La magia di Sally
La
magia di Sally
Salicina
aveva una
fantasia fuori dal comune. Era capace di stare ferma a occhi aperti e,
mentre
il mondo le passava accanto, vivere avventure incredibili.
Nella
sua mente
lei non era più una bambina di dieci anni, ma diventava
ciò che voleva: poteva essere
una sirena in fondo al mare, un'aquila in volo sulla valle, un topolino
che
correva lungo il labirinto dei sotterranei o una tartaruga girata sul
suo
guscio che prendeva il sole. A volte sognava di essere una nuvola che
passeggiava leggiadra lungo il cielo della vita o una formichina in
fila che
trasportava briciole di biscotti, ma quello che le piaceva
più di tutti era
quando faceva qualcosa insieme a Puck.
Nessuno
degli
adulti ne era a conoscenza e a nessuno Sally raccontava delle sue
avventure
fantastiche. Aveva provato una volta, quando aveva da poco iniziato la
prima
elementare, a descrivere alle altre persone le sue fantasie, ma le
reazioni dei
suoi compagni e della maestra non le erano piaciute. I suoi amici
avevano
ridacchiato, dicendo che si inventava cose che non esistevano e
accusandola di
essere una bugiarda perché non si potevano davvero vivere
quelle avventure,
mentre l'insegnante aveva fatto un sorriso tirato, spiegando come la
fantasia
potesse portare sulla 'cattiva strada della vita'.
Così
Sally era
scoppiata a piangere nel bagno del corridoio delle prime e aveva deciso
che non
avrebbe più raccontato ad altri le sue fantasie. Quel
giorno, in
quell'occasione, Sally aveva conosciuto Pietro, l'unico bambino che in
classe non
aveva detto niente e l'aveva ascoltata con gli occhi sgranati. Lui
l'aveva raggiunta
in bagno, per dirle che era rimasto incantato da quello che aveva
raccontato.
Pietro era un bambino con gli occhiali e l'apparecchio ai denti, e
sembrava
molto timido, ma il suo animo era gentile e il suo sorriso sincero: a
Sally era
piaciuto subito.
Quel
giorno le
aveva regalato una piuma per consolarla dell'affronto dei suoi
compagni, e
Sally l'aveva guardata incredula, perché era veramente molto
bella: era più grande
della sua mano e i suoi colori variavano in gradazione dal rosa al
bruno scuro,
passando da tantissime sfumature calde di rosso e arancione, rendendo
l'oggetto
magico anche agli occhi. Era la penna del manto di un Uccello
dell'Acquerello,
le aveva spiegato Pietro, un esemplare che viveva in Astralia: doveva
essere un
animale bellissimo.
Sally
aveva
impugnato la piuma come un pennello e l'aveva mossa nell'aria. Quando
aveva
visto che tracciava linee colorate sul muro del bagno, tutti e due
avevano
capito la sua magia. E, con pochi tratti decisi e sicuri, aveva solcato
l'aria
e disegnato un cavallo, il suo animale preferito. Pietro aveva
suggerito che
dovesse essere bianco e Sally aveva colorato il suo manto di quel
colore, poi
aveva detto che avrebbe dovuto avere dei grossi zoccoli grigi e con un
tratto
deciso del polso, la bambina aveva disegnato anche quelli.
Sally
aveva
allargato le braccia in un arco e aveva disegnato le più
grandi ali che era
riuscita a delineare e poi aveva abbozzato delle strisce colorate su di
esse.
Pietro aveva sorriso mentre lei spiegava ad alta voce ciò
che stava disegnando.
Alla fine, su idea del bambino, il cavallo fu dotato anche di un
bellissimo
corno luminoso di magia, proprio in mezzo alla fronte: era diventato un
unicorno, Sally lo
aveva guardato con
meraviglia e lo avevano battezzato Puck.
Così,
quella, era
diventata 'La penna magica di Sally', perché Sally poteva
disegnarci tutto ciò
che poteva immaginare.
Sally
continuava
a vivere avventure, ma aveva iniziato anche a disegnare Puck ogni volta
che
aveva voglia di compagnia o quando aveva bisogno di aiuto. Questo
succedeva
perché quando non c'era Pietro a scuola, e visto che lui era
di salute
cagionevole capitava spesso, Sally passava gli intervalli della
ricreazione da
sola, al suo banco in classe oppure in un angolo del cortile, e non
aveva altri
amici.
