Piove a dir… tredici!
Guardo Mike e sorrido, trovando sul suo viso un’espressione
tenera, buffa, che ben poco si addice ai suoi soliti modi un po’ bruschi e
ruvidi.
Nonostante la pioggia abbia rovinato l’ultimo show
programmato per la stagione estiva, io non sono poi così triste: so che potrò
trascorrere la serata con lui e questo mi basta.
Mike, però, non è come me: lui è decisamente più devoto alla
musica e non gli va giù che tutte le ore spese a provare per i concerti se ne
siano andate in fumo in quel modo.
Abbiamo pochissimi live programmati per i prossimi mesi –
eventi che si terranno in piccoli locali e per i quali non so neanche se
verremo pagati – e i soldi che avremmo guadagnato stasera ci avrebbero fatto
comodo.
Tuttavia, quando Bill ci ha chiamato per avvisarci che il
gestore del bar ha annullato la serata per via del maltempo, l’espressione di
Mike si è incupita e lui si è fatto improvvisamente silenzioso.
Ha afferrato un cuscino dal divano di casa mia e ha guardato
fuori dalla finestra con sguardo perso. «È venerdì tredici, c’era da
aspettarselo» ha commentato in tono lugubre.
Sto per avvicinarmi a lui quando mia madre si affaccia in
salotto. «Ragazzi, a che ora andate al chiosco?» chiede.
Scuoto il capo e sbuffo. «Hanno annullato tutto per colpa
della dannata pioggia.»
«Come sarebbe a dire?»
«Ci ha chiamato Billy poco fa» proseguo.
«Potevano farvi suonare al coperto, però! E adesso?»
Sospiro. «E adesso niente, ce ne stiamo a casa.»
«Se l’avessi saputo, avrei detto di no a Maggie e…»
Ridacchio. «Mamma, esci con Maggie. Non vedi che c’è Mike
qui con me? Non mi succederà niente» la rassicuro.
Mia madre sgrana gli occhi – blu e truccati, proprio come i
miei – e si lascia sfuggire una risata. «Ne siamo sicuri? Io di questo qui non
mi fido più di tanto» scherza.
Mike, che in genere ha sempre la risposta pronta e si
diverte a raccogliere le provocazioni di mia madre, stavolta si limita a
sorriderle appena, per poi rivolgere nuovamente lo sguardo fuori dalla finestra
del salotto.
«Non è in vena, è venerdì tredici ed è superstizioso» taglio
corto.
Mia madre annuisce e mi strizza l’occhio, poi lancia un
rapido sguardo all’orologio appeso sulla parete sopra il divano. «Maggie sta
per passare a prendermi. Tuo padre tornerà tardi, quindi… vi arrangiate per la
cena?»
«Mamma, esiste Just Eat» replico, avvicinandomi per
spingerla scherzosamente verso l’ingresso. Poi le do un bacio sulla guancia e
le auguro di divertirsi, mentre lei continua a blaterare raccomandazioni a cui
non presto attenzione.
Dall’esterno, appena ovattato dal ticchettio della pioggia,
giunge il suono di un clacson: Maggie è arrivata.
Dopo aver richiuso la porta, mi dirigo nuovamente verso il
salotto e sorrido tra me e me: non so se mia madre sospetta che tra me e Mike
c’è qualcosa che va oltre la semplice amicizia, ma sento che vuole bene a quel
ragazzo e che si fida di lui.
Forse non sarebbe così traumatico per lei scoprire cosa ci
lega, ma per il momento io e Mike non abbiamo mai sentito il bisogno di
affrontare l’argomento con le nostre famiglie. I nostri amici lo sanno e ci va
bene così.
Quando torno da lui, noto che il cantante non ha cambiato
posizione: gli occhi scuri e torbidi persi nella pioggia che batte all’esterno,
le braccia incrociate a stringere il cuscino bordeaux al petto ampio, i
lineamenti marcati del viso induriti da qualcosa che sembra malinconia.
MI siedo accanto a lui e appoggio la testa sulla sua spalla.
«Ehi.»
Mike rimane in silenzio, lo sento rigido e teso.
Mi scosto e lo guardo con fare contrariato. «Hai intenzione
di fare lo sciopero del silenzio per tutta la sera? Guarda che ti butto fuori a
calci anche se piove!» tento di minacciarlo scherzosamente, tirandogli appena
una ciocca di capelli scuri.
