Questa fanfic non è scritta a scopo di
lucro, i fatti descritti non sono realmente accaduti e blablabla.
There's no more pain, now .
Quel
fottutissimo vetro era opaco e tutto graffiato; quando era entrato
nella stanza il riflesso della lampada a neon aveva fatto il resto e ci
aveva messo un po’ a riconoscere nella figura sfocata, da
lontano, la persona di Ronnie.
Aveva
avuto un attimo di smarrimento, aveva corrucciato la fronte e poi,
avvicinandosi, aveva sorriso.
Ronnie
guardava le sue mani poggiate a palmo in su sulle ginocchia; avvertendo
con la coda dell’occhio una figura che si sedeva
dall’altro lato alzò la cornetta e la
portò all’orecchio, ma lo sguardo rimase
inchiodato dov’era.
“Ciao”
mormorò Max nel suo ricevitore. L’altro
alzò lo sguardo scoprendo finalmente chi era venuto a
trovarlo. Non lo aveva chiesto alla guardia di proposito per vedere da
sé chi ancora si ricordava della sua esistenza.
Lo
fissò negli occhi per un momento – quel giorno
erano grigi, dannazione, grigi e tristi – e poi
tornò a rimirarsi i piedi. Una risata amara fece
sobbalzare il più piccolo “Gli altri non sanno che
sei qui, vero?”
Gli altri.
“…No”
sbuffò Max. “Non c’è alcuna
ragione per cui debbano saperlo”
“Giusto
– rise ancora, era stata sempre così grave e
singhiozzata la sua risata? – come non dovevano
sapere…”
“Smettila”
lo interruppe. Non voleva sentire ancora quel discorso. Basta
basta basta.
“Beh,
come stai?”
“Come
sto? Cazzo, Max, sei il solito idiota.”
“Così
idiota che non ricordo più perché sono venuto
qua.”
“Già,
vorrei saperlo anch’io. Perché sei venuto qua dopo
che…” non era abbastanza coraggioso per
continuare, adesso, anche se la stessa immagine balenò nella
mente di entrambi.
Ronnie
urlava e Max urlava e Ronnie scagliava oggetti con rabbia, e Max urlava
e iniziava a piangere che era stanco e…
Ronnie
poggiò la testa sul vetro; sembrava vuoto, così
in contrasto col ricordo che l’altro aveva di lui, e
iniziò a canticchiare a bassa voce, quasi impercettibile:
“I drag your body to the cellar where we lay, the wax it
melts away, I kiss your face...”
Max
s’irrigidì, drizzando la schiena e quasi
indietreggiando. Faceva male, quello, quella voce e quei versi in quel
momento, quella voce che non aveva lo stesso vigore di un tempo,
appassita, spenta, e per questo ancor più dolorosa.
Era
diviso fra due istinti, quello di correre via, lontano il
più possibile e dimenticare tutto, e quello di sfondare il
vetro, a costo di sentire le schegge perforarlo e abbracciare quel
guscio che una volta era Ronnie. Solo una volta, perché non
era giusto che andasse a finire così, perché due
persone che hanno passato la vita a scaldarsi avevano il diritto di
aversi ancora, no? Avevano il diritto di sentirsi parte l’uno
dell’altro; avevano il diritto di ricominciare, di ignorare
tutto quello che stava succedendo. Avevano il diritto di fregarsene del
passato e degli altri e pensare solo al loro calore.
“How
it hurts in the worst way, now that you're gone, it's so
wrong…”
“No,
Max, dannazione!” diede un pugno al vetro, digrignando i
denti. “Non sono io quello che se n’è
andato. Non sono io.”
“Sì.”
Ronnie alzò lo sguardo, sorpreso, mentre Max singhiozzava
stringendo convulsamente la cornetta e asciugava con rabbia le lacrime.
Piccolo
bastardo, non poteva piangere così davanti a lui, coi suoi
fottuti occhi argento da cui sembrava venire la tristezza di tutto il
mondo, non poteva mostrarsi così debole ora che non poteva
superare i chilometri che li separavano in quei pochi centimetri
trasparenti.
Restò
in silenzio per un po’, guardandolo davvero, finalmente,
ripercorrendo i suoi tratti che conosceva alla perfezione; poteva quasi
sentirne la morbidezza sotto le dita.
