Let’s rock the night!
Il Fantômas Beach è insolitamente gremito di persone.
Da quando Bill ha avuto la brillante idea di scattare delle
foto da inserire nelle nostre locandine, noi dei Freaky Pigs stiamo riscuotendo
un discreto successo tra i locali del lungomare.
La serata è tersa e la luna splende al centro del cielo e
noi siamo carichi e pronti a spaccare tutto con la nostra musica.
Oggi proporremo anche un brano inedito, anche se è in fase
embrionale: si chiama provvisoriamente Jim ed è una sorta di interludio
strumentale suonato dal nostro chitarrista.
La strumentazione è pronta nell’angolo del terrazzo in legno
che funge da palco e noi stiamo bevendo qualcosa prima di cominciare.
«Io l’avevo detto che quelle locandine ci avrebbero fruttato
un sacco di fan!» esclama Bill, finendo di scolare la birra dalla propria
bottiglia.
Siamo nei pressi del bancone del bar e ci stiamo godendo i
drink gratuiti offerti dal gestore del chiosco.
Io sto in piedi di fianco a Mike e ogni tanto sbircio nella
sua direzione: indossa una t-shirt bianca con su stampato un drago stilizzato,
dei bermuda in jeans e le immancabili sneakers verde fluo. I capelli lunghi e
sciolti sulle spalle completano il quadro, e ancora una volta mi rendo conto di
quanto sia bello.
«Cinque minuti!» grida il padrone del locale, un uomo di
mezza età dall’aspetto insignificante.
Mike annuisce e gli indirizza un sorriso cordiale, poi fa
girare lo sguardo tra di noi e ride. «Anche oggi Frank ha la canottiera
macchiata» commenta, sorseggiando un po’ d’acqua dalla sua bottiglietta.
Bill sghignazza e gli batte sulla spalla. «Certo, altrimenti
non sarebbe lui! Comunque non mi avete ascoltato: parlavo delle locandine!»
Io scambio un’occhiata con Puffy, poi il batterista solleva
un sopracciglio. «Sì che ti abbiamo ascoltato, ma sono settimane che non fai
che ripeterlo: l’abbiamo capito!»
«Antipatico» borbotta il bassista, incrociando le braccia
sul petto.
A quel punto anche Jim ci raggiunge e sembra particolarmente
eccitato per la serata che ci aspetta; non è semplice decifrare le sue
espressioni facciali, ma ho come l’impressione che non veda l’ora di suonare la
canzone che ha composto.
«Pronti? Andiamo a spaccare tutto!» si rianima Bill.
Annuiamo e lasciamo i resti dei nostri drink sul bancone,
dirigendoci verso i nostri strumenti.
Nel tragitto salutiamo qualche amico e ci facciamo largo tra
la molta gente assiepata ovunque: attorno ai tavolini, in piedi in ogni spazio
disponibile, addossata alla balaustra del terrazzo all’aperto o alle pareti in
legno.
L’atmosfera è bellissima: niente potrebbe andare storto.
Prima di posizionarmi dietro le mie tastiere, afferro Mike
per un polso e lo intrappolo in un breve abbraccio.
«Ehi, bambolina, sei in ansia?» mi mormora
all’orecchio, per poi lasciarmi andare e scrutarmi con quegli occhi profondi e caldi.
Sorrido per rassicurarlo. «No, va tutto bene. Questa serata
è perfetta, me lo sento.»
«Roddy, datti una mossa!» mi rimbecca Bill, trascinandomi
via dal mio ragazzo.
«Dovresti imparare a farti gli affari tuoi, Rapunzel!»
replico.
«Oggi non ho la treccia, quindi non puoi chiamarmi così!»
Ridiamo e prendiamo posto, mentre Mike afferra il microfono
e comincia a parlare, dando il benvenuto ai presenti.
