Resident Evil Village è uscito ormai da
quasi un
mese e noto con disappunto che qui nel sito non sono ancora presenti
storie riguardanti uno dei miei personaggi preferiti, ossia Karl
Heisenberg. Avrei preferito che la Capcom desse possibilità
di
allearsi con un personaggio così carismatico, peccato che
non sia
successo e alla fine ho deciso di scrivere questa oneshot what if su
di lui ambientata dopo la fine della storia canonica. Come ho messo
nelle note è una storia ovviamente spoiler per chi non ha
giocato/visto il gioco, e non ho usato un beta reader per cui
prendete il mio lavoro per quello che è. Buona lettura!
Il pesante carro merci si mosse a fatica lungo la
strada fangosa e malconcia che dall'entroterra di quella sperduta
valle di anime abbandonate stava risalendo i picchi più alti
e meno
umidi delle montagne ancora innevate. Una via percorsa da ben pochi
sventurati che avevano abbastanza fegato, o follia, da volersi
allontanare dai territori di Madre Miranda e dalle sue quattro case
che le avevano giurato fedeltà nel corso dei decenni
– se non
addirittura secoli – eppure quell'ingombrante carretto
coperto
pareva fregarsene degli ammonimenti sparsi lungo il ciglio di
suddetta strada. Non per ultimi teschi di animali e uomini agghindati
in modo parodistico per segnalare la presenza dei territori lycan.
Se nei secoli indietro si
parlava di strane creature che si aggiravano per quelle strade
sterrate e impetuose, ben oltre lo spauracchio dei
“semplici”
banditi sulla bocca dei forestieri che vivevano oltre le montagne,
per tutta la regione si era sempre trattato di una realtà
con cui
fare i conti quotidianamente. Senza contare altre creature
raccapriccianti che si erano aggiunte nel corso di più di un
secolo
a causa della follia di una sacerdotessa e della sua impossibile
missione,.. Ma a quanto pare al corpulento viandante solitario non
sembrava turbare più di tanto la cosa.
Alla guida dell'imponente
carro coperto era presente un cocchiere dall'altrettanta stazza
fisica importante che, come a voler rimarcare il fatto di possedere
un mezzo tanto pittoresco quanto massiccio, faceva sfoggia di un
ventre voluminoso tenuto a stento stretto da vestiti ormai troppo
piccoli per lui. Le dita grassocce e ricoperte di anelli d'oro e
pietre preziose tenevano ben salde le redini dei suoi due cavalli da
tiro con una forza che nessuno gli avrebbe mai conferito, mentre le
poderose bestie da soma si limitavano a sbuffare nuvole di vapore
dalle narici a causa dell'aria umida e gelida di quel mattino ormai
morente. Unico loro segno dell'effettiva fatica che stavano facendo
nel lasciare quella morente valle di lacrime.
Il pittoresco mercante
aveva molto probabilmente un nome e un cognome, ma oltre quel suo
volto paffuto e lo sguardo di una vecchia volpe che sapeva il fatto
suo l'unico nome che era concesso di conoscere ai suoi clienti
–
attuali e futuri – era semplicemente “il
Duca”.
Proseguiva con passo lento
ma sicuro, sia per evitare ai suoi destrieri fatica inutile su quella
strada difficile, sia per evitare che la sua preziosa mercanzia
potesse in qualche modo cadere dalle mensole di legno e dalle pile di
vettovaglie che riempivano quasi del tutto l'ambiente interno
riducendo di molto lo spazio vitale per il corpulento mercante.
Restava giusto il posto per un letto dalle coperte di velluto rosso e
una stufa a legna economica che gli consentisse di prepararsi ottimi
pasti. Tutto il resto aveva la precedenza sul suo stile di vita
ozioso, tintinnando ad ogni sobbalzo non voluto e ad ogni vibrazione
dovuta ad una strada con fin troppe buche e fango.
Forse troppe vibrazioni in
effetti, accompagnate da un sibilo che ricordava quello di un
bollitore sul fuoco nonostante sulla sua stufa in ghisa non fosse
presente nessun strumento da cucina e nessun fuoco acceso. Mai quando
il mercante era in viaggio.
Se solo il Duca avesse dato
una occhiata più specifica alle sue mensole cariche di
pregiata
mercanzia da poco acquisita si sarebbe accorto che, uno dei suoi
tesori in cristallo sormontato da un grosso nucleo di
metallo
– un manufatto alquanto insolito per essere stato fatto da
mano
umana – aveva cominciato a vibrare pericolosamente e a
diventare
sempre più incandescente. Proprio come se sotto la base di
cristallina pietra bianca fosse stato acceso l'intero fuoco
dell'inferno, solo che in questo caso vi era solo una polverosa
superficie in legno che iniziò a vibrare assieme
all'artefatto
alieno, la cui sfera metallica si stava facendo sempre più
rossa
come se fosse appena stata forgiata dall'inferno. Incredibilmente
chiassosa come centinaia di anime intrappolate in una sfera deforme.
