Autore: Ofeliet
Fandom: Axis Powers
Hetalia
Personaggi: Francia,
Inghilterra; [secondari] l'UE in generale
Generi:
Introspettivo, sentimentale
Avvertimenti: OOC
Cultober: Chiesa dei
reati particolarmente esecrabili
Prompt: indizio
Chiesa a cui mi rivolgo:
non è un mistero come io sia folle, ma mettersi a fare una
challenge con un giorno di preparazione mi mancava.
Non mi sentivo
così entusiasta di scrivere da un po'.
Che dire,
arrivo solo con sette anni di ritardo sul tema, ma devo dire che dal
2016 la mia vita è stata sballottata parecchio (e
soprattutto ero in altri fandom). Quindi meglio tardi che mai.
Premetto che
è tutto dal POV di Francia (perché mi diverte
scrivere di lui) e l'avvertimento OOC è lì
perché non amo calcare troppo sulla sua versione pervertita,
più su quella del bohemien/mean girl e non a tutti
può piacere. Che altro dire se non che ho avuto 24h per
documentarmi su tutta la timeline della Brexit e che continuare a
scrivere questa storia con un lavoro a tempo pieno sarà
tutt'altro che semplice, ma voglio ugualmente provare.
Al prossimo
capitolo~
A mughetto,
un anticipato e tardivo regalo di compleanno.
C’era qualcosa
nell’aria.
Francia aveva sempre
pensato che lasciare la presidenza dell’unione anche solo per
un anno ai Paesi Bassi avrebbe portato solo disgrazie. Infatti questo
non era iniziato nei modi migliori. Italia aveva alzato la voce
riguardo a un morto in Egitto, mentre Belgio si era assentata per
qualche riunione per “ragioni mediche”. Germania
aveva insistito che gli attacchi terroristici per loro valessero come
un’assenza di malattia. Non aveva conteggiato i suoi scioperi
come una giustificazione valida, però.
Il meglio di
sé, però, lo aveva dato Inghilterra che a gennaio
aveva annunciato un referendum sul rimanere o meno
nell’Unione Europea.
Non lo avevano preso
troppo sul serio. Non era nemmeno la prima volta che ne faceva
menzione, anche se era la prima che presentava davvero un referendum da
effettuarsi nel mese di giugno. Sembrava non poterlo posticipare ad
estate inoltrata, quello di luglio era già troppo pieno di
pessimi ricordi per la nazione, non voleva certo aggiungerci
un’ulteriore umiliazione.
Francia per primo ne
aveva riso.
Trovava divertente la
questione e si era detto il primo e maggiore sostenitore se la cosa
fosse realmente andata in porto. Aveva tempo da perdere, ma alla fine
come ogni cosa anche questa finita dimenticata in qualche angolo della
sua mente finché il mese di giugno non era arrivato e le
voci sulla questione si erano fatte insistenti.
Germania lo aveva
approcciato una sera, dopo l’ennesimo incontro.
« Tu lo
conosci da tanto tempo, cosa ne pensi? »
A Francia era venuto da
ridere. Aveva preso un sorso del suo calice, e si era sistemato meglio
sulla poltroncina dove si era seduto in attesa che la serata diventasse
più interessante.
« Ma cosa
devo pensare? Quello è un’isola. Le isole sono
sempre state strane. » commenta, non guardando
l’altra nazione. « Avrà questo
improvviso desiderio di indipendenza perché inizia a
sentirsi anziano e vuole rivivere qualche vecchia, gloriosa fantasia.
»
Lui stesso aveva
definito in una occasione l’Unione Europea come una casa di
riposo per nazioni millenarie, e simile affermazione non era lontana
dalla realtà. Escludendo Germania, che per i suoi parametri
era ancora un bambino e non aveva alcun diritto di prendere parola
– e che invece quasi settant’anni prima lo aveva
steso dandogli un semplice schiaffo –, diverse nazioni
lì dentro potevano contare un millennio sulle spalle.
In effetti era
divertente litigare ma non correre rischi reali come un tempo. Francia
da quando era entrato nella “lega dei perdenti”,
come l’aveva definita Inghilterra un tempo, si divertiva a
protestare ed esporre la sua importantissima opinione, ma alla fine era
Germania a fare tutto il lavoro al posto suo.
