Note: ringrazio le persone che hanno
letto una, due, tre o tutte le OS di questa raccolta e spero di essere riuscito
almeno a tenervi compagnia. Come anticipato in altri capitoli, cercherò di fare
del mio meglio per correggere i typo ed errori banali
dati dalla fretta di dover scrivere a razzo e pubblicare subito in giornata.
Questo è stato il mio
primo anno di Writober, e sinceramente non so se sarò mai in grado di partecipare
ad altre challenge personali di questo genere. XD Però
sono felice di aver portato almeno a termine questo, ahahah.
Non vi trattengo
oltre e vi lascio alla lettura di questa OS finale, spero sia di vostro
gradimento.
Jason.
Lo so che il corretto
ordine delle parole nel titolo dovrebbe essere: Tints,
Tones & Shades (mancano
anche altre diciture legate a questo mondo), ma ho arbitrariamente deciso di
assegnare alle parole questo ordine per una pura questione di piacevolezza di
pronuncia consequenziale delle parole. Spero capirete, grazie.
𝘘𝘶𝘦𝘴𝘵𝘢 𝘴𝘵𝘰𝘳𝘪𝘢 𝘱𝘢𝘳𝘵𝘦𝘤𝘪𝘱𝘢 𝘢𝘭 𝘞𝘳𝘪𝘵𝘰𝘣𝘦𝘳 𝘥𝘪 𝘍𝘢𝘯𝘸𝘳𝘪𝘵𝘦𝘳.𝘪𝘵
Prompt giorno 31:
tomba
[Canon Divergence]
TEMPI DI TERRORE
1695 parole
Quella Guerra lampo era giunta al termine.
La fate di Alfea avevano vinto, sconfitto Sebastian e
la sua armata di Streghe del Sangue, ma a quale costo?
Alfea distrutta, fate, specialisti e civili innocenti
avevano perso la vita in un battito di ciglia, senza che si rendessero davvero
conto di quello che stava accadendo loro e intorno a loro.
Persino Beatrix si era sacrificata per la causa, tutto
per porre rimedio alla testardaggine di Bloom e la sua volontà di arrendersi,
smettere di lottare, e dare a Sebastian esattamente quello che voleva: la sua
Fiamma del Drago. Non le era interessato sapere come l’avrebbe usata, in quel
momento le interessava soltanto riavere il corpo di Sky—vivo o morto, ma quantomeno
integro.
Poi le sue amiche erano intervenute… l’avevano
riportata con i piedi per terra e, tutte insieme, erano riuscite a surclassare
i poteri rubati da Sebastian alle altre fate.
Una vittoria di Pirro, in realtà, e parte della colpa
era sua—se doveva essere totalmente onesta. Eppure, rispetto al resto dei
traditori e criminali di Guerra venuti allo scoperto durante quei giorni di
battaglia, Bloom ne era uscita pressocchè illesa e senza macchia; tutto per via
dei suoi sedici anni e perché era la custode della Fiamma del Drago. Tutti
quanti non facevano altro che ripeterle che anche lei era stata una vittima, e
che essere sopravvissuta non la rendeva meno idonea a provare rabbia e dolore
per quello che era accaduto, ma Bloom non riusciva a piangersi addosso. Avrebbe
voluto darsi fuoco piuttosto, ma, com’era ovvio, quel metodo non poteva
funzionare su di lei.
Raccogliere i cocci della lotta, i rimasugli di civiltà
sparsi per quell’angolo della Dimensione Magica l’avevano aiutata in parte a lenire
alcune ferite fresche. Sapere che Sky era sano e salvo, grazie a Grey, una
Strega del Sangue, come Sebastian, sì, ma che si era pentito delle sue azioni e
che aveva deciso arbitrariamente all’ultimo di aiutare lei e il resto delle
fate, e di rianimare Sky.