Subito dopo quella
crescente cacofonia di suoni e colori – che portarono i
cavalli ad
innervosirsi non poco – ci fu un botto come se mille
bicchieri di
cristallo si fossero rotti come petardi, anticipati prima da un lampo
improvviso che illuminò il carro per una frazione di secondo
e poi
da uno schianto sordo che portò i cavalli ad impennarsi al
rumore
improvviso. Solo le forti mani del Duca tennero salde le loro redini,
all'apparenza incurante dell'incredibile frastuono di vetri rotti e
pentole rovesciate, piuttosto concentrato a calmarli con moine che di
solito si concedono a cuccioli terrorizzati. Riuscendo
incredibilmente nel suo intento.
Una volta che i turbolenti
equini ebbero modo di calmarsi calò un silenzio quasi
irreale
nell'area, rotto solo dagli ultimi rimasugli di cocci che rotolavano
via e dai tintinni che si quietavano, lasciando solo un sibilo
stranamente umano nel suo esprimere dolore e rauche imprecazioni.
“Hm... a questo punto
stavo iniziando a chiedermi quando sarebbe successo...”
nel dirlo il corpulento
mercante inarcò un sopracciglio e allungò il suo
impercettibile
sorriso agli angoli della bocca, voltando a fatica i rotoli di grasso
che componevano la sua schiena per poter far slittare una finestrella
in legno che dava all'interno del carro, così da poter dar
una
occhiata ai danni e dare un benvenuto nel caso ce
ne fosse
stato bisogno.
Alcune vettovaglie si erano
riversate a terra, cose di poco conto alla fin fine, ma ciò
che
all'apparenza colpì maggiormente i suoi occhi chiari fu
l'ombra di
un uomo disteso sul vecchio tappeto persiano che copriva le vecchie
assi di legno. La figura di una persona nuda, rannicchiata e
tremante, umida di una sostanza lattiginosa semitrasparente –
diventando cristallina in alcuni punti della pelle di quello che era
un uomo con molte cicatrici – riuscendo a malapena ad alzare
lo
sguardo verso quel fascio di luce che gli stava disturbano gli occhi
color acciaio. Il viso era ricoperto di capelli grigi appiccicati da
quella strana sostanza collosa, nonostante non apparisse come un uomo
avente raggiunto la terza età, e la gola giovane di nascita
non
riusciva a pronunciare come si deve le bestemmie che avrebbe voluto
pronunciare.
“Cos... cazz...?”
“Ah! Bentornato
nuovamente tra di noi... lord Heisenberg!”
per un momento l'uomo
ancora tremante a terra – dal fisico atletico e dai muscoli
tirati
per il dolore – non capì a cosa o a chi si stesse
riferendo quella
voce dal tono lievemente sarcastico, quasi mellifluo, ma poi i
ricordi iniziarono a magnetizzarsi prepotentemente... e una smorfia
di disgusto si materializzò sull'ispida barba di quello che
fu un
tempo Karl Heisenberg nel sentir pronunciare tanto
il suo
titolo quanto il suo nome.
I ricordi di una vita
passarono le ramificazioni del suo cervello infetto, partendo da
quelli più primordiali e innocenti fino a quelli
più recenti e
cupi, prima di emettere un sospiro di rassegnazione dopo quel lungo
attimo di smarrimento in cui a stento ricordava il proprio nome fino
a pochi secondi fa. Adagiando la schiena su logoro tappeto macchiato
e strofinandosi la faccia con entrambe le mani, cercò di
fare mente
locale su cosa fosse successo nelle ultime quarantotto ore da
portarlo nudo e tremante dentro la carrozza del Duca.
Poi se ne ricordò, con uno
scintillio sinistro negli occhi così chiari da ricordare le
tonalità
dell'acciaio, venendo però preceduto da un mercante
all'apparenza
divertito da quell'innaturale rinascita.
“A quanto pare l'istinto
di sopravvivenza del vostro cadou ha avuto la
meglio sulle
vostre decisioni avventate, mio signore” proseguì
il corpulento
mercante, incurante dell'irritazione che si affacciò sul
volto del
lord decaduto “e a livello di memoria cellulare direi che non
vi
manchi nulla a livello fisico... il che promette bene per voi! E
ditemi, cosa ne pensate della vostra memoria ritrovata?”
“penso che faresti meglio
a startene zitto, cazzo!”
la mezza minaccia sibilata
a denti stretti fece ridere di gusto il padrone del carro fin troppo
loquace, pur comunque non replicando a quell'offesa mosso da una
saggezza recondita. Ma oltre sapere di essere sopravvissuto al suo
tentato colpo di stato doveva sapere urgentemente qualcos'altro.
