Venerdi
Venerdì,
sabato e domenica
1
- Venerdì
“Natsu!”
Sua
sorella, i capelli legati malamente in una
coda e il borsone in una mano, lo salutò dal ciglio della
porta con un sorriso
che sapeva di lacrime. La sua nipotina, invece, gli si
lanciò addosso urlando
eccitata nonostante si fossero visti solo qualche giorno prima.
“Aki-chan!”
esclamò Shoyo lasciandosi stritolare con fervore dalla
bambina mentre Natsu si richiudeva la porta d'ingresso alle spalle.
“Che bello
vederti! Ma cosa ci fate qui? Domani non hai una partita a
Tokyo?” chiese,
rivolto a sua sorella.
Ella
annuì con la testa, in silenzio.
Entusiasta,
Shoyo esclamò come un fiume in piena: “Potevi
avvertirmi
che sareste venute! Vi avrei fatto trovare qualcosa
da mangiare! Sono
appena tornato dagli allenamenti e non ho-”
“Io
non resto, Shoyo.” lo interruppe Natsu in un mormorio
sommesso,
senza alzare lo sguardo “Sono qui per Aki.” E
mentre l'altro la guardava,
incuriosito, balbettò: “È che...
Shinichi...”
Non
di nuovo.
“Vedrai
che tornerà tutto a posto!” esclamò
Shoyo impedendole
di continuare a parlare e tentando di sorridere, fiducioso. Natsu
ricambiò il
sorriso, incoraggiata, soltanto per un secondo, poi il suo viso si
rigò di
lacrime nere e gli si lanciò addosso, stringendolo talmente
forte da lasciarlo
senza fiato.
“Co-continuo
a ripetermelo anch'io...” sussurrò contro la sua
spalla, continuando a singhiozzare a bassa voce per non farsi udire da
Aki “Speriamo
torni davvero...”
Senza
neppure pensarci, Shoyo le portò la mano sinistra
attorno al collo per consolarla.
“Ma
certo che tornerà!” esclamò in tono
sicuro “Stai
tranquilla, ad Aki-chan ci penso io!”
Natsu
sollevò lievemente lo sguardo e finalmente gli sorrise
sommessamente: ormai aveva smesso di piangere, e sul suo viso restavano
soltanto le due righe nere del mascara sbavato.
“Ti
ringrazio tanto! Mi raccomando non dire nulla a mamma! Ti
chiamo appena posso!”
Carezzò
la testa della bambina, lo strinse un'ultima volta in
un abbraccio disperato e calzò in fretta le scarpe da
ginnastica per andarsene.
Shoyo
non riuscì a dire nulla guardandola mentre si richiudeva
la porta alle spalle, insolitamente ricurve sotto il peso del borsone.
Quella
era la terza volta dall'inizio dell'anno che il compagno di sua sorella
se ne
andava di casa all'improvviso, lasciando Natsu da sola. La prima volta
era
accaduto quando sua sorella aveva scoperto di aspettare Aki, facendo
andare sua
madre su tutte le furie.
Shoyo
non avrebbe mai dimenticato le due notti che Natsu,
poco più che ventenne, aveva trascorso a casa sua dopo
essersi presentata
sull'uscio di casa con le mani a proteggere la pancia e gli occhi pieni
di
lacrime. Poi Shinichi aveva bussato alla sua porta e da quella volta
non erano
più riusciti a contare le volte che era andato via di casa.
Ogni
volta sua sorella correva piangendo a casa sua, diceva
che era tutta colpa della sua ossessione per la pallavolo, che giocare
nella
squadra le impediva di essere una buona moglie ed era compito di Shoyo
starle
accanto. A sua mamma non poteva dire nulla, perché ella non
aveva approvato sin
dall'inizio quella relazione che Natsu si ostinava a portare avanti,
nonostante
tutto ciò che era accaduto. E lui, lui voleva troppo bene a
sua sorella per
vederla ridursi ancora come in quelle due maledetti notti, per dirle
qualcosa
di diverso da ciò che lei voleva sentirsi dire, e si faceva
in quattro per
consolarla e per aiutarla tutte le volte che accadeva.
