Con
passo lento, ma deciso, Enji percorreva i corridoi dell'ospedale
psichiatrico.
Nella
mano destra, stringeva un mazzo di iris blu, mentre la sua sinistra
aveva un volume di classici francesi.
Di
tanto in tanto, si fermava per alcuni secondi, poi riprendeva a
camminare.
Sono
un completo idiota., si
diceva. A causa delle sue pretese crudeli, sua moglie era impazzita e
lui l'aveva costretta al ricovero in quella clinica.
Come
osava sentire disagio in quel luogo?
Lui,
con la sua violenza ossessiva, quasi perversa, aveva spinto sua
moglie in un abisso di rabbia e dolore.
Ne
era sicuro, Rei, lontana dai suoi figli, soffriva molto più di lui.
Sospirò
e si passò una mano tra i capelli rossi. L'immensità dei suoi
errori si stagliava nella sua mente, come un'erta montagna.
La
sua espiazione era dolorosa, ma non poteva tirarsi indietro.
Doveva
sopportare il peso dei suoi errori e trasformare se stesso in una
degna figura di riferimento.
E
in tale suo cammino le lacrime non erano ammesse.
Un
uomo non piangeva per le conseguenze dei suoi errori.
Si
fermò a poca distanza dalla porta della camera di Rei.
Il
gelo invase il suo corpo e le sue gambe rimasero ferme, quasi
inchiodate al pavimento. Oltre quell'uscio, sua moglie proseguiva il
suo cammino di cura.
Forse,
si colpevolizzava ancora per lo sfregio sul viso di suo figlio.
No,
Rei. Tu non sei colpevole. Sono io.,
pensò.
Sua moglie avrebbe dato la vita per i suoi figli.
Lui,
con i suoi maltrattamenti, aveva avvelenato il suo cuore d'odio e
ira.
Tali
sentimenti avevano annebbiato la sua razionalità e lei li aveva
riversati sull'incolpevole Shoto.
Lui
aveva armato la mano di lei.
Dopo
tanto, troppo tempo aveva compreso la mostruosità delle sue azioni.
Rei
meritava di essere liberata da un simile rimorso, ne era ben
cosciente.
Ma
le sue parole, per quanto sentite, non sarebbero apparse false o
tardive?
Sfiorò
con una mano l'uscio e carezzò la maniglia. La sua forza avrebbe
potuto abbattere quella fragile barriera.
Ma
tra lui e sua moglie si innalzava un muro d'incomunicabilità, rabbia
e vergogna.
Sarebbe
riuscito ad abbattere quella forte e invisibile parete?
Con
gesti rigidi, meccanici l'uomo bussò.
– Chi
è? – domandò una voce femminile calma.
Enji,
sentendo quella domanda, sussultò e le sue mani tremarono. Era
giunto il momento della verità.
– Sono
io. Posso entrare? – chiese poi, la voce arrochita dal timore. Gli
pare quasi di violare, con la sua presenza, uno spazio sacro.
Rei,
lontana da lui, sta rimettendo al loro posto i cocci della sua psiche
frantumata.
In
quelle poche, scontate parole ha riconosciuto la donna riservata, ma
gentile, da lui sposata anni prima.
Come
può entrare nei suoi spazi?
Lei
non ha bisogno di un uomo come lui, che non ha saputo sublimare la
propria sete di rivalsa.
– S...
Sì. – mormorò la voce di Rei,
dietro la porta.
A
passo rapido, deciso, attraversò la soglia.
Il
martellio del suo cuore risuonava nelle sue stesse orecchie, mentre
il tremito delle sue mani aumentava.
A
fatica, concentrò lo sguardo sull'esile figura di Rei. Non si era
sbagliato, era rifiorita.
E
tale consapevolezza aumentava il peso dei suoi rimpianti.
Quella
donna, che lui aveva incatenato ad un matrimonio d'interesse, gli era
diventata cara.