“Gli altri... dove sono?
anche loro...”
“A dire il vero non si
sono ancora risvegliati dal loro torpore, mio signore£ lo
interruppe
il corpulento cocchiere. Un tempo una simile mancanza di rispetto
sarebbe costata la vita a chiunque “Chissà...
magari ci
impiegheranno più tempo a riformarsi, oppure non lo faranno
affatto... ma nel frattempo avrei piacere che non li toccaste. Sa, ho
già dei potenziali compratori interessati ai loro
resti”
Ottimo, era l'unico dei
quattro signori al comando della folle sacerdotessa ad essere rimasto
effettivamente in vita, mentre gli altri ancora giacevano nelle loro
tombe di cristallo sacrificati da una falsa dea per un suo
più
squallido bisogno materiale. E per quanto fosse tentato di
distruggere i resti dei suoi disprezzabili fratelli e sorelle,
notandoli con la coda dell'occhio in alcune casse aperte imbottite di
paglia, volle comunque dar retta al Duca e a quella che non sembrava
esattamente una richiesta cortese. Dopotutto non sapeva ancora in che
condizioni era, a malapena riusciva ad avere un pensiero logico che
non fosse una tempesta di ricordi dolorosi che gli pungevano le
terminazioni nervose delle meningi, quindi era il caso di
incominciare a piccoli passi chiedendo delle cose più
basilari o
capire in che condizioni fosse il suo fisico attuale. Solo dopo
avrebbe rimesso a posto quel casino che era la sua vita.
Cercò quindi di mettersi
almeno sulle ginocchia, aiutandosi con le braccia e facendo leva sul
letto ancorato allo scafo del carro, rendendo la cosa comunque
difficile viste la gambe deboli – come se non le avesse mai
usate –
e il mezzo che si era nuovamente messo in moto ad uno schiocco delle
briglie trattenute dallo stesso Duca. Ora intento a guardare la
strada dissestata lasciando al proprio lord l'intimità di
cui aveva
bisogno per ritornare a familiarizzare con un mondo che pensava di
aver lasciato.
“E la stronz-cioè,
Madre Miranda?! lei è... ancora qui?”
Una volta sedutosi sul
materasso imbottito di canapa volle sbrogliare un altro nodo
piuttosto fondamentale, e la sua voce ancora roca faticò un
poco con
una domanda che lo tormentava da quando era tornato alla luce in modo
prematuro, mordendosi in tempo la lingua nell'ingiuriare il nome di
una donna che aveva solo finto di amare per decenni interi, ma che in
realtà detestava con tutto se stesso per avergli rovinato la
vita in
tutti i sensi. Uno strano senso di rispetto il suo –
fastidioso
come un veleno ormai insinuatosi profondamente in lui come un dogma
istintivo – che continuava a portarsi appresso sempre e
comunque
quando si trattava di parlare di lei con chiunque non fosse se
stesso. Forse si trattava tanto di istintivo, e odioso, rispetto nei
confronti dell'unica vera figura femminile che avesse condizionato la
sua crescita quanto di puro istinto di conservazione di fronte a
possibili nemici che potessero mettergli i bastoni tra le ruote con
la sua nobile causa... ma alla fine, come a breve
avrebbe
scoperto, sarebbe stata solo un'altra pietra da lasciarsi alle spalle
proprio come per i suoi "fratelli".
“In un modo o nell'altro
Madre Miranda è riuscita nei propri intenti... Si
è ricongiunta con
la sua vera famiglia, anche se temo non nel modo in cui lei lo aveva
immaginato”
per quanto la risposta del
Duca fosse abbastanza criptica – arrivata alle orecchie di
Heisenberg con un certo ritardo come a volersi studiare per bene le
parole da pronunciare di fronte ad un lord di cui ancora non aveva
visto nessuna manifestazione elettromagnetica avvolgergli le membra
ancora umide – senza ombra di dubbio fu abbastanza
cristallino nel
rivelargli che quella puttana fosse morta nel
portare avanti
un piano a cui diverse persone si erano decisamente contrapposte. Non
per ultimo il più giovane dei suoi figli, nonchè
quello che
rasentava quasi la perfezione dopo molteplici esperimenti disastrosi,
e che aveva pagato con la vita lo scotto di aver provato a ribellarsi
a lei anche usando metodi tutt'altro che puliti. Ma in fin dei conti
aveva imparato da quella stessa madre malevola a giocare sporco,
giusto? Quindi perchè avrebbe mai dovuto sentirsi in colpa?
