Breve storia editoriale di un manoscritto d'autore
È la prima volta che scrivo su questo fandom, ma
giuro che è per una buona causa: questa storia è il regalo per CatherineC94 nell’ambito
dell’iniziativa Secret Santa indetta sul
forum Ferisce la Penna.
Perciò: a CatherineC94, mia destinataria non più
segreta, con tutti i miei migliori auguri per questo Natale. Spero che questa
sciocchezzuola valga la pena della lettura.
Buona lettura e buon Natale a tutti – soprattutto a
coloro che devono ancora fare qualche regalo!
Breve
storia editoriale di un manoscritto d'autore
«So farewell hope, and with hope
farewell fear,
Farewell remorse: all good to me is lost;
Evil, be thou my good.»
John Milton, Paradise Lost
Non ricorda neppure quando è stato
che gliene ha parlato per la prima volta.
Dev’esser stato verso la fine
dell’Ottocento, pressappoco. Erano a Parigi, forse – no, anzi, sicuramente, ora
che ci ripensa – e per chissà quale motivo Aziraphale era così eccitato per questo nuovo scrittore emergente che ne ha
parlato per ore. Deve averlo anche incontrato una volta, nel salotto di qualche
intellettuale, se Crowley ben ricorda. Crowley si trovava in zona per occuparsi
di certe questioni connesse all’affaire Dreyfus:
forse ne hanno parlato a proposito di quello? Non ne è troppo sicuro, perché la
prima volta non gli ha prestato poi tanta attenzione – a sua discolpa,
Aziraphale ha avuto una tale quantità di scrittori preferiti, nel corso della
storia, che sarebbe stato difficile tener traccia di tutti. La sua ha tutti i
tratti di un’ossessione. Per quanto ne sa, Aziraphale è l’unico al mondo a
sapere come iniziava e come finiva il Satyricon
di Petronio e a esser condannato a non poter mai rivelare come fa a
saperlo.
Di quello scrittore francese Crowley
ha poi sentito parlare piuttosto regolarmente per tutto il cinquantennio
successivo. Doveva essere una sorta di grafomane, visto che Aziraphale si
recava in Francia ogni uno o due anni per acquistare e farsi autografare un
volume fresco di tiratura direttamente a Parigi presso l’editore Gallimard,
perché a quanto pareva quelli che arrivavano a Londra non erano
sufficientemente buoni per lui; a un certo punto Crowley ha perso il conto.
Ogni tanto, quando gli è capitato di dover aspettare Aziraphale all’interno
della libreria, ha provato a sfogliarne qualcuno per capire cosa quell’angelo
ci trovasse di tanto interessante: non l’ha capito. Erano libri noiosissimi. La
cosa inaspettata è che parlavano, perlopiù, di strane e contorte relazioni
d’amore omosessuale. Quando se n’è accorto Crowley ha riso e gli ha sventolato
il libro sotto il naso e lo ha preso in giro dicendo: «Lo sai che il tuo
scrittore preferito finirà da noi all’inferno, eh, angelo?» e Aziraphale s’è
indispettito e gli ha tolto il libro di mano.
Lo scrittore è morto verso l’inizio
degli anni Cinquanta. Per Aziraphale è stato un colpo terribile, eppure, in fin
dei conti, avrebbe dovuto aspettarselo: gli uomini non sono eterni.
«Sì, lo so» ha risposto in tono
malinconico quando Crowley gliel’ha fatto notare. «Ma mi dispiace comunque
sapere che non potrò più leggere un suo nuovo libro. Certo, rimangono gli
altri, ma… non è lo stesso, capisci?»
«Già, non è lo stesso. Immagino,
immagino» ha convenuto Crowley per non saper che dire, e per qualche decennio
non ne hanno parlato più. Del resto, non c’era nulla da dire.
I viaggi intermittenti di Aziraphale
verso la Francia si sono interrotti; l’angelo ha dovuto accontentarsi di
continuare a rileggere i libri editi dello scrittore, e questo è stato quanto.
Ogni tanto ne parla ancora, però.
«Sai qual è la cosa peggiore?» gli ha
chiesto una volta, di punto in bianco, nei primi anni del Duemila, senza alcun
collegamento apparente con qualunque cosa stessero dicendo prima di quel
momento.
«Eh?» ha chiesto Crowley colto alla
sprovvista.
Era evidente che Aziraphale stava
seguendo, all’interno della propria mente, un suo logico ragionamento che a
Crowley dall’esterno non era dato vedere, ma del quale poteva osservare
soltanto gli effetti.
«La cosa peggiore è che un
manoscritto inedito ci sarebbe.»
A questo punto Crowley ha capito di
cosa stavano parlando. «Un manoscritto… dello scrittore, intendi?»
