"He
remembered who she was
and
the game changed."
-
Lalah
Delia
-
Iron
1.
C'è
troppa luce.
Invade
ogni anfratto della sua mente, scivolando dietro le palpebre e
bruciando
- infiammando ogni nervo, ogni respiro.
E
qualcuno grida.
E
qualcuno corre, tira
-
tonfi, rumori metallici che lo chiamano, invocano.
"Che
cazzo...?" mormora una voce femminile, che non riconosce.
"Indietro."
ribatte un secondo timbro - maschile, distaccato.
C'è
una presenza vicino a lui; cuoio e rum; sotto
un leggero retrogusto di legno, argan.
Il
Cadou sussurra, vibra - ed è nitido
il
rumore dei bulloni che si scollano dal pavimento, strumenti che
cadono e sibilano,
tagliando
l'aria attorno a lui e alla seconda figura.
Clack.
La
voce mormora, ed è un borbottio di gola, selvatico.
"Pressione?"
"Centottanta
su centoventi."
"Troppo
alta: il propofol, subito."
Crack.
Apre
gli occhi, non vede nulla - sente,
e la presenza del metallo attorno a lui è confortante,
qualcosa che non pensava l'avrebbe mai fatto sentire a suo agio.
L'uomo
lo fissa, cerca occhi ancora vitrei, sfocati.
Clip
e graffette dondolano vicino le loro caviglie - piedi nudi e pelle
nera, Santoni, lavorazione Blake.
Posa
lo sguardo sulla siringa che tiene tra le dita e quando cerca di
scostarsi le dita dell'uomo gli si chiudono sulla spalla come una
tenaglia.
"Dottor
Wesker!" grida la voce femminile di prima e davanti a lui l'uomo
evita la penna usata come freccia in un movimento veloce del capo -
troppo.
Dottor
Wesker.
L'uomo
sorride, approfittando della sua confusione per spingere l'ago nella
vena del collo e premere.
No!
Lo
colpisce con il dorso della mano sul polso, ma è come urtare
contro un fottuto
muro
di cemento armato.
Scivola
all'indietro, snudando i denti - furioso, ferito.
L'uomo
si alza, sollevando il mento e guardandolo.
"Bentornato
nel mondo dei vivi, Karl."
Buio.
I've
been left out alone like a damn criminal.
I've
been praying for help cause I can't take it all.
I'm
not done.
It's
not over.
3A7
si ritiene un uomo preparato:
che ne ha viste ormai troppe per rimanere davvero impressionato da
qualcosa.
È
assolutamente
convinto non ci sia nulla capace di prenderlo in contropiede - né
fottute eliche a propulsione umane, né ragazzine capaci di
scardinare
una porta di cinquanta chili d'acciaio per lato.
Abbassa
la testa di scatto, evitando un pezzo di metallo grande quanto il suo
torace.
"Ehi!"
grida, saltando,
e ricordando comicamente un bambino che gioca alla corda.
"Ehi,
dico a te! Sì, a te, il Magneto dei poveri! Piantala di
lanciarmi metallo come se fossi il nemico."
L'uomo
lo fissa in tralice, per nulla convinto.
3A7
si scrolla di dosso dei frammenti di stoffa, irritato.
"Ti
ho portato da mangiare e mi ringrazi così? Bella merda."
L'uomo
si flette in una posizione difensiva, attorno a lui le piccole
particelle di metallo scivolano quiete, serpenti in attesa.
3A7
posa il vassoio sul tavolo, sedendosi.
"Acqua,
una bistecca, verdure e un..."
Solleva
la cloche, schioccando la lingua contro il palato.
"Eclair."
L'uomo
assottiglia gli occhi e 3A7 nota il loro colore - un grigio strano,
simile all'argento invecchiato.
"Non
hai fame?"
Nessuna
risposta.
3A7
si scrolla nelle spalle, appoggiando i piedi sull'altra sedia ed
estraendo una barretta proteica dalla tasca del giubbotto.
"Bon
appetit." gli dice, scartandola.
L'uomo
lo studia di sottecchi, spostando lo sguardo ora dal vassoio, ora su
di lui.
3A7
sembra del tutto distratto dalla merendina, ma in realtà lo
sta osservando con attenzione - valuta i piccoli movimenti del corpo,
le tensioni involontarie che si vengono a creare nei muscoli, sotto
la pelle.
È
normale
l'uomo
che gli hanno detto di controllare; poco più alto di lui, un
aspetto selvatico, un po' ruvido.
Non
ha strane protuberanze o appendici e già questo dice tanto:
controlla il metallo. E l'elettricità. Le due cose sono
correlate, gli aveva specificato Anderson, ormai al suo quinto
pacchetto di caramelle e con la prescrizione per gli esami della
glicemia già pronta.