Il cantante mi degna appena di un’occhiata vacua, poi
scrolla le spalle e distoglie lo sguardo.
Sospiro e alzo gli occhi al cielo. «Dai, Mike! Anche io
volevo andare a suonare, ma cosa possiamo fare se il nostro Signore Gesù Cristo
ha deciso di soffrire d’incontinenza proprio oggi?»
Spero di farlo ridere con quella battuta che Bill dice
spesso, quando nota che piove a catinelle e che sembra non voler smettere.
Eppure a me non riesce bene come al bassista – e quanto vorrei averlo accanto
in questo momento.
Mike sbuffa. «È venerdì tredici, Roddy.»
«Ancora con questo cazzo di venerdì tredici?»
«Porta sfiga, è risaputo» afferma in tono piatto.
«Sono solo stronzate» replico, appoggiandogli una mano sulla
coscia. «Dai, togliti quell’espressione imbronciata e decidiamo cosa mangiare
per cena.»
«Ordina quello che vuoi.»
Spazientito, compio un movimento brusco e gli strappo il
cuscino dalle braccia. «Ora basta! Perché non abbracci me in quel modo, eh?»
sussurro, sporgendomi per baciarlo sulla guancia.
«Mmh… potrei portare sfiga anche a te e romperti qualche
costola» commenta lapidario.
«Esagerato!» Rido e mi sollevo, per poi mettermi a
cavalcioni su di lui e prendergli il viso tra le mani. «La smetti di fare la
mummia e di credere nelle superstizioni? La sfortuna non esiste, okay? È solo
questione di coincidenze!»
«Mmh… forse…» Mike socchiude le palpebre e si rilassa appena
sotto le lievi carezze che gli lascio sulle tempie. «O forse no…» Mi circonda i
fianchi con le braccia e si abbandona meglio contro la spalliera del divano.
Lo guardo meglio e mi godo una delle espressioni più tenere
che gli abbia mai visto: le ciglia lunghe e scure sfarfallano appena, le
palpebre sono morbide, i lineamenti leggermente più distesi e le labbra appena
schiuse.
Mi chino a rubargli un bacio e gli lascio un buffetto sulla
guancia. «Dai, cucciolo, fammelo un sorriso malizioso dei tuoi» lo
provoco, ben sapendo – e sperando – quale sarà la sua reazione.
Le mie parole, infatti, sortiscono immediatamente l’effetto desiderato:
Mike spalanca gli occhi e li punta nei miei; le sue iridi si fanno
improvvisamente torbide e penetranti, attraversate da una scintilla ben poco
rassicurante.
Le sue dita si stringono forte sui miei fianchi e le labbra
si distendono in un sorrisetto intriso di malizia. «Come mi hai chiamato, bambolina?»
domanda con voce dura, intensa, decisa – ora finalmente lo riconosco!
«Cucciolo» scandisco, facendo per scendere dalle sue
ginocchia.
Mike non mi lascia andare e mi preme contro di sé,
schiacciando le labbra sulle mie e intrappolandomi in un bacio violento e
bellissimo.
L’ho provocato e ha funzionato anche stavolta: detesta i
nomignoli nei suoi confronti, è una cosa che lo mette a disagio, specialmente
quando sono teneri e dolci.
Mi divincolo dal suo abbraccio e scoppio a ridere,
puntandogli un dito sul petto. «Allora, cucciolo, la smetti di fare la
mummia?» chiedo in tono ironico.
Mike grugnisce e mi spinge, finché non mi stendo sul divano
e lui può sistemarsi sopra di me. I suoi occhi sono scuri, intensi, liquidi: è
desiderio quello che brucia nelle sue iridi, è malizia quella che scorgo in
fondo a quelle pozze senza fine.
Divertito e intenerito, lo abbraccio forte e lo stringo
contro il mio corpo. Comincio a riempire il suo viso di baci, finché non lo
sento finalmente rilassarsi e farsi morbido, tranquillo, quasi docile – come un
cucciolo.
Vorrei dirglielo ancora, ma non mi va più di provocarlo, non
ora che ha deciso di rilassarsi.
Gli accarezzo i capelli e lo tengo vicino, posando ogni
tanto le labbra tra quelle ciocche scure un po’ scompigliate.