Per
fortuna Puck
era un amico fantastico: oltre a essere molto bello, era anche un
unicorno
molto coraggioso e intelligente e l'aiutava sempre quando era in
difficoltà: sapeva
fare tutto. Una volta aveva aiutato Billy, il gattino di Sally, a
scendere
dalla tettoia del garage, perché lui non riusciva
più a muoversi e aveva
iniziato a miagolare di paura. Un'altra volta la signorina Bea,
l'insegnante di
matematica di terza elementare, aveva dato per compito un problema
molto
difficile e Puck aveva sistemato pazientemente con Sally le mele dentro
alle
cassette per scoprire quante ce ne sarebbero state una volta riempite
tutte. Ma
non solo: Puck suggeriva a Sally cosa dire quando andava dal
panettiere, o come
ringraziare educatamente quando si rivolgeva alle persone adulte.
Perché Sally,
oltre ad avere un'immaginazione fuori dal comune, era anche molto
timida. Ma
molto davvero. Così, ogni volta che c'era una situazione da
risolvere, era
proprio lui a guidarla. Erano una squadra formidabile.
E
tutto andò
bene, fino a quel giorno…
*
"Pietro,
facciamo il compito di scienze sull'Uccello dell'Acquerello?" Sally si
sedette
al banco di Pietro appena l'insegnante varcò la porta della
quinta classe,
subito dopo il suono della campanella.
Le
guance di
Pietro si colorarono di timidezza, come quando la maestra gli faceva
una
domanda davanti a tutta la classe. "Sally… L'Uccello
dell'Acquerello non
esiste…" le rivelò lui, senza guardarla.
Come
non
esisteva? Ma cosa stava dicendo? Sally scoppiò a ridere,
pensando che Pietro
scherzasse. "Ma certo che esiste, noi abbiamo una sua piuma! Te l'ha
portata tuo zio, ti ricordi? " spiegò subito dopo,
sussurrando e toccando
la tasca dove custodiva quel tesoro.
"Non
è una
piuma di quell'uccello. Me… me lo sono inventato. Non so da
dove venga. L'ho
trovata a casa di mia nonna…" confessò lui.
A
Sally cadde il
mondo addosso: Pietro, il suo miglior amico, l'unico con cui aveva
condiviso
sogni e desideri, avventure inimmaginabili, per non parlare di Puck, le
aveva
mentito. "Ma… perché?" chiese, incapace di dare
un senso a ciò che le
stava dicendo.
"Sally,
tu
hai un'immaginazione fantastica, racconti cose bellissime, posti che
non
conosce nessuno, io… Io pensavo di poter essere come te,
così quando ti ho
visto che piangevi, volevo consolarti…"
La
bambina si
alzò dalla sedia, troppo presa da un sentimento nuovo per
pensare lucidamente:
era il loro primo litigio. Perché Sally e Pietro non
bisticciavano mai. Non si dicevano
cose brutte, non si erano mai spinti, non si facevano i dispetti o
ridacchiavano una alle spalle dell'altro, come spesso i loro compagni
di classe
facevano.
"Mi
hai
mentito!"
"No,
ho solo
immaginato qualcosa. Come fai tu" rispose, serio, il bambino. Quello
che
non disse era che lui pensava che Sally fosse molto più
brava di lui in quelle
cose.
"Io
non mi
invento niente!" gridò ancora lei. Ma perché lui
non capiva?
Pietro
scosse le
spalle. "Ma guarda che va bene: a me piace quando mi racconti le tue
avventure. Quando andiamo nel bosco e tu racconti di fate e folletti
che vivono
negli alberi, io sono contento. Ascoltarti e immaginarmi tutto quello
che vedi
tu, mi rende felice.
"Ma…
tu non
vedi quello che vedo io?"
Pietro
aveva
trattenuto il respiro. Come spiegarle che lei aveva una fantasia
superiore alla
sua, che viveva in un altro mondo? Uno molto più bello di
quello dove stavano
vivendo insieme e che, per questo, era molto fortunata?
Lanciò
uno
sguardo in fondo alla classe, dove Vittorio, Gioele e Alberto li
stavano
osservando con uno strano ghigno sul volto: erano tre compagni di
classe
abbastanza violenti, Pietro ci girava sempre alla larga.
Tornò
a guardare
Sally. "Io cerco di immaginarmi quello che racconti tu".
Sally
aveva
soffiato forte dal naso. "Pensi anche tu che mi inventi le cose?"
"Penso
che
racconti cose bellissime, Sally. Io vorrei essere capace di sognare
come
te."
"Sognare?"
"Sì,
i tuoi
sono sogni. Sono belli, ma sono…"
Sally
sgranò gli
occhi: sogni? Voleva dire che erano cose non vere? Lentamente il suo
cuore
iniziò a perdere i battiti. Chissà se si sarebbe
fermato per la tristezza che
la stava riempiendo. "E… Puck? Tu non vedi neanche Puck?"
esclamò,
interrompendolo.
Pietro
scosse la
testa. "E non credi che esista?" L'ultima domanda fece malissimo a
Sally. Prima ancora che lui rispondesse, sapeva già la
risposta.