Germania, seduto
accanto a lui, non sembrava tranquillo. Poverino, prendeva troppo
seriamente ogni questione, ignaro di come fosse un comportamento
normale per nazioni che avessero vissuto il medioevo, dove le alleanze
cambiavano a seconda di che colore indossassi. Gli mancava
l’esperienza, e il litigare per una semplice pecora che
potesse scatenare un conflitto lungo quindici anni.
« Poi cosa
pensi che succederà? Che la popolazione voti in massa per
andarsene? Va bene che sono inglesi, ma non sono così
stupidi. »
Non era da lui fare un
complimento, ma nei secoli Francia aveva imparato che Inghilterra
sapeva dosare bene l’impulsività con la pazienza.
Quando era venuto il momento giusto si era isolato dal resto di loro, e
aveva rivolto la parola solo a Giappone. Forse era stato un bene,
perché da simile cosa era nata l’idea
dell’Entente. Edouard gli mancava tantissimo, ma era stato
ironicamente il fautore della sua felicità, per quanto breve.
« Ho guardato
i sondaggi e- »
« Tu guardi
un po’ troppi dati, e non la realtà. Certo qualche
capo politico urla che vuole andarsene, ma tutti noi ne abbiamo uno.
Persino tu. »
Germania sembra
finalmente comprendere cosa intende. A volte gli sembra davvero un
bambino, se non fosse un armadio. Ovviamente non riesce a rispondergli,
e Francia prende un altro sorso di vino.
« Stai
tranquillo Germania, l’anno prossimo ce ne saremo
già dimenticati tutti di questa storia. »
La nazione teutonica
annuisce, e si alza.
Dice qualcosa sul
doversi alzare presto, ma Francia non gli dà più
alcuna attenzione.
Sentirsi minacciato da
un referendum, una sciocchezza. Anche Italia ne aveva appena sostenuto
uno, e non era successo niente. Certo era su delle trivelle e non
sull’andarsene, ma simili questioni raramente riuscivano ad
andare da qualche parte. Poteva solo immaginare come poi Inghilterra
avrebbe spiegato la questione a Betty.
« Ma
guardati, tutto solo come il vecchio che sei. »
La voce di Belgio non
fallisce mai di provocare la sua irritazione. Non si gira nemmeno a
guardarla.
« Mi avevano
detto che eri malata. »
« Infatti
sono qui per accompagnare i miei fratelli. »
« E bere
gratis. »
La sua insinuazione
sembra colpire nel giusto.
Belgio, a differenza
sua, poteva ancora permettersi di buttare giù
metà delle bottiglie dell’open bar. Sarebbe stato
pronto per il momento in cui sarebbe svanito l’effetto magico
della sua gioventù. Belgio non aspetta nemmeno il suo
invito, e si siede dove poco prima era stato Germania. Ha un cocktail
in mano, come si aspettava.
« Hai sentito
quello che ha intenzione di fare Inghilterra? » esordisce.
Francia alza gli occhi al cielo.
« Dovrei
vivere sotto un sasso per non saperlo. »
« Sai
com’è, hai una certa età, non so se tu
sia capace di usare uno smartphone. » le sue parole vengono
seguite da una risata, sta ovviamente cercando di irritarlo.
« Certo che
tu ti fai le stesse pare di Germania. »
« Che non sai
usare il telefono? »
« Che
succederà qualcosa con il referendum di Inghilterra.
» la interrompe. « Come l’ha chiamato?
Angle- »
« Brexit.
» lo interrompe Belgio a sua volta. « Ha uno strano
senso dell’umorismo anche in situazioni simili. »
Francia non vuole
commentare. Non vuole darle la soddisfazione di ridere in un contesto
simile. Certo era una situazione ridicola. Inghilterra voleva
andarsene. Dopo aver finto di voler entrare insieme a Danimarca e
Irlanda, ora cercava di uscirne come un ladro.
Perché
volesse andarsene, poi, non se lo spiegava.
Aveva il vanto di
conoscerlo meglio dei fratelli, in certi momenti della storia, ma in
quel frangente ciò che stava pensando era un mistero anche
per lui. Era inutile chiederselo. Inghilterra avrebbe fatto passare
anche quel referendum, come tutti loro, e niente sarebbe cambiato.
« Sono
sorpresa che tu non abbia ancora battute argute a tema. »
« Per averle
l’argomento dovrebbe essere interessante. »
Non vuole darle
soddisfazioni.
Inghilterra non aveva
lasciato alcun indizio di voler davvero cambiare la sua situazione.
Come tutti loro, sembrava soltanto desiderare dare uno scossone alla
barca e poi ritornare alla normalità.