«Ma non dovevamo decidere cosa mangiare per cena?» mormora
Mike contro il mio collo.
«Improvvisamente ti è venuta fame?»
Mike solleva il capo e mi guarda, ma la malizia che mi sarei
aspettato di trovare nei suoi occhi è soltanto dolcezza e calore. «Io ho sempre fame» afferma.
«Non a caso sei un perfetto compagno di abbuffate» concordo,
cercando di mettermi a sedere.
Mike si solleva e mi lascia fare, rimanendo inginocchiato di
fronte a me mentre mi osserva recuperare il cellulare per ordinare la cena.
Aggrotto la fronte mentre scruto lo schermo. «Non c’è linea,
dev’essere per via del maltempo…»
Il cantante si passa una mano tra i capelli e sospira,
tornando a incupirsi. «Lo vedi che la sfortuna continua a perseguitarci?»
«Non dire cazzate. Beh, se non possiamo ordinare con Just
Eat, potremmo provare a telefonare alla pizzeria.»
«Ma se hai appena detto che non c’è linea!» mi contraddice
Mike.
«È internet che non va, forse le chiamate partono… credo…»
Il cantante ridacchia e si lascia cadere sdraiato sul
divano, tirandomi accanto a sé e stringendomi in un abbraccio. «Senti, bambolina…
non sarebbe più prudente rimanere abbracciati qui finché non finisce questa
giornata funesta?» propone leggermente preoccupato.
Mi rigiro tra le sue braccia e lascio scivolare il cellulare
sul tappeto di fronte al divano. Lo guardo negli occhi e li trovo socchiusi e
velati, come se davvero avesse paura che le sue superstizioni siano reali.
Decido di non contraddirlo, in fondo sono contento di stringermi
a lui e appoggiare il capo contro il suo petto. Siamo soli, tranquilli, fuori
piove e i miei genitori non ci sono; dovremmo approfittarne, anche perché
voglio che Mike stia bene e che la smetta di pensare a questa stupida
maledizione del venerdì tredici.
Forse c’è solo un modo per distrarlo davvero.
Lascio scorrere le mani sui suoi fianchi e le insinuo sotto
la sua felpa, accarezzando piano la pelle bollente – e vorrei poter subito
sostituire i polpastrelli con le mie labbra.
«Che intenzioni hai?» chiede Mike in tono caldo, le dita tra
le mie ciocche bionde e le palpebre socchiuse.
«Che ne dici di fare un po’ di musica?» propongo,
continuando a carezzarlo piano.
«In che senso?»
Mi tiro a sedere e gli sorrido innocente, tenendo una mano ancora
a contatto con la sua pelle. «Suoniamo. Tu canti, io suono. Come sempre. Non
possiamo fare il concerto e tu ci sei rimasto male, così pensavo di…»
«Ah, solo questo?»
«Sì, perché?»
Mike mi blocca il polso con la mano sinistra e mi incendia
con uno sguardo. «Allora perché mi fai questo?»
Mi stringo nelle spalle e mi metto in piedi, ridacchiando.
«Ah, beh, quello è per il post concerto…» insinuo, dandogli le spalle e
ancheggiando verso la cucina.
«Bambolina.» Lo pronuncia in tono fermo, in quel modo
che utilizza sempre quando lo provoco e non riesce quasi a controllarsi.
Mi volto e gli lancio un’occhiata interrogativa. «Sì, cucciolo?»
lo sbeffeggio.
Mike sbuffa e scatta in piedi, cercando di afferrarmi per
tirarmi nuovamente a sé; tuttavia scappo verso la cucina e scoppio a ridere rumorosamente.
«Cosa vuoi mangiare?» gli chiedo, facendo una rapida
ispezione del frigorifero.
«Prima suoniamo» replica, raggiungendomi poco dopo.
Lo fronteggio e gli regalo un dolce sorriso. «Solo se mi
prometti che non farai più la mummia imbronciata.»
Annuisce. «Ci provo.»
«E che la pianti con queste stronzate sulla sfiga e il
venerdì tredici» aggiungo, incrociando le braccia al petto.
Mike sospira. «Questo non posso promettertelo…»
«Allora niente cena.» Scuoto la testa e indietreggio. «E
niente premio post concerto» sussurro malizioso, passandomi lentamente la
lingua sulle labbra.
