Il
sonno della ragione
Sillabe brucianti
combattevano per lasciare la sua bocca dischiusa, i denti premuti sulle labbra
un argine troppo debole a una passione trascinante. A una carezza opprimente
sulla pelle – le dita del ragazzo che spalancavano confini, la lingua che li
lavava via – Hermione smise di lottare e rovesciò il capo all’indietro,
offrendogli senza più remore il collo nudo. La cravatta di Grifondoro allentata
era stata il primo vincolo a cadere, ma la spilla di Prefetto sulla divisa
riluceva sotto le candele del Bagno riservato.
Stava seduta sul limite
della vasca, pericolosamente vicina alla schiuma colorata che usciva da un
rubinetto dorato. Non aveva più le calze, però, e le gambe erano immerse
nell’acqua calda. Qualche goccia era strabordata e aveva inumidito il tessuto
della gonna, ma non aveva freddo. Non quando il corpo nudo del ragazzo era
infilato tra le sue cosce, come in un abbraccio. La fronteggiava in piedi
sull’ultimo gradino che scendeva sul fondo della piscina: il torace emergeva
dalla superficie trasparente e il viso era precisamente all’altezza del suo, le
guance arrossate dai vapori.
«Sei troppo vestita» le
fece notare quando con un nuovo movimento inondò il maglione, lungo lo scollo.
Lui stava davvero facendo il bagno, prima, ed erano bagnate le braccia che la
sfioravano, solleticavano, stringevano.
«Rimedia» ribatté, con
un’audacia che originava dal cuore in affanno. Pompava sangue sporco solo di
brama in ogni punto offerto al suo tocco, e nelle gambe che lo chiusero in una
stretta più serrata.
Lui le rispose con un
sorriso tratteggiato nella malizia e infilò le mani sotto il maglione per
tirare la camicia fuori dalla gonna e iniziare a sbottonarla: stava inumidendo
pure quella. Non c’era mai stata premura nel proposito di spogliarla, solo un
desiderio evidente a offuscare iridi grigie – torbide come lo spazio e il
tempo, a metà tra i suoi doveri, in cui Hermione si permetteva di sentirsi voluta.
L’altro Prefetto accennò
alla spilla appuntata sul petto, contaminata anch’essa: qualche goccia si era
lasciata andare, in caduta libera dalle ciocche bionde. «Tienila addosso,
quella.»
«Hai un debole per
l’autorità, Malfoy?»
«La tua.»
Il Bagno dei Prefetti
profumava del bagnoschiuma che Draco aveva scelto per sé, ma Hermione ignorò la
promessa calda della vasca per afferrarne un sentore tiepido sulla sua pelle.
Incastrò le dita tra i capelli sulla nuca del ragazzo e lo tirò a sé per
poterlo baciare.
***
«Buongiorno a tutti e
buon compleanno a Fred e George.»
I suoi amici ricambiarono
il saluto come di consueto.
Hermione si sedette per
la colazione già esausta; un sogno indecifrabile aveva lasciato traccia nelle
ombre scure sotto gli occhi. Raddrizzò la spilla sulla divisa e indirizzò uno
sguardo fugace al tavolo di Serpeverde, dove il Prefetto Malfoy sghignazzava
con Theodore Nott. Accantonò quel pensiero imperscrutabile: aveva doveri
impellenti e argomenti più concreti da studiare, piuttosto che perdersi nella
vaghezza dell’interpretazione dei sogni.
I gemelli ringraziarono
per gli auguri. Fred aggiunse: «Oggi sarai più buona con noi, Prefettissimo
Granger?»
Hermione portò la tazza
fumante alla bocca per nascondere un sorriso che era troppo divertito per una
mancanza di rispetto verso l’autorità del suo ruolo. «Oggi voi sarete più buoni
del solito?»
Lui rise e si consultò
con il fratello, seduto al suo fianco, con uno sguardo vispo. «Tu che dici,
George?»
«No di certo, Fred.»
I due festeggiati vennero
distratti da alcune compagne di classe per due parole e due baci di auguri.
Hermione si soffermò per un solo istante sulla guancia liscia di Fred, prima di
tuffare gli occhi e la bocca nel latte bollente.
Ginny le sfiorò una
spalla e, ottenuta la sua attenzione, le rivolse un’occhiata preoccupata. «Hai
dormito bene?»
Il solito chiacchiericcio
fragoroso del mattino premeva contro le tempie, quella notte l’intimità del baldacchino
non le aveva garantito quiete. «Non proprio.» Strofinò con forza i polpastrelli
sulla fronte e il sollievo fu immediato, ma temporaneo: le si prospettava una
lunga giornata di studio, il riposo era lontano.
Ginny richiamò i fratelli
gemelli. «Hermione è stanca, non datele troppo da fare stamattina.»
«No, stamattina
no» precisò George, lasciandola a domandarsi quale contravvenzione al
regolamento della scuola avessero invece in mente per il pomeriggio.
«I doveri da Prefettissimo
ti tengono sveglia la notte?»
Alle parole di Fred,
Hermione si schiarì la voce ma non rispose. Non un dovere, ma una scelta irrazionale
– cedere, lasciarsi andare. Nel sonno della ragione nasceva il desiderio – temere,
reprimere.
«Sei un po’ accaldata.»
Ginny le tastò una tempia. «Hai la febbre, forse?»
«L’hai da stanotte?» si
interessò Fred, di fronte a lei, posando il succo di zucca. La caraffa lasciò
un’impronta sulla tovaglia e Hermione non ne sopportò la vista – tracce
umide di piacere tra le pieghe della carne.
