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PIOGGIA
IN UN FREDDO SABATO SERA
“Moon river, wider
than a mile
I'm crossing you
in
style some day…”
Non era un bel
momento per gli Autorobot, Optimus lo sapeva.
I Decepticon si erano impadroniti della Spada Stellare, cosa che aveva
portato
e stava portando a svariati Minicon persi e compagni di squadra feriti
in
battaglia, e sebbene stessero cercando di trovare l’ultimo
Minicon dello Scudo
Stellare non erano ancora riusciti nell’impresa. Il morale di
tutti quanti era
a terra nonostante i suoi tentativi di risollevarlo…
“Le
parole senza i
fatti sono inutili, e i fatti ve li trovate addosso sotto forma di
tagli. O vi
riprendete la Spada, che senza certe
scelte avventate sarebbe ancora qua, o trovate lo Scudo:
altro non c’è”.
Tentativi che
Rain O’Connell smontava senza pietà alcuna.
L’avvertimento
riguardo il fatto che il suo atteggiamento un giorno avrebbe potuto
portarle
problemi -avvertimento che ora, nel ripensarci, suonava come una velata
minaccia a lui stesso che aveva detto quelle parole- l’aveva
solo invelenita
ancora di più, il che era tutto dire. L’unica cosa
buona era che lei e Billy
frequentassero la base limitatamente, ma quel poco era più
che abbastanza.
“You,
dream maker, you
heart breaker
Wherever you're
goin',
I'm goin' your way…”
Erano quelli i
motivi che, nei momenti liberi, quel giorno e
i precedenti lo avevano spinto a cercare conforto fuori dalla base.
Inizialmente era stato solo un andarsene fuori, appunto, ma un bel
giovedì sera
il suo peregrinare l’aveva portato a passare vicino a un
“lounge bar”
-l’insegna recitava così- dal cui interno aveva
sentito una voce femminile
cantare un brano terrestre a lui sconosciuto.
“Two
drifters, off to
see the world…”
L’estensione
vocale della cantante non era nulla di
speciale, ma non era quello il punto. Ciò che
l’aveva indotto prima a
rallentare e poi a trovare un posto nel parcheggio era il fatto che la
voce di
quella donna fosse quanto di più tranquillizzante avesse
sentito da svariati
millenni a quella parte; se fosse per una frequenza che risuonava in
modo
particolare nel suo processore o simili Optimus non avrebbe saputo
dirlo, ma di
sicuro era ciò di cui in quel momento aveva avuto bisogno.
“There's
such a lot of
world to see…”
Inizialmente
combattuto, specie perché conscio del fatto che
la cantante fosse un essere umano e che sarebbe stato il caso di
evitare il più
possibile ogni contatto con gli indigeni, poco dopo aveva concluso che
non
c’era assolutamente niente di sbagliato in quel che stava
facendo. In fin dei
conti era solo rimasto fuori dal
locale a fare quel che altri esseri umani stavano facendo dentro di
esso, senza
un approccio vero e proprio con l’artista in questione, ed
era rimasto fino
alla fine dell’esibizione.
“We're
after the same
rainbow's end…”
In seguito
l’aveva anche vista uscire insieme a un gruppo di
colleghi e andare verso un’automobile molto piccola e
compatta di colore verde
scuro. L’aveva riconosciuta dalla voce, ovviamente, molto
calma anche nel
parlare; Optimus non si intendeva molto di terrestri ma aveva notato
l’eleganza
generale di quella persona ed era stato lieto di sentirla salutare gli
altri
lasciando intendere che si sarebbero rivisti quello stesso
finesettimana. In
quello stesso frangente aveva anche colto il suo nome:
“Rhiannon”.
“Waitin'
'round the
bend,
My huckleberry
friend…”
Da quel
momento in poi, se non c’era del lavoro da fare alla
base, se non c’erano dei Minicon da recuperare o i Decepticon
a fare danni in
giro per la Terra, il parcheggio di quel lounge bar era diventato un
appuntamento fisso per Optimus tanto il giovedì sera quanto
i weekend, anche
con temporali forti come quello dell’attuale sabato. I suoi
recettori audio gli
permettevano di escludere il rumore della pioggia e concentrarsi sui
suoni che
gli interessavano, dunque in tal senso non aveva problemi a godersi
l’esibizione.