Anche
se ormai erano diventate davvero troppe: era appena
febbraio, e gli sembrava che Aki fosse stata più con lui che
a casa propria
negli ultimi mesi.
“Zio
Shoyo, dov'è lo zio Tobio?” gli chiese la bambina
guardandosi intorno, mentre la prendeva per mano per condurla nel
soggiorno.
“Lo
zio Tobio è a Tokyo.” replicò Shoyo
spingendola verso il
divano. Accese la televisione. “Vediamo One Piece?”
suggerì, ma la bambina
scosse la testa vigorosamente.
“Voglio
vedere Doraemon. E la zia Hitoka?”
“Poi
la chiamiamo. Nel frattempo siediti.”
Ma
Aki continuò l'appello, come faceva tutte le volte che
arrivava a casa sua e la trovava stranamente silenziosa e vuota, al
massimo disseminata
di residui di dolcetti, pantaloncini e palloni da pallavolo lanciati
dappertutto
in allenamenti improvvisati quando si annoiava.
“E
gli zii Tadashi e Tsukki?”
“Loro
sono occupati in questi giorni.” cercò di tagliar
corto
Shoyo. Non poteva raccontarle che Yamaguchi e Tsukishima, a differenza
sua e di
Kageyama, alla fine ce l'avevano fatta a ricongiungersi e avevano preso
casa a
Tokyo, poco distante da dove abitava Kageyama. Gli avevano detto di
essere
impegnati con il trasloco e si parlava addirittura di matrimonio, anche
se non
sembrava proprio un'idea di Tsukishima. Hinata ancora non riusciva a
crederci.
“Zio
Shoyo, ma perché sei sempre da solo quando vengo a
trovarti?” sì lamentò la bambina
facendo uno smorfia e tuffandosi sul divano.
Poi gli sorrise largamente: “Guardiamo Doraemon?”
Il
ragazzo annuì con aria assente, cominciando a smanettare
sui programmi della smart TV mentre si perdeva nei pensieri.
Da
quanto tempo non vedeva Kageyama? Due mesi, se non considerava
le videochiamate che facevano non appena avevano un momento libero. Da
quando
Kageyama era rientrato a giocare in Giappone, a Tokyo, a volte gli
sembrava che
vedersi e sentirsi fosse ancora più difficile di quando
erano ai due antipodi
del mondo,
nonostante lui abitasse nella prefettura di Osaka, a tre ore e mezzo di
shinkansen
da Kageyama.
Per
Natale il ragazzo si era recato a casa sua e avevano
passato insieme la settimana di pausa del campionato tra Natale e
l'inizio
dell'anno nuovo. Erano andati anche insieme al tempio il primo
dell'anno, e Shoyo
aveva pregato che sia la loro relazione che il lavoro andassero bene,
ma forse
quella preghiera stava funzionando solo a metà.
“Chiamiamo
lo zio Tobio?” chiese Aki ad un tratto, distogliendo
lo sguardo dalla televisione.
Shoyo
annuì con la testa. Si stava sentendo con Kageyama
proprio prima che Natsu gli piombasse in casa con Aki e sapeva che
l’altro era
a fare il solito jogging serale prima di cena, quindi non lo avrebbero
disturbato.
Afferrato
il telefono, cliccò sull'icona di Line
e, posizionato lo schermo davanti alla bambina, fece partire la
videochiamata.
“Zio
Tobioooooooo!” trillò la piccola non appena videro
comparire il viso di Kageyama davanti ai loro occhi. Il volto nello
schermo,
avvolto in sciarpa e berretto pesanti, si lasciò andare ad
un sorriso tirato,
ma cortese per salutarla.
“Aki-chan.
Come stai?”