Massaggiandosi le tempie
con una mano non volle dare al momento un nome alle emozioni che gli
stavano smuovendo lo stomaco, concentrandosi piuttosto a coprirsi con
una delle coperte presenti e darsi una prima sistemata. Era ancora
troppo poco lucido – secondo i suoi punti di vista
– per poter
accettare tutte quelle stronzate pensando che il suo cervello gliela
avrebbe fatta passare liscia. Aveva comunque ricevuto le informazioni
che gli interessavano, aveva appena appurato di essere ancora vivo in
un mondo che lo credeva probabilmente morto senza più
antagonisti a
tormentarlo, e tutto questo non poteva che andare a suo vantaggio.
Eppure...
“Se le interessa mi sto
dirigendo verso la fattoria dei Whateley per questioni d'affari. Sa,
credo che la vedova del signor Wilbur sarà ben contenta di
poterle
dare ristoro”
Karl non era uno stupido, e
conosceva abbastanza bene il mondo esterno – grazie ai
traffici
sottobanco dello stesso Duca che negli anni gli aveva fornito ogni
genere di bene da un mondo che Miranda aveva preferito tenere al di
fuori di quel loro microcosmo contaminato dal male – ma
avrebbe
preferito tenersi lontano da quella fattoria e della banda di zotici
matti che la abitavano. Le storie che giravano su di loro erano
alquanto bizzarre e imbarazzanti.
Per quanto la loro valle
fosse annidata tra i Carpazi e protetta tanto dall'impervia natura
quanto dalle selvagge creature che la popolavano – figlie
della
mente distorta di Madre Miranda – era chiaro che il villaggio
non
poteva sopravvivere a lungo isolato com'era dal mondo esterno.
Proprio per questo motivo esistevano uomini come il Duca e famiglie
come i Whateley che si preoccupavano di rifornire del necessario la
popolazione locale. Il primo con la vendita al dettaglio lungo tutto
un percorso insidioso mentre i secondi si limitavano a recepire la
preziosa merce dal mondo esterno e rivenderla poi ad un Duca con
più
misteri che rivelazioni.
La sacerdotessa dunque
chiudeva un occhio su certe cose, in quanto Karl sapeva che –
ipocritamente – anche lei aveva i suoi contatti con il mondo
esterno. Ma forse ella stessa si aspettava un colpo basso da uno dei
suoi lord... e subdolamente aveva fatto in modo che suo
“figlio”
Heisenberg abbassasse la guardia per sbarazzarsi anche di lui con-
Neppure il tempo di
terminare quella sequenza si pensieri che avvertì
chiaramente il
carro fermarsi. Non gli ci volle però molto per capire che
la
carovana era finalmente sopraggiunta a destinazione dopo quella che
doveva essere stata un'altra ora di viaggio rimasta nel più
completo
silenzio. Un gesto cortese da parte del corpulento mercante il voler
lasciar riflettere in pace il proprio ospite, ma era effettivamente
giunto il momento anche per lui di pensare al prossimo passo.
“Eccoci arrivati, lord
Heisenberg! La prego di non spaventarsi troppo per
quello che
vedrà... so che conosce i Whateley per fama, ma dubito che
sia a
conoscenza della loro accoglienza nei riguardi dei forestieri”
il diretto interessato non
capì a cosa il Duca si stesse riferendo, rimanendo
abbastanza basito
da volersi comunque mettere sull'attenti con le gambe ancora
tremanti, ed osservando dallo spiraglio principale che dava alla
seduta del cocchiere volle vedere con i propri occhi. Ciò
che vide
era solo un agglomerato di vecchie case di legno che componevano la
fattoria, dalle travi del tetto marcite a causa dell'umidità
fredda
e pungente di quei luoghi, e un insolito albero contorto su cui
rimanevano i resti di un'altalena. Ma che da dove si trovava lui
sembrava un cappio per impiccagioni.
La cosa lo mise abbastanza
in allarme visto che ancora non sapeva se poteva fidarsi del Duca, e
sentendo dei passi sul suolo fangoso e una voce arcigna in seguito
parlare con il mercante non riuscì proprio a trattenere un
sibilo di
tensione tra i denti stretti.
“... e poi i botti e poi
ancora le esplosioni!” fece una donna dalle sembianze di una
vecchia megera. Dai capelli bianchi come la neve raccolti in una tesa
capigliatura e gli occhi rossi dovuti forse alla gotta
“temevo che
a questo giro il commercio fosse ormai un lontano ricordo come lo
stesso villaggio a valle... ma a quanto pare caro Duca continuate a
portarci qualcosa”
“mia cara signora
Whateley! Il commercio non si ferma mai!” la grassa risata
del Duca
martellò per un momento nel cervello dolorante di Karl a
causa della
loro vicinanza “Ho delle vettovaglie che saranno sicuramente
di
vostro interesse, oltre che un ospite che quasi sicuramente
necessiterà delle vostre... premure”
Quel bastardo obeso era
forse intenzionato a venderlo ad una banda di mentecatti?! Il tono
che aveva usato con quella strega bianca non gli piacque minimamente,
senza contare che era...