"Io
so che
tu ci parli, che ti dice cosa fare. Ma no, non penso che esista
davvero."
"Mi
hai
sempre detto che…"
"Io
credo a
te, Sally. A quello che dici. So che tu lo vedi e so che ti
è d'aiuto. Va bene
così, non mi serve altro. Quando tu ti trasformi in lui
io…"
"Ma
che
idiozia stai dicendo, Pietro? Io non mi trasformo in nessuno!"
gridò
Sally, incurante di chiunque accanto a loro.
"Sì,
invece.
Quando dici che vedi Puck… È perché
hai bisogno di crederci, ma lui non c'è
veramente…"
"Lui
è
magico…" mormorò la bambina, incredula del fatto
di dover dare
spiegazioni.
"Sally,
sei
tu a essere magica, non Puck. Sei tu che fai le cose che dici che fa
lui…"
Pietro sussurrò, come quando doveva rispondere alla maestra
davanti a tutti, e
lui, anche se sapeva la risposta, parlava con una vocina piccola
piccola perché
si vergognava.
Sally
si arrabbiò
tantissimo: Pietro stava insinuando che Puck non esisteva davvero!
Allora aveva
fatto finta di crederci fino a quel momento lì? E a
cos'altro non credeva?
"Pensi
che
faccia tutto io, senza saperlo? Pensi che sia… matta?"
"No!
Io…
io…" balbettò ancora lui, incapace di esprimersi
per bene. Sally, furiosa
e rossa in viso, tirò fuori la sua penna magica, che era il
simbolo della loro
amicizia tanto quanto Puck, e gliela mostrò.
"Pensi
che
io sia una visionaria? Che io mi inventi tutto? Non voglio
più avere a che fare
con te!" gridò, impugnando la penna con entrambe le mani e
forzando le
estremità verso il basso fino a quando, con il 'crack'
più brutto, rumoroso e
cattivo di sempre, la piuma non si spezzò e si ruppe in due
pezzi.
Sally
scappò
dalla classe e corse lungo il corridoio fino alla porta del bagno delle
ragazze
e ci entrò, sapendo che, anche se quel fifone di Pietro
avesse fatto qualcosa
di coraggioso come correrle dietro, non sarebbe mai entrato
lì dentro.
Davanti
al
lavandino si fermò, guardandosi nello specchio e
arrabbiandosi ancor di più nel
notare le lacrime sul suo viso: nessuno l'aveva fatta più
piangere, nessuno ci
era più riuscito dopo quella brutta esperienza in prima
elementare. Ma le
parole di Pietro avevano fatto male. Lui non le credeva, pensava che
fosse una
pazza o una visionaria.
Così
si ritrovò
da sola, in bagno a piangere perché qualcuno non le credeva.
Come quella prima
volta. Ma stavolta il petto faceva ancora più male. Un conto
era sapere di
avere dei compagni di classe rozzi e con poca fantasia, un conto era
che quello
che consideravi il tuo migliore amico ti avesse ingannato per
così tanto tempo.
Sally
appoggiò le
mani al lavabo, notando di avere ancora in mano la piuma.
Aprì le dita e altre
lacrime caddero copiose quando vide la penna, la sua bellissima penna,
rotta,
stropicciata e in pezzi. Strinse di nuovo la mano. Perché la
rabbia le aveva
fatto fare una cosa del genere? Aveva pensato che facendolo avrebbe
ferito
Pietro e, invece, chi stava male era proprio lei. E ora non avrebbe
potuto
aggiustarla. Quando si rompeva qualcosa, disegnava Puck ma non avrebbe
potuto farlo
con la penna magica rotta.
Con
il cuore
gonfio di tristezza, tornò verso la classe ma, prima di
arrivarci, in corridoio
vide Alberto, Vittorio e Gioele che avevano circondato Pietro contro il
muro.
Velocemente
si
nascose dietro alla colonna che sosteneva il soffitto e si
fermò a guardarli.
Non le piacevano per niente quei bambini. "Ehi, quattrocchi,
la tua amica matta ti ha lasciato da solo?"
Alberto diede una spinta a Pietro con la mano aperta e lui
indietreggiò toccando
con la schiena il muro alle sue spalle. "Salicina ti ha scaricato, eh?"
Gioele aveva una voce stridula e fastidiosa, ma anche se fosse stata
più
gradevole, le sue parole non sarebbero comunque mai state gentili.
Sally
si spostò,
andò a nascondersi dietro a una fila di armadietti e
continuò a guardarli,
indecisa su cosa fare. Quando anche Vittorio spinse Pietro, strinse i
due pezzi
della piuma in mano e una lacrima le scivolò sul viso: come
avrebbe voluto
poter disegnare Puck! Anche se Pietro non ci credeva, Puck avrebbe
risolto
tutto.