Bloom si sentiva particolarmente in colpa con lui, per
quello che gli era successo solo perché il suo fidanzato. Pur essendo uno
Specialista addestrato, aveva passato più guai per via del suo legame con Bloom
che per tutto il resto che era accaduto e continuava ad accadere nella Dimensione
Magica ogni giorno. Tornare nel regno dei vivi, dopo che era stato appeso al
filo della morte, doveva essere stata un’esperienza traumatizzante contro ogni
dire; non la sorprendeva che Sky non fosse riuscito a parlarne, aprirsi sui
suoi sentimenti al riguardo, nemmeno con Bloom—che tecnicamente era la sua
ragazza. E, com’era ovvio che accadesse, dopo pochi giorni si erano lasciati…
era inutile continuare a incollare pezzi di un puzzle appartenente a due
immagini diverse. Se c’era una cosa che Bloom odiava mostrare, era la sua
disperazione. C’era sempre qualcuno che se ne approfittava, e lei era stanca di
sentirsi la pedina del prossimo individuo che provava a inserirsi nella sua
vita per trarne vantaggi.
Quei giorni erano finiti. Doveva smetterla di cercare
approvazione da chiunque, di pendere dalle labbra della prima persona che le sembrava
poter svolgere la veci della figura genitoriale, della guida alla vita che non
aveva mai davvero avuto.
Guardava la tomba in granito in cui riposava il corpo
di Sebastian, o meglio: i brandelli che erano riusciti a recuperare, e si
chiedeva se, in circostanze diverse, il loro rapporto sarebbe potuto fondarsi su
una sincera ammirazione e affetto. I momenti passati con lui, nel suo negozio,
o semplicemente a scambiarsi messaggi e meme, le erano sempre sembrati così
autentici… mai si sarebbe aspettata che, di tutte le persone, proprio Sebastian
l’avrebbe pugnalata alle spalle, tradito la sua fiducia, procurandole una
ferita così profonda e sporca di detriti, tanto da farle dubitare di ogni
interazione sociale presente e futura.
«Mi hai rovinata, Sebastian, te ne rendi conto?»
sussurrò rivolta alla tomba incastonata nel terreno argilloso. Sapeva che non
poteva risponderle, ma la rabbia rimaneva e non aveva altro modo di sfogarla se
non dirigerla al diretto colpevole di tale ingiurioso inganno.
Nonostante il male che le aveva procurato, a lei come
ad altre persone che si erano fidati di lui da ben più anni, Bloom ebbe il buon
cuore di posare una rosa rossa sulla superficie grigia e ruvida, carezzandola
con la sua mano—come era solita fare alla schiena di Sebastian quando si lamentava
di quanto gli facesse male. Bloom attaccava con il definirlo “troppo vecchio”,
nonostante i suoi venticinque anni, e, di rimando, Sebastian si limitava a
sorriderle divertito—o almeno, a lei era sembrato divertito—e a scompigliarle i
capelli ramati per ripicca. E Bloom poteva solo che ridere in quei momenti, non
davvero infastidita dal gesto confidenziale. Dopo ciò che era accaduto, dopo
che i veri piani di Sebastian erano venuti allo scoperto, Bloom si era chiesto se
le avesse mentito anche in quei frangenti di quotidianità, se quei teneri
scambi tra di loro altro non fossero stati parte di un piano per conquistare la
sua fiducia e ingannarla a tempo debito. Era sembrato così sicuro che Bloom
avrebbe abbandonato le sue amiche, la sua nuova vita, per seguire lui nei suoi
piani di vendetta… Certo, Bloom aveva così perso la possibilità di scoprire il
resto della sua storia, delle sue vere origini, ma quello che le aveva chiesto
si era infine rivelato più irrealizzabile del previsto. E, come se non bastasse,
ci aveva rimesso la sua stessa vita.
Il solo pensiero di andare in città e non poter più
passare a salutarlo nel suo negozio, di non poter farsi offrire la colazione o
il pranzo o la cena o qualsiasi altra cosa Sebastian fosse stato disposto a
offrirle, chiudeva lo stomaco di Bloom in una morsa. Il suo cuore sembrava voler
uscire dal petto e versare lacrime di sangue sulla tomba solitaria di
Sebastian.
Non potendo strapparsi letteralmente il cuore dal
petto, delle lacrime decisero di scendere lungo le guance arrossate di Bloom,
finendo assorbite dalla porosità del granito.
Rimase seduta nella stessa posizione, accanto a
Sebastian, per quelle che parvero intere ore; il tramonto era ormai giunto ed
era tempo per lei di rientrare nel perimetro scolastico. Ne combinava già tante
giornalmente, non aveva bisogno dell’ennesima ramanzina in merito a non aver
rispettato il coprifuoco imposto dalla scuola di Alfa e il suo nuovo preside:
un uomo sulla trentina incredibilmente somigliante, per certi versi, a
Sebastian, ma probabilmente era solo la sua mente offuscata dal lutto a
parlare.