3A7
accartoccia l'involucro della barretta - una Enervit cioccolato e
cereali - buttandolo nel cestino.
L'uomo
lo sta osservando a sua volta e c'è qualcosa di acuto
in quegli occhi - pericoloso.
Solleva
un dito verso la porta, indicandola.
"Vuoi
uscire? Non si può." ribatte 3A7, il gomito già
piegato
verso il basso, alla fondina della pistola.
Il
movimento della polvere di metallo accelera
e
sembra un chiaro gesto d'irritazione.
3A7
deglutisce, cercando di abbracciare l'intera stanza con lo sguardo -
duecento milligrami di propofol già in canna.
L'aria
si addensa, diventando irrequieta
-
3A7 chiude le dita attorno all'impugnatura della pistola, inspira
e...
"Wesker."
3A7
si ferma, guardingo.
"Wesker."
ripete l'uomo, nella sua voce una nota arrochita, profonda.
"Il
dottor Wesker non scende fino a questo piano a meno che non ve ne sia
la stretta
necessità." mormora 3A7, allontanando appena le dita
dall'arma.
L'uomo
scuote la testa, sospirando.
"Non
lui." riesce a dire, le parole dure - faticose.
3A7
alza un sopracciglio, neutro.
L'uomo
si avvicina, sollevando la cloche e indicando l'eclair.
"Ea."
dice, espirando con forza.
"Lei."
ripete, adesso in inglese - l'indice ben puntato sul dolce ripieno di
crema.
3A7
si morde un labbro, assorto.
"La
dottoressa Korda." ribatte, fissando l'eclair.
"È
stata la dottoressa Korda a richiedere questo dessert." aggiunge
3A7, riportando lo sguardo sull'uomo.
L'uomo
sbatte le palpebre un paio di volte, perplesso.
"Korda?"
"Natalia
Korda." gli conferma 3A7 "Una ragazzina di ventitré
anni che mi sta facendo invecchiare prematuramente."
L'uomo
lo guarda, sembra non capire.
"La
conoscerai presto." annuncia il mercenario "In fondo è
sua la firma su questo progetto."
L'uomo
sposta lo sguardo sul carteggio ai piedi del suo letto - Iron
-
riconosce la grafia spigolosa, elegante.
"Anche
il mio nome cambierà; il mio volto."(1) (Counting bodies
like sheep)
Attorno
a loro il metallo vibra e cade.
2.
Wesker
legge i risultati del soggetto K01, concentrato.
"Ha
la sideremia un po' alta." dice poi, posandoli di lato.
"È
un magnete vivente; il Cadou ha generato un accumulo focale di
emosiderina." sintetizza Alex, passandosi l'asciugamano sulla
nuca.
Wesker
si toglie gli occhiali, ripiegando le stanghette tra loro.
"Che
fortunato: questo fenomeno non causa danno tissutale, in quanto non
si accompagna a un aumento del ferro totale corporeo." inizia
lui, guardandola.
Alex
risponde al suo sguardo, addosso nulla più di una camicia
umida.
"Un
esemplare quasi
perfetto."
chiosa Albert, neutro.
Alex
inclina il capo verso la spalla, abbozzando un sorriso furbo.
"Non
è compatibile con il Progenitore." ribatte Alex,
divertita da Wesker - dal suo atteggiamento puerile.
"E
noi non lo siamo con il Cadou." replica lui, intrecciando le
dita tra loro e fissandola.
Alex
aggira la scrivania, sedendosi sul bordo.
"Palla
al centro, direi."
"Il
Progenitore potrebbe distruggere
il Cadou in pochi minuti."
"Ah,
non ne sarei così sicura." ridacchia lei, dondolando i
piedi davanti a sé.
Wesker
le sfiora il ginocchio, descrivendo piccoli cerchi concentrici con il
pollice.
"Sicuramente
può infettarlo e degradarlo dal punto di vista molecolare, ma
quello che fa a noi?
Alle
persone?" prosegue, indicando entrambi "Be', quella è
tutta un'altra storia."
Wesker
libera un hum
distratto,
percorrendo con l'indice la pelle liscia della coscia, assorto.
"Hai
sempre avuto una passione per i randagi." mormora, quieto.
Alex
alza un sopracciglio, guardandolo.
"Fabron,
per esempio. La piccola Redfield."
Lui:
il signore del metallo e del lupi.
Wesker
solleva il viso, cercandole gli occhi - sempre uguali in un viso ogni
giorno più simile a prima.
"E
tu per le cose costose e ambiziose."
controbatte lei, posando la mano sulla sua - oro bianco e ossidiana.
La
morte li ha resi tutti fantasmi ed echi di altre esistenze.
Now
I'm fighting this war since the day of the fall
and
I'm desperately holding on to it all,
but
I'm lost.
