Nampara,
novembre 1764
La
nascita di Claude Anthony Poldark fu annunciata al mondo dal vigoroso
pianto del neonato, venuto alla luce in un freddo e nebbioso
pomeriggio quasi invernale.
Il
dottor Choake, il medico del distretto la cui famiglia curava la
gente del posto da generazioni ma sulle cui capacità Joshua
aveva
parecchi dubbi, aveva seguito il parto e per fortuna dei Poldark sia
la mamma che il bambino ne erano usciti vivi.
Joshua,
dopo aver spedito nei campi il suo servo Jud col figlio maggiore di
quasi cinque anni, aveva passato il tempo a fare avanti e indietro
nel salotto, dilaniato dalla paura e terrorizzato dai lamenti e dal
pianto di dolore della moglie che giungevano dal piano superiore.
Avrebbe voluto andare di sopra e fare qualcosa per fermare quella
tortura, avrebbe voluto prendere Choake per il bavero e dargli un
pugno per il modo in cui si rivolgeva alla sua Grace e avrebbe voluto
anche salire e urlare a Prudie che assisteva al parto, di rendersi
più utile di così. Ma sapeva anche di non saperne
un accidenti di
parti, di bambini e di travagli e che se avesse fatto anche una sola
di quelle cose, appena fosse stata meglio sua moglie lo avrebbe
tormentato con rimproveri e musi lunghi.
Non
c'era che aspettare e sperare. E pregare... Joshua non era mai stato
molto religioso e la sua vita si era svolta in modo dissoluto in
gioventù dove le donne e il buon vino erano stati i suoi
migliori
amici per quel pezzo travagliato della sua vita. Non c'era gonnella
al sicuro se lui era nei paraggi e parecchi padri e mariti avrebbero
avuto mille buoni motivi per sfidarlo a duello, ora che ci pensava
bene... Poi era arrivata Grace, coi suoi lunghi capelli neri, il suo
volto ancora da bambina ma allo stesso tempo affascinante e
provocante, coi suoi modi spicci, con la sua dolcezza, col suo
capirlo e sorreggerlo come nessun'altra aveva mai fatto. Era
diventata il suo mondo, il suo tutto e presto aveva finito per capire
che dipendeva da lei, dalle sue parole, dal suo sorriso e anche dalle
sue ramanzine. Perché lei con dolcezza, abbracciando anche i
suoi
difetti e la parte più cupa del suo essere, era pian piano
riuscita
a cambiarlo e a portare luce nella sua mente, nel suo cuore, nel suo
mondo. Aveva abbandonato bordelli e amanti occasionali, aveva scelto
di amarla e vivere per lei e da ragazzo dissoluto si era trasformato
in uomo, marito e padre. Aveva già un figlio che a breve
avrebbe
compiuto cinque anni, Ross, bambino caparbio, cocciuto e a volte cupo
ma soprattutto testardo. Come lui, come Grace, come ogni Poldark che
si rispetti... Era il miglior connubio fra loro e anche se sapeva di
non essere proprio il genere d'uomo che sapeva fare il padre, sapeva
anche che alle sue mancanze, come sempre, sapeva sopperire Grace. Lei
sarebbe sempre stata la luce e il fulcro di quella casa e di quella
famiglia e lui, tutti loro,
dipendevano dalla sua presenza e dalla sua forza esteriore ed
interiore. Anche se era molto più giovane di lui, era stata
e
sarebbe sempre stata Grace la vera capa
e il fulcro
di quella famiglia...
A
volte il suo amico Tholly gli chiedeva se non gli mancasse la sua
vecchia
vita, lo invitava a qualche scorribanda romantica in un bordello ma
lui aveva sempre rifiutato da quando c'era Grace. Molti uomini
tradiscono le mogli ma lui non voleva farlo anche se la spinta poteva
essere futile e priva di conseguenze. Con Grace aveva tutto,
perché
andare a cercare altrove la perfezione che già possedeva per
amore e
per legge
di matrimonio?