L’invecchiamento l’aveva sicuramente spaventato, ed
era solo un modo per sentirsi giovane.
Non vuole discuterne
con Belgio. Ha sempre la sensazione che questa voglia superarlo in
qualsiasi cosa, e i rapporti con l’isola sembravano nella sua
lista. Non intendeva cederle terreno, e tantomeno darle alcun tipo di
indizio.
« A
proposito, hai visto Inghilterra? » chiede Belgio,
guardandosi intorno. Francia nega non la testa. Mentirebbe se dicesse
che non l’ha cercato, ma subito dopo il suo arrivo
Inghilterra sembrava non essere uscito dalla sua stanza. Francia aveva
abbastanza dignità in corpo per andare a bussargli, e quindi
la domanda di Belgio rimaneva senza una vera risposta.
«
Starà praticando qualche suo rituale per domani. »
le risponde, con una punta di malignità.
Belgio non sembra molto
convinta delle sue parole.
« Se lo vedi
digli che lo stavo cercando. »
Francia non lo
farà. Non intende dare Albione in pasto alle Fiandre,
perché se Belgio aveva bisogno di parlarti spesso non era
niente di buono, o peggio, si trattava di soldi. Ogni motivo era buono
per evocare quello straccio di terra che era Lussemburgo con
l’estratto conto stampato a chiedere spiegazioni su certe
spese che molto spesso non si voleva giustificare. Con Francia simili
colloqui erano frequenti, e per sua sfortuna molto estenuanti.
Francia osserva
l’altra nazione andare via, e rimane da solo con il suo
calice.
Al bancone ci sono
Spagna e Portogallo che parlano fitto tra loro, molto probabilmente a
causa di elezioni che andavano male, non una novità per la
penisola iberica. Di Prussia non aveva notizie da un po’, ma
non era una novità che sparisse per poi sbucare fuori quando
meno te lo aspettavi.
Inghilterra,
ovviamente, non era presente togliendogli la soddisfazione di scaldarsi
bisticciando per qualcosa di molto inutile ma divertente.
Aveva tanti amici un
tempo, ma ora che era seduto lì ben pochi sembravano
realmente interessarlo. Nella sua mente si palesa l’immagine
dei vecchietti che davano da mangiare ai piccioni nei parchi di Parigi,
e si chiede se sarà la fine anche per lui. Era ancora una
nazione potente, e l’Europa non aveva ancora prodotto
abbastanza nazioni giovani per rimpiazzarlo. Non aveva senso rimanere
lì a deprimersi.
Scozia stava
raccontando qualcosa di molto divertente al tavolo, era un vero peccato
che Francia ancora faticasse a capire che cosa stesse dicendo. Era un
trauma che affondava nei tempi della loro prima alleanza, sempre contro
Inghilterra, per spezzare ogni sogno romantico che aveva quando aveva
inteso che il suo nuovo consorte, o meglio alleato, era
incomprensibile. Per quello la loro unione non avrebbe mai funzionato.
Ne aveva avuto di
matrimoni falliti. Nella sua mente tornano quelli con Inghilterra, li
scaccia dalla mente. Non serviva ricordargli quei tempi di imbarazzo,
quando si era piegato così tanto. Lo aveva fatto anche
Inghilterra, durante la guerra, ma a Francia bruciava più la
sua défaillance la decade successiva.
Non c’era
alcun bisogno di avere pensieri foschi. Ci sarebbe stato il meeting,
era un’occasione per divertirsi.
Era sicuramente il vino
a renderlo malinconico, non trovava alcuna spiegazione alternativa.
Francia appoggia il calice, lontano da sé, dando segno al
cameriere di portarlo via. Non aveva alcuna ragione di sentirsi in quel
modo. Se Inghilterra fosse stato vicino lo avrebbe accusato
pubblicamente di qualche fattura ai suoi danni, ma dell’isola
non c’era traccia e Francia non voleva attribuirgli una
simile importanza. Era troppo impegnato a fingere che il suo referendum
fosse importante per considerare seriamente qualche strana magia.
Lo conosceva bene,
sapeva come prendesse a cuore delle semplici sciocchezze. Forse era
l’ennesimo tentativo di attirare l’attenzione.
La tentazione di andare
a disturbarlo è forte, ma sa già che si
troverebbe solo un occhio nero e forse qualche ciocca strappata.