“Moon
river…”
Sapendo di
essere arrivato alla canzone finale, Optimus fece
un brevissimo e inudibile sospiro e ringraziò mentalmente
Rhiannon per i blandi
calmanti che, grazie al suo lavoro, lui non
aveva dovuto assumere.
“And
me…”
La vide uscire
dal locale poco dopo, con una mano che
aggiustava brevemente i capelli biondo grano e l’altra a
sorreggere un
dispositivo di comunicazione terrestre noto ai più come
“cellulare”. Non aveva
un’aria particolarmente felice, contrariamente alle altre
sere.
«…
da quant’è che quella scarpata minacciava di
franare? Mai
che si siano degnati di mettere quantomeno una rete di contenimento.
Sì. Sì,
infatti... raggiungo il B&B qui vicino, non ti preoccupare.
Allora ci
vediamo domattina, strada sbloccata permettendo. Sì,
guiderò piano… il tuo piano, non il mio piano, sì.
Sì. Anche io. A domani» disse, concludendo
così la
chiamata «D’altra parte con un temporale del genere
era praticamente
inevitabile» commentò poi, dirigendosi verso la
propria automobile.
Optimus Prime
accese il motore e, dopo una breve manovra,
lasciò il parcheggio con l’intento di tornare alla
base. Che quella donna non
potesse tornare a casa propria era spiacevole ma aveva già
trovato una
soluzione al problema, dunque non c’era di che preoccuparsi.
Qualche
centinaio di metri più avanti, nonostante la pioggia
sempre più forte, notò che l’auto della
cantante era dietro di lui.
Evidentemente per raggiungere il “B&B” -i
ragazzi gli avevano detto che si
trattava di tipo di albergo- doveva andare in quella direzione.
Fu allora che
accadde: all’improvviso, un’automobile che
arrivava dal senso opposto e che guidava in modo decisamente troppo
veloce
superò Optimus e proseguì a velocità
folle, sbandando visibilmente in più di un
momento e andando a invadere l’altra corsia.
“…!”
Lo stridio dei
freni dell’auto di Rhiannon indusse Optimus a
fare immediatamente inversione, giusto in tempo per vedere
l’altra auto
proseguire e quella della donna, che a causa della pioggia ne aveva
perso
totalmente il controllo, andare completamente fuori strada dopo aver
sbattuto
contro un guard rail per il quale avevano risparmiato decisamente
troppo sui
materiali.
«Trasformazione!»
La presenza
dei cybertroniani sulla Terra poteva anche essere
un segreto, ma mai nella vita il comandante degli Autorobot avrebbe
evitato di
intervenire se un civile umano rischiava l’osso del collo e
lui poteva tentare
di evitare il peggio -qualsiasi opinione potesse avere chicchessia
sull’argomento- ragion per cui dopo essersi trasformato
si tuffò letteralmente in direzione dell’auto,
riuscendo ad afferrarla
saldamente tra le mani e cadendo con essa nel dirupo per fortuna non
troppo
scosceso.
A schiantarsi
contro gli alberi quindi fu lui, ma per
fortuna la sua corazza era abituata a ben altro, dunque si
ammaccò a malapena
e, dopo qualche attimo, posò a terra l’automobile
con la massima delicatezza
possibile.
“Sono
riuscito a evitare il peggio, se anche non fosse del
tutto illesa non credo sia messa male fisicamente”
pensò.
Vederla aprire
lo sportello e uscire dall’abitacolo,
incurante del fatto che questo avrebbe infradiciato tutti i suoi abiti
e lei
stessa, parve confermare la sua teoria. L’espressione di
quella donna -Rhiannon.
Era il caso di ricordarlo- e lo sguardo sconvolto negli occhi di cui il
suo
essere cybertroniano gli permetteva di distinguere il colore verde
smeraldo
erano quanto di più normale possibile essendo reduce da un
incidente E
trovandosi
davanti un alieno metallico
alto svariati metri.
