Il labirinto

di Elisempreeli
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Come usciremo da questo labirinto di sofferenza?
 
I labirinti sono luoghi pericolosi, eppure sono così allettanti, possiedono quella giusta dose di mistero che ti attira invece di farti allontanare.
 
I labirinti non sono tutti uguali, né hanno tutti lo stesso livello di difficoltà. Perché infondo è di difficoltà che si sta parlando.
Me li immagino visti dall'alto, ognuno con le proprie insenature e disegni, mi ricordano le venature dei rami, oppure ecco sì sono trappole mascherate da linee spezzate incastrate talmente bene da apparire opere d'arte, e l'arte si sa ha il suo fascino.
Sembra impossibile non ci sia un'uscita o un modo per arrivare al centro senza trovarsi la strada sbarrata.
 
La sofferenza è uno dei muri davanti al quale puoi trovarti bloccato.
Può essere un muro ricoperto d'edera per darti l'apparenza di una superficie soffice e accogliente, oppure si rivela per i suoi solidi e freddi mattoni fin da subito, senza mezze misure.
Ma la sofferenza ti arriva anche quando stai camminando e ad ogni svolta devi tornare indietro, quando sei costretto a ripercorrere i tuoi passi perché altrimenti più avanti di lì non puoi andare.
La sofferenza ti insegue pure se, svoltato l'angolo, ti accorgi di essere ritornato dov'eri prima, e stavolta potevi giurare di aver fatto una strada diversa.
 
La sofferenza conosce già il labirinto, l'ha costruito lei.
La sofferenza sa come coglierti alle spalle, sa quando fare apparire dal nulla i suoi ostacoli, si potrebbe dire che per lei è più un labirinto del divertimento, un parco giochi molto sadico.
 
Come usciremo da questo labirinto di sofferenza?

Per conoscerla, devi entrarci.
Per raggiungere il suo centro, devi scalare mura o rifare più volte lo stesso tragitto, ogni volta sentendoti diverso, essendo diverso.
Ma per uscirci, devi entrare dentro te stesso.

Ed è quello il labirinto che tra tutti fa più paura.
 




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