“Madre! Il Duca ci ha
portato un uomo!!”
“Un uomo! Un uomo!”
“Un uomo bello!!”
non fece neppure in tempo a
ultimare le proprie linee di pensiero che una angoscia ben
più
grande si palesò nel momento in cui una luce accecante non
si
materializzò alle sue spalle. Costringendolo per questo a
voltarsi
di scatto sulla difensiva nonostante la luce del sole gli
bruciò gli
occhi ancora sensibili.
Qualcuno aveva aperto le
ante posteriori del pesante carro merci, e oltre il cigolio dei
cardini poco oliati il povero lord decaduto poté finalmente
osservare tre giovani donne dallo sguardo affamato e predatorio.
I loro sorrisi a trentadue
denti e i loro occhi dalle iridi dorate erano sgranati come pochi
dall'eccitazione. E più che avere fame di carne umana come
avrebbero
potuto averla le “figlie” di Alcina Dimitriescu
– decisamente
più eteree e pallide rispetto alle atletiche fattrici dagli
avambracci pronunciati, come in un dualismo insano tra la morte e la
vita – queste sembravano più che altro affamate di
cazzo.
Il suo.
“Non-provate-a-toccarmi!!”
Heisenberg scandì con
lentezza omicida quelle parole fulminando con il suo gelido sguardo
quelle boscaiole affamate, stringendosi di più nella coperta
di
velluto rosso e cercando con la coda dell'occhio il primo oggetto di
metallo da lanciare loro contro. La vista gli cadde per un secondo su
un pentolino metallico ancora appoggiato alla stufa in ghisa, e
vedendo che una delle ragazze – tutte dai capelli rossi
raccolte in
crocchie semplici e scompigliate e dalle lunghe sottane rattoppate
–
stava già salendo sul carro con un certo entusiasmo decise
di averne
avuto abbastanza.
Era tempo di vedere se,
oltre alla sua forma fisica completa, erano tornati a loro posto
anche i suoi temuti poteri. Ma cercando di fare leva su quello che
un tempo gli riusciva facile come respirare, muovendo il metallo a
proprio piacimento e facendo impazzire le centraline elettriche,
tutto ciò che riuscì a fare fu semplicemente di
farlo tremare sul
posto e avvertire un mal di testa così forte da portarlo
letteralmente a cadere a terra con un guaito risentito.
Si sentì pervaso da una
miriade di scosse elettriche come se il suo intero corpo si fosse
improvvisamente intorpidito per uno sforzo che non era ancora pronto
a fare, non trovando neppure la forza di tirare pugni quando quelle
megere lo raggiunsero con foga e ridendo come matte. In tempi meno
sospetti sarebbe anche rimasto lusingato di una simile attenzione da
parte di qualche bella ragazza, ma in questo caso avrebbe fatto
volentieri a meno di essere abbrancato dagli artigli di quelle arpie
in un momento di debolezza così umiliante che lo faceva
sentire come
un... normale essere umano. Cosa che non era più da molto, molto
tempo, ormai. E che lo portò per questo a urlare ogni genere
di
imprecazione mentre le sue ammiratrici lo legavano con le sue stesse
coperte come se fosse stato un salame.
“Lasciatemi!
Lasciatemi andare maledette puttane!! O giuro su dio che-!!”
“per l'amor del cielo,
ragazze! Limitatevi a far fare un bagno caldo a lord Heisenberg
finché non si sarà ripreso! O il mio bastone
sarà l'ultimo delle
vostre preoccupazioni!”
quando l'anziana matriarca
ruggì quei comandi nonostante la voce gracchiante e non
più giovane
ci fu come un miracolo. Le tre robuste boscaiole si fermarono di
colpo una volta scese dal carro con un bottino trattenuto tra le loro
braccia come se fosse stato un tappeto arrotolato –
osservando
l'anziana genitrice rimasta accanto ad un mercante dal sorriso
compiaciuto – sgranando gli occhi ora non più
allegre come bambine
di fronte a una ciotola di caramelle ma ben più preoccupate
delle
conseguenze di azioni fin troppo avventate.
“Si, madre”
si limitarono a borbottare
scontente quelle, una dopo l'altra, chiudendosi poi in un
imbarazzante silenzio che lasciò attonito lo stesso
Heisenberg che,
nonostante la ramanzina, non venne liberato da quella presa ma
anzi... issato sulle loro spalle come se stessero trasportando un
lungo tronco.