Inghilterra era poco più giovane di lui, ma il vizio di
aggredire chiunque non gli andasse a genio non sembrava passargli. Gli
era persino strano pensare che fossero stati dallo stesso lato. Era una
sensazione fresca, che gli dava una soddisfazione maligna nel poterlo
tormentare senza preoccuparsi di veder recapitata una dichiarazione di
guerra due settimane dopo. Per una volta poteva averlo accanto, invece
che subire le sue frecce e cannonate.
Stava ovviamente
diventando un nostalgico.Di guerre non ne aveva più
combattute, semmai subite. Non gli andava di rivivere quei tempi, e non
ne sentiva alcuna mancanza. In Europa sembrava essere il primo a
essersene stancato, mentre intorno aveva gente che aveva continuato a
darsi da fare prima di essere preso a schiaffi da un ragazzino venuto
da oltre l’oceano e che sembrava voler continuare a ficcare
il naso nei loro affari.
Gli Stati Uniti non
potevano davvero comprendere cosa fosse realmente quel calderone quale
era l’Europa. Troppo inesperto, ben propenso a cercarsi guai
fuori da casa sua, non poteva capire cosa significasse fare guerra coi
suoi parenti – escludendo quando ha litigato con sua madre e
lui lo aveva persino aiutato – per mere sciocchezze come
fazzoletti di terra.
Era strano vederli
parlare alle conferenze internazionali, come se non si fossero lanciati
fango a vicenda pochi secoli prima, ma in fondo lui e Inghilterra
avevano continuato a farlo per un millennio e riuscivano a parlarsi
quasi senza insultarsi.
La sua mente sembra non
volersi liberare dal pensiero dell’isola. Dà la
colpa al sequestro del suo telefono. La sicurezza, ogni volta che
partecipava a un evento, gli toglieva ogni genere di comunicazione
elettronica. Francia aveva protestato, aveva cercato di contrabbandare
un telefono personale, ma a ben poco erano serviti i suoi sforzi. Si
era fatto una cattiva reputazione sui social personali, e
l’unico account che gli era stato permesso di tenere era
quello su Twitter dove seguiva le uscite anime. Per il resto per lui
c’erano solo canali istituzionali, e la soppressione di
qualsiasi suo tentativo di essere indipendente.
Aveva protestato,
dicendo che non intendeva certo usare il suo telefono per spedire foto
della sua Tour Eiffel. Non si riferiva al celebre monumento, ma cercava
di darsi un minimo di dignità nei suoi pensieri.
Nel vedere altre
nazioni costrette a socializzare immaginava non fosse l’unico
a subire un simile trattamento. Con l’avvento dei social
molti capi di stato sembravano essere corsi al riparo, e persino a
Germania era stato vietato un simile privilegio.
Il gruppo Whatsapp
dell’Unione, creato per comunicazioni serie, era diventato un
burrone dove lanciare sfotto e guardare le altre nazioni scatenarsi
lontano da un occhio pubblico. Più di una volta si finiva
con gli insulti alla tribù tardo-antica dalla quale si
millantava la discendenza. Anche l’annuncio a quel meeting
era finito presto sommerso tra gli insulti per l’ennesimo
turista maleducato o la classifica delle migliori birre al mondo.
Le aveva tentato tutte
per poterne portare uno a quell’incontro, ma era stato
persino perquisito. Non sembravano più fidarsi di lui, ma
Francia aveva la buona sensazione che prima o poi sarebbe riuscito a
fregarli.
« Non sembri
molto contento di essere qui. »
Ora è il
turno di Spagna di venire a disturbarlo. Sembra che abbia terminato la
fitta discussione avuta col fratello, ma non gli importa davvero cosa
si siano detti.
« Il vino non
è delle migliori qualità di questo posto.
»
Spagna ride piano.
« Non dirlo troppo ad alta voce, o ferirai quello che rimane
dei sentimenti di Paesi Bassi. Sembrava già abbastanza
scontento di doverci ospitare. »
«
Probabilmente pensa già alle fatture da mandare ai nostri
governi a permanenza finita. »
L’avarizia di
quella specifica nazione non era un mistero a nessuno, ma la vera
domanda era come facesse ad avere due fratelli ben più
ricchi di lui nonostante la sua parsimonia. Il Benelux a volte gli
sembrava un conglomerato unico, non tre nazioni distinte. Una volta
aveva sognato che diventassero una cosa sola, e si era svegliato
urlando. Ci mancava solo una simile disgrazia.
