fece in tempo a ribattere che una giovane
ragazza dai capelli rossi e lunghi comparve sul marciapiede dopo aver girato
l’angolo. Teneva al guinzaglio un cagnolino dall’aspetto malaticcio e stanco e
camminava come se non le importasse granché del suo amico a quattro zampe.
«Quella sarebbe tua sorella?»
Ben annuì. «Lei è Beth. Ma ignorala, fa’ come se non ci
fosse.»
«Perché?» chiese Becky sempre più confusa.
«Fidati di me.»
«Ma se nemmeno ti conosco! E poi la vita mi ha insegnato a
non fidarmi mai di chi ha i capelli rossi!»
L’altro sorrise e inspirò, beandosi del profumo di fiori
appena sbocciati. «La primavera mi piace un sacco!»
«Ah, interessante…» farfugliò Becky.
Proprio in quel momento passarono accanto alla sorella di
Ben e notò che lui le rivolse una breve occhiata. Probabilmente erano riusciti
a comunicare mentalmente, dovevano avere proprio un legame molto stretto.
«E adesso che facciamo? Andiamo avanti e indietro e
incrociamo tua sorella finché non le ruberanno il cane?» sibilò la poliziotta,
dando leggermente di gomito al collega.
«Mi sono fatto un’idea: se questo tizio ruba i cani,
probabilmente lo fa per un motivo. Magari vede che i cuccioli hanno dei padroni
che li fanno soffrire e vuole liberarli» spiegò pazientemente il rosso.
«Come fai a sapere che è proprio così?»
Ben si strinse nelle spalle e le sorrise. «Non lo so, lo
suppongo.»
Quando si voltarono per tornare indietro, notarono che Beth
aveva legato il cane a un palo senza prestargli troppa attenzione; la videro
afferrare il cellulare e usarlo, mentre si guardava intorno come se aspettasse
che qualcuno la raggiungesse.
Sembrava a tutti gli effetti una ragazza qualsiasi in attesa
di qualcuno, come se avesse un appuntamento e fosse un po’ contrariata all’idea
di doversi addirittura trascinare dietro un cane.
«Ma il sacco di pulci è vostro? No, perché un aspetto
orribile! Portatelo da un veterinario, santo cielo!» commentò Becky.
«Non è nostro, è di un mio amico. Non se ne prende
particolarmente cura perché non ha tanti soldi per portarlo regolarmente a
visita, ma ci è molto affezionato. Fa quello che può, insomma» spiegò il rosso,
seguendo con gli occhi lo svolazzare di un’altra farfalla.
«Questa faccenda mi piace sempre meno.»
«Donna di poca fede! Aspetta e vedrai: se ho ragione, il
ladro si farà presto vedere!»
Trascorsero quasi venti minuti prima che accadesse qualcosa,
a Becky facevano male i piedi e aveva fame.
Tuttavia, proprio quando stava per protestare, un uomo
cominciò ad aggirarsi furtivamente nei pressi del palo a cui era legato il
povero cane.
Intanto, la sorella di Ben parlava in maniera concitata al
telefono e la sua voce squillante e irritata risuonava fino a raggiungere anche
i due agenti in borghese.
«Cosa mi interessa? Avevamo appuntamento al centro
commerciale venti minuti fa e tu ti sei svegliata adesso?!» strillava, stringendo
nervosamente la tracolla della borsa gialla che indossava. Era decisamente una
tipa appariscente, una di quelle che era difficile non notare, nonostante di
fatto fosse una ragazza piuttosto semplice e senza fronzoli. «Raggiungimi
subito, altrimenti me ne vado! Mi sono pure dovuta portare dietro questo
dannato cane, ti rendi conto? Altrimenti mia madre non mi lasciava uscire!»
«Guarda quel tizio» sussurrò Ben.
Becky aggrottò la fronte. «Quale tizio?»
«Il rossiccio con le mani in tasca, alla sinistra del palo.
Cerca di non darlo a vedere, ma sta ascoltando ciò che Beth dice al telefono. E
ogni tanto lancia occhiate al cane, come se provasse pena per lui.»
La donna sgranò gli occhi. «Pensi che sia lui?»
«Vediamo che fa.»