In quel momento non seppe
dire se aveva voglia di scuoiare o meno il Duca per l'assurda
situazione in cui l'aveva buttato senza preavviso – in fin
dei
conti ora aveva ben altro a cui pensare tra ospitalità
discutibile e
poteri che faticavano a riaffacciarsi – ma vedere quel
grassone
sfacciato salutarlo con una mano mentre lo trascinavano in casa gli
fece venir voglia optare per la prima, discutibile, opzione.
“Che cazzo di
situazione...”
[…]
Alla fine dovette ammettere
a se stesso che poteva anche andargli peggio quel giorno. Le figlie
della megera erano state di parola non molestandolo più del
dovuto,
se escludevano un paio di sculacciate con gli asciugamani a fine
bagno, e mostrando una certa professionalità nel strigliare
il loro
signore così come son solite fare le lavandaie con le
lenzuola
sporche. Spazzolate energiche e quasi dolorose nel mentre che era
immerso in un catino di legno pieno d'acqua e sapone di Marsiglia,
cantando un paio di canzoni popolari per farsi passare la fatica nel
rimuovere quei cristalli e quel muco disgustoso che permeava la pelle
leggermente abbronzata di Heisenberg. I segni di una rinascita
miracolosa voluta da un parassita che si rifiutava di far morire il
proprio guscio, ora rintanato nel suo petto e perfettamente fuso con
il suo sistema nervoso lasciando solo l'ennesima cicatrice sulla sua
pelle. Non c'era mai stato nessun piano B in tutto questo, aveva
fatto tutto quel mostriciattolo che gli era stato cucito addosso
dalla stessa sacerdotessa nera.
Una volta che le boscaiole
ebbero finito con lui gli lasciarono la privacy di cui aveva bisogno,
sentendosi finalmente grato di non avere più i loro occhi
addosso e
di poter riflettere in santa pace davanti allo specchio del bagno. Si
passò una mano tra i capelli bagnati soppesando le emozioni
contrastanti che minacciavano di manifestarsi in un momento all'altro
tra una risata di pura gioia sarcastica a una rabbia funesta dal
voler prendere a pugni il suo stesso riflesso.
Era stata tutta una perdita
di tempo. In quel momento non poteva fare a meno di pensarla
così.
Anni spesi a collezionare
una armata di golem creati dai cadaveri dei contadini che morivano e
gli venivano portati per la cremazione, tra successi e imbarazzanti
fallimenti. Il cimitero al villaggio si era ormai riempito
già un
secolo prima, quindi per forza di cose all'ingegnere autodidatta
venne affidato l'odioso business della cremazione dei corpi che tale
non era... donando alle sventurate famiglie dei malcapitati solo
un'urna di latta contenenti le ceneri della sua stufa in ghisa. Un
gesto vile quanto necessario, se voleva crearsi di nascosto un
esercito che potesse competere contro Madre Miranda e lo strapotere
che aveva sul suo Dio Nero ancorato nelle viscere del sottosuolo da
radici primordiali. Il parassita divino venerato dai primi uomini che
giunsero in quella valle già prima di apprendere l'arte
della
scrittura.
Un rancore fermentato nel
corso degli anni fin dalla sua prima giovinezza, mentre i ricordi
della sua vita passata – prima del Villaggio e prima del
cadou.
Prima di essere rapito e condotto in un mondo a lui alieno –
rischiavano di perdersi nell'alone della muffa sollevata da
quell'arpia a cui mostrare benevolenza se voleva sopravvivere.
Poi era arrivata lei, la
bambina perfetta – una straniera in terra
altrettanto
straniera ma dal corredo genetico impeccabile – su cui
Miranda
puntava tutta la missione della sua vita – riportare alla
luce
quella figlia portata via crudelmente dall'influenza spagnola
più di
un secolo prima, innestando la sua coscienza in un corpo più
che
perfetto per ospitarla – decretando per questo
l'annichilimento di
tutto un mondo che fino a quel momento si era inginocchiato a lei
portando le mani al cielo nell'atto di chiamarla a gran voce nella
più totale disperazione. Una bambina che Heisenberg non
disprezzava
e neppure adorava, ma che avrebbe tanto voluto usare in un modo non
propriamente accettabile quanto comunque sicuro per la piccola.
Perchè ci teneva lui, sempre e comunque, a puntualizzare di
essere
differente dal resto della sua famiglia.
Un vero peccato che il
padre della mocciosa non gli avesse dato il permesso di poterla
sfruttare a proprio vantaggio – gli aveva persino fatto la
cortesia
di coinvolgerlo nel proprio piano – e alla fine il suo
smisurato
ego, e un carattere permaloso come quello di un bambino, lo aveva
portato a voler comunque tentare il tutto per tutto da solo.
E aveva fallito.
La rabbia di non essere
stato lui a uccidere quella donna miserabile stava oscurando il suo
giudizio ben più logico, quello di sentirsi sollevato di far
parte
ancora di quel mondo e non di essere stato assimilato da una terra
contaminata purgatorio di molte altre anime in pena.
