A
fatica, Trevor sollevò le palpebre e si guardò attorno.
Una
densa nebbia grigia copriva i suoi occhi, impedendogli di focalizzare
lo sguardo su un punto preciso, mentre l'aria si riempiva di fruscii.
D'istinto,
il giovane posò la mano sul suo petto. Poteva sentire contro
le sue dita della stoffa.
Ora
ricordo tutto..., pensò.
Lui, Alucard e Sypha erano stati attaccati da una Viverna.
Erano
riusciti a distruggerla, ma quella bestia aveva piantato uno dei suoi
artigli nel suo petto.
La
ferita non sembrava pericolosa, nonostante il dolore, poi il veleno
di quella bestia era fluito nel suo corpo.
A
stento, era riuscito a sopravvivere.
Provò
a sollevarsi, ma una fitta di dolore, come una lama, attraversò
la sua testa e, con un debole gemito, si distese sul letto.
–
Sempre
il solito. Guarda che non abbiamo fretta. – dichiarò una
voce maschile ironica.
A
fatica, il giovane erede dei Belmond girò la testa e, a poca
distanza da lui, vide Alucard, seduto su una sedia.
Il
dhampyro, con un gesto apparentemente noncurante, si alzò, poi
si sedette sul letto, a poca distanza dal compagno. Lo sguardo
ceruleo di Trevor, di solito tagliente, era velato dalla confusione e
il suo viso era dominato da un pallore spettrale.
Ma,
nonostante questo, non si poteva negare il miglioramento della loro
situazione.
Trevor
era debole, provato, ma il suo sguardo era consapevole.
Gli
toccò il viso e le sue labbra si sollevarono in un sorriso
appena accennato. Quei tre, lunghi giorni erano stati pieni
d'angoscia per lui e per Sypha.
Avevano
creduto di perdere Belmond, a causa dell'artiglio della bestia.
Per
fortuna, la sua forte tempra aveva avuto ragione.
Presto,
sarebbe tornato in salute.
– Ehi,
cosa ti succede? Sei preoccupato per me? – domandò il
cacciatore, il tono ironico.
Il
mezzo vampiro non rispose, ma il suo sorriso si accentuò un
poco. Trevor sapeva essere seccante, ma aveva imparato a conoscerlo,
oltre la sua maschera cinica.
Aveva
visto un cuore limpido e una acuta intelligenza.
Era
ben migliore di quegli ecclesiastici che, inebriati dalla loro
superbia, avevano condannato a morte sua madre.
Con
un gesto deciso, appoggiò le mani sulle spalle di Trevor e
fissò i suoi occhi nelle iridi dell'altro.
Un
sussulto scosse il corpo del cacciatore. In quel gesto, tanto sobrio,
palpitava un sentimento che, per troppo tempo, aveva dimenticato.
Le
iridi di Alucard, apparentemente tanto gelide, scintillavano di
premura e preoccupazione.
– Non
essere imprudente. Ti voglio ancora qui, Belmont. – scandì
Adrian, il tono fermo.
Trevor
sbarrò gli occhi, costernato, e aprì la bocca, ma non
uscì alcun suono. Un senso di calore, in quell'istante, era
riverberato nel suo cuore.
Alucard
aveva mostrato riguardo verso di lui.
– Farò
del mio meglio, Alucard. –
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