Non osava
immaginare cosa le stesse passando per la mente.
Forse anche lei nonostante il salvataggio stava rimpiangendo di non
avere un
bazooka a portata di mano.
«Sta…
stai
bene?»
furono invece .le prime parole che disse la donna, visibilmente
indecisa se avvicinarsi
ancora oppure no «Stai bene?... Capisci la mia
lingua?»
Un essere
umano adulto che si interessava alla sua salute e
non avrebbe voluto rottamarlo a prescindere in quanto alieno.
Il tempo
trascorso con Rain O’Connell faceva sì che questo,
per Optimus, avesse quasi del miracoloso.
«Sto
bene e, sì» disse Optimus, passando
dall’essere
sdraiato allo stare in ginocchio e tendendo una mano in avanti per
riparare la
donna dalla pioggia. Gesto inutile ma carino «Capisco la tua
lingua. Tu stai
bene?»
Lei
annuì. «Ho il dubbio che quel che sto vedendo
possa
essere dovuto a un colpo in testa che non mi sono resa conto di aver
preso, ma
sì, per quanto ne so sono a posto» disse, tremando
leggermente per colpa dello
shock subito «Grazie. Forse però non dovremmo
restare così vicini alla strada,
la pioggia è fitta e ci sono gli alberi ma se qualche
automobilista guardasse
da questa parte potrebbe riuscire a vederti lo stesso».
Dall’essere
stupito per la gentilezza inaspettata, il
comandante degli Autorobot passò all’essere
stupito anche per
quell’osservazione sensata e per il fatto che, tutto
considerato, quella donna
sembrasse essere piuttosto tranquilla in sua presenza -più o
meno come lo erano
stati i ragazzini, che però erano ragazzini.
A detta di
Rain O’Connell, un essere umano adulto avrebbe
dovuto reagire in modo diverso. Tentando di chiamare le
autorità locali perché
catturassero e/o distruggessero lui e tutti i suoi commilitoni, per
esempio.
«Vero.
Dovremmo allontanarci ma non è il caso che cammini in
queste condizioni, e temo che l’auto in questo non possa
aiutarci, dunque
avresti problemi se io…» avviò a dire,
tendendo verso di lei l’altra mano
aperta e col palmo rivolto verso l’alto.
«Va
bene» annuì di nuovo la donna
«… ho preso un colpo in
testa e ora mi trovo in una puntata di Shapeshifters G1. Robot gigante,
salvataggio eroico, è il cartoon della mia infanzia: non ci
sono dubbi. Per
caso ci sono anche dei robot giganti cattivi che vogliono tentare di
depredare
le nostre fonti di energia?»
«Non
cercano fonti d’energia, no».
«Quindi
ci
sono!»
Optimus sapeva
cos’era un cartoon, sempre grazie ai preziosi
insegnamenti dei ragazzi, e si dispiacque solo che quello
“Shapeshifters” nello
specifico non fosse stato guardato dall’umanità
intera se, insieme
all’impressione di aver preso una botta in testa e di stare
sognando, riusciva
a rendere le persone così bendisposte.
Sperava che
fosse così anche il mattino dopo perché,
emergenze
permettendo, lui intendeva restare nel riparo che avrebbe trovato,
considerando
che il temporale non accennava a calmarsi -se mai il contrario- e onde
evitare
ulteriori rotture di scatole che avrebbe sicuramente ricevuto portando
un altro
essere umano nella base. “Hai coinvolto un’altra
persona che non c’entrava
nulla nei vostri disastri!”, “Un bambino di due
anni è in grado di restare
nascosto meglio di te!”, e compagnia cantando.
Sì,
Optimus aveva deciso: il suo era il piano migliore in
quelle circostanze, anche se il suo avere ragione o torto si sarebbe
visto solo
tra alcune ore.