“Cazzo!!”
il pugno destro si abbatté
con forza a fianco dello specchio appannato e rovinato, colpendo le
piastrelle di un brutto color oliva mentre la sua voce uscì
con un
ruggito incrinato di chi non è capace di controllare le
proprie
emozioni se messo alle strette. L'evidente formicolio che gli
attraversò il dito mignolo e tutto il palmo tramutandosi a
breve in
dolore gli ricordò per l'ennesima volta qualcosa di
fondamentale.
Qualcosa che la stessa signora Whateley prontamente
pronunciò una
volta che fece capolino sull'uscio della porta del bagno lasciata
deliberatamente aperta, tenendo tra le mani alcuni capi di vestiario
da consegnare al proprio signore.
“Perchè crucciarsi, mio
signore? Siete vivo, gli altri sono morti, e comunque non è
più un
vostro problema”
appoggiò gli abiti su un
vecchio sgabello in vimini e da una sporta in tela che portava a
tracolla ne estrasse alcuni stivali da far provare al proprio ospite.
Tutto questo incurante del fatto che Heisenberg fosse mezzo nudo al
suo cospetto, coperto solo da un asciugamano legato ad una vita
incisa di cicatrici passate.
“Tutta questa roba un
tempo apparteneva al mio vecchio Wilbur – che riposi in pace
–e
dubito che a un morto possa in qualche modo servire... ma a un vivo?
Diamine, certamente lei non sembra appartenere alla prima
categoria!”
“Nnnh... vecchia, io non
credo tu riesca a capire” disse stancamente lui,
massaggiandosi
l'attaccatura del naso con l'indice e il pollice. Non era in vena di
sentire altre stronzate moraliste per quel giorno “ho speso
decenni
per questo cazzo di momento... decenni interi cazzo... e ora mi dici
che non dovrei essere umanamente imbufalito?!”
l'anziana donna dal volto
rugoso come il tronco di un albero non disse nulla per svariati
secondi, guardandolo con una espressione non dissimile dal
compatimento che si ha nei confronti di un cucciolo disubbidiente,
prima di avvicinarsi verso la sgangherata finestra che dava nella
corte principale dove era ben visibile il contorto albero morto e la
sua logora corda appesa ad una delle ramificazioni nodose.
Lo indicò con una certa
insistenza, passando i propri occhi rossi prima su quel presagio di
morte e poi di nuovo sul proprio sire caduto in disgrazia e sempre
più irritato da quella sua presenza incomprensibile.
“lo vede quello mio
signore? Quello è l'albero in cui il mio povero Wilbur
è morto
ormai più di venti anni fa... rimasto impiccato a quella
corda di
altalena nel mentre che cercava di montarla per le mie ragazze. Era
una domenica uggiosa, ed è successo mentre io le bambine
eravamo
andate a messa giù al villaggio... e diamine se avrei voluto
essere
a casa per godermi lo spettacolo!”
una volta che vide una
parziale attenzione da parte di Heisenberg – un sopracciglio
inarcato per quelle che potevano essere le farneticazioni di una
vecchia megera – l'anziana padrona di casa
continuò la sua breve
storia con un sorriso arcigno ritornando verso lo sgabello di vimini
e appoggiandoci sopra una serie di cappelli sempre estratti dalla
borsa a tracolla.
“in quaranta anni di
matrimonio ho pensato più e più volte a come
cercare di far fuori
mio marito cercando di non farmi scoprire e sopraffare da lui... e un
giorno, semplicemente, ci ha pensato il beffardo destino a togliermi
via questo piacere” selezionò alcune calze di lana
e le depositò
sugli stivali in pelle ancora perfettamente robusti. Una per ogni
stivale abbinato “certo, all'inizio ero particolarmente
furiosa
della cosa, distrutta direi, ma con il tempo ho capito che non c'era
piacere più grande che non avere i sensi di colpa per la
morte di un
vecchio bastardo”
per quanto Karl Heisenberg
fosse arrabbiato più con se stesso che con il resto del
mondo
dovette ammettere a se stesso che quelle parole gracchiate in maniera
melliflua gli furono di certo effetto. Forse ora a caldo non avrebbe
realizzato come avrebbe voluto, ma come una spina conficcata nella
carne la vecchia vedova aveva sicuramente centrato il succo del
discorso per alzare il morale al suo signore. Della morte di Madre
Miranda non aveva colpe, e mai avrebbe assaporato l'amara esitazione
nel darle il colpo finale – se mai ne avesse avuta
– dovendola
forse solo “ringraziarla” per avergli donato un
potere che si era
sacrificato lui al suo posto per permettergli di tornare a vivere
quella vita che aveva abbandonato quando era stato rapito da bambino.