«Già. Lo custodisce la sua unica
nipote ancora in vita.» La voce di Aziraphale aveva il tono sognante di un
desiderio inappagato.
Crowley si è sforzato di trovare
qualcosa da dire, quella volta. «E perché non lo pubblica, allora?»
«Beh, perché… sai com’è. Disposizioni
testamentarie e cose del genere. Che avesse iniziato un ultimo romanzo poco
prima di morire si vociferava già dagli anni Cinquanta, ma, secondo quello che
ha scritto la nipote nella sua recente autobiografia, lo scrittore ha lasciato
scritto che tutti i suoi manoscritti superstiti avrebbero dovuto essere
distrutti.» Aziraphale si è concesso di sospirare per un momento prima di
tornare a dedicarsi a qualsiasi cosa stesse facendo in quel momento. «Oh, beh.
Immagino sia giusto così, no? Se era quello che lui voleva, dopotutto… bisogna
rispettarlo. Credo che la nipote brucerà il manoscritto prima di morire, o
quando reputerà giusto.»
Sul momento quella conversazione non
lo ha colpito particolarmente. Chissà com’è che gli è tornata in mente proprio
stasera di tutte le sere, a quasi vent’anni di distanza, si chiede Crowley
mentre guida con rabbia per strade che è troppo assorto e nervoso per
riconoscere.
Perché è arrabbiato, invece, lo sa
benissimo. Che poi forse non è neppure tanto una cosa per cui ci si dovrebbe
arrabbiare, ma tant’è.
Sta di fatto che Aziraphale gli ha
telefonato stasera e gli ha chiesto, col tono vibrante di quella sua
eccitazione nervosa di quando sta preparando qualcosa da tipo una vita e non
vede l’ora di parlargliene, se ha impegni per la sera della Vigilia.
La domanda era talmente inaspettata
che Crowley si è accigliato all’istante.
«Che hai in mente, angelo?» ha
chiesto senza troppe cerimonie.
Dal suo tono scostante Aziraphale non
s’è minimamente lasciato scoraggiare. «Oh, niente di che. Ho pensato, visto che
è il primo Natale da quando abbiamo scongiurato l’Apocalisse, sai com’è, che
magari ti andava, per non restare solo…»
Io
sono sempre solo la sera della Vigilia; ma per qualche motivo Crowley
sapeva che non era a questo che Aziraphale si stava riferendo. Che con solo
intendeva separato da lui.
«Beh…»
«Prima che tu dica di no, sappi che
ho già pensato a dove ordinare la cena. Hèlène Darroze mi deve un favore – beh,
un grosso favore, potremmo quasi dire un miracolo
– perciò…»
Aziraphale ha pronunciato quel nome
quasi con lo stesso rispetto col quale avrebbe potuto dire l’Onnipossente, perciò, per il bene del discorso, Crowley ha
concordato unilateralmente con se stesso di non chiedere ulteriori
delucidazioni. «Va bene, va bene, angelo. Verrò. Il ventiquattro, giusto?»
Aziraphale ha gongolato al telefono
ancora per un po’, perché a quanto pare era troppo soddisfatto del menù per
riuscire a tacere del tutto, sebbene dovesse essere una sorpresa; Crowley lo ha
lasciato parlare finché non è stato lui a riappendere per andare a occuparsi di
qualcosa relativo alle luci o all’albero o a chissà che altro – e solo a quel
punto ha realizzato che Aziraphale stava parlando della Vigilia di Natale e che quel maledetto angelo
gli avrà senz’altro preso un regalo. Nulla di che, s’intende: uno di quegli
stomachevoli pensieri simbolici e raffinati che voglion dire tutto e non
valgono niente ma che per lui contano sicuramente tantissimo, e che…
Per non pensare a tutto questo
Crowley ha preso a guidare con rabbia per strade che non hanno fine ripetendo a
se stesso: cazzo, cazzo, cazzo, cazzo.
Avrebbe dovuto dir di no, dice anche,
sempre rivolto a se stesso. Per cominciare Aziraphale non avrebbe neppure
dovuto invitarlo: chi è che invita un diavolo per la vigilia di Natale?
Forse, in fin dei conti, non c’è
bisogno di portare un regalo, ha aggiunto poi, sempre rivolto a se stesso, nel
tentativo di razionalizzare: perché Aziraphale dovrebbe aspettarselo?
Perché
è Aziraphale,
lo ha interrotto una vocina proveniente dalla sua mente, e Crowley ha dovuto
concordare a malincuore con lei; perché
tu vuoi fargliene uno, ha aggiunto la voce, e anche stavolta Crowley ha
dovuto darle ragione. Va bene; ma cosa, allora? Quel benedetto angelo non pensa
altro che ai libri e ancora ai libri e ormai possiede ogni possibile libro che
– no. Un momento.
È stato allora che gli è tornato in
mente lo scrittore francese.