Avrebbe
desiderato ricreare un nuovo matrimonio, basato sulla stima e sul
rispetto.
Ma
doveva andare oltre le miserabili ragioni del suo cuore e comportarsi
come un vero uomo.
– Mi
hanno detto che volevi parlarmi. –
esordì Rei, rompendo il silenzio.
Lui,
per alcuni istanti, resta silenzioso. La bocca gli sembrava impastata
di calce dura.
Ma
doveva andare oltre la sua vergogna.
Posò
il libro e il mazzo di fiori sulla scrivania.
Di
sottecchi, la donna lanciò un'occhiata al libro e rimase sorpresa.
Erano autori classici francesi, da lei amati.
Si
era ricordato di questo suo interesse.
– A
cosa ti serve quel libro? –
domandò. Aveva intuito l'imbarazzo del marito e, per questo, gli
aveva posto una domanda neutra.
Forse,
la gradualità avrebbe permesso loro di essere sinceri e limpidi.
– Non
è per me. E' per te. Il mio francese non è perfetto, al contrario
del tuo. –dichiarò lui.
Rei
alzò un sopracciglio.
Enji
sospirò. La domanda di Rei, ad un orecchio inesperto, poteva
apparire quasi stupida, ma lui aveva compreso.
A suo modo, lei
cercava di aiutarlo.
– Vedi,
io ho domandato ai medici che cosa sarebbe successo, se ti avessi
regalato un libro... Mi hanno detto che era una idea valida, perché
la lettura avrebbe stimolato la tua mente. E mi sono ricordato del
tuo interesse per la cultura francese. –
spiegò, il tono chiaro.
Rei
spostò lo sguardo ora sull'uomo, ora sul libro. Un tempo, lui
avrebbe preteso una adesione bovina ai suoi ordini deliranti.
Aveva
punito la sua disperata e inutile ribellione con una violenza
insensata.
In
quel momento, cercava di aiutarla a guarire e a elevarsi mentalmente.
– Non
hai paura? – chiese ancora lei.
Con
un gesto fermo, deciso, lui scosse la testa. Aveva capito i dubbi
celati dietro quella semplice domanda.
Doveva
rassicurarla.
– No,
non ho paura. Io... Io ho promesso a Shoto che sarei diventato un
uomo migliore e desidero mantenere la parola. E non sarei tale se
temessi la tua voglia di libertà... Hai tutto il diritto di vivere
la tua vita come meglio credi. Anche lontano da me. –
mormorò lui.
Si
interruppe e strinse il pugno. Di nuovo, avvertiva quel doloroso
groppo stringergli la gola.
Ma
non poteva cedere alle lacrime.
Rei
non aveva bisogno di uno spettacolo tanto indecoroso.
La
donna accennò ad un sorriso. Non si era sbagliata.
Il
suo sposo, con ardente sincerità, cercava la redenzione e, senza
alcuna costrizione, le aveva ridato la libertà.
Una
traccia del suo orgoglio, però, era rimasta.
La
vergogna delle sue azioni lo induceva a celare le sue emozioni dietro
la maschera di condottiero.
– Capisco
e apprezzo la tua onestà... –
sussurrò Rei. In quel momento, lui aveva mostrato una notevole
lucidità.
E
le stava donando la possibilità di ricominciare.
Forse,
da un matrimonio forzato e triste, poteva rinascere un legame di
stima e rispetto.
– Rei,
hai bisogno di altro? – chiese
l'Eroe. Era stata per lui una prova dolorosa, ma si sentiva libero.
Non
aveva ceduto ai richiami della codardia.
Lei
scrutò il suo volto e l'uomo, a fatica, sostenne il suo sguardo.
– Sì...
Ho bisogno che tu non molli. Mai. Per i nostri figli. Nonostante
tutto, siamo ancora genitori e lo saremo sempre. –
scandì lei, ferma, pacata.
Lui,
con un deciso cenno della testa, annuì.
– Sì.
Hai ragione. Non mollerò. Mai. –
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