Dopo un intenso
allenamento in campo, il rumore delle scarpe che strisciavano sul pavimento si
attenuò, e un leggero odore di erba e sudore riempì l'aria dello spogliatoio. I
ragazzi, stanchi ma soddisfatti, entrarono uno dopo l'altro nella stanza, con ancora
addosso gli indumenti sportivi e gli scarpini coperti di fango. Lo spogliatoio
era una stanza spaziosa con pareti di mattoni interrotti soltanto da lunghe
file di armadietti metallici con porte sgangherate e numeri sbiaditi, sui quali
i ragazzi appendevano le maglie sudate e i calzoncini, illuminato da fioche
luci fluo che creavano un'atmosfera intima.
L'aria era densa e
calda, impregnata di umidità, puzzo di sudore, mischiato al deodorante e
bagnoschiuma di chi li aveva preceduti nella doccia. Le panche sovraccariche di
zaini e sacche sportive, erano disseminati nella stanza mentre un paio di
scarpe abbandonate sul pavimento aggiungevano un disordine visivo a tutto ciò
che li circondava.
Stavolta il mister li
aveva davvero stroncati.
Avevano varcato la
soglia della porta dello spogliatoio con la testa bassa, il fiato corto e la
stanchezza che gli era calata addosso tutta insieme.
“Io domani salto”
aveva dichiarato Ryo lasciandosi cadere sulla panca e iniziando a slacciare gli
scarpini, lanciandoli in tutto quel casino.
“Tanto, che tu sia in
campo oppure no, fa poca differenza” Wakabayashi togliendo i guanti aveva
continuato a infierire come successo pochi minuti prima in campo.
“Genzo, è tutto il
giorno che gli stai addosso, non ho più voglia di sentire le vostre lamentele.”
“Cos’è Taro? Quando
manca Ozora fai le sue veci?” il sorriso sardonico con cui il portiere si era
rivolto al compagno di squadra preannunciava solo polemica, e Misaki non ne
aveva voglia.
“Per carità, sono così
distrutto che per me puoi fare tutto il sarcasmo di questo mondo, io vado sotto
la doccia e poi a casa.”
“Ehi, ragazzi guardate
cosa ho trovato nell’ufficio del mister?”
Mamoru era entrato
nello spogliatoio di corsa e tirando fuori una bottiglia da sotto la maglia
sudata, aveva sollevato le sopracciglia con fare complice verso il resto della
squadra.
“Portala dove l’hai
trovata, subito!” con braccio teso verso la porta, Yuzo era immediatamente
intervenuto per sedare l’amico. Lo conosceva fin troppo bene per non sapere che
quella bottiglia dal colore indefinito, ma più che altro dalla gradazione
indefinita, avrebbe portato a una marea di guai.
Lo sapeva ma… da
troppi mesi a questa parte, quando Izawa lo guardava, lui non sapeva dirgli di
no.
“Dai portiere, un
goccio soltanto per superare le fatiche fatte.” Lo sguardo vivido e pungente lo
aveva penetrato, come al solito, facendolo sudare ancora di più. E lo faceva grondare
più del mister, quello era il vero problema, ogni volta che lo guardava si
sentiva esplodere il petto incapace di controllare il cuore per svariati
minuti.
“Mi arrendo.” Morisaki
aveva raggiunto la sua borsa e praticamente ci era scomparso dentro tuffandoci
la testa per mascherare… qualcosa, ancora cosa non lo sapeva, ma stare nascosto
lo aiutava. Ecco! Dopotutto a quindici anni erano ancora nel pieno
dell’adolescenza e di pensieri confusi ne aveva fin troppi in testa.
“Mamoru hai sempre
delle splendide idee, sappilo!” Ishizaki alzandosi aveva raggiunto il compagno
e, dopo avergli tolto la bottiglia di mano, si era scolato una sorsata di
liquido biancastro. Sakè: il mister si trattava bene!
“Ehi, vacci piano,
altrimenti non ne resterà per tutti.” Ripreso possesso dell’oggetto aveva
bevuto un sorso e poi battendo nel fianco del compagno lo aveva invitato a bere.
Yuzo aveva scosso la
testa ammonendolo: “Ma scordatelo proprio Mamoru, io nei vostri casini non
voglio entrarci.”