« Tu invece
mi sembri bello, come sempre. »
Spagna non ha mai preso
sul serio i complimenti sul suo aspetto, dando a Francia un piccolo
maligno vantaggio di potergli soffiare il primo posto e dichiararsi la
nazione più bella in Europa. Per il mondo aveva dei feroci
avversari, e non aveva abbastanza coraggio per reclamare anche quello a
voce alta.
Ora che era costretto a
parlare iniziava a sentirsi stanco. Si alza lentamente, fingendo che
quasi si dispiace di starsi defilando e mette in atto una delle sue
interpretazioni migliori da quando è entrato
nell’hotel. Non aveva funzionato con la concierge ma su
Spagna avrebbe certamente fatto effetto.
« Me ne vado
a dormire. Ho molto sonno. »
Non aveva dormito un
granché.
Francia si guarda allo
specchio, ma trova ben poco dell’uomo che ha lasciato quando
si è messo a dormire. Riesce a scorgere persino una traccia
di occhiaie, inaccettabile per uno come lui. Con un vago sconforto si
sposta sul balcone e si accende una sigaretta, l’unica cosa
che può dargli conforto in un momento come quello.
Non ricorda cosa ha
sognato, ma qualsiasi cosa fosse lo aveva tenuto abbastanza sveglio da
non riposare. Non si sentiva così inquieto dalle ultime
elezioni. Non doveva preoccuparsi, il suo governo non era ancora
così instabile da provocargli alcun tipo di malessere fisico.
Si passa una mano tra i
capelli, trovando un nodo, e la ritira scocciato.
La giornata non stava
iniziando nel migliore dei modi, e sembrava destinato persino passarla
ad ascoltare cose di cui non gli importava niente. Poteva
già sentire la voce di Germania tuonare per qualcosa che non
aveva disturbo di stare a sentire, o le varie nazioni che protestavano
per l’ennesimo trattamento ingiusto nei loro confronti.
Francia non riusciva
davvero ad empatizzare con nessuno di loro. Gli sembravano
così carichi di piagnistei, quando gli unici realmente
importanti erano i suoi.
Non doveva rovinarsi la
giornata fin da subito. Il completo che aveva portato da indossare
veniva da una deliziosa boutique di Avenue Montaigne e le sue occhiaie
non erano niente che il suo correttore di marca non potesse coprire.
Lui era ancora una
nazione vincente, e non si sarebbe lasciato abbattere. Aveva persino
portato l’arricciacapelli per poter sistemare i suoi boccoli
totalmente naturali.
Quando arriva
l’ora della colazione lo specchio gli restituisce
l’immagine di una nazione bellissima, ed era ciò
che Francia sapeva benissimo di essere.
C’erano poche
nazioni alla sala delle colazioni. Germania, ovviamente, sembrava
essere di ritorno dalla sua corsa mattutina. Chi lo costringesse a
quella tortura, Francia non voleva saperlo per timore di essere
costretto a seguire una simile routine. C’erano Romania e
Bulgaria, che in occasioni di incontri come quello si muovevano insieme
quasi fossero una sola entità, e poi su un tavolino non
facilmente visibile c’era Inghilterra. Vederlo era una
sorpresa, più per la sua presenza che per
l’orario. Inghilterra sembrava negarsi persino di dormire un
po’ di più.
Gli ricordava i tempi
della guerra, dove dormiva poco e mangiava anche meno. Non aveva preso
peso in tutti quegli anni, e infatti aveva solo una deliziosa teiera di
porcellana sul tavolo dalla quale si era versato una singola tazza che
stava consumando.
Per Francia era
inconcepibile, tanto che si avvicina al buffet caricando il piattino di
croissant e ordinando al cameriere un caffè nero da
portargli al tavolo.
« Il tavolo
è già occupato. » gli dice Inghilterra,
quando gli è davanti.
«
L’hotel non ti appartiene quindi posso sedermi dove voglio.
»
Doveva guardarlo mentre
mangiava tutto quello che aveva nel piatto, poco ma sicuro.
« Ci sono
qualcosa come venti tavoli, qui, Francia. »
Ha una nota irritata
nella voce, e ciò gli provoca soddisfazione. Stava
già recuperando il buonumore.
« E io voglio
sedermi qui, non mi pare sia un crimine. »
Il cameriere appoggia
la tazza di caffè, interrompendo brevemente la loro
schermaglia verbale. Inghilterra non sembra voler continuare la
discussione. Prende di nuovo la sua tazza di tè, e non lo
degna di uno sguardo.