Kageyama
riusciva ad essere insolitamente gentile con Aki,
anche se non riusciva mai a celare lo strano imbarazzo che provava al
parlare
con la bambina. Ma Aki lo adorava, e riusciva sempre a fargli fare cose
che
Shoyo considerava improbabili. Tipo sorridere o chiacchiere con lei per
venti
minuti degli unicorni multicolore molto in voga in quel momento tra le
bambine.
“Sono
triste perché non ci sei!” trillò la
bambina mostrando
nuovamente il suo solito broncio “Quando torni? Anche lo zio
Shoyo è triste!”
“Aki-chan!”
esclamò allora Shoyo togliendole freneticamente il
telefono dalle mani.
“Scherza,
qui tutto a gonfie vele!” puntualizzò con un
sorriso a trentadue denti mentre lei gli mostrava la lingua, offesa, e
Kageyama
sospirava dall'altro lato della schermo.
“Possiamo
parlare?” gli chiese in tono urgente. Shoyo annuì
con la testa e, accertatosi che Aki fosse nuovamente rapita dalla
televisione,
si infilò gli auricolari senza fili.
“Era
Natsu alla porta?”
“Sì.”
“Ancora?”
Il
tono di voce di Kageyama era quasi
rassegnato. Shoyo annuì di nuovo senza dare segno di averlo notato.
“Dovrebbero
farla finita una buona volta.” butto allora lì
Kageyama
con un grugnito “Separarsi una volta e per sempre. Dovresti
smettere di essere
così disponibile e dirglielo.”
Shoyo
spalancò la bocca, incredulo.
“Ma
non posso, Natsu lo ama!” protestò a voce troppo
alta.
Lanciò uno sguardo in tralice ad Aki, ma la bambina non lo
stava degnando
affatto di attenzione, troppo presa a canticchiare la opening di
Doraemon.
Santa riproduzione automatica.
“E
lui? Sei davvero convinto che lui la ami?” gli chiese
Kageyama con la voce piatta, riportandolo di nuovo a quella
conversazione che
non avrebbe voluto avere proprio con lui
“È già la terza volta che se ne va di
casa dall'inizio dell'anno, e ho perso il
conto delle volte che l'ha fatto lo scorso anno.”
Shoyo
abbassò la testa in silenzio, il telefono saldo nel
palmo della mano. Anche loro due stavano più tempo separati
che insieme, però
la loro relazione andava avanti. Tra alti e bassi, discutendo di
stupide
gelosie immaginarie, senza poter vivere insieme i momenti
più importanti, ma
andava avanti.
Per
quel motivo, non appena aveva saputo che anche Kageyama
sarebbe tornato, aveva deciso di proporsi nuovamente come giocatore
nella prima
serie giapponese anche se l'unica squadra disponibile ad ingaggiarlo
era stata
la Suntory Sunbirds
di Mino, nella prefettura
di Osaka, a circa cinquecento chilometri da Tokyo,
dove Kageyama giocava nel FC Tokyo.
“Non
me la sento di parlare con Natsu di questo.”
mormorò a voce talmente bassa che vide Kageyama
corrugare le sopracciglia e spingersi l'auricolare destro a fondo
nell'orecchio
nello sforzo di udirlo meglio.
Il
ragazzo si limitò a stringere le labbra e disse:
“Ne
parliamo un'altra volta, qui comincia a fare freddo e devo rientrare.
Mi
raccomando, prepara qualcosa per Aki-chan, non ordinare ancora da
asporto!”
“Mi
hai beccato, non ho nulla nel frigo!” esclamò
Shoyo in
tono nuovamente vivace, cercando di sorridere “Oggi non ho
fatto in tempo a
fare la spesa. Ma domani è sabato e-”
“Ho
capito, ho capito.” tagliò corto Kageyama alzando
gli
occhi al cielo “ Ci sentiamo domani.” si
congedò e riattaccò proprio mentre Aki
strillava: “Voglio salutare lo zio Tobio!”
tuffandosi sulle sue ginocchia per
farsi inquadrare nello schermo.
“Nikuman
per cena?” le propose allora Shoyo con un sorriso forzato, ma
lei improvvisò
un'esultanza con le braccia al cielo che significava:
“sì” senza accorgersi di
nulla.