I'm
so damn lost.
"Non
sei un prigioniero." sospira 3A7, grattandosi una guancia.
L'uomo
continua a far volteggiare piccoli pezzi di metallo, piegandoli in
forme sempre diverse.
Il
mercenario si siede, chiedendosi cosa
cazzo abbia
mai fatto di male per meritarsi di fare da balia a Magneto.
"Ti
stanno solo... esaminando." dice, agitando le dita in aria.
L'uomo
lo ignora,
sbattendo tra
loro due frammenti e fondendoli - ricostruendo l'immagine di una
testa di cavallo.
3A7
lo studia con attenzione, alla cintura una pistola in titanio -
pessimo
conduttore
di elettricità, a quanto pare.
"Vedo
però che non ti manca l'appetito." contempla poi, notando
i piatti vuoti.
L'uomo
gli scocca un'occhiata in tralice e il mercenario si chiede se sappia
parlare - se non sia davvero un lycan o una di quelle robe strane che
avevano dovuto affrontare a Coșmarul.
L'osserva
muovere le dita attorno il metallo con una grazia stonata al suo
aspetto - rustico,
l'aveva
definito la dottoressa Korda. Il
nostro ospite è un po' rustico,
le sue esatte parole.
Flettono,
modellando il metallo come fosse argilla; e c'è un'eleganza
nei suoi movimenti, una precisione
che lo rende interessante - sicuramente degno di essere sotto la
lente dei pezzi grossi lassù.
Cling.
3A7
posa lo sguardo sul tavolo, trovandosi davanti un motivo circolare
che ricorda quello di un orecchino - al centro alcune briciole di
metallo sono state levigate così tanto da brillare.
"Adorabile."
dice, schioccando la lingua contro il palato "Ma preferisco
prima una cena fuori. Almeno per conoscerci."
"La
dottoressa Korda." articola l'uomo, la sua voce decisamente
più
limpida - meno sfocata.
3A7
stringe l'oggetto tra il pollice e l'indice, dubbioso.
"Dallo
alla dottoressa Korda." specifica l'uomo, fissandolo "Lei
sa
cos'è."
Il
mercenario lo soppesa ancora per qualche secondo, almeno finché
non gli da' le spalle, tornando a plasmare e creare.
Questa
storia gli piace sempre di meno.
3.
Anderson
si gratta una tempia. Poi il polso. Quasi quasi la schiena, ma si
trattiene dal farlo perché davanti ha lei
-
un blazer bianco, gli occhi concentrati sul suo viso.
"Immagino
questi documenti non debbano uscire dal livello 4."
"Perspicace."
"Sono
stato assunto per questo." ribatte Joseph, umettandosi le
labbra.
Anderson
le scocca un'occhiata veloce, guardinga.
"L'agente
Redfield crede che non sappiamo della sua piccola squadra di cani."
inizia lei, piegando le labbra in una smorfia.
"O
della bambina." aggiunge lui, chiudendo i carteggi e
consegnandoglieli.
Natalia
Alex indurisce lo sguardo, assumendo contorni quasi sgradevoli.
"Un
rischio biologico travestito da marmocchia." mormora lei,
tamburellando le dita sul bracciolo della sedia.
Anderson
si tocca la tasca destra dei pantaloni, rassicurato dalla presenza
del suo pacchetto di caramelle - adesso senza zucchero.
"La
procedura avrebbe voluto il suo contenimento."
Natalia
Alex tace, pensierosa.
"Ma
agli occhi dell'agente Redfield era solo una bambina."
"Una
B.O.W." specifica Natalia
Alex, accavallando le gambe "Connessa al micete in Lousiana e
alla coscienza collettiva del Micorriza che noi sappiamo
non
essere del tutto estirpata."
"Le
spore." conferma Anderson, serio.
Natalia
Alex annuisce, e Joseph si prende un momento per studiarla - il viso
giovane, capelli adesso così biondi da essere quasi bianchi.
Era
arrivata anni prima uguale alle foto che Burton aveva sparso per
tutto il Canada e gli Stati Uniti, eppure adesso sembrava un'altra
persona - una donna, non più una ragazzina.
Ed
era stata ricollocata
Nadine, l'intera Blue Umbrella spronata
a
collaborare con la BSAA, infine con i Hound Wolf dell'agente
Redfield.
Date
loro tutto quello di cui hanno bisogno,
era stato l'ordine.
Fornite
coperta assoluta, il
diktat, salvo poi infuriarsi quando Redfield era scivolato sotto i
radar per una missione in solitaria, distruggendo un villaggio
sperduto in Romania.
Oh,
e quanto si era incazzata
la
dottoressa Korda: così tanto da smuovere l'intera squadra
Alpha in meno di tre ore e trascinarli fino a Coșmarul.