***
Sentendosi
leggermente infastidita dalla luce, prima cosa
che avvertì insieme al rumore di una pioggia leggera e
continua, Rhiannon
O’Connell -née Lancaster, cognome a cui nello
sposarsi con Seamus O’Connell non
aveva esitato a rinunciare- iniziò ad agitarsi leggermente
nel dormiveglia,
stringendosi in una coperta piuttosto morbida nel socchiudere gli occhi
e
iniziare vagamente a fare mente locale.
Quella notte
aveva fatto un sogno proprio bizzarro: in esso,
mentre si recava al B&B era stata mandata fuori strada
dall’azione
scellerata di uno dei peggiori guidatori mai incontrati ma, prima di
schiantarsi, era stata salvata da un grosso alieno robotico piuttosto
somigliante all’eroe di Shapeshifters G1, ovvero Commander.
L’alieno in
questione parlava la sua lingua -proprio come Commander, di nuovo- e
aveva dimostrato
una certa premura nei suoi confronti arrivando anche a offrirle delle
coperte
sia per passare la notte nel suo abitacolo, sia per non sentirsi troppo
“impresentabile” se avesse voluto togliersi degli
abiti fradici che in quella
stagione rischiavano solo di farle prendere un malanno. Trattandosi di
un sogno
piuttosto strano lei aveva accettato tranquillamente entrambe le cose
e,
infine, si era sdraiata sull’ampio e morbido sedile
dell’abitacolo.
Ovviamente
nulla di tutto ciò era accaduto, solo che l’arrivo
al B&B al momento le sfuggiva, non essendo ancora del tutto
sveglia.
“Sognare
ancora personaggi dei cartoni animati alla mia
età…
immagino che nonostante tutto la mia bambina interiore non sia ancora
morta”
pensò, mettendosi a sedere e stiracchiandosi.
Poi
aprì gli occhi.
Quello accanto
a lei era un volante, quelli dietro di lei e
davanti a lei erano finestrini, quello alla sua sinistra era un
parabrezza e
quello sotto di lei era esattamente il sedile sul quale si era sdraiata
nel suo
sogno, che poi tanto “sogno” evidentemente non era.
Aveva ricevuto un aiuto da
un grande alieno metallico che parlava la sua lingua e aveva dormito
dentro di
lui avvolta in una coperta che in quel momento non nascondeva
granché del suo
intimo di lycra e tulle ricamato -rigorosamente La Perla, neppure a
dirlo;
ricordando questo, Rhiannon agguantò la coperta e la
tirò su fin quasi al mento
mentre si guardava attorno con aria piuttosto allarmata.
In
considerazione di quel che era successo immaginava di
poter evitare gli isterismi da “Lasciami andare
subito!”, “Non farmi del male
ti prego”, “Cosa vuoi da me?! Non ho niente che ti
interessi!” eccetera, perché
se l’extraterreste avesse avuto brutte intenzioni avrebbe
avuto ampiamente modo
di comportarsi di conseguenza, cosa che invece non era successa.
Dopo qualche
attimo di immobilità, in ogni caso, decise di
procedere nella maniera che le veniva più naturale: con
educazione.
«Buongiorno»
disse, senza smettere di guardarsi attorno.
Il suo
cervello non aveva ancora accettato del tutto l’idea
dell’extraterrestre, dunque si diede quasi
dell’idiota pensando che il gentile
camionista che doveva averla soccorsa non avrebbe certo potuto
sentirla, ma
quell’idea venne spazzata via pochi secondi dopo da una voce
baritonale che
risuonò quietamente nell’abitacolo.
«Buongiorno.
Tutto bene?»
Quanto aveva
bisogno di quel whisky.
«Sì»
rispose, cercando di darsi un tono «Mi ha salvata, le
devo più di un favore. Mi scuso per il
deshabillé, di solito sono molto più
discreta» aggiunse poi «… non
è un sogno, giusto?»
«Non
lo è. Se la fa sentire più a suo agio
può
tranquillamente darmi del “tu” come ieri
sera» disse l’extraterrestre.
«Stesso
vale per l- te.
Quella di ieri è stata una circostanza particolare, non ero
sicura…» fece un
breve sospiro «Dunque, chi devo ringraziare per non aver
riportato danni?»
«Sono
Optimus Prime, comandante degli Autorobot».