“Da qua.” I gemelli
Tachibana, intromettendosi tra i due amici, avevano preso la bottiglia e
scolato a turno un sorso. Dopo avevano allungato il braccio per passare il
testimone a chi gli stava vicino. Così Taki e Kisugi non si erano sottratti alla bevuta, mentre il trio
della Toho si era ritirato dopo la doccia scuotendo la testa.
Difficilmente si amalgamavano agli altri.
“Tu che fai, non vieni via?” Kojiro rivolto a Genzo si stava
informando sulle sue intenzioni.
“E perdermi il dopo? Voglio vedere questi coglioni fin dove
vogliono arrivare.” Aveva bisbigliato al compagno mentre usciva dalla porta
dello spogliatoio continuando a borbottare infastidito dalla situazione.
Era così che dopo dieci minuti e due bottiglie vuote si erano
trovai in cerchio a fare un gioco imbecille.
Nessuno aveva capito esattamente da dove Ryo avesse pescato
la seconda dose di alcol, ma in quel frangente non era importato. Il primo
portiere continuava a guardarli, dallo stipite della porta, incredulo su quanti
ragazzi alla fine avessero ceduto. Incredibilmente anche Yuzo.
Scosse la testa
esterrefatto dal comportamento di tutti. Forse davvero stavolta l’allenatore
aveva esagerato, in quella stanza c’era troppo acido lattico e di sicuro gli
stava dando alla testa. A tutti!
Sollevò un
sopracciglio quando vide che anche Jun aveva inserito un bigliettino nella
scatola che Mamoru aveva pescato non si sapeva dove.
Il gioco era semplice,
ognuno di loro avrebbe scritto un biglietto a testa, con una confessione
inconfessabile, poi avrebbero mescolato i biglietti e a turno avrebbero letto
il messaggio contenuto all’interno. E Wakabayashi non si sarebbe perso neppure
uno di quei bigliettini a costo di chiudere lo spogliatoio a chiave qualora
fosse arrivato il custode. Unico testimone sobrio, di quella stanza, era sicuro
che ne avrebbe riso per gli anni avvenire. E ce li avrebbe ricattati, questo
era certo.
“Bene… Abbiamo scritto
tutti?” Ryo si alzò per far sì che i compagni gettassero i biglietti dentro il
cartone.
“Però non va bene che
Genzo non giochi.” Yuzo con le guance accaldate aveva guardato il suo maestro
contrariato.
“Morisaki e se viene
qualcuno? Chi ci parla che voi siete alticci?” aveva sempre una scusa pronta
quello lì! pensò sbuffando arreso.
“Dai siediti” Mamoru
lo aveva afferrato per la maglia e tirato giù. Vittima anche della gradazione alcolica
aveva ceduto in tempo zero cadendo di culo e scatenando l’ilarità del gruppo.
Massaggiando una
natica Yuzo aveva bofonchiato qualcosa e dopo le risa si erano confuse con
quelle degli amici.
Genzo dalla sua
posizione di privilegio continuava a scuotere la testa divertito.
Lo faceva ridere
Misaki che si preoccupava di mescolare bene i biglietti e che cercava di dare
una regola a un gioco che non ce l’aveva. La realtà era che Taro arzillo non lo
aveva mai visto. Prese così il cellulare e iniziò a fare il video.
Oh, non si sarebbe perso proprio nulla di quella bravata.
“Bene e ora iniziamo”.
Ryo dopo aver scosso la scatola ne aveva estratto un biglietto tutto
accartocciato.
Tra i presenti calò un
silenzio improvviso dovuto all’imbarazzo del primo turno di gioco.
“Allora vediamo…-
cincischiò- Confesso di aver baciato Sanae Nakazawa.”
Taro era scattato in
piedi mentre il viso aveva perso il colore naturale.
“Ma che cazzo ragazzi!
Quello che verrà letto in questa stanza muore qua, chiaro? Se lo sa Ozora muore
prima di tornare dal Brasile.”
Genzo aveva
strabuzzato gli occhi e spento subito il cellulare cancellando il video. Non
era certo sua intenzione minare la tranquillità della nazionale di calcio.
Perché quella notizia era certo che l’avrebbe minata eccome.
Mamoru si era alzato
seguendo il compagno. “Direi che a questo punto dobbiamo fare una sorta di
giuramento, come in quel film… dai Yuzo, quello che abbiamo visto poche sere
fa, aiutami cavolo!”