Anderson
appoggia il mento nel palmo della mano, osservandola ruotare con il
pollice la fede in oro bianco e ossidiana che porta all'anulare
sinistro.
Identica
a quella di un uomo (non) morto che Nadine aveva chiamato dio.
Sapeva
che sotto,
a metri e metri di distanza dal suo ufficio, il cuore dell'Umbrella
pulsava,
e che lei ne era parte integrante - rossa sulle labbra, nel simbolo
con il quale vestiva l'anima di un'azienda sconfitta,
ma mai davvero.
E
poi il nuovo soggetto,
K01:
un uomo sbucato dal nulla, il cui profilo si sovrapponeva crudelmente
a quello di una foto in bianco e nero rinvenuta nella piccola chiesa
di Coșmarul.
Karl
Heisenberg: quarto signore del culto del Dio Oscuro.
Il
dottor Wesker era stato ermetico, come al solito.
3A7
si era lamentato di dover fare da babysitter a un probabile barbone,
salvo poi richiedere una pistola incapace di condurre l'elettricità,
la palpebra sinistra ancora percorsa da guizzi improvvisi.
"Il
bastardo mi ha bruciato il culo, cazzo: ho pensato di morire."
Natalia
Alex sembra accorgersi della sua analisi e abbozza un sorriso
predatorio, sottile.
Anderson
raddrizza le spalle, reclinandosi all'indietro.
"Stai
facendo un ottimo lavoro, Joseph."
"La
ringrazio."
"Credo
proprio tu sia la persona giusta per i tempi che verranno."
Anderson
tace, fissandola.
Natalia
Alex si alza, tirando verso il basso i revers del blazer.
"Di'
pure a 3A7 che domani può anche non recarsi nella stanza di
K01: ci penserò io a lui."
Anderson
annuisce, salutandola con un cenno del capo.
Natalia
Alex esce, richiudendosi la porta del suo ufficio alle spalle con un
click soffice, delicato.
Sul
pavimento, delineata nei colori rassicuranti dell'azzuro e del
bianco, il simbolo della Blue Umbrella è niente.
Oh
I wish it was over and I wish you were here
still
I'm hoping that somehow 'cause your soul is on fire,
a
shot in the dark,
what
did they aim for when they missed your heart?
La
fissa in silenzio, a lungo.
Alex
non ribatte, non dice nulla; si limita ad aspettare, un vassoio sul
tavolo e tra le dita una penna stilografica - Meisterstück
Hommage à W.A. Mozart, resina nera, finitura platino, sul
cappuccio una stella bianca.
Si
siede, alzando un sopracciglio.
Alex
abbozza un sorriso, picchiettando con l'indice sulla cloche.
"Vedo
che hai gradito."
Karl
inclina il capo verso la spalla, attento.
"Gli
eclair." specifica lei, tranquilla.
"Sono
sempre stati i miei preferiti." prosegue, e in gola gli preme un
lo
so; eri un disco rotto su questi dannati dolcetti francesi.
Alex
posa il mento nel palmo della mano, guardandolo.
"Albert
crede già che tu sia solo una scimmia ben addestrata: vuoi
dargli davvero
l'opportunità
di continuare a pensarlo?"
Karl
inspira con forza, socchiude la bocca e...
"Ecco
chi era il coglione che mi ha colpito in testa quando mi sono
svegliato."
Alex
amplia il sorriso, raddrizzandosi.
Karl
solleva il viso verso il suo, ritrovando nei lineamenti di quella
ragazzina una donna ossessionata - tormentata.
Come
lui.
Eppure
adesso c'è una sfumatura diversa in lei: nuova.
È
sempre Alex - ne è certo
da come si muove; dalle piccole flessioni del suo campo elettrico,
dall'odore che si espande da lei in ondate.
Sangue
e argan.
Ma
c'è altro - sotto la pelle, nella carne.
C'è
il retrogusto di Natalia
-
così gli ha detto si fa chiamare adesso - quello di suo
fratello, un grumo convulso di cuoio e quello che lei ha definito
maninka,
un
frutto africano che per lui ha il sapore del rum e del legno
aromatizzato.
C'è
una vibrazione libera,
eccitata:
che gli ricorda Angie e la sua concitata
gioia.
"Miranda
morirà."
"E
poi?"
"E
poi sarò libero, Alex. Come te." (1)
Karl
la guarda e sa
di
essere uguale a prima - le stesse cicatrici sul viso, lungo l'addome,
dove il Cadou aveva affondato le sue radici.
Alex
cerca i suoi occhi, sul fondo della pupilla una scintilla soddisfatta
- piena.
"Miranda
è morta."
Silenzio.