«Ehi, stronzi, siete pronti a saltare in aria con i Freaky
Pigs?» grida, e noto che fa sobbalzare alcune ragazze che stazionano un po’
troppo vicine a una delle casse. «Non spaventatevi, donne: siamo dei bravi
ragazzi, non mordiamo! Al massimo il nostro bassista farà a gara con il
chitarrista per conquistarvi!» prosegue il cantante, calandosi perfettamente
nel ruolo che più gli riesce quando è sul palco: l’artista capace di
intrattenere il suo pubblico, di prendersi in giro e di comportarsi
contemporaneamente come un coglione.
Lo amo anche quando fa così, mi mette addosso una voglia
incredibile di raggiungerlo e baciarlo fino a togliergli il respiro, giusto per
dimostrare a tutti che lui è mio.
Sorrido soddisfatto e mi concentro su ciò che devo fare.
Mike annuncia la prima canzone – Highway Star dei
Deep Purple – e la magia comincia: Puffy si diverte dietro la sua batteria, io
picchietto sui tasti del mio strumento, Bill tortura le corde spesse del basso
e Jim accarezza con precisione quelle più sottili e numerose della chitarra.
Poi Mike completa il quadro, la sua voce riempie l’aria e da
quell’istante in poi è come se ci immergessimo in un universo in cui esistiamo
soltanto noi due e quel casino chiamato rock’n’roll.
Abbiamo eseguito a malapena quattro brani quando avverto
qualcosa di umido schiantarsi sulla mia fronte sudata.
Inizialmente non ci faccio caso, perché quella sensazione –
visto il caldo insopportabile che sto provando – mi risulta piuttosto piacevole;
poco dopo però la cosa si ripete e capisco che sono gocce di pioggia: enormi,
fresche, si infrangono sul mio viso e sulle mie braccia.
E sulla mia tastiera.
Sollevo lo sguardo, allarmato: cerco quello di Bill e lo
vedo contrariato a sua volta, e anche se Jim indossa i suoi ormai immancabili
occhiali scuri dalle lenti rosse posso intuire dal linguaggio del suo corpo che
è infastidito a sua volta.
«Cazzo» borbotto, cercando di piegarmi in avanti nel vano
tentativo di impedire all’acqua di colpire la mia strumentazione.
Vedo Mike sollevare gli occhi al cielo e sbuffare. «Qualcuno
non è d’accordo che noi suoniamo, stasera?» chiede.
I presenti scoppiano a ridere e sghignazzare, mentre io sono
sempre più preoccupato: la pioggia si sta intensificando e ho seriamente paura
che la nostra attrezzatura si rovini. Già non è il massimo suonare all’aperto
con un alto tasso di umidità, ma questo è decisamente peggio.
D’improvviso lo scrosciare dell’acqua si fa torrenziale e
io, senza pensarci due volte, mi butto letteralmente sulla tastiera e cerco in
tutti i modi di farle da scudo. «Cazzo, fate qualcosa! Chiamate Frank!» strillo
con fare isterico.
«Le pelli della mia batteria! Le fottutissime pelli!» grida Puffy
disperato. Anche se non posso vederlo, piegato come sono sul mio strumento, riesco
a immaginare che sia nelle mie stesse condizioni.
Jim stacca di slancio la chitarra dall’amplificatore,
provocando un rumore sordo e fastidioso, così Mike è costretto a correre ai
ripari, abbassando completamente il volume e imprecando tra i denti.
Con la coda dell’occhio mi accorgo che il chitarrista è
corso dentro il chiosco, stringendo al petto la sei corde.
Intanto la pioggia aumenta ancora: la sento battermi sulla
schiena, sui capelli legati in un morbido codino, sulle braccia e le gambe. È
terrificante e totalmente insensato, considerato che il cielo fino a poco fa
era sgombro e terso.
Sollevo appena la testa e vedo Jim tornare insieme a Frank e
qualche cameriere del Fantômas Beach.
«Ma non avete dei
teli per coprire tutto?» sento gridare all’uomo in canottiera macchiata.
«Noi? E voi,
invece?!» sbraita Bill in risposta.
«Ci aiutate a
smontare tutto?» interviene Puffy, rituffandosi verso la propria batteria.
La pioggia continua
a imperversare e una rapida occhiata verso i presenti mi comunica che si sono
tutti accalcati al coperto.
