Le chimere dell'odio

di Fiore di Giada
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− Abbi pietà! − supplica Elena, il volto umido di lacrime.
L’ira divampa nel mio cuore. Forse, il suo pentimento è sincero, ma non riesco a dimenticare.
Mi sembra quasi di sentire i flebili lamenti di Bruno, mentre si spegneva su un letto d’ospedale.
Mi giro e le stringo le mani. Vorrei farle del male, ma riesco a controllarmi.
Non voglio avere nessun contatto non necessario con lei.
− Pietà? Pietà? Ne hai avuta tu? − domando io. No, non ci sarà compassione per lei.
Le sue sofferenze ripagheranno il mio dolore.
Con un gesto disgustato, la scosto da me ed esco. Ho bisogno di aria sana.
Elena, con la sua presenza, ammorba l’ambiente.
Appoggio la mano alla parete e, per alcuni istanti, resto immobile. Non avrei mai pensato di trasformarmi in un uomo così cinico e crudele.
E non sono tranquillo.
Sospiro e, d’istinto, allontano la mano. No, non devo avere pietà.
Io ho perso Bruno, Elena non godrà più dell’affetto di Anna.
Eppure, perché il disgusto pesa sulla mia anima?




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