«Anche il Prefetto Malfoy
sembrava piuttosto stanco quando ci ha tolto cinque punti perché siamo troppo uguali.
Vero, Fred?»
Hermione alzò gli occhi
dal proprio piatto per scoprire i tre che la fissavano. Li osservò uno per uno
in silenzio, ponderando tre identiche espressioni imperscrutabili.
Il primo a cedere fu
Fred, che finì a ridere sulla spalla del fratello. George si aggregò,
rifilandogli una gomitata complice. Ginny ebbe la premura di provare ad
allestire un’espressione di scuse, prima di soccombere anche lei all’ilarità.
«Che avete fatto?»
«Ti sei divertita con il
Prefetto Malfoy?» le chiese la ragazza.
Hermione non raccolse la
provocazione, intenzionata a scoprire quanta responsabilità avessero
esattamente i tre compagni di Casa nella sua notte tormentata. Era stato solo
un sogno? Era stato solo suo?
«Che cosa avete fatto?»
ripeté, alzando il tono, con crescente irritazione. Un istinto condusse le sue
dita sotto la tovaglia, verso la tasca in cui custodiva la bacchetta, ma lo
frenò.
«Organizzare uno scherzo
per te è stata un’idea di Fred!»
L’accusato replicò al
gemello: «Ma Ginny ha pensato a Malfoy!»
Lei scosse la testa.
«Però George ha inventato il Tiro Vispo che abbiamo usato!»
Avevano impiegato una
delle loro invenzioni su di lei? Le avevano messo quelle fantasie inappropriate
nella testa?
«Insomma, di cosa state
parlando?»
Le spiegarono della loro
ultima creazione, una fiala il cui aroma era in grado di creare sogni dal
contenuto romantico.
«È stata Ginny a
nasconderla sotto il tuo cuscino.»
«E Ginny ha recuperato un
capello di Malfoy dagli spogliatoi di Quidditch. Bisogna metterci dentro un
pezzo della persona in questione, per farla funzionare.»
Fred la esaminò con
interesse. «Ti piacciono i biondi, Prefettissimo Granger?»
«Non sei troppo
arrabbiata, vero?» la implorò l’amica, affatto pentita. «È il primo aprile! Sarai
stata la prima, ma sicuramente non l’ultima a ricevere uno scherzo.»
Non erano stati più buoni
del solito. E di certo non lo sarebbe stata lei.
Si mise in piedi.
«Il soggetto dei sogni è
deciso da chi organizza lo scherzo, ma il contenuto è tutto frutto della tua
mente» spiegò George.
«Qualcosa di
interessante?» ammiccò Ginny.
«Per chi fai davvero certe
fantasie, Prefetto-non-così-perfetto?» Fred le indirizzò un sorriso malizioso.
Non potevano sapere quali
sospiri si erano insinuati nel ritmo placido del respiro nel sonno. Lui
non lo sapeva.
«Magari, se sarò
fortunato, mi capiterà di vederle» considerò ancora lui.
Hermione strinse a pugno
le mani all’altezza dei fianchi. «Avete intenzione di tirarmi un altro
scherzo?»
«Non è quello che intendo.»
Lui voleva sapere?
«Dieci punti in meno a
Grifondoro» decretò, severa. «A testa.»
Quindi uscì a passo
svelto dalla Sala Grande, ignorando le loro proteste.
***
Incastrò le dita tra i
capelli sulla nuca del ragazzo e lo tirò a sé per poterlo baciare.
La lingua era gentile, le
accarezzò il palato e si intrecciò alla sua. La mano impressa su un fianco,
invece, affondava per averla più vicina, non conosceva cortesia.
Nel Bagno dei Prefetti lo
scrosciare dell’acqua avrebbe impreziosito la quiete della solitudine, ma la
sua compagnia attuale era chiassosa, in pubblico – scherzi e risa – come in
privato – sospiri e allusioni.
Fred trascinò un palmo
tra i suoi ricci e scese a racchiuderle il mento. «Alla fine sono riuscito a
vederle.»
Hermione rispose con un
mugugno interrogativo e lui chiarì: «Le tue fantasie.»
Ridacchiò sulle sue
labbra. «E perché le volevi?»
«Te l’ho già detto altre
volte, Prefetto Granger. Ho un debole per la tua autorità.»
Gliel’aveva già detto, in
più occasioni, mentre la stimolava con intelligenza sagace e la provocava a
punirlo per i risultati di quell’estro – mentre la conquistava.
Gliel’aveva già detto, ma
lei non aveva compreso i suoi fini; il suo inconscio però sì, pur se costretto
a concretizzarli con un’altra faccia, il primo aprile.
Era ormai giugno. C’era
il sole, fuori dalle finestre appannate per garantire riservatezza agli
occupanti del bagno. Non portava più il maglione della divisa, la sola camicia
era sufficiente a tenerla al caldo e la spilla da Prefetto era appuntata sul
tessuto bianco.
Non era più il primo
aprile, e lui tra le sue braccia non scherzava affatto.
Note:
La storia partecipa al writober indetto da
fanwriter.it - prompt del giorno 6 (Sogno), lista night.
Il Tiro Vispo a cui accennano i gemelli
non esiste nel canon.
Se nel titolo della storia e in un punto del
testo (“Nel sonno della ragione nasceva il desiderio”) avete pensato a una
citazione, avete ragione: Il sonno della ragione genera mostri (Goya). In
questa storia naturalmente non c’è la medesima accezione negativa del
significato originale, quanto più che altro un riferimento al mettere da parte
la razionalità (un tratto distintivo di Hermione) per lasciarsi andare ai
sentimenti, irrazionali per definizione.
Grazie per aver letto fin qui. Un abbraccio!
Legar