"Il
Duca
è
morto." aggiunge, e c'è adesso una nota affamata nella
sua voce - vorace.
"L'ho
ucciso." conclude, aprendo le mani davanti a sé in un
gesto teatrale, orgoglioso.
E
non solo, mormorano
i suoi occhi, adesso più rossi lungo i contorni dell'iride.
Karl
la soppesa ancora qualche secondo, schiudendo poi la bocca in un
sorriso selvaggio, tutto denti e sangue.
Quello
versato, quello reclamato.
L'energia
di Alex ha lo stesso sapore della vendetta.
4.
È
viva,
Alex.
È
appassionata
mentre
lo conduce attraverso i corridoio di una struttura aliena - bianca e
bianca.
Non
c'è niente di simile al laboratorio di Miranda o a quello di
Moreau; il personale si muove da una stanza all'altra in tute ad alto
contenimento rischio biologico, sguardi concentrati, attenti.
Sulle
pareti un simbolo che lui ricorda,
nel
nastro posto a decorazione una frase -
nec vixit male qui natus moriensque fefellit. (2)
E
parla, Alex: non smette un attimo.
Allarga
le braccia attorno a sé, fa di quell'ambiente il suo
palcoscenico - e non c'è paura negli sguardi di chi la
incrocia, timore: solo un blando interesse, ognuno assorto nel
proprio lavoro, nella propria missione.
Raggiungono
un ascensore e Alex si volta, estraendo un rettangolo nero e rosso.
"Pronto
a salire ai piani alti?"
Karl
distende le labbra in un sorriso divertito, sollevando il mento.
"E
incontrare quel cioccolatino di tuo fratello? Oh, non vedo l'ora."
Alex
schiocca l'indice contro la tessera e ride.
I
breathe underwater, it's all in my hands,
what
can I do? Don't let it fall apart,
a
shot in the dark, a shot in the dark.
Né
mostro, né vittima; per quelle persone Karl è qualcuno
-
e tanto basta.
"Che
posto c'è là fuori per quelli come noi - come me?
" (1)
Rimane
immobile nel mezzo del corridoio, per la prima volta in vita sua
incerto - confuso.
Alex
lo guarda da sopra la spalla, quieta.
Una
ragazza esce correndo da una piccola porta laterale, un uomo borbotta
qualcosa al telefono - voci e
rumori
e
odori diversi, stordenti.
"No,
non riesco a passare a ritirare la giacca come... no, senti, mandaci
Paul, io non riesco."
"Cazzo,
cazzo, cazzo: ho dimenticato la stampante accesa."
"Ah,
proprio te cercavo, Lisa: sai per caso se Anderson voleva tutti i
documenti del progetto S-09 oppure..."
Una
graffetta scivola via da un plico di fogli appena archiviato, facendo
sollevare un sopracciglio alla ragazza di prima - un visetto carino,
un po' anonimo.
Alex
continua a fissarlo, notando le spirali di polvere metallica che si
stanno accumulando attorno ai loro piedi - la pelle vibrare,
il
metallo della struttura gemere.
Karl
sbatte le palpebre velocemente - troppo
-
inspira con forza, cercando di concentrarsi su un punto fermo che non
c'è, cazzo, non
c'è e...
Silenzio.
Alex
gli posa una mano sul braccio, stringendo.
Karl
abbassa lo sguardo, incontrando i suoi occhi - un azzurro
trasparente, che lo inchiodano sul posto.
"...il
mondo è un posto in cui la tua Miranda è il minore
degli orrori."
(1)
"Se
fai crollare l'edificio non sarà divertente." mormora,
continuando a fissarlo.
Karl
preme le labbra tra loro, tace.
"Ti
prenderò a calci in culo personalmente
se fai una cosa del genere e non riesci a controllare il tuo hocus
pocus." prosegue, avvicinandosi.
Karl
digrigna i denti, attirando l'attenzione di qualche altro impiegato
ed è stupito
dalla
calma con la quale lo guardano, quasi fosse normale vedere fluttuare
una pinzatrice o un armadietto per le pratiche.
Alex
rafforza la presa, chiudendo adesso le dita attorno il polso.
"Karl."
"E
che cazzo: dammi un attimo." sibila lui, e Alex arcua appena un
angolo delle labbra.
"Respira."
"No,
guarda: faccio finta."
Alex
trattiene una risata, premendo la lingua contro l'interno della
guancia.
"So
cosa significa." sussurra, blandendolo come si farebbe con una
bestia riottosa e selvatica.
"Quando
mi sono svegliata nel corpo di Natalia è stato lento,
graduale: ho dovuto schiacciarla
pezzo per pezzo, smembrando la sua memoria, i suoi ricordi. Mi sono
fatta strada tra tutte le sue stronzate e le ho stritolate,
masticandole e cancellandole una per una. I suoi patetici
sogni.