Perché tecnicamente un libro che
Aziraphale desidera ancora leggere da più di settant’anni c’è.
La libreria è oscenamente decorata
come in un film di Natale (va bene: forse oscenamente
non è la parola giusta. Però è davvero tanto decorata). Quando viene ad
aprirgli, Aziraphale è contento e soddisfatto di sé come un bimbo, ma Crowley
si sente comunque in dovere di punzecchiarlo un po’, per sdrammatizzare.
«Tartan, angelo? Credevo che ne
avessimo già parlato.»
Questa sera Aziraphale è talmente di
buon umore che nulla potrebbe scalfirlo. «Andiamo, Crowley! Vieni dentro.
Accomodati. Vuoi toglierti la giacca? Fai come se fossi a casa… oh, beh. Fai
come al solito, comunque.»
Ora, non è che Crowley intenda star
lì tutta la cena, per un infinito numero di portate, a chiedersi se il suo
regalo gli piacerà oppure no. Non è tagliato per questo. Perciò, subito dopo
aver buttato la giacca su una poltrona, si sfila un giornale arrotolato dalla
tasca posteriore dei jeans e glielo porge senza troppi complimenti, dicendo:
«Ecco, tieni. Buon Natale, angelo. Così siamo già a posto.»
Aziraphale rimane interdetto a
guardare alternativamente lui e il giornale per un po’. È evidente che qualcosa
gli sfugge.
«Un… giornale, Crowley?»
«Un giornale francese» specifica
Crowley. Glielo porge con più insistenza, perché non è che possano star qui
tutta la sera. «L’inserto di cultura, angelo! Dai un’occhiata.»
«Oh, beh… se è così importante»
risponde Aziraphale un po’ perplesso. Inforca gli occhiali con grande
compostezza, prende il giornale dalle sue mani e lo apre, quasi con l’aria di
doverlo accontentare per forza.
Un istante dopo, Aziraphale lascia
cadere il giornale e lo fissa con aria inorridita.
«Sei stato tu!» esclama. La sua voce
è a metà strada tra l’accusa e l’incredulità.
«Già» conferma Crowley con una certa
soddisfazione, andando a versarsi un bicchiere di vino. Aziraphale non si muove
dal punto in cui si trova.
«Hai… hai… hai tentato la nipote!»
«Perché accettasse la proposta di
Gallimard e pubblicasse il manoscritto» conclude Crowley. A dirlo ad alta voce
si sente ancora più soddisfatto di sé. «Già.»
«Ma… ma le disposizioni testamentarie
dello scrittore…» balbetta Aziraphale.
Crowley si era aspettato un’obiezione
di questo tipo. «Beh, angelo, tecnicamente, parlando con quell’adorabile
signora, ho scoperto che non c’è mai stato un vero testamento scritto in
merito» spiega, facendo ondeggiare il vino nel calice perché prenda un po’
d’aria. «Lo aveva soltanto detto a voce quando era ormai molto anziano. Non è
stato difficile convincere la signora che magari suo nonno aveva un po’ di
demenza senile quando ha pronunciato queste parole.»
«Sì, ma…»
«E poi» aggiunge Crowley ad alta voce
per chiudere definitivamente la questione «Non è poi un’azione così cattiva,
visto che ho convinto anche la signora a mettere come clausola, nell’accordo
con l’editore, che una parte del ricavato andrà a finanziare una borsa di
dottorato a tema vincolato su suo nonno alla Sorbona. La ricerca accademica non
è una di quelle cose che a voi angeli piacciono tanto?»
Aziraphale rimane a osservarlo in
silenzio per un po’. Non gli viene in mente altro da obiettare, a quanto pare.
Raccoglie il giornale e riprende a leggere l’articolo, pensierosamente.
«L’uscita
del libro è prevista per il prossimo febbraio» legge.
Crowley riprende a occuparsi del suo
vino. «Sì. Beh, non si poteva fare altrimenti, purtroppo. I tempi erano troppo
stretti per pubblicarlo sotto Natale. Per questo ti ho portato il giornale.»
«Grazie, Crowley.» La voce di
Aziraphale vibra di quella contentezza trattenuta, malcelata, di quando è
profondamente tentato da qualcosa che non vuole ammettere nemmeno a se stesso.
«È davvero un… beh, grazie. Non so che altro dire.»
«Potresti spiegarmi chi è questa
Hèlène Darroze che ci ha preparato la cena, per esempio» risponde Crowley
mettendosi a tavola, e Aziraphale ride nello sciogliersi brusco della tensione.
Per un attimo Crowley si chiede se
dovrebbe dirgli che è riuscito a convincere la nipote dello scrittore anche a
cedergli il manoscritto del romanzo, ma poi decide che è meglio di no.
Almeno ha già il regalo pronto anche
per il prossimo Natale.
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