Francia non comprende
cosa gli abbia fatto, di recente, per meritarsi un simile trattamento.
Prende comunque un croissant dal proprio piattino, deciso a mangiarlo
direttamente in faccia all’altra nazione. Lo sentiva come una
questione di rivalsa personale, e intendeva con tutte le sue forse
farlo parlare per primo. Una sensazione di
déjà-vu passa dal suo cervello, prontamente
scacciata dalle critiche che sicuramente rivolgerà alla
cucina per il pessimo croissant che gli era stato servito.
Sente una lieve
risatina, seguita da un colpo di tosse. Aveva vinto.
« Che hai da
ridere? »
Inghilterra gli appare
come se fosse stato colto in fallo.
« Ridevo
della tua faccia. »
Non aveva mai imparato
l’arte raffinata di parlare per giri di parole. Aveva
imbellettato la sua lingua di formali onorifici, ma quando gli parlava
dava continuamente dimostrazione di come questo non avrebbe mai
camuffato la sua vera natura. Inghilterra rimaneva il peggiore
filibustiere che c’era in circolazione, e questo era
stranamente confortante da pensare. La sua linguaccia lo avrebbe sempre
tradito.
« La mia
faccia è perfetta, a differenza della tua, grazie mille.
»
Inghilterra non sembra
sorpreso dalla sua risposta, tanto che si appoggia meglio allo
schienale della sedia e gli restituisce un sorrisetto sardonico.
« Certo, ogni
rana pensa di essere la più bella del suo stagno. »
Era inconcepibile.
Sembrava essersi preparato simili battute in anticipo tanto gli
uscivano bene. Francia si sentiva indignato anche se era stato lui ad
accendere le fiamme di quel confronto. Forse qualcosa, nei secoli,
Inghilterra aveva preparato.
« Sempre
meglio dei bruchi che porti sulla tua faccia. »
Prendere in giro le
sopracciglia di Inghilterra era quasi uno sport, un obiettivo facile da
colpire, anche se poco efficace. L’isola sapeva di non essere
bella, almeno dai tempi del medioevo, e non poteva nemmeno aspirare ad
esserlo.
Inghilterra, infatti,
non appare troppo sconvolto dalle sue parole.
« Che vuoi
Francia? » gli chiede, invece, quasi indicandogli di andare
al sodo. Francia non ha una risposta. Certo voleva infastidirlo, ma
oltre a quello non aveva una reale motivazione per essersi seduto al
suo tavolo.
La verità
era forse più maligna, ma più nociva per lui che
per Inghilterra.
« Volevo
sapere se ti nutrissi di anime per colazione, visto che la tavola
è vuota. » una mezza verità, ma rimane
abbastanza composto da non cedere troppe informazioni che potrebbero
suonare compromettenti. Inghilterra sembra processare le sue parole, e
poi guarda il tavolo. Sembrava star realizzando adesso che fosse
tragicamente vuoto, a parte il suo piattino di croissant. Non si
rendeva conto come non stesse mangiando niente. Era così
anche nelle trincee, era così anche quando Londra viveva di
porzioni razionate e Inghilterra non finiva neanche ciò che
gli spettava. Era un periodo terribile che Francia si era lasciato alle
spalle, mentre Inghilterra sembrava quasi imporsi ancora un terribile
regime alimentare.
« E dato che
sono generoso, io, ti darò questo croissant. » lo
prende senza troppe cerimonie e lo porge. Inghilterra lo guarda ancora
più confuso, come se gli stesse porgendo una boccetta di
veleno e lo stesse incoraggiando a berla. Lo osserva passare lo sguardo
dalla sua mano a lui. « Non ho tutto il giorno. »
Inghilterra sembra
abbassare la sua guardia, e prende finalmente il croissant tra le mani.
Lo studia, forse pensando davvero che ci sia del veleno.
« Non sono
abituato a fare colazione- »
« Va bene che
non è un piatto di fagioli e lard ma- »
« Sto dicendo
che non sono abituato a fare alcun tipo di colazione. » lo
interrompe Inghilterra. « E poi fagioli e uova le mangiavo
solo quando andavo in miniera! » sembra abbastanza piccato
sull’argomento.
« Ti faccio
portare un piatto di fish and chips, allora? »
Inghilterra lo guarda
con ancora più stizza, ma prende un morso nervoso del
croissant, masticandolo insieme agli insulti. A suo modo lo stava
facendo mangiare. La soddisfazione che prova è ben radicata
in tempi antichi, e un po’ se ne vergogna.
