Andrea salì sul bus frettolosamente, come se potesse
rimediare al ritardo e accelerare la corsa del mezzo. Era ancora incazzato nero
con Marco, una volta a casa avrebbe pensato prima a come insultarlo e poi a
come fare coming out con lui. Non in quel momento però, ora doveva pensare a
Daniele.
Fece per sedersi sui sedili dell’autobus quando sentì una voce dire “Ci
incontriamo spesso io e te, eh?”
Si girò di scatto e vide Daniele, seduto sul sedile alla sua destra, che lo
scrutava in modo canzonatorio. “Cazzo, ma questo proprio con l’autobus doveva
venire… tutta colpa di quel coglione di mio fratello”, disse fra sé e sé.
Non sapeva cosa dire, in quel momento era in freezing totale. Dalla sua bocca
uscì un flebile “Oh!” mentre si sedette sull’altro lato.
“Dove vai?” chiese Daniele.
“E mo’ che cazzo je dico” pensò Andrea. “In stazione” disse alla fine.
“Io a Ninfa… ce sei mai stato?”
Il riccio scosse la testa in silenzio, col panico che lo assaliva. “Smettila de
di’ cazzate, Andre’” Pensò.
Scese un silenzio imbarazzante, talmente tanto pesante da far rumore.
All’improvviso Andrea ebbe un colpo di genio.
“Ti dispiace se metto un po’ di musica?” chiese a Daniele che scosse la testa,
guardando fuori dal finestrino. Cercò la canzone che gli aveva mandato tempo
fa, quella col nome simile al suo vecchio account fake e cliccò il tasto play.
Dopo i primi accordi Daniele la riconobbe e si girò lentamente, confuso. Cercò
gli occhi di Andrea che sostennero il suo sguardo.
“Ma te guarda sto coglione” disse fra sé e sé Daniele, con uno sguardo a metà tra
l’incredulo e l’ironico.
“Perché sta canzone?” chiese Daniele, con un tono sorpreso.
Andrea provò a cercare le parole per spiegarsi. “Perché questa canzone mi
ricorda una persona speciale con cui non parlo più da un po’.”
Daniele chiese ancora “Ma quindi… sei tu?”
Andrea, abbassando gli occhi per paura di incrociare il suo sguardo, annuì. Non
sapeva come avrebbe reagito e aveva paura di un suo possibile rifiuto. Ad un
tratto sentì una presenza accanto a lui. Daniele prese posto sul sedile a
fianco e con una mano gli scosse una spalla. “Mi spieghi sta cosa?” Chiese. La
canzone finì.
Andrea non seppe più cosa dire, anche se aveva ripetuto il discorso una decina
di volte a casa.
“Io…” iniziò a dire, interrotto dallo speaker dell’autobus che annunciava la
loro fermata.
“Mi sa che dobbiamo scendere” disse Daniele. Andrea annuì e si alzarono
entrambi, dirigendosi verso l’uscita.
Scesero dal bus e si incamminarono verso i giardini. Scese di nuovo un silenzio
assordante.
“Oh ma che è sto posto? ‘Ndo m’hai portato? Non è che mo’ me droghi e me fai a
fette?” chiese scherzando Daniele, alleggerendo l’atmosfera.
Andrea lo guardò. “E mica so Jeffrey Dahmer!” esclamò. Scoppiarono entrambi a
ridere. Fu sollevato da quello scambio di battute, significavano che non ce
l’aveva con lui… forse.
“Guarda che è bello, eh! Fidati”
Ridendo e scherzando arrivarono alla meta tanto agognata. Appena varcarono la
soglia del grande cancello che conduceva ai giardini, Daniele emise un suono
stupito. Andrea si girò verso di lui, guardandolo ammirato. Era così bello
quando si emozionava per le piccole cose… sotto quella corazza da duro si
nascondeva un tenero bambino che non aveva mai smesso di meravigliarsi.
“Te l’avevo detto che qua era stupendo!”
Daniele tirò fuori dalla tasca il suo telefono per fotografare quel paesaggio
così incantato. “Che figata, sembra di stare in un fantasy”. Andrea sorrise e
ammirò Daniele intento a fotografare tutto ciò che lo circondava. “Sai che c’è
una leggenda dietro questi giardini?” gli chiese.
Daniele tirò su la testa dal cellulare per guardarlo. “Una leggenda? E che
leggenda è?” domandò incuriosito.
Andrea, con tono altisonante, iniziò a spiegare camminando “La leggenda narra
che la bellissima principessa Ninfa vivesse con suo padre in un castello vicino
al lago, alle pendici dei monti Lepini.”
“Ao’, ma chi sei, Alberto Angela? Parla come mangi!” sbottò Daniele.
Scoppiarono entrambi a ridere di gusto.
“Va bene, va bene” disse Andrea tra una risata e l’altra. “Praticamente qua
prima c’era una palude e quindi il padre voleva bonificare tutta l’area, chiamò
i due capoccia che stavano al confine, Martino e Moro. Chi fosse riuscito a
bonificare questa zona avrebbe sposato la figlia. Martino, che piaceva tanto a
Ninfa, non riuscì nell’impresa, purtroppo. Moro invece, che era uno stregone,
con tutte le magie del caso riuscì a far sparire zanzare, malaria e tutto il
resto. Quindi Ninfa, per sfuggire dal matrimonio con sto stregone si buttò nel
lago qua dietro e sparì per sempre”.