Una sequenza di ricordi che
si stava facendo sempre più agrodolce e consapevole
dell'incerto
futuro da uomo libero che lo aspettava, avendo per questo compreso di
aver avuto dal “destino” una seconda
possibilità, interrotto
solo dal potente suono di svariati rotori che portarono a far vibrare
i vetri delle finestre di tutta la casa durante il loro passaggio.
Quando entrambe le figure si avvicinarono alla finestra del bagno
poterono vedere alcuni elicotteri militarti che si dirigevano verso
l'interno della valle, ove ancora sbuffi di fumo nero risalivano il
cielo, ignorando per ora quella fattoria e i suoi inquietanti
abitanti. La morte di Madre Miranda stava attirando più
persone del
dovuto, e questo non era un bene per nessuno.
“Dirò alle mie figlie di
sellare uno dei nostri stalloni più robusti il prima
possibile.
Consideratelo un ultimo regalo da parte nostra lord
Heisenberg”
fece la matriarca, avvicinandosi con passo svelto per quanto gliene
concedeva l'età all'uscita del bagno sgangherato
“questa valle non
è più sicura per nessuno ormai...”
[…]
Quando uscì dalla fattoria
il carro del Duca con tutti i suoi averi era sparito già da
un
pezzo, forse anche complice l'improvviso frastuono di elicotteri
militari che aveva squarciato la quiete di quel grigio mattino oppure
semplicemente aveva concluso lì le sue commissioni, ma Karl
era
abbastanza sicuro che un giorno le loro strade si sarebbero
incrociate nuovamente. Uomini come quel mercante bastardo erano
difficili da inquadrare, e ancor meno da uccidere... un po' come lui
alla fin fine.
Una volta scelti gli abiti
che più gli si conformavano – tra cui un trench
non dissimile da
quello che aveva un tempo ma di colore nero – uscì
in veranda con
la sua solita spavalderia e un sigaro trattenuto nelle labbra
sfregiate, altro regalo che si era ritrovato tra i vestiti
ammucchiati e che la vecchia Whateley aveva tanto insistito
affinchè
lui si tenesse. La sacca da viaggio che aveva a tracolla parlava
chiaro, le ragazze avevano avuto premura di non fargli mancare nulla
ovunque egli avesse voluto andare.
Con gli occhi finalmente
protetti da un paio di occhiali da sole consunti e un cappello in
pelle logora che doveva mimetizzare i suoi tratti ad un occhio
più
attento, il fu lord Karl Heisenberg si preparò a montare sul
cavallo
grigio che gli avevano preparato per la prima volta consapevole di
non aver più catene che lo tenessero legato a quel luogo di
inferno
men che meno i ricordi a cui, comunque e istintivamente, tentava di
tenere ancora legati a sé. Alla fine lo sapeva, la vecchia
aveva
ragione, il tempo avrebbe attenuato le nuove cicatrici e le avrebbe
appese al cappio proprio come la corda su cui si era impiccato il
vecchio Whateley.
“Sarà un vero peccato
non vederla più da queste parti, lord Heisenberg”
piagnucolò una
delle boscaiole, che con mani callose teneva ben salde le redini di
uno stallone perplesso per il nuovo padrone. Mentre le altre
fanciulle finivano di fissare le sacche alla sella “avete
già in
mente una meta specifica o vi serve una mappa?”
Quante premure da parte di
villani che ancora lo consideravano un dio sceso in terra, proprio
come voluto dalla stessa sacerdotessa eretica per tutti i suoi figli,
ma poco propenso da sbatterle in faccia questa realtà vista
l'accoglienza che comunque gli era stata data.
“Ho sentito che la Russia
è splendida in questo periodo dell'anno” fece
sardonicamente lui,
abbassandosi lievemente la tesa del cappello in un accenno di saluto
elegante “mi raccomando ragazze, fate le brave mentre io sono
via,
hm?!”
era chiaro che non sarebbe
mai più ritornato da quelle parti, ma sentire quelle ragazze
sopprimere una risata isterica dall'eccitazione lo portò a
sorridere
in maniera particolarmente divertita. Non aveva mai avuto particolare
simpatia per gli abitanti di quella terra corrotta – li
considerava
complici dei traffici di Miranda con la loro devozione cieca e
insostenibile, non provando pena per loro neppure quando
arrivò il
momento della loro fine – eppure stranamente non vi fu
malizia a
circondargli quella barba incolta e la sua boccaccia volgare.
Partì dunque di gran voga
frustando il cavallo con le briglie, assaporando quel vento gelido
che gli sferzava il volto e le vesti come una ventata di
libertà e
anonimato che lo stavano aspettando oltre quelle nebbie grigie che
circondavano le montagne. Sapeva solo di essere vivo, sapeva inoltre
di non possedere più catene, e che il mondo per lui non
aveva più
confini.