Le sue ridicole speranze - un bravo ragazzo, tre figli, magari un
cane e bla bla bla."
Karl
socchiude gli occhi, guardandola.
Alex
si umetta le labbra, nella luce del giorno il suo viso assumere
un'angolazione feroce, spigolosa.
"E
per Albert. Oh, per lui forse è stato anche peggio.
Si è riformato da una costola mio fratello, sai? Proprio come
tu hai fatto dal tuo acuto
cervello."
gli dice lei, picchiettandogli sulla tempia.
Karl
socchiude gli occhi, assorbendo l'informazione ed elaborandola.
"Ogni
nervo è andato a fuoco e ha urlato
Albert; ha gridato per mesi prima che il dolore si spegnesse."
Alex
adesso gli è quasi addosso e può percepirne l'odore -
il sapore.
Argan
e sangue.
"Anche
tu hai urlato, Karl."
Heisenberg
inspira con forza, sostenendo il suo sguardo.
"Il
cerebrum ha iniziato a svilupparsi un anno fa e da allora il processo
non si è mai fermato: abbiamo dovuto sedarti e metterti in una
stasi criogenica."
"Lo
so."
Alex
inclina il viso verso il suo, ricordandogli un serpente in caccia -
uno di quelli che era solito incontrare tra le strade del villaggio,
negli anfratti asciutti e bui della piana sottostante la fabbrica.
"Il
dolore non si dimentica, Karl."
"Mai."
concorda lui, lasciando che Alex gli posi una mano sul petto e prema
- il Cadou reagire,
arretrando
tra le sue costole, dietro il cuore.
"Questo
posto di merda: ingoia ogni cosa."
"Se
tu la smettessi di vestirti come a una serata di gala..."
"Ah.
Perché adesso sai cos'è un gala?"
"...
stronza."(1)
La
spillatrice cade sul pavimento, la polvere di metallo si ferma,
gravitando adesso attorno a lui in un moto ondulatorio quieto,
docile.
Alex
studia il suo volto per ancora qualche secondo, liberando poi un
respiro trattenuto, carico di tensione.
"Non
sei più tra i lupi, Karl." mormora poi, abbozzando un
sorriso.
"Adesso
sei tu
il
lupo." dichiara, nella voce una nota vittoriosa - appagata.
"Miranda
è morta, Karl. Il Duca è morto. Ma tu no."
A
Coșmarul
ci sono ormai solo rimorsi e delusioni.
5.
"Non
li metto."
Alex
si guarda le unghie smaltate di blu pavone, ignorandolo.
"Mi
hai sentito? Io non la metto questa roba."
"Uhm?
Scusa, ti ho perso all'ennesima lagna sulla camicia." chiosa
Alex, continuando a ispezionarsi le dita.
Karl
preme le labbra in una linea sottile, lanciando a pochi centimetri
dal suo viso un tagliacarte.
Alex
alza un sopracciglio, spostando appena lo sguardo alla sua sinistra.
"Puerile."
"Non
voglio indossare queste cose."
"Per
me puoi anche andare in giro nudo, ma non credo che i dipendenti
dell'azienda apprezzerebbero. Forse Daniel, se fosse qui, ma non
certo gli altri."
Heisenberg
si annota mentalmente di chiederle chi cazzo sia questo Daniel che
ogni tanto le esce dalla bocca, incerto se volerlo sapere o meno.
Posa
lo sguardo sui vestiti che gli ha portato il mercenario, sbuffando e
masticando un'altra di quelle barrette proteiche - questa volta al
cioccolato bianco.
"Sono...
"
"Se
dici strani
ti stacco la lingua."
Heisenberg
tace, studiando i pantaloni scuri in silenzio - la camicia bianca, la
cintura in pelle che sembra più costosa di metà della
sua fabbrica.
Alex
accavalla le gambe, sospirando.
"Siamo
a Washington, Karl: Stati Uniti. Non puoi indossare il tuo solito
stile underground."
gli spiega lei "E sebbene riconosco avesse il suo fascino, be',
qui saresti scambiato per un senzatetto."
Nessuna
risposta.
Cling.
Heisenberg
si volta, sul letto una piastrina ovale attraversata da tre piccole
linee - inciso sopra solo tre lettere.
K.S.H.
Cerca
i suoi occhi e Alex risponde al suo sguardo, neutra.
"Le
ho trovate fuori dalla fabbrica." è l'unica spiegazione
che gli offre, asciutta.
Karl
la raccoglie, strofinando i grani della catena tra il pollice e
l'indice.
"Lo
stile militare va molto di moda adesso." aggiunge, alzandosi e
allacciandosi il bottone dorato del blazer.