“Questa
faccenda somiglia sempre più a un episodio di
Shapeshifters, davvero” pensò la donna.
«Il
tuo nome invece è Rhiannon, giusto? L’ho sentito
nel
posto dove lavori».
Facendo mente
locale, Rhiannon si rese conto che il camion
in questione le era tutt’altro che sconosciuto: a dirla tutta
lo aveva visto
molto spesso nel parcheggio del lounge, quasi ogni giovedì e
ogni weekend da un
po’di tempo a quella parte, anche se non si era soffermata a
pensarci su
credendo solo che l’autista si fermasse lì a causa
della tratta. A quel punto
però sorgeva spontanea una domanda, ossia
“Perché il comandante di una squadra
di extraterrestri si faceva vedere così spesso nel
parcheggio di un comune
locale in una comune cittadina qual era Lincoln?”.
«Contraddicimi
se sbaglio ma credo di averti visto piuttosto
spesso nel parcheggio. Quel posto dev’essere più
interessante di quel che
sembra, o apprezzi la musica jazz?» domandò la
donna, prendendola un po’alla
larga tra il serio e il faceto.
«Il
genere musicale delle canzoni si chiama così?»
«…
un momento, è davvero
per la musica?» si stupì Rhiannon.
A questo
seguì una breve pausa.
«È
così. È un periodo difficile a causa sia dei
nostri
nemici sia di alcune questioni interne. Un giovedì sera di
qualche tempo fa
sono passato per caso lì vicino e i miei recettori audio
hanno colto una voce
estremamente tranquillizzante. L’ho apprezzata e sono
diventato parte del
pubblico abituale, solo un po’meno terrestre degli
altri».
“Con
questo sono passata da trovarmi in un episodio di
Shapeshifters a una fanfiction di
Shapeshifters” pensò la donna, che pur con i suoi
quarantaquattro anni d’età
non era all’oscuro dell’esistenza di Ao3.
«È
tutto qui, non sono un… qual era il termine usato da voi
umani? Uno stalker. Ecco» concluse Optimus.
«Sono
in grado di riconoscere la differenza tra uno stalker
e qualcuno che apprezza la mia performance artistica. Considerando quel
che è
successo è stata una fortuna, per me, perché in
caso contrario non saresti
stato per strada a quell’ora e…
chissà» disse
Rhiannon «Meglio non immaginare come avrebbe reagito la mia
famiglia. Parlando
d’altro, posso chiedere quale ragione ha spinto te, la tua
squadra e i tuoi
nemici qui sulla Terra?» domandò a Optimus
«Non so se le autorità locali siano
al corrente della vostra presenza, ma nel caso non lo siano hai la mia
parola
che non avviserò nessuno, e non solo perché mi
prenderebbero per pazza».
“Se
non altro questa donna, contrariamente ad altre, non ha contatti
potenzialmente
pericolosi” pensò Prime.
«L’oggetto
del contendere sono i Minicon, dei piccoli robot
dal potere smisurato che milioni di anni or sono abbandonarono il
pianeta,
entrarono in ibernazione e dopo un impatto con la vostra luna
atterrarono
rovinosamente qui. Fino a qualche tempo non avevamo idea di dove
fossero finiti
e su Cybertron eravamo relativamente in tregua, molto relativamente
ahimè, ma
di recente le azioni di tre giovani
umani li hanno risvegliati. I nostri nemici, i Decepticon, hanno
captato il
loro segnale e si sono mossi subito con l’intento di
schiavizzarli e
utilizzarli per potenziarsi come facevano un tempo, e noi ci siamo
mossi a
nostra volta. Se per disgrazia i Decepticon, e nello specifico il loro
leader
Megatron-»
“Se
si fosse chiamato D-16 avrei iniziato a pensare che i
creatori di Shapeshifters sapessero più di quel che facevano
credere” pensò
Rhiannon.
«
… dovessero riuscire nel loro intento e a mettere le mani
su un ingente numero di Minicon, o peggio ancora su dei terzetti di
Minicon
particolari, nulla di cui io sia a conoscenza potrebbe impedirgli di
conquistare tutto quello su cui posa le ottiche. Noi Autorobot
cerchiamo di
salvare i Minicon e impedire tutto ciò. Questo è
il riassunto».
