Questa storia è stata scritta per
il Day #5 del “Writeseptember” indetto dal gruppo Facebook Hurt/Comfort
Italia con i seguenti prompt: “È il compleanno di X” e “H/C psicologico.”
Happy
Birthday
Morgan
premette con forza il mozzicone di pastello sul foglio – le sopracciglia
aggrottate per la concentrazione.
Colorava
piano, per non farsi sentire, ma il suo disegno stava venendo piuttosto
bruttino. Sotto il tavolo non c’era molto spazio per colorare, ma là in alto –
fuori dal nascondiglio – la mamma stava piangendo. E alla sua mamma, Morgan lo
sapeva bene, non piaceva farsi vedere con le lacrime e il viso tutto
pasticciato.
Anche
Morgan era triste: dall’alto dei suoi cinque anni aveva un’idea ben precisa di
come ci si dovesse comportare il giorno del compleanno di qualcuno. Le persone
ridevano, ascoltavano la musica e mangiavano la torta. Si giocava con i
palloncini e si aprivano i regali.
Quel
pomeriggio, tuttavia, la casa sul lago era perfino più silenziosa del solito.
Non c’erano invitati e nemmeno un palloncino o uno di quegli striscioni
colorati con le scritte sopra. Anche il frigo era vuoto: la mamma si era
dimenticata di comprare la torta.
Non
era giusto, si era detta Morgan quel mattino, abbracciando il casco rosso e oro
che tenevano in soggiorno. Non era bello che il giorno del compleanno del suo
papà non ci fossero la torta, il gelato e le persone che sorridevano. Non aveva
detto nulla alla mamma – aveva paura di farla piangere ancora di più – ma aveva
comunque deciso di preparare un regalo per Tony.
Così,
si era sistemata sotto il tavolo e aveva incominciato a disegnare. Avrebbe
fatto un quadro – il più bello del mondo! – e lo avrebbe messo sotto il casco,
dove c’era il messaggio registrato del papà.
Aveva
quasi finito la sua opera, il ritratto della sua famiglia, con anche Bimbo
Grande che salutava a testa in giù dal soffitto, quando il pastello rosso si
ruppe.
Morgan
si accigliò: come avrebbe fatto, adesso, a terminare la tuta rossa del papà?
“Merda!”
esclamò, prima di coprirsi la bocca con le mani.
Da
qualche parte, fuori dal suo nascondiglio, i singhiozzi della mamma cessarono.
Morgan
si nascose dietro le ginocchia, ascoltando i passi della donna avvicinarsi.
“Tesoro,
che cosa ci fai sotto il tavolo?”
Lo
sguardo di Pepper Potts si specchiò in quello della figlia - gli occhi stanchi
e il viso arrossato. “E poi, dove hai sentito quella parola? Non è una bella
cosa da dire.”
Morgan
fece spallucce e gattonò fuori dal suo nascondiglio.
“Papà
ha detto che è la tua parola…” ammise, arrampicandosi sulle ginocchia della
madre. “…che l’hai inventata tu e solo tu puoi dirla. Però mi è scappata!”
Pepper
squadrò a lungo la figlia, prima di scuotere la testa – una mano a scostare via
con delicatezza una ciocca di capelli dal volto della piccola. Morgan si
accorse che i suoi occhi stavano tornando a inumidirsi. Per un attimo si
preoccupò: forse la parolaccia l’aveva fatto talmente arrabbiare che avrebbe
ripreso a piangere.
La mamma,
invece, scoppiò a ridere.
Rise di gusto –
e a lungo, perfino – gli occhi ancora umidi, ma finalmente un po’ più accesi.
Anche Morgan
rise. Si aggrappò al collo della mamma e ascoltò, rasserenata, i movimenti del
suo petto mentre rideva e il lungo sospiro liberatorio che arrivò alla fine.
“È proprio da
lui, vero?” mormorò Pepper, accarezzando i capelli della figlia. “Riesce a
farci ridere anche in giornate come questa.”
“Uh uh!”
Morgan annuì, e
rise di nuovo, appoggiando la fronte a quella della mamma. “Guarda, gli ho
fatto un regalo!”
Mostrò il
disegno alla madre e rimirò compiaciuta il suo secondo sorriso della giornata.
“C’è anche Bimbo
Grande:
anche lui voleva bene a papà!”
“Peter ne sarà
contento,” rise la donna, prendendola per mano. “E anche papà. Sono certa che
lo ha visto, sai? E lo trova bellissimo.”
Morgan sorrise
orgogliosa, stringendosi al corpo della donna.
“Mamma…
” azzardò poi, un po’ incerta, guardando in alto. “… Andiamo a comprare la
torta? Quale piaceva a papà?”
Pepper
inspirò a fondo prima di annuire; i suoi occhi erano tornati lucidi.
“Certo
che ci andiamo,” acconsentì, stringendo forte la mano della figlia. “Papà
andava matto per i mirtilli. Riusciva a infilarli in qualsiasi torta gli
preparassi.”
“Anche
in quelle salate?” domandò Morgan, sorpresa.
Pepper
rise di nuovo.
“A volte anche
in quelle, sì. Dai…” la incitò, scompigliandole affettuosamente i capelli. “… Vai
a metterti le scarpe.”
“Sissignora!”
Morgan saltellò
fuori dal soggiorno canticchiando – il disegno stretto al petto come se fosse
un tesoro.
Pepper sorrise a
quell’immagine, prima di spostare lo sguardo verso la mensola vicino al camino.
Sfiorò con
tenerezza il casco rosso e oro di Iron Man.
Aveva ancora
l’aria stanca e le guance rosse – ma gli occhi erano tornati asciutti.
“Buon
compleanno, amore.”