Facendomi coraggio,
mi raddrizzo e con gesti rapidi e frenetici mi adopero per smontare la mia
attrezzatura, augurandomi che non capiti qualcosa di grave: non sono
decisamente nelle condizioni economiche per potermene comprare un’altra.
La rabbia si fa
largo in me: detesto il fatto che prima il cielo fosse limpido e ora il Diluvio
Universale ci stia inondando senza pietà, odio il fatto che noi non ci siamo
attrezzati con dei teli in plastica e che neanche Frank l’abbia fatto.
Comincio a correre
da una parte all’altra, spostando le mie cose al coperto, anche se c’è talmente
tanta gene e talmente poco spazio che rischio di non trovare posto; impreco e rischio
di inciampare in cavi e altra attrezzatura.
Riusciamo
miracolosamente a mettere tutto al riparo nel giro di pochi minuti, e a nostra
volta ci infiliamo negli spazi inesistenti per non continuare a inzupparci
ulteriormente.
Tengo lo sguardo
fisso sullo scrosciare dell’acqua e, nonostante la frustrazione per la sfortuna
che abbiamo avuto, mi godo il paesaggio che mi si presenta di fronte: il mare,
in lontananza, è scuro come il cielo ingombro di nubi nere, della luna non c’è
più nessuna traccia e il legno del chiosco viene inondato dai fiotti impietosi.
Quella condizione
dura ancora per un po’, poi noto che tutto sembra pian piano rallentare.
Tiro un sospiro di
sollievo, anche se nella mia mente si cementifica la consapevolezza che ormai
non potremo più suonare per stasera: dovremmo rimontare tutto e verificare che
l’attrezzatura non abbia subito danni, ripetere il soundcheck e sperare che non
ricominci a piovere, costringendoci a rifare ciò che abbiamo fatto prima.
In tutto
l’acquazzone dura a occhio e croce una ventina di minuti, poi tutto intorno a
noi torna quieto.
Di quel casino non
rimangono che le assi di legno inzuppate d’acqua e le sedie che lasciano
scivolare le ultime gocce rimaste impigliate sulla loro superficie.
«Ma vaffanculo!»
sbotta Bill, spostandosi all’esterno. «Ci ha fatto fare tutto questo casino per
due gocce di merda!»
Lo raggiungiamo a
nostra volta e tutti e cinque ci scambiamo occhiata esasperate.
«Dovremmo comprarci
dei teli» osserva Mike con un sospiro.
Lo guardo e noto che
la maglia bianca, infradiciata dall’acqua, aderisce perfettamente alla sua
schiena e i capelli non sono da meno.
«E Frank allora? Non
può far suonare la gente in questo posto senza avere delle precauzioni in caso
di pioggia!» protesta ancora Bill, le mani sui fianchi e l’espressione
accigliata.
«Dai, è andata così,
cerchiamo di vedere il lato positivo!» intervengo.
«Se ce ne fosse
uno…» si fa avanti Jim, che nel frattempo si è tolto gli occhiali scuri.
«Adesso Frank mi
sente, sono incazzato nero!» sbraita Bill, muovendosi a passo di marcia per
affrontare il padrone del Fantômas Beach.
«Cosa avevi detto a
proposito della serata perfetta?» mi punzecchia Mike, rivolgendomi
un’occhiataccia.
Alzo lo sguardo al
cielo e sospiro. «La prossima volta starò zitto!» affermo.
Il cantante mi si
accosta per lasciarmi un lieve bacio sulla tempia, poi raggiunge Puffy che
intanto sta esaminando le pelli dei suoi tamburi e borbotta tra sé e sé.
Io e Jim ci
scambiamo un’occhiata, poi il chitarrista sospira e si passa una mano tra i
capelli ricci e scompigliati. «E pensare che stavo per suonare la mia canzone…»
esala.
Scoppio a ridere e
gli batto sulla spalla. «Sarà per la prossima volta!» lo rassicuro.
«Magari non è
destino» commenta.
«Macché, non dire
così!»
Proprio in quell’istante
Bill torna da noi a testa bassa.
Lo interrogo con lo
sguardo, curioso di sapere com’è andata la sua discussione con Frank.