«E
se dici che è un periodo difficile immagino che i
Decepticon al momento siano in vantaggio» commentò
Rhiannon, piuttosto seria.
«Sono
riusciti a mettere le mani su uno dei tre terzetti di
Minicon particolari di cui parlavo. Due di essi formano delle armi,
l’altro uno
scudo. Al momento siamo in cerca del terzo Minicon che compone
quest’ultimo ma
non abbiamo ancora avuto fortuna. Il morale dei miei uomini e dei
ragazzi è
piuttosto basso» si trovò ad ammettere,
sorprendendo perfino se stesso per la
franchezza con cui aveva parlato del problema a qualcuno che era
totalmente
esterno alla vicenda.
Forse era
proprio per quello, perché “esterna”, o
magari
perché era ancora stupito dal modo in cui lei gli si era
approcciata o, ancora,
perché era stressante cercare di mandare avanti il tutto
quando il processore
subiva una pioggia di disapprovazione martellante e acida alla quale in
milioni
e milioni di anni si era disabituato.
O forse
semplicemente perché
sì.
«“Ragazzi”?
Parli per caso dei giovani umani che hanno
risvegliato i Minicon? Sono finiti coinvolti in tutto questo?»
Per quanto non
disprezzasse a prescindere gli extraterrestri
metallici, l’idea che dei ragazzi fossero finiti in mezzo a
una guerra non le
piaceva affatto -come non sarebbe piaciuta a nessuna persona assennata.
«Hanno
assistito all’arrivo dei Decepticon sul pianeta e
certi Minicon hanno sviluppato un legame particolare con loro, dunque
la
risposta è sì, perché tutto questo li
ha resi dei potenziali bersagli» le
spiegò Optimus «Come se questo non fosse stato
sufficiente, in seguito i
Decepticon hanno purtroppo coinvolto
altri tre umani che con tutta la vicenda c’entravano ancor
meno. Devo dire che
i cinque più giovani sono stati tutti molto utili, ognuno a
modo suo,
nell’insegnarci usi e costumi di questo pianeta
così da poterci mimetizzare
meglio. Naturalmente cerchiamo di tenere al sicuro tutti quanti e
coinvolgerli
il meno possibile nei conflitti armati».
«Lo
davo per scontato, portare dei ragazzi umani con voi in
battaglia sarebbe stato del tutto irragionevole».
«…
già. Parlando d’altro, hai pensato a come muoverti
una
volta che lasceremo il riparo? Per l’automobile e
tutto».
«Dirò
che mi è stata rubata in un momento in cui mi sono
fermata e sono scesa per qualche ragione da definirsi»
rispose Rhiannon «Per il
resto penso che troverò il modo di andare da qui in
città, non è distante».
«Posso
portarti io prima di tornare alla base, piove ancora
e io sono di strada o quasi» si offrì il
comandante degli Autorobot.
«Hai
già fatto molto, non vorrei approfittare oltre. A tal
proposito, abito ancora umido o meno è il caso che mi
rivesta…»
«L’ho
asciugato io. Ventole, non fanno miracoli ma credo che
dopo tutte le ore passate sia a posto» disse il transformer
«Sul serio, sono di
strada e non sono ancora stato contattato dalla base per
un’emergenza, dunque
ti posso accompagnare. Sarei più tranquillo
anch’io, Rhiannon».
Sentire il suo
nome pronunciato da un camion senziente
risultava ancora stranissimo nonostante tutto, e infine si
convinse. Dopo aver ringraziato per
l’ennesima volta il suo improbabile salvatore ed essere
andata scesa per
rivestirsi -notando che il vestito, il cappotto e tutto quel che
c’era nelle
tasche era asciutto per davvero- acconsentì a farsi
accompagnare.