Morisaki aveva roteato
gli occhi sollevandoli al cielo sbuffando: “Il miglio verde Mamoru… recitava
così: Quello che succede nel miglio, rimane nel miglio. Da sempre.”
“Ecco, giusto. Chiaro
per tutti?”
Avevano annuito
all’unisono.
“Giurate!” li aveva
incitati guardandoli a uno a uno, primo portiere compreso.
“Giuriamo.” Avevano
risposto in coro e dopo si erano voltati a guardare chi potesse essere l’autore
di tale affronto. Ma nessuna faccia faceva trasparire alcunché.
“Se avesse partecipato
Genzo avremmo dato la colpa a lui” Ryo era intervenuto a sproposito scatenando
l’ilarità generale.
“Ormai la fama mi
precede, Ishizaki” aveva risposto a tono calando il cappellino sul volto.
Non aveva baciato
Sanae ma a breve sarebbe dovuto uscire da quello spogliatoio per raggiungere
Kumi e accompagnarla a casa. Nessuno lo sapeva, per ora, e a lui piaceva che
credessero altro, così era libero di muoversi indisturbato.
“Beh, alla fine quello
è andato in Brasile mica può fare la suora a vita…” Taki aveva tagliato corto e,
afferrato la scatola dalle mani di Ryo, ne aveva estratto un altro biglietto,
mentre gli altri annuivano convinti dal discorso fatto dall’amico.
“Confesso di aver
fumato della marijuana due sere fa.” Recitò.
Il gruppo esplose in
una risata unanime.
“Ecco, ora si spiega
perché Ryo fa schifo quando gioca!” Genzo da dietro le righe aveva continuato a
infierire verso il compagno. Per tutta risposta l’altro gli tirò un asciugamano
bagnato che stoppò prontamente con una sola mano. “Pivello” aveva risposto
mentre gli indicava il dito medio.
Fu Taro a togliere la
scatola delle confessioni dalle mani di Taki ed estrarre un biglietto.
“Bene… Confesso di
essere omosessuale” Taro restò con il biglietto in mano scrutando lo sguardo
dei compagni, mai avrebbe pensato di avere un alleato all’interno. Come mai
avrebbe confessato i suoi sentimenti per Ozora.
Ozora che in Brasile pensava a Sanae e lei che in patria si sollazzava con
qualcun altro. Bella situazione! pensò.
“Ah vabbè, a me
piacciono entrambe che problema vuoi che ci sia. Vieni, passa la scatola!”
Izawa aveva risolto così la questione facendo spalluccia. Lui tutti questi
problemi non se li stava facendo, per questo voleva rendere la cosa il più
naturale possibile. I compagni lo sapevano e non gli avevano creato alcun
problema. Non voleva assolutamente che lo diventasse, perché lui, lo
aveva capito che qualcun altro invece era molto molto confuso.
“Confesso di essere
innamorato di un mio compagno di nazionale!” Mamoru lo aveva letto con una luce
diversa negli occhi, perché lui quella grafia la conosceva già. La conosceva
molto bene in realtà ed erano mesi che aveva intuito qualcosa. Si sentì
osservato, ma al tempo stesso non volle ricambiare quello sguardo perché sapeva
di metterlo in difficoltà, così passò la palla a uno dei gemelli, li guardò per
un attimo convenendo che non aveva assolutamente idea chi dei due fosse… ma
tanto era uguale. Sghignazzò da solo al pensiero.
“Vabbè cos’è? Siamo nella
nuova succursale del gay pride?” Wakabayashi aveva così esordito scatenando l’allegria
di tutti e alleggerendo la situazione che iniziava a farsi pesante.
“Sarebbe però bello
saperlo, no? Magari è lo stesso che ha confessato di essere omosessuale. Così
farebbero coppia.” I pensieri profondi di Kisugi non arrivarono ad altre
meningi, troppo alticci per discorsi di tale calibro.
“Dai, la prossima
volta facciamo il gioco delle coppie che mi sembra più appropriato a questo
punto.” Ryo tornato in possesso della scatola magica ci tuffò ancora la mano.
Stava per estrarre un
altro bigliettino quando dal corridoio sentirono tuonare il mister: “IZAWA!” lo
aveva urlato talmente forte che ebbero l’impressione che i vetri e le porte
avessero tremato. O forse era solo l’alcol ad accentuare i rumori, non
restarono certo lì a chiederselo.
