Viole

di Tale Vivo
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Viole



 

La corona di bacche e foglie rosse giaceva sul cuscino di velluto bianco accanto al trono, dove egli sedeva ora a occhi chiusi, meditando sul da farsi. I nani erano scappati, quella sciocca di Tauriel li aveva seguiti e Legolas non era riuscito a starle lontana. Sei uno stolto, figlio mio. Dovrò mettere fine a questa tua inutile infatuazione per quell’elfa.
«Mio Signore, scusate. Volete che qualcuno sia mandato a recuperare Vostro figlio?».
Thranduil aprì gli occhi e per qualche istante osservò uno dei suoi generali. Si voltò verso sinistra, prese la corona con entrambe la mani e la indossò. 
«Dimmi, Araton, tu cosa faresti?», chiese poi, alzandosi dal trono di legno intrecciato e dando la schiena all’altro elfo. L’elfo inspirò, cercando di trovare la risposta migliore nel minor tempo possibile. «Io, mio Signore, non vorrei succedesse qualcosa al futuro erede al trono». 
Il Re degli Elfi sorrise e scosse la testa. «Se il futuro erede al trono sceglie di seguire un’elfa e dei nani per chissà quale motivo,», iniziò, marcando “futuro” quasi con disprezzo, «allora deve subire le conseguenze delle sue scelte. Nessun vero sovrano è mai stato soccorso dalle conseguenze delle sue azioni».
Araton non rispose. Abbassò lo sguardo e fece un leggero inchino, come a voler marcare la superiorità di intelletto del suo Signore, il quale sapeva sempre cosa fare.
«Inoltre, in questo momento Legolas non è il centro delle mie preoccupazioni. Piuttosto, voglio parlare di quei nani», si fermò qualche istante, inspirando ed espirando, quasi a voler espellere tossine create dal solo pronunciare quella parola. Prima di riprendere, però, voltò lentamente il viso oltre la sua spalla destra e poggiò gli occhi grigi sull’elfo appena arrivato. Si voltò allora verso i due sudditi. Sorrise.
«Eruvandie, chiedo a te: non fu forse la mia proposta una giusta proposta? La vita di parte del mio popolo per delle pietre mi pareva uno scambio più che equo,», fece una pausa e alzò leggermente il mento, per poi abbassare il viso e inclinarlo leggermente, «o sbaglio?».
«Da secoli Thranduil Oropherion governa Bosco Atro e mai l’ho visto errare», rispose, con un leggero inchino. Di quella risposta il re degli Elfi Silvani si compiacque, ma non sorrise. Congedò Araton e Eruvandie con un leggero cenno della mano e si diresse verso le sue stanze.

 

La corona di bacche e foglie rosse giaceva ora sul cuscino di velluto bianco poggiato sul tavolino accanto al letto. Seduto davanti allo specchio, Thranduil pettinava i suoi lunghi capelli biondi, quasi argentei, come ogni sera prima di coricarsi. Su di un tavolino lì accanto vi era sempre un vaso con dei fiori, i quali cambiavano regolarmente. Quando il suo sguardo vi si poggiò sopra, egli smise per qualche istante di pettinarsi e si avvicinò ai fiori, che dovevano assolutamente essere cambiati quanto prima. Chissà perché le viole appassiscono sempre.










 

Il fiore da me scelto per questa storia è la viola, che significa umiltà e modestia. L'ho chiaramente interpretato come una mancanza di queste qualità, la quale fa appassire il fiore.

I nomi elfici li ho scelti da questo sito, anche per il loro significato.




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