"Puck…
Puck…
Ti prego… Vorrei disegnarti, ma non posso…"
mormorò ancora, guardando la
mano di Gioele sulla spalla di Pietro non proprio in un gesto
affettuoso.
Guardò
i due
pezzi rotti della piuma e decise di provarci lo stesso: prese la parte
inferiore della piuma e, sempre piangendo, disegnò Puck,
sperando che
funzionasse nonostante la penna rotta. Puck comparve, effettivamente,
ma il suo
manto era sbiadito e il suo corno non era brillante come al solito.
"Sally…"
mormorò, come se non fosse in piena forma.
"Puck,
ti
prego, aiuta Pietro!" implorò, senza farlo finire di
parlare, indicando
con la mano quello che considerava ancora il suo migliore amico.
"Non
posso,
stavolta. Fallo tu" propose lui.
"Io?"
esclamò Sally sorpresa. Lei non poteva aiutare Pietro! E
poi, senza Puck, non
era capace di fare niente.
"Sì,
tu. Non
hai bisogno di me. Non devo farlo io. Sei sempre stata tu a fare le
cose."
Ma
non era vero!
"Cosa stai dicendo?" esclamò ancora, senza rendersi conto di
aver
usato le stesse parole con Pietro. "Io non so fare niente!"
"Ma
sì, che
le sai fare, Sally. Chi pensi che abbia appoggiato la vecchia scala a
pioli al pergolato
del garage per salire sul tetto e prendere Billy? Sei stata tu! E
quando hai…"
Puck continuò a raccontare di altri aneddoti, altre cose che
lui aveva fatto
per aiutarla.
"Io?"
Sally era incredibilmente stupita: lei non aveva mai fatto quelle cose.
Aveva
aiutato Puck, ma le aveva fatte lui. Anche con il gattino, lei aveva
solo
disegnato la scala, per permettere all'unicorno di salire sull'albero.
"Non
sono stata io a salvare Billy…"
"Pensaci.
Non ti ricordi di averlo fatto? Non ti ricordi di aver visto la scala
appoggiata al portone? O quando l'hai spostata? E di come ti faceva
paura
salirci?"
Sally
sentì
ancora le lacrime scivolarle a bagnarle il viso e scosse il capo. Non
voleva
ammetterlo, ma immagini nitide si materializzarono nella sua mente: la
scala
pesantissima mentre la spostava, il terreno che si allontanava da lei
mentre
saliva e aveva paura, il graffio che Billy le aveva lasciato sul polso
mentre
lo tirava giù dal tetto. Era stata lei. Lei e non Puck,
pensò, sfiorando la
cicatrice che il gattino le aveva lasciato.
Guardò
l'unicorno
che sorrise, capendo ciò che aveva intuito. "Sei sempre
stata tu" la
elogiò.
"E
ora?" chiese, sussurrando. Tirare giù un gattino spaventato
dal tetto era diverso
dal salvare Pietro dai tre bulli della scuola.
"Ora
possiamo andare insieme. Tu davanti e io vengo con te, ma questa volta
devi
sapere che sei tu. Perché sei in grado di fare qualsiasi
cosa. Tira fuori la
tua magia."
Sally
scosse il
capo. Non era vero. "No. Non posso! Io non sono magica…"
mormorò,
lanciando un'altra occhiata al quartetto contro il muro del corridoio.
Vide lo
sguardo di Pietro cercare aiuto. Lui era suo amico e lei gli voleva
bene. Aveva
detto che le credeva: chi se non un amico ti diceva queste cose? Chi ti
accetta
per quello che sei? Doveva aiutarlo.
"Certo
che
lo sei, lo sei sempre stata. Andiamo insieme, adesso" la
incoraggiò,
ancora, l'unicorno, porgendole una zampa.
Sally
annuì: non
poteva comunque stare nascosta per sempre. Con una mano si
asciugò il viso e
con l'altra prese la zampa di Puck, poi guardò ancora verso
Pietro e gli altri.
Quando il bambino la notò, un lampo di sicurezza gli
illuminò il viso. Sally
annuì ancora.
Con
passo deciso
si diresse verso di loro. "Lasciate stare Pietro" disse, con il tono
più duro che riuscì a trovare. Gli altri si
girarono e quando la videro così
sicura un po' si spaventarono e questo diede a Sally un motivo in
più per
continuare. "Perché non sparite?"
Aveva
ragione Pietro:
era lei, lei che faceva le cose. Era lei a essere magica. Si
girò verso Puck e
lo salutò per sempre.
***Eccomi con una nuova storia! Finalmente una os che partecipa a un
concorso!
Pacchetto sogni:
Narrativa generale
Personaggio: bambina
Oggetto: penna
Contesto: scuola
Animale: unicorno
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