Fisso
il tuo viso gentile, suor Filomena.
I
tuoi splendidi occhi verdi mi dicono che esaudirà la mia
richiesta.
Consegnerai
a Marianna le ultime vestigia della mia esistenza terrena.
Con
sorpresa, vedo il luccichio delle lacrime nelle tue iridi. Piangi...
Per me?
Tento
di sorridere. No, non piangere amica mia.
Io,
grazie alla tua sollecitudine, ho conosciuto un frammento di
felicità.
Tu
hai saputo comprendere la pena del mio cuore.
Hai
capito l'aspra lotta della mia anima, che si è conclusa con la
mia disfatta.
Ho
combattuto contro l'amore, ho lottato e ho perso.
Nino
era nel mio cuore e si era trasformato nel mio peccato.
Quel
mese a Monte Ilice si è rivelato la mia condanna, perché
mi ha fatto conoscere il piacere amaro dell'amore.
E
io non potevo gustare quel frutto, perché dovevo votare
l'intera mia esistenza a Dio.
Dio
mi è testimone, non volevo offenderlo.
Spero
che avrà pietà di me.
Accenni
ad un sorriso e il mio cuore si riempie di gioia. Sì, hai
ragione, amica mia.
Dio
avrà pietà di me e saprà perdonare la mia
fragilità.
La
sua bontà va oltre i limiti angusti dello sguardo umano.
Giro
la testa verso la finestra e un raggio di sole filtra, illuminando
d'una debole luce l'infermeria.
Il
dolore, prima straziante, si scioglie in una gioia quieta. Filomena
aveva ragione.
Dio
ha avuto pietà di me.
La
sua bontà mi ha permesso di godere, seppur per poco, dello
splendore del sole.
Chiudo
gli occhi, serena. So che il mio destino è la morte, ma non mi
importa.
Posso
morire felice, avvolta dalla sua dolcezza.
Finalmente,
i ricordi non fanno più male.
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