"La
memoria è il fondamento dell'essere, Karl: tutto ciò
che siamo. Che saremo."(1)
"Com'era?"
Alex
si fissa la punta delle scarpe, tace.
Heisenberg
si volta ed è aperto
il suo viso - una pelle sulla quale i sentimenti sono mutevoli quanto
il suo umore.
"Vuota.
Rattrappita in se stessa. La fucina fredda quanto il villaggio."
Alex
inclina il mento verso di lui, concedendogli uno sguardo in tralice -
pieno.
"Morta."
susssurra, ed ecco quello che rimane dell'Orlov d'acciaio di
Coșmarul.
Polvere
e ossa.
Karl
indossa la piastrina senza alcun rimpianto.
In
the blink of an eye I can see through your eyes
as
I'm lying awake I'm still hearing the cries
and
it hurts, hurts me so bad.
La
testa del serpente lo fissa con occhi freddi, rossi; le fauci
spalancate, i denti snudati.
Ha
dita sottili il fratello di Alex - da pianista o chirurgo; nettamente
diverse
dalle sue, ricoperte di cicatrici e dalle nocche un po' storte.
Solleva
il mento quando lo guarda e gli ricorda tremendamente Alcina - lei e
la sua schifosa
arroganza.
Karl
indossa un sorriso beffardo, frustrato dal non poter masticare
l'estremità di un sigaro.
Il
fratello di Alex è alto - più di lui: forse quasi due
metri, a occhio e croce.
Veste
come uno di quei modelli da copertina - la
signorina bionda moderna,
gli torna in mente come la chiamava Angie - e la sua pupilla è
ormai bloccata nella forma uncinata di un rettile.
È
un uomo intenso,
come
gli aveva detto Alex; tutto in lui irradia un senso di minaccia, di
equilibrio folle - un grosso predatore a cui non puoi mai dare le
spalle.
"Ah,
ecco il coglione che si è fatto bruciare le palle sul fondo
del vulcano."
Wesker
alza appena un sopracciglio, arricciando le labbra in un sorriso
sgradevole - sinistro.
"Allora
il cane sa parlare."
"E
piscia anche nei cortili altrui, se vuoi saperlo."
Wesker
amplia il sorriso, mostrandogli una chiostra di denti bianchissimi e
affilati."
"Non
avevo dubbi al riguardo; immagino che per te sia tutto nuovo."
chiosa, e dio,
quanto
sarebbe piaciuto ad Alcina.
Forse
avrebbe potuto persino conservarlo per un po' prima di evirarlo e poi
svuotarlo fino all'ultima goccia di sangue.
"Il
telefono. La tecnologia." prosegue, intrecciando le dita sulla
testa dell'aspide.
"La
doccia." aggiunge poi, flettendosi in avanti - spandendo un vago
odore di cuoio e maninka.
"Già."
ribatte lui, lisciandosi la camicia che gli aveva dato Alex
"Soprattutto quando ad aspettarti dall'altra parte della porta
c'è una bella donna."
Wesker
emette un suono asciutto, a metà tra la risata e in ringhio.
"Sei
divertente."
"Me
l'hanno detto in tanti."
"Quanto
un esame della prostata." specifica poi Wesker, appoggiando i
fianchi contro la scrivania.
"Oh,
non saprei: c'è a chi piace farsi ficcare cose su per il
culo." replica Karl, per nulla impressionato.
Wesker
inclina il capo verso la spalla, studiandolo - la pupilla vibrare,
l'iride di un rosso diverso da quello di Alex; più intenso,
quasi sangue vivo
e appena eruttato da un'arteria squarciata.
"Ha
sempre avuto una passione smodata
per
i randagi, mia sorella."
Heisenberg
solleva il viso verso il suo, alzando una mano verso i capelli, quasi
a scostare la tesa di un cappello che non c'è più.
"Alex
non è tua sorella."
Wesker
tace, squadrandolo.
Karl
si infila le mani nelle tasche, stranito dal non trovarle piene di
bulloni o pezzi di metallo.
"Ma
sì, randagio è un termine che ben mi si adatta."
"Felice
che concordiamo su qualcosa." dichiara Wesker, quieto.
Heisenberg
gli scocca un'occhiata obliqua, nella sua mente chiara come se fosse
accaduta ieri la reazione di Alex alla sua morte - il tormento
che
l'aveva consumata un poco alla volta, rendendola tragica e spietata
al contempo.
"Hai
qualcosa da dirmi, Karl Heisenberg?" sibila Wesker, indurendo lo
sguardo.
Oh,
allora non ti piace essere giudicato eh, stronzo?
Karl
si stringe nelle spalle, godendosi la sensazione del cotone dei
pantaloni sulla pelle - fresca, pulita.
"Sì."
risponde, posando lo sguardo sulla porta dell'ufficio.
