Declaimer: i personaggi appartengono a
J.K.Rowling. Il titolo è un libero riferimento all'omonimo
film, con il quale, per altro non ha nulla a che vedere.
1. Ma è vita, questa?
Le scale di Hogwarts non erano mai sembrate così lunghe e
ripide a Harry, ma allo stesso tempo non aveva mai provato tanta quieta
felicità nel salire verso il dormitorio di Grifondoro.
Era finalmente riuscito a svicolare dalla folla che si stava
riprendendo dalla battaglia, giù nella Sala Grande, e non
vedeva l’ora di buttarsi sul suo letto, un letto vero.
Hermione lo raggiunse proprio mentre varcava la soglia della Sala
Comune.
-Ti senti bene, Harry?
-Sì, sto bene. Ho soltanto bisogno di riposare.
Chissà se Kreacher sarebbe disposto a portarmi un
panino…
Intercettando lo sguardo contrariato della sua amica si
affrettò a rettificare.
-A pensarci bene, penso che scenderò a mangiare dopo un buon
sonno, sempre che riesca ad addormentarmi.
-Aspetta… forse ho qualcosa che potrà esserti
utile.
La giovane strega appoggiò l’ormai familiare
borsetta di perline su un tavolino e cominciò a frugarne
l’interno.
Tirò fuori un paio di libri e un mantello piegato, poi
finalmente trovò ciò che stava cercando.
-Eccola!
Distese il braccio davanti a sé, offrendo a Harry
un’ampollina piena di liquido trasparente.
-E’ soltanto Pozione Dolcesonno, ma sono sicura che ti
farà stare meglio.
Harry prese il contenitore con un sorriso stanco.
-Grazie, Hermione. Penso di averne proprio bisogno.
-Bene, allora… buon riposo. Vado anch’io a darmi
una sistemata e a riposare un po’.
Attraversò la Sala Comune e scomparve nel dormitorio delle
ragazze, rivolgendo all’amico un ultimo sorriso pieno di
comprensione.
Harry si rigirò tra le mani la boccetta di vetro e fece per
avviarsi a sua volta verso le scale, quando la sua attenzione fu
attratta da un luccichio, accanto alla gamba del tavolino sul quale la
ragazza aveva appena finito di ricomporre il suo piccolo e inseparabile
bagaglio.
Si chinò e raccolse un oggetto metallico, appeso ad una
catenina lunga e sottile.
Riconobbe subito la Giratempo che Hermione usava per poter seguire il
maggior numero possibile di corsi e che aveva permesso loro di salvare
la vita a Sirius e a Fierobecco.
“Gliela restituirò domani”
pensò, infilandosela in tasca e salendo lentamente verso il
meritato riposo.
Si buttò sul letto che aveva occupato durante i sei anni
passati alla scuola, domandandosi se in quegli ultimi mesi non fosse
stato assegnato a qualche altro studente.
Mentre aspettava che la pozione facesse effetto, si ritrovò
a pensare a tutte le persone che non avrebbe più rivisto, a
tutti i morti che avrebbero potuto avere una vita lunga e felice, se
non fosse stato per quel pazzo criminale.
“Se solo potessi tornare indietro e cambiare il corso degli
eventi…”
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Quel pensiero continuò a frullare in un angolo della sua
mente, nei giorni che seguirono, e stranamente, si dimenticò
di restituire la Giratempo alla sua legittima proprietaria.
Era rimasto al castello, dove poteva rendersi utile aiutando a
ricostruire, e dove, allo stesso tempo, trovava cibo, alloggio e
compagnia.
Adesso più che mai, si rendeva conto di essere solo.
Completamente solo.
Certo, aveva molti amici e alla Tana lo avrebbero sempre accolto come
un figlio, ma sentiva ugualmente un grande vuoto.
Le giornate passavano in fretta, tanto era il lavoro ancora da fare, ma
la sera si ritrovava immancabilmente a passeggiare sulle rive del lago,
e i suoi piedi finivano sempre per portarlo davanti a quelle
due tombe, una di marmo bianco, l’altra di granito nero.
E ogni sera restava lì a lungo, senza permettere alla
propria mente di lanciarsi in progetti troppo azzardati, ma rigirando
tra le dita, nascosta in una tasca, quella piccola sfera lucente.
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-Signor Potter!
La Preside McGranitt si stava dirigendo verso di lui con passo deciso e
con un sorriso condiscendente stampato sul volto.
Harry, che, bacchetta alla mano, stava riparando una balaustra, si
voltò allarmato verso l’anziana strega.
Quel suo cipiglio formale non prometteva nulla di buono.
-Mio caro ragazzo… Tra pochi giorni arriveranno gli studenti
e inizierà un nuovo anno scolastico.
Ormai i lavori sono terminati. Non pensi che dovresti prenderti una
vacanza? Magari andare a trovare qualche amico, o far sapere ai tuoi
parenti che stai bene…
-Non penso che a loro importi sapere dove sono finito, o se sono ancora
vivo. Se non le dispiace, preferirei restare alla scuola e terminare
gli studi…
-Ma non è necessario! Hai avuto il diploma, ben meritato,
dopo ciò che hai fatto! Hai tutte le strade aperte. Non
volevi diventare Auror?
Harry annuì di malavoglia.
Tutto quel giro di parole significava soltanto che la sua presenza
metteva in imbarazzo la Preside e gli insegnanti.
Già, perché passato il primo momento di euforia,
il Prescelto, il salvatore del mondo magico, si era rivelato
null’altro che un semplice ragazzo tormentato da mille
contraddizioni e problemi irrisolti.
-D’accordo, ci farò un pensierino.
Quella notte non riuscì a prendere sonno.
Si girava e rigirava nel letto, continuando a pensare a ciò
che avrebbe dovuto fare, e a ciò che sarebbe potuto essere.
Era quasi mezzanotte, quando finalmente prese una decisione.
Si alzò, si vestì accuratamente,
controllò di avere con sé tutto ciò
che gli sarebbe potuto tornare utile e uscì nel parco.
Si fermò davanti alle lapidi, contemplando i nomi che
scintillavano alla fioca luce della luna.
-Farò in modo che tutto questo non debba
succedere…
Tirò fuori dalla tasca la Giratempo e si soffermò
ad osservarla per un momento.
La minuscola clessidra era il fulcro di un sistema di cerchi metallici
concentrici. Il più interno, quello usato da Ermione,
permetteva di fare piccoli viaggi, dell’ordine di
un’ora per giro, mentre quelli più esterni
corrispondevano a periodi di tempo più lunghi ed erano
bloccati da un piolo fissato magicamente.
Harry estrasse la bacchetta ed eliminò la sicura.
Poi trasse un lungo respiro e cominciò a girare il cerchio
più esterno, lentamente, contando ad alta voce.
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