“Cazzo!” esclamò il
primo colpevole iniziando a girare in tondo come un idiota.
Nello spogliatoio fu
un fuggifuggi generale dall’uscita secondaria, Yuzo in un momento di lucidità
si tolse la maglia, i pantaloncini e spinse Mamoru dentro una doccia aprendo
l’acqua.
“Sta lì e sta zitto,
capito?” Morisaki determinato gli fece il classico cenno del dito sul naso. Lui
annuì in silenzio senza protestare.
Pochi istanti dopo la
porta venne spalancata con uno schianto nella parete retrostante e mister Gamo
fece il suo ingresso facendo riscuotere Yuzo.
“Morisaki dove sono
tutti?” tuonò aspettando una risposta.
“Mister non lo so,
sono rimasto l’ultimo a fare la doccia, mi sono attardato per una sessione
extra di allenamento.” Mentire, mentire, mentire. Non lo aveva mai fatto ma
ora? Per Mamoru avrebbe fatto questo e altro. Lo aveva già detto che non sapeva
dirgli di no, neppure se non gli chiedeva niente in realtà.
“Se vedi Izawa digli
che lo attendo nel mio ufficio.”
“Sarà fatto mister!”
E come era entrato se
n’era andato sbattendo la porta e facendolo sobbalzare.
Yuzo rilassò le spalle
tutte in un colpo poggiando le mani sulle ginocchia esausto.
Mentire era stato
peggio dell’allenamento.
“Grazie” sentì
bisbigliare alle spalle.
“Sei un coglione Mamoru,
fattelo dire. Te lo avevo detto che avresti passato dei guai.” Girandosi se lo
era ritrovato davanti, vicino. Un po’ troppo vicino, così arretrò di un passo
per non farsi cogliere in fallo.
Ma dallo sguardo che
aveva il difensore si rese conto che qualcosa era cambiato.
“Non voglio girarci
troppo intorno, sarò chiaro Yuzo.”
E non seppe perché ma
deglutì a vuoto per qualche secondo senza riuscire a parlare.
“Ho riconosciuto la
tua grafia” Mamoru aveva sorriso dolcemente e poi si era avvicinato di quel passo
che lui aveva aggiunto pochi istanti prima. Izawa stava giocando sporco, la
frase sul biglietto non era specifica, ma lui… lui era certo che non stava
sbagliando.
Yuzo nel frattempo era
rimasto annichilito. Muto e immobile, tutto nello stesso corpo, incapace di
muovere anche solo un capello.
Era arrossito? Oh, se era arrossito, si sentiva più sul paonazzo a dire il
vero.
Il cuore disperso chissà dove.
“Vuoi sapere cosa
avevo scritto io sul mio biglietto prima che arrivasse il mister?”
Aveva annuito inabile al
rispondere. La salivazione? Dispersa forse con il cuore.
“Io confesso di amare
Morisaki,” poi Izawa si era avvicinato e afferrandolo per la nuca lo aveva
baciato.
Un primo bacio al retrogusto di sakè, ma era certo che sarebbe stato uno dei tanti.
“Ora mi spieghi come
diavolo ci siamo finiti nello sgabuzzino delle scope.” Matsuyama con le braccia
incrociate sul petto batteva lo scarpino a terra con crescente nervosismo.
Jun dallo spiraglio
della porta controllava che il mister se ne andasse.
“Forse per sfuggire
all’ira di Gamo? Sta fermo, vuoi farci trovare?” Misugi lo aveva detto a voce
talmente bassa che quasi non era riuscito a sentirlo.
“Tanto cercava quel
cretino di Izawa, alla fine aveva ragione Yuzo.” Ribatté il centrocampista.
“Hikaru, ma che
diavolo ti prende?”
“Da quello stupido
gioco sono venute fuori cose assurde, hai sentito di Sanae?”
“Ma dai, piantala,
magari uno di noi ha fatto solo uno scherzo, no?”
“Beh, se lo avessero
detto di Yayoi non ti sarebbero girate le scatole?”
“Io e lei non stiamo
più insieme.”
Tra i due ci fu un
attimo di silenzio e Jun lasciò che lo spiraglio della porta li chiudesse fuori
dal mondo esterno.
“Scusami, non lo
sapevo.”