«Che ne so? Questo coso pulcioso non ha fatto che pisciare
per tutto il tragitto, pensavo pure di essere in ritardo! Invece come al solito
mi stai facendo aspettare!» continuò Beth, voltando completamente le spalle
all’animale che, buono e tranquillo, se ne stava zitto in un angolo con
un’espressione triste e sconsolata.
Fu in quel momento che il ladro agì: si accovacciò
rapidamente accanto al cucciolo e, dopo essersi guardato intorno per
assicurarsi che nessuno lo vedesse, estrasse un coltellino svizzero dalla tasca
della giacca e tranciò di netto il guinzaglio.
Prese l’animale tra le braccia e fece per alzarsi, ma subito
Beth compì un giro di centottanta gradi e lo inchiodò con lo sguardo.
Nel frattempo, Becky e Ben la raggiunsero a grandi falcate e
il tipo rimase talmente sconvolto da non riuscire a muoversi.
Beth ripose il cellulare all’interno della borsa gialla e si
fece da parte, mentre Ben si accovacciava e richiamava il cane con dolcezza.
«Billy, vieni qui» disse.
La bestiola, riconoscendo la sua voce, sgusciò via dalle
grinfie del ladro e gli saltò in braccio; tremava impaurito e uggiolava piano,
così il rosso prese ad accarezzarlo per tentare di tranquillizzarlo.
Il ladro balzò in piedi e fece per darsela a gambe, ma Becky
non glielo permise. «Fermo lì! Mani bene in vista, amico. Dove credi di
andare?»
«Io… io… posso spiegare, non…»
«Vuoi forse farmi credere che non sei un borseggiatore di
cani?» proseguì la poliziotta con autorevolezza. «Voltati, mani dietro la
schiena! Facciamo un giretto in centrale, così ci spieghi tutto quello che
vuoi.»
L’uomo obbedì e si lasciò ammanettare senza opporre
resistenza. «Io… mi scusi, agente, non volevo… è solo che… che…»
«Senti, amico… com’è che ti chiami?» lo apostrofò Becky,
strattonandolo appena per le manette e parlandogli dritto nell’orecchio.
«Dwight. Dwight Richardson! La prego, non mi faccia del
male, volevo solo salvare dei poveri cuccioli indifesi e maltrattati!» piagnucolò
l’uomo.
Ben, intanto, lasciò il cucciolo alle cure della sorella e
si piazzò di fronte al ladro. «Non è questo il modo per salvare degli animali
maltrattati! Puoi aprire un’associazione, puoi fare campagne di
sensibilizzazione… ma se finirai in galera, non avrai più niente da dare agli
animali che hanno bisogno di te. Non credi?»
Becky era senza parole e allentò perfino la stretta sui
polsi di Richardson: non poteva credere che quel poliziotto dai capelli
irritanti potesse essere tanto sensibile – e tanto idiota – da rivolgersi a un
criminale in quel modo.
«Non siamo qui per dargli consigli, ma per sbatterlo in una
sala per gli interrogatori per almeno mezza giornata» intervenne.
«Ma io… lei ha ragione, agente, mi dispiace. Però è più
forte di me: vedo queste povere creature stare male e devo salvarle!» continuò
a giustificarsi il ladro, la voce sempre più incrinata dal pianto. «Non voglio
finire in prigione, giuro che non lo farò mai più! Non avevo pensato alle
conseguenze!»
Becky alzò gli occhi al cielo e decise di essere magnanima e
di togliergli le manette. In fondo non aveva voglia di perdere tempo dietro a
un ladruncolo qualunque, c’erano criminali ben peggiori da catturare.
L’agente Baker le sorrise e annuì. «Grazie, agente Carter,
lascialo pure andare. Credo che abbia capito la lezione.»
Becky circumnavigò il borseggiatore di cani e lo inchiodò
con lo sguardo. «Per stavolta sei libero, ma se mi capita di ricevere altre
segnalazioni del genere, verrò a cercarti. Hai capito, Dwight Richardson?»
«Sì, signora. Cioè, certo, agente Carter.»
Fece per mettersi sull’attenti, ma la donna gli voltò le
spalle e lo liquidò con un breve gesto della mano.