Lui alza gli occhi al cielo e allarga le braccia. «E va
bene, hai vinto.»
Lo abbraccio si slancio e gli bacio la guancia. «Così va
meglio! Vado a prendere la tastiera, tu intanto guarda se trovi qualcosa di
commestibile.»
Il cantante mi lascia andare e io mi dirigo in camera mia a
recuperare il mio strumento, per poi tornare indietro qualche minuto più tardi
– dopo aver fatto tappa in bagno.
«Roddy?» mi richiama subito Mike, gli occhi fissi all’interno
del frigorifero.
«Sì?»
«Ho ragione che abbiamo la sfiga attaccata al culo: qui non
c’è niente da mangiare.»
Mi sbatto una mano sulla fronte e sospiro. «Mi avevi
promesso che…»
Mike si volta di scatto e mi afferra per i fianchi,
tenendomi stretto a sé mentre richiude lo sportello del frigo; a quel punto mi
sbatte contro di esso e fa aderire il suo corpo contro il mio, fissandomi con
sguardo pungente e penetrante.
«N-non suoniamo?» balbetto, preso in contropiede.
Le mani di Mike scorrono sui miei fianchi. «Prima devo
punirti per come mi hai chiamato prima» sibila.
«E se mi rompessi delle costole per via della sfortuna?»
chiedo, mentre lui comincia a mordicchiarmi il collo.
«Ci penseremo quando sarà il momento…»
Ridacchio e mi abbandono alle sue attenzioni, felice di
essere riuscito a distrarlo e a risollevargli il morale.
Voglio che questa serata, anche se non abbiamo potuto
esibirci, sia per lui indimenticabile.
♥ ♥
♥
Ciao a tutti, eccomi con una nuova storiella nel
FreakyPigs!AU :3
A ‘sto giro ho voluto inserire una buona dose di fluff,
oltre al solito feeling erotico che intercorre nella Pattum in ogni frangente
AHAHAHAH XD
Inoltre, c’è un piccolissimo easter egg per Sabriel,
dato che da poco stavamo vaneggiando (tutto normale, tranquilli) e siamo
arrivate alla conclusione che accostare parole come “cucciolo” e “Mike Patton”
è una cosa veramente poco credibile… e chi, se non Roddy, poteva azzardarsi a
chiamare il cantante in un modo tanto osceno? XDD
Comunque qui tra nomignoli improponibili – bambolina
ormai fa parte di questo mio AU ed è il modo in cui Mike si rivolge di norma a
Roddy – e superstizioni nonsense – Mike, specialmente in gioventù, non
nascondeva questa sua “fobia” del numero tredici, perché è abbastanza
superstizioso XD – non so come andremo a finire…
L’importante, però, è che Roddy abbia trovato il modo per
distrarre Mike e distoglierlo dal malumore per l’annullamento del concerto ^^
Quando Roddy dice a Mike che è un ottimo compagno di abbuffate,
faccio riferimento a un video che ho beccato su YouTube dove, per il poco che
sono riuscita a sentire dato l’audio pessimo, il tastierista afferma che Mike è
una delle persone migliori con cui mangiare XD
Comunque, per spiegare qualcosa in più su questo AU, posso
dire soltanto che qui i Faith No More non esistono e che i membri storici della
band di San Francisco in realtà sono una band di ragazzini sfigati, formatasi
all’interno della scuola di musica che i cinque frequentano. La band si chiama
Freaky Pigs, appunto, e il logo che trovate in alto l’ho creato io
personalmente e, anche se qui non è specificato, campeggia sul braccio sinistro
di Roddy sotto forma di tatuaggio ^^
Una piccola nota sul titolo della storia: visto che pioveva
a dirotto ma era venerdì tredici e non otto, potevo non intitolare la
storia in questo modo idiota? Certo che no! X’D
E niente, spero vi sia piaciuta, posso solo dire che avevo
estremamente bisogno di scrivere qualcosa di Pattum e ringrazio Juriaka per
avermi dato, grazie al suo contest, l’opportunità di scrivere qualcosa di
“positivo” sulla mia OTP Suprema, dato che le ho proposto anche una Pattum
moooolto più angst :D
Grazie a chiunque abbia letto e alla prossima ♥
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