«Beh? Che ha detto?»
si incuriosisce Jim.
«Non gli ho detto
niente. Stavolta gliela lascio passare liscia, ma la prossima…»
Sghignazzo. «Sempre
il solito sbruffone!» esclamo.
«Piantala, bambolina!»
si rivolta il bassista, trucidandomi con un’occhiata. «Frank ha detto che ci
offre qualcos’altro al bar per farsi perdonare.»
Scuoto il capo,
evitando di fargli notare che mi dà fastidio che lui mi chiami in quel modo.
Poi sorrido e dico: «Allora qualcosa di positivo c’è».
«Cosa?» chiede Mike,
raggiungendomi seguito da Puffy.
«Frank ci offre da
bere!» esclamo, prendendo il batterista sottobraccio per condurlo verso il
bancone.
Il resto della band
ci segue e ho la sensazione che, nonostante tutti i casini che sono successi,
questa continui a essere una serata perfetta.
♫ ♪ ♫
[Prompt 55: Rimanere
sorpresi da un improvviso acquazzone estivo.]
Ciao a tutti e
benvenuti in questa mia nuova raccoltina dedicata ai Freaky Pigs *____*
Quest’idea nasce dalla
challenge di LadyDragon, che ringrazio per l’idea e l’ispirazione che mi ha
dato!
E siccome nel
FreakyPigs!AU è sempre estate (e a volte Natale XD), e considerato che la
giudice accetta i Faith No More come band, come potevo lasciarmi sfuggire
l’occasione di buttarmi su qualcosa del genere?
Qualche spiegazione
per LadyDragon è doverosa, però: qui i Faith No More in formazione originale
(Mike Patton – voce; Jim Martin – chitarra; Bill Gould – basso; Roddy Bottum –
tastiere; Mike “Puffy” Bordin – batteria) non sono altro che un gruppo di
ragazzini di circa vent’anni, piuttosto sfigati, che hanno formato una band
chiamata Freaky Pigs dopo essersi incontrati nella scuola di musica che
frequentano e in cui studiano.
Il gruppo fa
soltanto cover, almeno per il momento, e qui scopriamo che hanno dato vita a
una canzone inedita intitolata Jim; ebbene, questo magnifico brano
esiste davvero ed è presente nell’album We Care A Lot del 1985. Ve la
linko qui, così potete ascoltarla:
Jim
E ne approfitto
anche per linkarvi il bravo Highway Star dei Deep Purple, caso mai non
lo conosciate:
Highway Star
Non ho scelto questa
cover a caso per i Freaky Pigs, dato che i FNM hanno davvero eseguito diverse
volte la cover della canzone dei Deep Purple durante i live; ve ne linko un
esempio qui, anche se c’è solo l’audio ahahahah:
Faith No More – Highway Star
Il logo della band
che trovate in cima sotto il titolo l’ho creato io stessa – so che non è il
massimo, però non dimentichiamoci che sono sfigati e mica possono avere un bel
logo XD – e lo stesso campeggia sul braccio sinistro di Roddy sotto forma di
tatuaggio, nei pressi della spalla.
Mike e Roddy sono
una coppia consolidata in questo AU, tutti sanno che hanno una relazione ^^
Il nomignolo bambolina
viene usato da Mike nei confronti di Roddy, ma a volte anche gli altri della
band lo sfruttano per prendere in giro i due fidanzati!
Il soprannome Rapunzel,
invece, è stato affibbiato da Mike a Bill nella storia Hot Party, dato
che Roddy si era prodigato a fare una treccia al bassista XD
Il Fantômas Beach è
un chiosco sulla spiaggia di mia invenzione, ed è il locale più frequentato dai
Freaky Pigs, sia in quanto band che in compagnia del loro gruppo di amici! Per
il nome del locale ho preso ispirazione da una delle tante band di Mike Patton,
ovvero i Fantômas! ^^
Penso di aver detto
tutto e spero che questo primo delirante capitolo vi sia piaciuto ;)
Grazie a chiunque
sia giunto fin qui e alla prossima ♥
|