Il
pianto del neonato ruppe il silenzio opprimente di Nampara e pochi
istanti dopo, trafelata, Prudie scese dalle scale. "E' nato,
signore! Un maschio, pesa più di tre chili e sta benissimo!".
La
prese per le spalle, scuotendola. "E Grace?". Al diavolo,
al neonato avrebbe pensato dopo, ma ora voleva sapere di lei
perché
non c'era nulla al mondo che lo terrorizzasse
di
più che
saperla stare male.
"Stanca
come ogni donna che ha appena partorito. Ma sta bene".
Joshua
non chiese
altro
e a grandi falcate salì le scale, travolse quasi Choake che
usciva
dalla stanza e poi corse da lei.
Grace,
coi suoi lunghi capelli neri e il viso giovane di una ragazza di
ventiquattro anni, era seduta sul letto, poggiata a due cuscini, con
un fagotto fra le braccia. Era stanca, il suo viso era segnato da
quelle lunghe ore di travaglio ma anche in quello stato, coi capelli
scompigliati e le guance arrossate per lo sforzo, era bellissima e
assolutamente seducente. Sua
moglie era sempre seducente, sia quando lo ammagliava a letto, sia
quando giocava nel prato con il loro primo bambino. La grazia, nel
suo nome e nel suo modo di essere, erano insite in lei.
Grace
lo guardò con sguardo felice e allo stesso tempo divertito e
malizioso. "Non lo sai che si bussa, prima di entrare nella
stanza di una signora?".
"Me
lo ricorderò la prossima volta" - rispose lui
scherzosamente,
avvicinandosi e sedendosi sul letto accanto a lei. Le prese il viso
fra le mani e ancor prima di provare voglia di vedere suo figlio, la
baciò teneramente sulle labbra.
Sarebbe sempre venuta prima di tutto il resto...
Lei
poggiò la fronte contro la sua. "Hai quasi travolto Choake!".
"Non
sarà una grave perdita! Perso lui, ci sarà
quell'idiota di suo
figlio a curarci o a ucciderci tutti".
Grace
sorrise. "Ma per ora siamo vivi! Anche se tu sei un pò
smemorato".
"Cosa
avrei dimenticato?".
"Di
salutare tuo figlio".
"Oh...".
Joshua abbassò lo sguardo e fra le coperte, scorse il
faccino del
piccolo Claude che, coi capelli neri e gli occhi grigi come suo
fratello, lo scrutava curioso. Joshua sapeva di essere un buon marito
e un ottimo amante ma era sempre stato impacciato a rapportarsi ai
suoi figli e pur amandoli moltissimo, faceva davvero fatica a fare e
dire la cosa giusta con loro. Toccò Claude con la punta del
dito
sulla guancia,
orgoglioso di lui e del capolavoro che ancora una volta Grace aveva
messo al mondo.
"Sembra grasso
ma dopo tutto pare pure
grazioso".
Grace
rise, era davvero il massimo che poteva
aspettarsi da lui. "Sei deluso? Volevi una femmina?".
"Una
femmina? Assolutamente no! Fra quindici anni mi avrebbe portato in
casa un idiota con la pretesa di sedurla e portarsela a letto e io
avrei dovuto sfidarlo a duello! Meglio un maschio, meglio un
maschio...".
Grace
rise ancora. "Buono a sapersi! Conosci bene i vizi maschili, mio
caro!".
"Come
ben sai..." - ammise lui. "Ci fu un tempo in cui ero il
terrore di padri e mariti... Tanto tempo fa...".
"Lo
so..." - rispose Grace, sorridendo. "Tanto tempo fa...".
Joshua
la ribaciò sulle labbra, rendendosi ancora una volta conto
di quanto
la sua vita e la sua condotta dipendessero da lei che lo capiva e
sapeva leggergli nell'animo come nemmeno lui sapeva fare. Lei, che lo
aveva accettato coi suoi peccati e le sua mancanze, lei che quelle
imperfezioni aveva imparato ad amarle e ad accettarle come parte di
lui e di loro. "Mi hai redento... Ora sono il più fedele e
noioso dei mariti...".