“Nessuno lo sa ancora
ma… Senti, devo dirti una cosa.” Biascicò con la bocca ancora impastata
dall’alcol. Quella sera era davvero su di giri e quel gioco innocente si era
rivelato più impegnativo di quanto pensasse.
“Ti ascolto.” Arrivati
a quel punto Matsuyama non sapeva più davvero che fare anche perché quei
bigliettini, anche se il suo non era stato letto, gli avevano fornito una
piccola speranza; per non parlare ora della confessione fattagli da Jun.
“Il bigliettino
scritto sull’omosessualità… -Jun si guardò i piedi diverse volte prima di
sollevare lo sguardo- l’ho scritto io.” Soffiò tutto in un fiato tornando a
guardare gli scarpini.
“Ehi, se credi che
questo sia un problema per la squadra, non credo proprio che lo sia.” Matsuyama
aveva cercato le parole giuste per mettere il compagno a suo agio posandogli
una mano sulla spalla in segno di sostegno.
“Non pensavo alla
squadra, so che non hanno problemi, ricordo quando Mamoru ci disse che sarebbe
uscito con quel tipo e nessuno ha battuto ciglio. Ci conosciamo da una vita e
tra di noi c’è sempre stato un profondo rispetto.”
“E allora dov’è il
problema?” Lo incalzò il compagno.
“Temo che non sarò mai
ricambiato.”
“E come fai a dirlo?”
“Lui è etero.”
“Beh, anche tu lo eri,
quindi ti arrendi così? Non è da te Misugi.” Lo bacchettò cercando al tempo
stesso di spronarlo.
Jun lo guardò negli
occhi confuso poi gli frullò in mente una domanda assurda ma a quel punto
necessaria.
“Hikaru, te cosa avevi
scritto nel biglietto?”
Matsuyama sorrise
arreso: “Ho scritto: Confesso che, finalmente, sono single.”
“Cioè vuoi dirmi che
anche tu hai lasciato Yoshiko?” Jun credette di avere un nuovo mancamento al
suo povero cuore mezzo malandato. Una fiammella di speranza era tornata ad
ardere prepotentemente.
“Già”
“E per quale motivo se
posso?” Misugi comunque cercava di informarsi mantenendo comunque un minimo di
rispetto verso un argomento che sembrava ancora caldo e delicato al tempo
stesso.
“Perché avrei potuto
scrivere il biglietto che ha letto Izawa.” Era stato volutamente vago perché
voleva carpire la reazione del compagno di squadra. Il suo dichiararsi
omosessuale non voleva certo dire che l’interessato fosse lui… anche se ci
sperava.
“Aspetta, che cosa
aveva letto Izawa? Quello di Sanae era stato il primo… -contava con le dita
mentre l’altro se la rideva, l’effetto alcolico non era ancora svanito del
tutto- poi l’erba, l’omosessualità e poi… innamorato del compagno di
nazionale.” Jun sgranò gli occhi incredulo.
“Ora non resta che
scoprire se davvero si può giocare al gioco delle coppie come ha ipotizzato
Ryo.”
“Per me possiamo
iniziare anche subito se la fantasia del tuo biglietto sono io.”
“Sì, lo sei!” confessò
afferrandogli la nuca e baciandolo con impeto.
Genzo era arrivato
quasi correndo nel punto dove si erano dati appuntamento con Kumi, e non perché
fosse in ritardo, anzi era in anticipo, ma la voce tonante di Gamo l’aveva
fatto fuggire senza pensarci due volte. Sapeva che doveva attendere ancora
qualche minuto prima che la ragazza spuntasse dalla porta secondaria del centro
sportivo.
Si dette così una
sistemata e appoggiandosi al muro attese che uscisse. Non era riuscito a fare
neppure la doccia e aveva abbandonato il borsone al suo destino dentro gli spogliatoi.
Col cavolo che ci sarebbe tornato! Non voleva mica prendere una ramanzina al
posto di quel deficiente di Izawa.
Era stato per caso che
circa una quindicina di giorni prima avevano preso l’abitudine di fare la
strada di casa insieme. La Sugimoto era stata una gradevole sorpresa
inaspettata. Tutti sapevano che si era dichiarata a Tsubasa, ma che lui l’aveva
respinta confessando l’amore per Sanae.
Sanae che aveva
baciato un altro, quella si che era una notizia piccante. Sghignazzò
sovrappensiero.
“Sei felice stasera?”
era spuntata all’improvviso silenziosa come al solito.