Si sente come nel
medioevo, quando Inghilterra era un piccoletto tutto pelle e ossa e lui
era l’unico in grado di poterlo maneggiare in qualche modo.
Al tempo gli offriva bacche e pezzi di pane di grano, una prelibatezza
che veniva quasi contrabbandata al di fuori del castello dove
risiedeva, ora invece gli offre pezzi di pasticceria pregiata, per
quanto comunque dozzinale in quell’albergo. Doveva ricordarsi
quella nota alle cucine.
Era passato tanto tempo
tra di loro, ma nutrire Inghilterra era un traguardo del quale giusto
Francia potesse fregiarsi. Non era comune che le nazioni fossero
così premurose.
Il pensiero lo riscuote
alla realtà. Lui non era certo premuroso con Inghilterra,
voleva solo assicurarsi che avesse abbastanza energie per discutere
quella sciocchezza che intendeva presentare durante
l’incontro. Si trattava del suo divertimento.
Forse mentiva a se
stesso, ma conosceva Inghilterra da abbastanza tempo da sapere che non
avrebbe accettato aiuto se non sotto forma di tormento. Quella dannata
isola era talmente orgogliosa che se si fosse trovata sul continente, e
non al sicuro circondata dal mare, sarebbe stata soppressa velocemente.
Inghilterra davanti a
lui finisce il croissant a grandi morsi, e Francia teme che un boccone
potrebbe soffocarlo tanta è la foga che ci mette. Lo ha
provocato e quelli sono i risultati.
Gli appare ora come se
avesse finalmente preso un po’ di colore, e può
prendere con calma un sorso del suo caffè senza il rischio
che tutto il tavolo venga ribaltato su se stesso.
«
Perché mi stai guardando? » gli chiede allora
Inghilterra, più scontroso, e Francia si accorge che non gli
ha realmente staccato gli occhi di dosso. Si sente come una scolaretta
beccata a copiare, e non ha molti modi dignitosi per sfuggire alla sua
figuraccia.
« Hai
qualcosa in faccia. » gli risponde, quindi. Inghilterra si
tocca frenetico il viso, nel tentativo di pulire qualcosa che non
esiste. « Ah no scusa, è solo la tua faccia.
»
La nazione smette di
colpo di pulirsi. Ha un’espressione strana in viso, e le sue
sopracciglia aggrottate fanno intuire che non ha preso bene lo scherzo
che ha messo in atto. Lo vede indurire la sua espressione, e
l’atmosfera che c’era prima si spezza,
può persino sentire il rumore dei frantumi nelle orecchie.
Francia non riesce a
trovare le parole adatte.
Continua a sostenere il
suo sguardo, ma ha una vaga sensazione di colpevolezza per qualcosa che
stava diventando di cattivo gusto. Inghilterra sembra non trovare nulla
da dire a sua volta, e si crea un silenzio che sembrava imbarazzante.
Un cameriere si
avvicina, spezzandolo, quasi intuendo che probabilmente c’era
qualcosa che non andava.
« Tutto a
posto, signori? » gli chiede, e Francia lo percepisce come un
intruso, una scocciatura, anche se Inghilterra di certo non gli avrebbe
rivolto la parola per primo.
«
Sì, voglio un piatto di uova e bacon. » esordisce
invece Inghilterra, e Francia si rende conto che lo stava guardando. Il
cameriere si defila, e Francia osserva Inghilterra incrociare le
braccia al petto, in attesa, come se non gli sedesse davanti.
Aveva chiesto da
mangiare, in un certo senso Francia la sentiva come una vittoria anche
se Inghilterra lo aveva fatto per mero scorno a lui.
Il cameriere torna
abbastanza velocemente con il piatto richiesto da Inghilterra, e glielo
sistema davanti. Questo procede a consumarlo appena vengono portate le
posate, e non dice una parola. Francia sorseggia di nuovo il
caffè, e continua a mangiare la propria colazione.
Non si dicono
nient’altro, ma Francia non sente troppo bisogno di parlare.
Qualsiasi cosa lo attende in quel momento è una schermaglia
verbale, e non ha alcuna voglia di riprendere le ostilità.
Inghilterra finisce il suo piatto velocemente, quasi non guardando
ciò che stesse mangiando, e si versa un’altra
tazza di tè. Una scelta curiosa, ma Francia si trattiene dal
commentarla.