Aveva
una pelle incredibilmente pallida, Max, anche in confronto alla sua e
– dannazione – come faceva ad avere sempre
quell’espressione indifesa? A volte lo detestava per quello,
e odiava se stesso per la sua tendenza malsana a proteggerlo sempre, sempre.
Prese
un respiro prima di parlare “Ehi. Frena, non
c’è nulla per cui piangere.” Da dove
venivano quel sorriso e quella voglia di confortarlo che non riusciva a
ignorare? “Tanto fra poco sarò fuori
e…” e? Si passò una mano fra i capelli,
sospirando. “Sarò fuori e
potremmo…cercare di…”
Max
annuì, tremante, e cercò di sorridere a sua
volta. Ma le sue labbra si strinsero subito dopo – aveva
delle labbra incredibilmente carnose, Dio quanto gli mancavano, le sue
labbra e il suo modo così innocente di baciarlo…
- e mugugnò “Ronnie…” la sua
voce era quasi quella di un bimbo capriccioso.
“Cosa?”
ghignava ora, mentre pensieri non propriamente puri gli danzavano in
testa. Smettila,
cercò di imporsi, non
ricordi che ti ha sbattuto fuori di casa dicendo che era stanco di te?
“Quando
uscirai…noi – indicò prima se stesso e
poi lui – credo che…noi…” si
morse il labbro inferiore e distolse lo sguardo.
Ronnie
alzò un sopracciglio, immobile, cercando di non scoppiare a
causa di un filo di speranza che premeva contro il suo stomaco.
Attese
che l’altro continuasse dicendosi che non poteva
assolutamente essere quello che stava pensando, né ora
né mai, quindi fottuta
inutile speranza, brucia all’inferno.
“Cosa
noi, Max?” ringhiò, irrequieto. Se non avesse
terminato il concetto entro tre secondi sarebbe impazzito, davvero.
Il
più piccolo lo fissò sorpreso da tanta veemenza,
ma poi volse gli occhi al soffitto arrossendo.
“Va
bene – si risolse alla fine – quello che voglio
dire è: quando uscirai da questa fottuta galera e sarai di
nuovo fuori e potrai avere una vita sociale, quando insomma potrai
vivere libero di nuovo senza nessuna restrizione e-“
“Cazzo,
arriva al punto!”
“Credi
che noi due potremmo riprovare a…” la sua voce
frettolosa si spense subito, e Max strinse gli occhi quasi aspettandosi
un’esplosione.
“A…Stare
insieme?” tentò Ronnie, la voce incolore.
Il
bassista annuì piano, una volta, quasi come se non volesse
farsi vedere.
“Ah.”
Fu l’illuminante risposta del cantante. Max lo
guardò da sotto in su, speranzoso, impaurito e fremente
insieme. Era buffo, e anche tenero.
Il
più grande scoppiò a ridere, non si sentiva
così sollevato da…da quanto? Da secoli.
“Si,
Max. Dannazione, certo che si.”
L’altro
alzò la testa di scatto, stringendo la cornetta
“D…davvero?”
“Ma
si, pezzo di idiota, vorrei ricordati che sei stato tu a lasciarmi,
no?” ghignava ancora, felice.
“A-ah.
Si. Giusto. Vero.” Sorrise timidamente, sentendosi il volto
scottare. “Senti, io-“
“Ehi,
bello, devi andartene, i trenta minuti sono passati.”
Max
si voltò indietro deluso, annuì e poi
guardò di nuovo oltre il vetro. Sentiva che lo sguardo di
Ronnie avrebbe sciolto il vetro da un momento all’altro, e di
sicuro non avrebbe rallegrato le guardie. Quindi si alzò
lentamente, senza perdere il contatto visivo.
“Ciao…” mormorò, la voce
bassa come all’inizio del loro incontro ma con un tremore
diverso.
Riagganciò
e poi, prima di voltarsi, mimò con le labbra “Ti
amo.”
Angolo
dell'autrice: solo un piccolo sclero su sti due che sono
troppo carini assieme *___* Credo di essere andata OOC tantissimo ma
boh, non si può mai sapere quando sono persone reali, e
soprattuto se sono coppie di cui solo noi fangirls sappiamo l'esistenza
XD
Ringrazio Ory_StarDust_95 perché mi sopporta e solo
Dio sa quanto è difficile -___-" Beh. In ogni caso. Spero vi
sia piaciuta <333 Lasciate un commentino, anche se vi ha fatto
schifo *___* Chuu, Liar <3
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