Eva shot
La mia
risposta alla one-shot di Ilakey_chan. Grazie per avermi convinto a
cimentarmi in questo fandom. Questa è tutta per te.
Dal suo appartamento al secondo
piano, Eva osservava il faro in piedi davanti alla finestra. Già
in pigiama, i capelli ancora bagnati per la recentissima visita alla
doccia che le inumidivano le spalle, si sedette sul divano verde al
centro della piccola stanza, in attesa.
Albert era in ritardo.
Quella sera, avevano in programma
la visione di un film sulla BBC one, sui cavalieri della tavola
rotonda. Eva, pur essendo un'appassionata del genere, era dubbiosa
sulla qualità del prodotto. Proprio perché ne sapeva
molto più della media, era sempre molto schizzinosa al riguardo,
spesso passando la visione a contestare dettagli che le sembravano
sbagliati. Ad alta voce ed in tono petulante, la qual cosa riusciva ad
irritare anche il suo infinitamente paziente fidanzato, non altrettanto
fiscale. Si accorse di stare sorridendo; ma l'allegria scivolò
via dal suo viso un velo: Albert era in ritardo.
Non che temesse gli fosse
successo qualcosa di grave: se c'era una cosa che Albert sapeva fare,
era badare a sé stesso. No, non era la sua incolumità
fisica che premeva ad Eva, anche perché sapeva perfettamente
dove andasse, quando non si presentava in orario. Albert era al faro,
ed anche lui aspettava. Cosa, Eva non avrebbe saputo dirlo: il suo
ragazzo era la persona più chiusa in sé stessa che Eva
avesse mai conosciuto. Ad ogni passo che faceva, sembrava sempre
guardarsi indietro. Non in modo paranoico, ma come chi avesse paura di
allontanarsi troppo dal sentiero tracciato di una strada di montagna.
Eva, che era cresciuta a pane e antiche leggende, lo paragonava spesso
nella sua testa ad uno di quei cavalieri che percorrevano labirinti di
foreste alla ricerca del Santo Graal, o nel tentativo di salvare la
donna amata dallo stregone malvagio. Nonostante fosse normalmente una
persona schietta – spesso troppo per il suo bene – non gli
aveva mai parlato di quella fantasticherie, chissà
perché. C'era una parte di lei, quella che spesso le sussurrava
all'orecchio nei momenti più opportuni, che le consigliava di
non farne parola con lui. Come se ciò avesse potuto ferirlo. Eva
si fidava di quella voce con ogni fibra del proprio essere, e non ne
parlava mai. Dopotutto, le diceva la parte più razionale di
sé, era facile impressionarsi nella patria di del ciclo
arturiano; inoltre, la sua fantasia era sempre stata troppo fervida.
Così, la sua voce interiore taceva.
Si accorse di aver fissato per
tutto il tempo le immagini in movimento all'interno del televisore,
stringendo a sé il vassoio che aveva preparato appena tornata a
casa. Lo aveva riempito di biscotti, comprati al supermarket
all'angolo, condizione necessaria se non voleva intossicare sé
stessa o Albert con le sue immangiabili creazioni. Li aveva presi del
suo gusto preferito, cioccolato e nocciole, sapendo che sarebbe stato
affamato quando sarebbe tornato. Un altro suggerimento di quella vocina
insistente, che tanto somigliava a quella di sua madre, chissà
perché.
Il rumore della chiave nella toppa
la fece sussultare: ecco il suo cavaliere perduto che faceva il suo
ingresso, i capelli blu spettinati dalla corsa in bici, che si ostinava
a prendere nonostante il buio o la stagione. Eva sentì qualcosa
di caldo strisciare all'interno del suo petto.
"Ti stavo aspettando. Pensavo che
volessi vedere quel film sulla BBC one", lo salutò, il tono
privo di rimprovero. Le era mancato. Lui scrollò le spalle: "Non
è un film, è un telefilm e non è così
importante.", liquidò la faccenda. Sembrava ancora perso nei
suoi sogni ad occhi aperti.
Bugiardo.
"Lo stanno ancora facendo, se vuoi.", lo informò, scrutandolo con gli occhi chiari.
All'improvviso, Albert si
chinò a sfiorarle le labbra con le sue. Durò un momento,
ma bastò a sconvolgerla fin nelle viscere, come sempre succedeva
ad ogni suo minimo gesto. Per scacciare il rossore che sapeva stare per
salirle alle guance, riprese a scrutarlo con curiosità per il
più breve dei secondi; poi, sorrise, il viso composto in
un'espressione confusa: "Bhè, grazie, Albert.” Gli
accarezzò la tempia, come per calmarlo inconsciamente. “
Va tutto bene?”, indagò, pur aspettandosi la risposta
evasiva che, puntualmente, venne : "Certo. Stavo pensando alle bollette
della luce." Eva singhiozzò, osservandolo sedersi con un sorriso
di fianco a lei, la testa nei pressi del suo grembo, l'espressione del
tutto pacificata.
C'era un motivo se Eva O'Connor
faceva il suo mestiere: amava i misteri. E presto avrebbe svelato anche
i suoi, decise con determinazione. Presto, si disse. Ma per quella sera
si accontentava di sedergli vicino e dare un po' di pace alla sua anima
inquieta.
|