Smanettando
sul telefono per ordinare la cena, i suoi
pensieri andarono nuovamente a Natsu. Shoyo sperava che non avesse
più pianto,
in auto con la sua compagna di squadra, durante il viaggio che
l'avrebbe
condotta a Tokyo per la partita dell'indomani. Shoyo era certo che le
continue
fughe di Shinichi non dipendessero affatto da lei e o dalla sua
carriera di
giocatrice professionista nella Lega V2
come ella continuava a ripetere, ma, nonostante tutto, non riusciva a
parlarle
apertamente.
Ogni
volta che la vedeva in lacrime capiva bene come dovesse
sentirsi, la vedeva distrutta dalle continue separazioni, preda del
senso di
colpa, e non riusciva che a dirle: “Andrà tutto
bene. Resisti. Sei forte.”
Era
quello che lui stesso si ripeteva tutte le volte che le
telefonate con Kageyama sembravano troppo corte, che le sue visite si
facevano
saltuarie, tutte le volte che, nonostante gli sforzi,
risultava impossibile avvicinarsi.
Anche
lui viveva costantemente una separazione, e sapeva che
se ne poteva uscire. Che alla fine tutto tornava miracolosamente a
posto, se ci
si impegnava al massimo.
Però
per tutta la notte non riuscì a spiegarsi quel senso di
inquietudine che lo attanagliò mentre Aki, distesa accanto a
lui, dormiva fin
troppo placidamente per essere una bambina così lontana da
sua madre.
Note:
buonasera
a tutti e happy Haikyu Day!
Sono
così contenta di aver scoperto questa opera e di essere
parte di questo stupendo fandom, grazie a tutti coloro che
l’hanno reso
possibile! In primis, grazie a Furudate-sensei, per averci permesso di
giocare
a pallavolo con questi magnifici personaggi!
Per
me Haikyu ha significato riavvicinarmi al mondo “manga,
anime e fanfiction” dopo un periodo molto buio, quindi non
posso che essere
grata di poter vivere questa grande emozione ogni giorno!
Ringrazio
di cuore chi si è fermato a leggere il primo
capitolo di questa strana fic in tre capitoli, che ha visto la sua
prima,
forsennata stesura tra il 10 ed il 12 aprile.
Sono
molto affezionata a questa storia, perché rappresenta un
viaggio “interno” che mi sono ritrovata a fare
più e più volte.
Capita
a tutti di dover affrontare qualche difficoltà che ci
sembra difficile da sormontare, una situazione che ci fa stare male, ma
la cosa
più bella è superare le difficoltà e
poi guardarsi indietro e rendersi conto
che tutto è risolto, in qualche modo.
Nel
far vivere a qualcuno questa situazione così difficile,
ho scelto senza indugio Hinata, che notoriamente non si arrende mai e
cerca di
arrivare dovunque con l’impegno. È una specie di
test, perché, come ben sa chi
mi legge anche su altri fandom, mi piace esplorare i lati dei
personaggi che gli
autori non ci fanno vedere. Questo è il mio primo approccio
nel fandom di
Haikyu con tematiche un po’ più tristi e meno
fluff, spero di non essere andata
troppo OOC.
Ho
cominciato a disseminare un po’ di indizi qua e là
per
costruire un po’ di contesto intorno ai personaggi, il resto
si scoprirà nei
prossimi capitoli! Ma se avete qualche curiosità sono pronta
a rispondere senza
problemi! :D
Fatemi
sapere cosa ne pensate! : ) Prometto che l’aggiornamento
arriverà presto! : )
Ja
ne,
Ayumi
SPOILER! Alla fine del manga
Kageyama gioca a Roma e Hinata a San Paolo.
Treno ad alta velocità giapponese.
Line è il Whatsapp giapponese.
Dati reali presi da Google : )
Ravioli ripieni di carne cotti al
vapore.
Seconda
serie di pallavolo
giapponese, maschile o femminile.
|