«A
quest’ora il cafè che frequento di solito
è già aperto,
nell’attesa che mio marito mi dica se la strada per casa
è stata già liberata o
meno resterò lì. Nel mentre inizierò
già a parlare del “furto
d’auto”, così…»
fece un breve sospiro «Dovrebbe essere a posto».
«Ti
ringrazio per la volontà di mantenere il nostro
segreto»
disse Optimus, realmente grato dal profondo della Scintilla
«Se c’è qualcosa che
ho imparato in questo periodo è che non tutti gli esseri
umani prendono o
prenderebbero così bene la nostra presenza qui, con quel che
comporta».
I due, nel
breve viaggio che seguì, continuarono a parlare
del più e del meno. Rhiannon chiese qualche altro dettaglio
riguardo la guerra
in corso, Optimus le fece qualche domanda sul suo lavoro. Lì
Rhiannon ebbe modo
di specificare che cantare in realtà era più che
altro un hobby, mentre il suo
lavoro vero e proprio consisteva nel dipingere e rifinire gli oggetti
di legno
intagliati da suo marito: avevano sempre molte commissioni, ancor
più sotto le
feste.
«Ecco,
il locale è quello lì in fondo alla
strada» disse la
donna, indicandolo con un cenno «Da qui in poi sei libero di
tornare a
combattere i cattivi».
«Ti
assicuro che rispetto all’avere a che fare con Megatron
preferirei
di gran lunga continuare a portarti in giro»
replicò Prime, del tutto sincero.
«Allora
nonostante la situazione non sono stata una
compagnia sgradevole» commentò Rhiannon,
slacciando la cintura «Grazie ancora.
Questa sera passerai di nuovo?»
«Temo
di no, sono stato assente dalla base per tutta la
notte, dunque è il caso di lasciar perdere
l’uscita di stasera. Perché? Conti
di tornare al lounge?» si sorprese il cybertroniano.
«Non
sarà il mio lavoro principale ma c’è un
contratto,
sarebbe poco professionale non andare» replicò lei
una volta scesa in strada
«Arrivederci e in bocca al lupo per tutto, come diciamo da
queste parti».
«Arrivederci,
Rhiannon».
La tettoia del
cafè la tenne al riparo dalla pioggia mentre
dava brevemente un’ultima occhiata a Optimus, che si stava
allontanando nel
massimo rispetto del limite di velocità. Entrata nel locale
salutò il
proprietario, che conosceva piuttosto bene, e poté
finalmente chiedere il famoso
bicchiere di whisky.
«Whisky,
e di mattina presto? Così mi fai preoccupare»
disse
l’uomo, un po’allarmato.
«Ci
credi se ti dico che, oltre al fatto che la strada verso
casa mia è bloccata da ieri sera a causa di una frana, poco
fa mi hanno rubato
l’auto?»
«Seriamente?!»
«Mi
ero fermata al distributore qui vicino, quello self
service, ed è successo tutto in un attimo. Non ho neppure
visto chi è stato! Sono
stata fortunata ad aver incontrato un camionista estremamente gentile
che era
di strada e mi ha portata qui. Speriamo che la telecamera magari sia
riuscita a
riprendere il furto e tutto quanto…»
«Niente
da fare, è ancora guasta» sbuffò il
proprietario del
cafè alzando gli occhi al soffitto nel dire a Rhiannon
qualcosa di cui lei era
già perfettamente a conoscenza «Figurati se a
qualcuno interessa qualcosa dei
distributori di Lincoln! Bella roba» prese un bicchiere e lo
riempì a metà
«Offre la casa».
«Ti
ringrazio ma-»
«Offre
la casa, e niente discussioni».
Essere seduta
al bancone del cafè, il fare due chiacchiere col
proprietario e con alcuni clienti abituali che si aggiunsero in
seguito, le
paste che riuscì a non farsi offrire
poco dopo: quanto di più normale fosse possibile fare in una
cittadina anch’essa
normale… che al momento ospitava una squadra di militari
alieni impegnati a
proseguire una guerra che andava avanti da
un’eternità.