Il loro aspetto fisico era agli opposti: Sebastian
aveva occhi e capelli scuri, la pelle di un freddo biancore, era alto e il suo
petto ampio era solito occupare il campo visivo di Bloom ogni qualvolta gli si
avvicinava. La voce calda e roca aveva sempre avuto il potere di riscaldarla da
dentro, cullarla in un abbraccio di conforto. Era un tipo alla mano, simpatico,
che sapeva immediatamente metterti a tuo agio. Tuttavia, probabilmente anche
quei lati di lui erano stati tutti una farsa atta a farsi considerare innocuo e
insospettabile.
Il nuovo preside, al contrario, era un uomo dall’aria austera
e il suo modo di vestire, elegante come pochi, si rifletteva effettivamente nella
maniera che aveva di trattare gli altri: con sufficienza e sdegno, come se il solo
rivolgergli la parola fosse uno spreco del suo tempo. Era inquitante, e persino
Bloom non era mai riuscita a rimanere da sola in una stanza con lui. Se doveva
parlargli, faceva sì che almeno un’altra delle sue amiche fosse lì accanto a
lei. Anche lui era alto, ma i suoi capelli erano di un biondo chiarissimo e i
suoi occhi azzurri sembravano penetrarti l’anima e scrutarti nel profondo, fino
a trovare il tuo tallone di Achille. Non era né una fata da una strega, ma si
diceva che a suo tempo fosse stato un grande Specialista, che avesse
addirittura servito la precedente Regina di Solaria. Nessuno sembrava ricordare
altro di lui, ma il suo nome e le sue geste erano ingranate nella memoria
collettiva.
Bloom preferiva stargli alla larga e cercare, per
quanto possibile, di rigare dritto, smetterla di comportarsi da irresponsabile.
Sarebbe stato meglio per tutti quanti, prima di tutto per se stessa e il suo
autocontrollo. Aveva ancora molto da processare e affrontare, emotivamente
parlando.
Si alzò dalla tomba e si diresse verso la barriera di
Alfea, pronta a esibire il suo incantesimo lasciapassare su carta che le
avrebbe permesso di rientrare senza problemi.
Sentì il suono sordo di un qualcosa che si rompe alle
sue spalle. Si girò di scatto, immaginando già il peggio: un altro attacco da
una nuova e inquitante creatura che avrebbe provato ad ammazzarla. Ma niente,
dietro di lei non c’era assolutamente nessuno. Non poteva essere stato il
vento, quella giornata era insolitamente quieta, seppur uggiosa. Non sentiva
neanche gli scoiattoli scorrazzare in giro tra gli alberi sopra la sua testa.
Provò a tornare indietro su i suoi passi, e quello che
videro i suoi occhi ebbe il potere di trasformare le sue ginocchia in gelatina.
Il cuore le pompava così forte che lo sentiva arrivare in gola, le orecchie
presero a fischiare, captando ora qualsiasi suono intorno a lei, amplificato
dallo stato di allerta.
Doveva calmarsi, non significava niente, era solo una
coincidenza…
Continuare a ripetersi quel mantra in testa sembrava
aver funzionato a calmarla, almeno momentaneamente. Ritornò nei pressi della
barriera magica e l’attraverso correndo, frettolosa di tornare dalle sue amiche
e confrontarsi con loro su quello che aveva visto. Di sicuro le avrebbero detto
che era la sua suscettibilità a starle dando strani pensieri. Sì, era sicuramente
ciò che le avrebbero detto e, in fondo, voleva convincersi a tutti i costi che
si trattava proprio di quello: suscettibilità. Era ancora troppo presto perché lei
riuscisse a supere quello che era accaduto. Il suo mondo, tutte le sicurezze
che pensava di aver acquisito, le erano crollate addosso come una montagna, non
avrebbe dovuto sorprenderla che, per compensare, aveva cominciato a vedere fantasmi
e complotti ovunque.
Il fatto che quella crepa, prima non presente, fosse comparsa
improvvisamente sulla tomba immacolata di Sebastian, non significava niente.
Non doveva significare niente, assolutamente niente.
I tempi di terrore di Sebastian erano finiti. Dovevano esserlo, giusto?