“Ciao, ripensavo a
quanto accaduto negli spogliatoi. Vieni lascia che ti aiuti” Genzo aveva
allungato le mani e come ogni sera le aveva tolto il peso dello zaino.
“Grazie, che cosa è
accaduto? Non hai fatto neppure la doccia?” Dopo qualche giorno era diventato
normale darsi del tu. E Kumi era brava in questo, allegra e solare come al
solito era passata a una confidenza quasi istantanea. Per Ozora c’era rimasta
male, ma era perfettamente consapevole che la Nakazawa e il capitano fossero
destinati a stare insieme, senza considerare che da qualche giorno quel burbero
di Wakabayashi l’accompagnava a casa praticamente ogni sera. A breve sarebbe
però tornato in Germania e questo la rattristava un po’.
“Già, i ragazzi hanno
trovato un paio di bottiglie di sakè e ti lasco immaginare che cosa possono
aver combinato.”
La ragazza al suo
fianco sghignazzò divertita.
“Oddio: avrei voluto
esserci!”
“Oh, fidati, era uno
spettacolo indecente, non avresti voluto.”
“Ah, sei sempre il
solito esagerato Wakabayashi.” Rispose allungando il passo per affiancarlo.
Quel rientro la sera era diventato molto piacevole.
“Sai pensavo…” il
portiere scalciò un sassetto con la punta della scarpa. Kumi lo sbirciò di traverso,
gli sembrava… imbarazzato. Possibile che Genzo fosse in difficoltà? Non lo
aveva mai visto così.
“Pensavi?” ripeté per
invogliarlo.
“Hanno aperto una
nuova gelateria, che ne dici se più tardi ci facciamo un salto?”
Glielo aveva detto
tutto in un fiato evitando di guardarla.
“Adoro il gelato,
quindi va bene. Però…” lasciò volutamente in sospeso la frase per vedere la sua
reazione.
Il portiere arrestò il
passo seguito da Kumi al suo fianco.
“Però?” chiese
sospettoso, guardandola di sbieco.
“Dovrai raccontarmi
cosa è accaduto negli spogliatoi perché sono troppo curiosa ho sentito Gamo che
sbraitava il nome di Izawa e io voglio assolutamente sapere cosa ha combinato
per far fuggire tutti in quel modo e tu che neppure hai fatto la doccia.”
Specificò lasciandolo di stucco.
“Siamo curiose
signorina Sugimoto eh?” Genzo snudò leggermente i denti candidi dopo aver
increspato le labbra solo da un lato.
Se solo avesse saputo
quanto il suo cuore stava ballando la samba in quel momento.
O forse lo sapeva e se
ne stava spudoratamente approfittando.
Presa dall’entusiasmo
e da un briciolo di coraggio approfondì la confidenza afferrandolo per un
braccio e, appoggiandosi a questo, si avvicinò al suo orecchio bisbigliando.
“Solo le cose meno
truci… ti prego.” Pigolò peggio di un pulcino affamato.
Il contatto
inaspettato lo fece sospirare arreso, se non avesse giurato avrebbe già
spifferato a Kumi l’inverosimile. La vicinanza gli annebbiava la mente. Cosa
gli impediva di fare il passo successivo e baciarla ancora non lo capiva. O
meglio, di domande se n’era fatte anche troppe.
Primo… che fosse più piccola di un paio di anni, e vista l’età: contava eccome!
Secondo… che lui a
breve sarebbe partito per la Germania e trovava tremendamente ingiusto tenerla
in stallo così. Insomma bastava guardare Sanae e Tsubasa per vedere come lei
stesse soffrendo.
Anche se la storia di quel bacio fosse stata vera… non poteva biasimarla.
E allora perché gli
aveva proposto il gelato e continuava ad accompagnarla a casa da più di
quindici giorni? Perché era un coglione, ecco cos’era! E si era anche accorto
che era molto difficile far comandare la ragione sul cuore.
“Mh… abbiamo giurato
di non rivelare mai niente a nessuno,” chiosò stringendo il braccio per
impedire che si allontanasse.
“Uff, questo
cameratismo maschile è davvero odioso.” L’altra mano raggiunse quella stretta
al suo braccio chiudendo il cerchio e avvolgendo l’arto di Genzo in una specie
di abbraccio.
“Non credo che voi
ragazze siate da meno.” La pungolò per vedere la reazione… che non tardò ad
arrivare.