La sensazione
di irrealtà la colse di nuovo nel ripensare a quel
che era successo e alla consapevolezza che quel contatto con gli
extraterrestri
non sarebbe stato l’ultimo, il tutto incoraggiato da lei
stessa quando aveva
chiesto a Optimus se sarebbe tornato a sentirla cantare. Era sorpresa
per la
situazione ed era anche sorpresa dal fatto che, tutto sommato, le
stesse bene.
Ricordando le
parole del cybertroniano -la loro razza si
chiamava così o “transformers”- riguardo
il momento difficile ripromise a se
stessa di fargli avere un drago di legno dipinto: era un simbolo che
oltre a
portare fortuna potenziava le capacità di leadership, o
così si diceva. Per quanto
Optimus fosse poco più di uno sconosciuto, riteneva che
avrebbe potuto
apprezzare il gesto.
***
«La
civile umana sta bene?»
«Sì,
Red Alert» confermò Optimus «Sta bene e
non è
assolutamente intenzionata a tradirci, e non solo perché, a
dire suo, se lo
facesse la prenderebbero per pazza. A quanto pare non tutti gli esseri
umani
adulti ci odiano a prescindere dopo averli salvati».
«Il
caso di Rain è differente, nonostante tutto bisogna
riconoscerlo. Il suo primo contatto con noi Transformers sono stati i
Decepticon, che hanno rapito lei, Billy e Fred e li hanno coinvolti nel
tutto. Forse
è diverso rispetto all’evitare un incidente
stradale grazie a te» osservò Red
Alert.
«Forse
sì».
«Resta
inteso che dovrebbe davvero cambiare atteggiamento,
però è un dato di fatt-»
Nella base
risuonò il segnale di una nuova presenza
cybertroniana nelle vicinanze.
«Red
Alert…»
«Subito».
«Che
succede?!» esclamò Hot Shot, arrivato di corsa sul
posto insieme a Smokescreen.
I monitor si
accesero.
«È
Scavenger!» esclamò il giovane Autorobot
«Cosa vuole da
noi?!»
«Se
è venuto fin qui per cercare lo scontro io sono
pronto»
dichiarò Smokescreen, con lo sguardo puntato sullo schermo.
Optimus
tuttavia sapeva qualche dettaglio in più rispetto ai
suoi ufficiali più giovani, di conseguenza la sua reazione
nel vedere lì il
mercenario, nonché suo maestro in passato, fu ben diversa.
«Red
Alert, lascialo entrare».
«Sissignore!»
«COSA?! Lo lasci
venire qui dentro?!» allibì Smokescreen.
L’esperienza
con Sideways e i commenti poco piacevoli dell’umana
adulta, Rain, gli suggerivano che quella potesse non essere una grande
idea
considerando quel che era successo di recente. Tuttavia le
perplessità sue e di
Hot Shot non vennero ascoltate, e con suo sommo stupore poco dopo
assistette a
una stretta di mano tra Optimus e Scavenger.
«Ti
stavo aspettando, Scavenger. È un piacere vederti qui.
Benvenuto» disse il comandante degli Autorobot.
«Come
previsto ho completato la mia missione tra i Decepticon»
disse il mercenario.
«Cos’è,
uno sporco trucco?!» si fece sentire Smokescreen
ancora una volta.
«No.
Scavenger ha lavorato per noi in incognito» spiegò
Optimus.
Il simbolo
degli Autorobot, fino a quel momento nascosto,
comparve sul petto del nuovo arrivato: l’ennesima sorpresa
per i due ufficiali
più giovani, che fino ad allora l’avevano visto
come nemico.
«D’ora
in poi sarò con voi» affermò.
I Decepticon
avevano ancora la Spada e due dei tre Minicon
dello Scudo Stellare, dunque non si prospettavano tempi facili per gli
Autorobot, ma ora potevano contare su un nuovo compagno, e in un simile
periodo
di “magra” qualsiasi aiuto era una benedizione.
Chi
l’avrebbe mai detto, ho aggiornato questa storia
:’D non
sono sicura che interessi ancora a qualcuno, ma l’ho fatto lo
stesso.
Spoiler: se
riesco ad andare avanti, Optimus Prime sarà
ancor più felice di aver aiutato Rhiannon xD
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