“Madonna Andre’ che depressione che me stai a fa veni’, ero tanto contento
prima” disse Daniele scherzosamente, prendendolo in giro. Poi chiese “Ma come
le sai tutte ste cose?”
“Da piccoli io e mio fratello leggevamo molto… cioè, io leggevo e lui
ascoltava”. Andrea sorrise nel ricordare quei momenti… era un po’ meno
arrabbiato con Marco. “Guarda c’è una panchina… perché non ci sediamo un po’?”
Si sedettero entrambi sulla panchina verde sul sentiero dei giardini. La
freddezza del metallo li fece subito ritornare nei loro pensieri, a
metabolizzare lo shock avuto nell’autobus.
“Senti…” dissero all’unisono.
“Vai prima tu” affermò Daniele.
Andrea iniziò a parlare lentamente, riformulando il discorso provato davanti
allo specchio del bagno più e più volte. “Ecco… inizio col chiederti scusa. Mi
scuso per averti ingannato, per averti risposto quel dannato giorno e per aver
continuato a fingere. Mi scuso anche per averti fatto sprecare i soldi del
treno… insomma, mi scuso per tutto. Non te lo meriti, davvero”.
“Scuse accettate, anche se ci sono rimasto un bel po’ male… non c’ho dormito la
notte, lo sai? Non so se fossi più arrabbiato o più deluso, forse un mix di
cose…” Disse Daniele abbassando lo sguardo. Lo rialzò dopo pochi attimi di
silenzio. “Però mo’ voglio capi’ na cosa… perché proprio io?”
Andrea rimase spiazzato, non sapeva cosa rispondere. “Non lo so… è che con te
ci parlavo bene, mi sentivo accettato, forse… forse è perché ancora fatico ad
accettarmi da solo e quindi cerco approvazione dagli altri… e come farlo se non
con un profilo fake dove nessuno avrebbe saputo chi fossi?” abbassò lo sguardo
anche lui, con le guance rosse dalla vergogna. Una lacrima gli circondò il
viso. “Ancora non ho capito bene chi io sia, in realtà. Sto provando a capirlo
ma è così difficile”, continuò con la voce rotta dal pianto.
Daniele non era molto avvezzo al contatto fisico e ai gesti affettuosi, solo
con Ilo e Vittorio riusciva a lasciarsi andare. Però in quel momento, spinto
forse dall’empatia, mise una mano sulla spalla di Andrea e la strinse, come per
dire “non me ne vado, io ci sono. Con me puoi parlare”. Andrea lo guardò negli
occhi, asciugandosi le lacrime e continuò.
“Fin da piccolo desideravo vestirmi con abiti femminili e avere un corpo
femminile… una volta addirittura scappai di casa per andare ad immergermi in un
lago, avevo letto una leggenda di gente che si tuffava nel lago e cambiava
genere” sorrise di sbieco.
Daniele lo canzonò “Sempre con le leggende c’hai da fa”.
Scoppiarono entrambi a ridere. Andrea lo guardò per un momento e poi disse
“Grazie…”
“Per cosa?” chiese di rimando Daniele.
“Per come l’hai presa… per questo, anche” indicò con lo sguardo la mano di
Daniele ancora appoggiata sulla sua spalla. La ritirò dopo aver dato qualche
pacca sulla spalla.
“Ce mancherebbe… adesso che m’hai spiegato ti capisco un po’ meglio. Il fatto è
che anche io ci parlavo bene con te, Andre’... tanto bene. M’hai confuso il
cervello e forse ero arrabbiato proprio per questo. Mi piaceva la persona che
si nascondeva dietro quel profilo, talmente tanto che ho pure comprato i
biglietti del treno Latina-Torino pe capi’ chi fossi… mannaggia a te che invece
stavi qua e me spacciavi pure l’erba”. Sorrisero entrambi.
“Ma quindi… io ti piaccio?” chiese speranzoso Andrea.
“Eh, a sto punto forse sì…”
Si guardarono intensamente negli occhi, immergendosi uno nell’altro. Non
avevano provato mai niente del genere. Era una connessione forte la loro, più
forte di qualsiasi altra che avessero mai avuto.
Daniele mise una mano sulla guancia di Andrea, mentre continuavano a far
danzare gli occhi in un gioco di sguardi, si cercavano e si perdevano per poi
ritrovarsi ancora. Il cuore gli batteva all’impazzata “Non ce sto a capì più
una sega Andre’…” ammise, sottovoce.
“Scusa…” Disse Andrea, venendo subito interrotto da un bacio repentino di Daniele.
Si staccarono all’istante e continuarono a guardarsi ancora per un po’,
attratti come due calamite l’uno dall’altro. Andrea si gettò a capofitto sulle
labbra di Daniele e questa volta il bacio durò più a lungo.
Daniele si separò a malincuore da quelle labbra carnose e appoggiò la fronte su
quella di Andrea, dicendo “Me sa che non è un forse… mi piaci. Punto.”
Sorrisero entrambi, accarezzandosi il viso a vicenda.
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