« Sei
contento adesso? » è invece Inghilterra a prendere
la parola, di nuovo.
« Di cosa?
»
Inghilterra aggrotta le
sopracciglia, di nuovo, come se non capisse la sua risposta, ma poi le
rilassa, quasi si stesse rilassando al pensiero.
« Niente.
»
« Dimmi cosa
intendevi. »
« Non
intendevo niente. »
Era frustrante
discutere con lui, e anche se Francia si era cacciato da solo in quella
situazione ora stava iniziando a pentirsi.
Inghilterra
però smette di dargli corda, o provocarlo, e si alza in
piedi. Gli passa accanto, ma non si salutano. Francia teme se basti una
parola per riaccendere il conflitto tra di loro, e sicuramente
avrà da conservare le energie per quella sciocchezza della
Brexit.
La realizzazione lo
colpisce con forza.
Si era scordato di
chiedergli di quello. Aveva visto la sua faccia e sembrava essersi
rassegnato di doverla vedere fino alla fine dei suoi giorni. Lo aveva
offeso? Probabilmente, Inghilterra era tipo da fare caso a simili
sciocchezze.
Francia si appoggia
allo schienale, spiluccando l’ultimo croissant che si era
preso.
Ora si spiegava il suo
cattivo umore.
Si era comportato come
al solito, ma Inghilterra probabilmente dentro era piegato dal
conflitto che rappresentava il referendum. Le voci che chiedevano
insistentemente di uscire sembravano crescere sempre di più
con l’avvicinarsi della giornata che avevano scelto.
Non sarebbe cambiato
niente, di quello Francia era convinto. Un referendum era una
sciocchezza, una formalità, ma Inghilterra non avrebbe mai
deciso di andarsene. Un’isola non poteva rimanere a lungo
sola, e di certo i fratelli non gli avrebbero davvero permesso di
andarsene in quel modo.
C’era
però qualcosa di strano, qualcosa che non gli tornava.
Tra un paio
d’ore ci sarebbe stato il meeting, e prima di quello le foto
di gruppo, e lui doveva risultare bellissimo.
Non c’era
troppo spazio nella sua mente per preoccuparsi di faccende che non lo
riguardavano, e adorava mentire a se stesso.
Di ritorno in camera
Francia si sistema i vestiti e si infila la giacca. Ha ancora un
bell’aspetto, alla faccia di Inghilterra che insisteva a
chiamarlo “rana”. Il suo bel viso gli era valso
molti complimenti, e ben più di un quadro immortalava la sua
splendida presenza. Era proprio vero che oltre il canale della manica
non ci fosse alcuna civiltà o comprensione della bellezza,
visto che aveva dovuto accumularla dagli altri in passato.
Era una replica
tagliente da usare quando ne avrebbe avuto necessità, e
Francia si complimenta con se stesso per averla pensata anche se con un
lieve ritardo. Non sarebbe certamente mancata un’altra
discussione con Inghilterra, e non era certo l’ultima volta
che lo paragonava a una rana. Sembrava quasi essere il suo insulto
preferito da usare nelle discussioni.
Non serviva pensarci
troppo, in fondo lo aspettava una lunga giornata dove poteva osservare
gente discutere di cose noiose. Almeno aveva la permanenza pagata, e
forse non gli avrebbero chiesto un resoconto quando sarebbe tornato a
casa. Ancora sentiva nelle orecchie i rimproveri della sua segretaria
perché era tornato a mani vuote.
Avrebbe copiato quelli
di Germania a fine giornata, certo che ne avrebbe presi in maniera fin
troppo meticolosa, avrebbe aggiunto qualche commento personale e
sarebbe stato perfetto.
Ora si sentiva meglio,
ed è con rinnovata fiducia in se stesso. Non doveva
lasciarsi abbattere da ciò che era successo a colazione.
Intendeva far pagare Inghilterra ogni singolo insulto, per una mera
questione di orgoglio. Poteva causare un incidente diplomatico se i
governi l’avessero scoperto, ma Inghilterra in fondo non
aveva mai lasciato uscire niente sui pesanti insulti che si rivolgevano
da praticamente la memoria dei tempi.
Francia si sente il
corpo pieno di rinnovato entusiasmo. Doveva pensare a cose che lo
riempivano di soddisfazione, e non aveva alcun senso rimanere
lì in stanza. Apre la porta, dandosi un’ultima
occhiata.
Era il momento di
andare in scena.
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