Grace
rise ancora. "Dovrei pentirmene?".
"Non
lo so, pensaci su e dammi una risposta. Molte donne a causa tua,
staranno piangendo la mia grave perdita".
"Oh,
se ne saranno fatte una ragione negli anni!E
poi
in fondo ti sei redento da solo
e avevi libero arbitrio, potevi
scegliere
altro...".
Joshua
la baciò, poi prese Claude in braccio. "Non volevo scegliere
altro"
- sussurrò, intrecciando le mani con quelle di sua moglie
per
portarle alle sue labbra e baciarle.
La
porta in quel momento si aprì e un bambino riccioluto dai
capelli
scuri entrò nella stanza, tenuto per mano da Prudie.
Grace
sorrise al piccolo allargando le braccia, e il bambino le corse
incontro facendosi stringere. "Mamma"
- esclamò, rasserenato dal vederla star bene dopo che Jud
gli aveva
raccontato cose spaventose sulle donne che hanno bambini.
Grace
lo baciò sulla testolina, prendendolo in braccio. "Ross,
amore
mio. Guarda, hai un fratellino tutto nuovo".
Il
piccolo Ross alzò lo sguardo incuriosito, osservando il
neonato fra
le braccia del padre. "Ha più rughe di Prudie!" -
sbottò,
facendo ridere Grace e Joshua
mentre la serva, sotto voce, lo malediva con mille improperi.
"Oh,
ma poi diventerà bello come te" - lo rassicurò
sua madre.
Joshua
avvicinò il neonato al fratello. "Salutalo, Ross. Lui
è
Claude".
"Ciao
Claude" - disse il piccolo, rannicchiandosi poi fra le braccia
di sua madre.
Grace
lo strinse a se, accarezzandolo. "Sai Ross, oggi è un giorno
fra i più felici per me e tuo padre. Come quello in cui ci
siamo
sposati e sei nato tu. Ora Claude ti sembra piccolo e rugoso, ma da
grande capirai quanto una nascita sia un evento felice per chi si ama
e per le famiglie".
"Perché?".
Joshua
si sedette sul letto accanto a loro e anche se non era bravo a
rapportarsi con suo figlio, ci provò. "Da grande troverai
una
donna che sarà speciale e che amerai come io amo tua madre.
E in
questa stanza, in questo letto, nasceranno i vostri figli. E
capirai...".
Ross
lo guardò come si guarda un pazzo e poi decise che quel
discorso per
il momento era troppo difficile da capire per lui. Annuì
poco
convinto e poi Prudie lo richiamò all'ordine.
"Su,
non far stancare tua madre e lascia un pò soli i tuoi
genitori".
Ross
non aveva voglia di lasciare sua madre ma lei con dolcezza lo spinse
ad ubbidire e ad andare di sotto ad allenarsi con la scrittura e lui
ubbidì perché nessuno era capace in quella casa,
di dirle di no.
Joshua
lo accarezzò sulla testa e il piccolo scese di sotto dove
sul tavolo
lo aspettavano penna e calamaio.
"Devo
scrivere?
Mi farai scrivere perché ho detto che hai le rughe come
Claude?".
Prudie
annuì. "Ovviamente!
E poi tua
madre vuole che tu impari a scarabocchiare il tuo nome".
Imbronciato,
Ross si sedette al tavolo, prendendo la penna in mano. "Non
è
giusto, perché non posso stare su con mamma come fa Claude?".
"Perché
non puoi, sta zitto e scrivi!" - sbottò Prudie.
"Ma
perché non posso?" - insistette.
Prudie
lo guardò storto. "Perché i tuoi genitori
meritano di stare da
soli in un giorno tanto importante per loro. Da domani saranno tutti
tuoi".
Jud
riemerse in quell'istante dalle stalle e Ross lo guardò
storto. Lo
aveva portato in campagna e gli aveva fatto fare gran parte del
lavoro che avrebbe dovuto fare lui. "Mi hai fatto stancare!".