Il tizio scomparve in pochi istanti e i due agenti si
ritrovarono sul marciapiede insieme a Beth e il povero Billy.
«Beh, muoio di fame. Facciamo così: andiamo a mangiare
qualcosa di sostanzioso, poi passiamo dal veterinario e facciamo visitare il
sacco di pulci che ne ha bisogno. Pago io per ringraziarvi: mi avete aiutato a
risolvere questa faccenda che andava avanti da due settimane e già non ne
potevo più» affermò Becky, lasciandosi sfuggire un piccolo sorriso in direzione
dei due fratelli.
Ben e Beth si scambiarono un’occhiata complice, poi
scoppiarono a ridere.
Billy, intuendo che l’atmosfera si era fatta festosa, abbaiò
gioioso e prese a scodinzolare stancamente.
«Che avete da ridere?» chiese Becky stranita.
«Vedi, Ben? Avevo ragione: da quando ho visto la tua collega
ho capito che non è poi così burbera come vuole apparire» commentò Beth.
«Si può sapere perché parlate di me alle mie spalle?» si
inalberò la poliziotta.
«Ma no, ho solo mandato un messaggio a mia sorella in preda
alla disperazione quando ci siamo conosciuti. Avevo paura che mi mangiassi, e
visto che lei è un’aspirante psichiatra, ho pensato di chiederle un parere su
di te con la scusa del cane» raccontò Ben come se niente fosse, facendo
l’occhiolino alla collega.
Becky divenne paonazza e sollevò un pugno, ma subito dopo
venne contagiata dalle risate degli altri due e in breve si tranquillizzò.
«Siete terribili» disse infine, mentre si dirigevano verso
l’auto di pattuglia.
«E tu sei simpatica, anche se fai vedere tutto il contrario»
concluse Beth.
Ben annuì e, giunto accanto alla macchina, aprì lo sportello
del passeggero ed eseguì un leggero inchino. «Pergo, agente Carter, si accomodi
e si goda la gita!»
Becky ridacchiò e si ritrovò a pensare che forse il
sostituto di Kinder non era poi così male.
Era una bella giornata di primavera, l’aria era sempre più
tiepida e in poco tempo aveva già risolto uno dei casi che si trascinava
appresso da settimane.
Non vedeva l’ora di raccontare tutto a Timothy, ma
soprattutto di scoprire quali altre risorse potessero nascondersi in quel
folletto dai capelli irritanti infilato in un’uniforme da sbirro.
😊 😊 😊
Prompt per la challenge di Laila: [Primavera] Appuntamento –
Commedia / Borseggio
AUGURI SAKKAKU *________*
Oddio, ma quanto è stata demenziale questa storia???
Ho riso un sacco mentre la scrivevo, sia per la presenza dei
miei Ben&Beth, sia perché mi è piaciuto moltissimo scrivere di Becky e far
ricoprire a Dwight il ruolo di “borseggiatore di cani”, vista la sua innata
passione per gli animali e il suo voler sempre essere una sorta di paladino
della giustizia!
Carissima, spero di aver reso giustizia ai tuoi adorabili
personaggi, perché giuro che ho fatto del mio meglio e mi sono fatta guidare
dall’ispirazione e dalla voglia di scrivere qualcosa che potesse in qualche
modo essere decente!
Lettori, come avrete capito, i personaggi di Becky Carter e
Dwight Richardson non sono miei, ma appartengono a Sakkaku e sono parte della
long Day
and Night e della raccolta Momenti spensierati!
Anche il migliore amico di Becky – Timothy – e il suo collega Kinder appartengono
all’autrice e alle storie sopracitate :)
Ho fatto in modo che Ben e Becky fossero colleghi perché il
mio Ben è un poliziotto e anche la Becky di Sakkaku, anche se ovviamente in
universi diversi, ma vabbè, dettagli che ora possiamo anche ignorare
ahahahahahah :P
Beth invece diventa davvero una psichiatra, ma qui è ancora
in fase di studio ^^
Spero che questa storiella sia piaciuta – soprattutto alla
festeggiata XD – e ringrazio chiunque l’abbia letta :3
Alla prossima ♥
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