“In che senso?” Kumi
aveva arrestato l’andatura bloccandosi in mezzo alla strada.
“Io non ci credo che
anche voi non abbiate dei segreti o dei pettegolezzi interessanti. Quindi… se
tu mi confidi un pettegolezzo femminile io te ne dirò uno maschile, mi sembra
un patto equo.”
“Non ti facevo così
pettegolo portiere!” scherzò riprendendo a camminare come se nulla fosse
accaduto.
Genzo snudò ancora i
denti mandandola in fibrillazione.
“Quindi?” insistette
perché adorava la sua allegria e il sentirla parlare di qualsiasi cosa. Era
così frizzante.
“Devo confessare che
anche noi abbiamo un cameratismo femminile alla fine.”
“Allora stasera al
gelato parleremo di altro, così non rischiamo di svelare segreti inconfessabili.
Siamo arrivati.”
“Grazie ci vediamo
dopo allora, ok?” Kumi si sollevò sulle punte e sfiorò con le labbra quella
pelle liscia delle guance ancora prive di barba, forse ancora per poco.
Stavano crescendo così in fretta.
“A dopo.” Bisbigliò
ancora stordito dal fugace contatto. Neppure si era ben reso conto di cosa fosse
accaduto, era successo tutto così in fretta, che la vide scomparire dietro il
cancelletto dell’abitazione mentre lo salutava con un gesto della mano. Forse
con le guance leggermente rosate, ma il crepuscolo dell’imminente tramonto non
gli dava la certezza di quello che stava vedendo. O forse era semplicemente
stordito da quanto accaduto, lui avrebbe voluto baciarla e poi alla fine era
stata lei a farlo. Anche se… il bacio che Genzo aveva pensato stava su un altro
livello. Sicuramente quello successivo.
In quello strano
pomeriggio mai si sarebbe immaginato di scoprire così tante cose.
L’adolescenza era
così, potevi alternare giorni tutti uguali a giorni esplosivi in cui il cuore
viaggiava a mille.
E questo era uno dei
giorni in cui l’adrenalina scorreva a fiumi.
Complice un sakè, una
scatola, dei biglietti, degli amici deficienti e perché no… Kumi. Ma su questo
avrebbe riflettuto a tempo debito, intanto ora doveva solo pensare alla serata
e al gelato. Alla Germania avrebbe pensato dopo, magari consigliandosi con lei.
Angoletto dell’autrice
Prima di tutto.
Ringrazio la mamma Mel (Melanto) per avermi prestato i suoi adorati Cherubini (Yuzo e Mamoru).
(Sadica ci manchi nel fandom sappilo!)
E anche Giuky80, la mia betuzza, per l’utilizzo della sua coppia preferita (Jun
e Hikaru).
Come nasce? Allora, Inferno Azzurro è nata senza titolo. Il titolo fu suggerito
nel corso della storia dai vari lettori. A chi avesse trovato il titolo più
carino avevo promesso una shot. Quindi Khrenek ecco quanto promesso 😊. Scusa per il mostruoso ritardo.
Ora…
Parliamone.
Questa shot doveva fermarsi al bacio tra Jun e Hikaru ma poi la mia beta ha
iniziato… eh ma la vuoi troncare così, ma non sta bene ecc… ecc…
E perché io volevo troncarla così secondo voi? Ovviamente perché sapevo che se
avessi proseguito poi andavo a cacciarmi in un ginepraio.
E… signori e signore ecco a voi il ginepraio, ora dovrò fare un long corale.
Tutta colpa della mia betuzza che onestamente vorrei menare, ma abita troppo
lontano (per sua fortuna eh).
Ricordate sempre che proseguire le shot è IL MALE
ASSOLUTO.
Segnare, segnare, segnare a caratteri cubitali.
Ah, e non chiedetemi chi ha baciato Sanae perché
non lo so. Giuro!
Quindi riassumendo, finiamo Vite Parallele, poi ho
pronta un’altra long molto violenta. Dovrebbe intitolarsi Ombre dal passato, ma
la mia beta deve ancora leggere il tutto e dirmi se va bene e tutto fila… e,
dopo la fine della pubblicazione della storia noir, si affronterà questa
benedetta corale che inizierò a scrivere nei prossimi giorni. Insomma un
inverno caldo, ecco.
A presto.
Sanae77