Jud
sbuffò. "Ti ho fatto fare le ossa!".
"Mi
hai fatto fare il tuo lavoro".
Jud
prese un bicchiere di brandy. "Non è giusto, non
è gentile,
non è corretto. Un povero uomo si adopera per far crescere
la nuova
generazione con vigore e questo è il ringraziamento...".
Ross
picchiò il pugno sul tavolo. "Quando sarò grande
e tu sarai il
mio servo, ti farò frustare se non lavorerai al mio posto".
Jud
si avvicinò, lanciandogli uno sguardo di sfida. "Sei grande,
ora?".
Ross
deglutì. "No".
"Sei
più alto di me?".
"No".
"E
allora zitto".
"Ma
un giorno sarò grande...".
Jud
sbuffò di nuovo. "Forse, forse... E ne riparleremo allora".
Poi osservò il foglio che il bambino teneva fra le mani.
"Che
fai?".
"Prudie
vuole che scrivo".
Jud
scosse la testa, si avvicinò alla credenza e ne estrasse un
mazzo di
carte. "Getta via quella penna marmocchio".
"Perché?".
"Perché
non è di scrivere che un uomo ha bisogno. E' barare a poker
che un
uomo deve saper fare e sei abbastanza grande per imparare a farlo".
Prudie
gli diede una manata sulla testa. "La signora non gradirà!".
"La
signora è di sopra col marmocchio nuovo! E a questo ci penso
io".
Ross
rise e per una volta decise di ubbidire a Jud. Certe volte in fondo,
non aveva idee così brutte. "Da grande ti
frusterò meno,
forse...".
Jud
si sedette davanti a lui, mischiando le carte, mentre Prudie
imprecava contro di lui.
Al
piano di sopra, Grace sospirò sentendo quel trambusto. "Jud
e
Prudie stanno ancora litigando e Ross è nel mezzo. Va a
recuperare
il nostro povero piccolo".
Ma
Joshua era di tutt'altro avviso. "Ross sopravviverà e tu
devi
riposare".
Capendo
che stavolta non c'erano margini di trattativa, Grace si
rannicchiò
sotto le coperte. "Starai quì finché non mi
addormento?".
"Starò
quì tutto il giorno" - le disse Joshua, con voce calda.
"Dimmi
solo che stai bene".
"Sto
bene, sta tranquillo...".
"Non
sono mai tranquillo se si tratta di te. Sei la mia più
grande forza
e la mia più grande debolezza".
Era
la sua paura più grande, quel pensiero che a volte lo
tormentava.
Come sarebbe sopravvissuto se avesse perso Grace? Certo, lei era
più
giovane e in forze e sicuramente sarebbe stato lui ad andarene per
prima, ma nella vita niente era mai certo
e questo lo faceva impazzire.
"Joshua,
sono quì e sto bene. E anche i nostri bambini".
"E
sarà così per sempre?" - chiese lui.
Grace
sorrise dolcemente. "No, nulla è per sempre, se non i
sentimenti che legano le persone. Quelli sopravvivono a tutto, anche
alla morte. Ma ora non pensiamoci e godiamoci il presente. Che
è
sereno e radioso. Claude e Ross meritano che siamo felici".
"E
se il futuro non fosse sempre così?" - chiese Joshua.
"Ci
penseremo quando succederà...".
Joshua
strinse a se la sua donna e il suo bambino, pregando che tutto
andasse bene il più a lungo possibile e che le sue paure
fossero
solo normali paranoie da neo-padre. Eppure l'amore rende forti ma
anche guardinghi e Joshua quel giorno non poteva saperlo che
ciò che
stringeva fra le braccia gli sarebbe stato strappato di mano sei anni
dopo, privandolo dell'amore della sua vita e poi, un anno dopo
ancora, di quel piccolo che era appena venuto al mondo.
Ma
in quell'istante decise di ascoltare sua moglie e di essere solo
felice. E lo fu davvero per gli anni successivi dove amore e fortuna,
che sembravano racchiusi nel nome di Grace, baciarono con grazia la
sua vita.
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