Wesker
attende, attorno a lui il campo elettrico flettersi,
e pulsare.
"Per
cena vorrei del brasato al..."
Heisenberg
aggrotta le sopracciglia, riflettendo - facendo finta
di
pensare al termine usato da Alex.
"Ah
sì, ecco: brasato al vino rosso."
Wesker
rimane impassibile, il viso teso in un'espressione indecifrabile -
durissima.
Karl
abbozza un sorriso derisorio, toccandosi i capelli raccolti sulla
nuca.
"Immagino
non sia un problema per un big
guy come
te, no?"
Il
volto di Wesker non tradisce alcuna reazione e per un attimo - un
istante - i loro campi elettrici si toccano
e
Karl può percepire
la
vastità di quell'uomo, la profondità dei suoi pensieri,
l'orrore.
Un
grumo palpitante che soffoca e
brucia e
divora e...
Alex.
Karl
lo guarda dritto negli occhi, Wesker sostiene il suo sguardo.
Non
c'è pietà per i mostri in questo mondo, Karl. (1)
Dietro
la la pelle delle Bestia sono tutti ancora bambini spaventati e soli.
6.
È
un'entusiasta, Alex; adesso può vederlo chiaramente.
Certo;
non si appassionerà mai al bricolage o al decoupage, ma quando
gli racconta di quello che stanno facendo alla Blue Umbrella brucia,
e con lei la stanza.
Davanti
a sé dispiega tecnologie che hanno dell'impossibile,
mostrandogli un mondo da cui Coșmarul
si era nascosto per anni,
ignorandolo.
E
non importa che sorrida perché qualcuno è appena mutato
nell'esperimento; perché il nuovo agente virale sia
promettente o la nuova protesi biomeccanica funzioni che è una
meraviglia.
Karl
conosce quel sentimento perché dentro tutta la merda di
Coșmarul
ogni soldat operante era una vittoria - ogni braccio armato un passo
avanti verso la libertà, ogni resurrezione
una
conquista.
Scorre
con l'indice lungo il catalogo film del tablet - Netflix,
gli
aveva detto Alex; si
chiama Netflix e lo adorerai - le
caviglie incrociate sul tavolo e poco lontane dalle scarpe un
groviglio di cartacce e stagnola.
Aggrotta
le sopracciglia, indeciso tra due titoli - Bad
Boys o
un certo 365
giorni sul
quale Alex aveva sogghignato pericolosamente, ridacchiando come Angie
e rappresentandone quasi
la
copia formato gigante.
"Oh,
ecco il cocco del capo."
Karl
solleva lo sguardo, incontrando quello di 3A7.
Il
mercenario si siede, posando davanti a sé un vassoio pieno di
patatine e due hamburger grandi come un pugno.
"Ne
vuoi?" gli offre, gesticolando sopra le pietanze "Lavorare
qui è un lavoro pieno di merda e sangue, ma la mensa è
fantastica."
chiosa, scrocchiandosi i muscoli delle spalle.
Heisenberg
valuta la proposta, pensa che no,
non
è il caso - non dopo tutte le pietanze che Alex gli ha
sciorinato e ficcato quasi a forza nel piatto nel corso degli ultimi
due mesi.
3A7
non aspetta neppure la sua risposta, cospargendo di senape le
patatine e cominciando a mangiarle cinque a cinque.
"Allora."
inizia, masticando "Hai già fatto il giro panoramico
dell'azienda?"
Karl
lascia il dito in bilico tra i due titoli, cliccando poi 365
giorni -
lo lascia in download e Alex lo prenderà per il culo per
giorni dopo
che l'avrà visto.
"Se
intendi che ho già visto le gabbie con quei strani cani di
muscoli e pelle o dove tenete le vostre sessioni
di
terapia, sì, allora l'ho già fatto."
3A7
annuisce, schiacciando l'hamburger tra due fette di pane tostato
ricoperte di semi di zucca.
"Magnifico:
vedo che il capo non ha lasciato indietro niente."
"È
una donna precisa."
3A7
deglutisce, guardandolo da dietro il bordo del bicchiere.
"Precisa
è un eufemismo per dire maniacale."
"Dedicata."
ribatte Karl, neutro.
Il
mercenario beve un sorso d'acqua, studiandolo con attenzione.
Heisenberg
posa il tablet, intrecciando le dita sull'addome.
"Devi
piacerle proprio tanto,
Magneto."
Karl
alza un sopracciglio, scoprendo un canino.
"So
chi è questo Magneto:
ho visto gli X-Men." replica, asciutto.
3A7
si pulisce gli angoli della bocca, quieto.
"E
non è il mio nome." aggiunge, fissandolo.
Il
mercenario si ferma, sfregando il pollice sul tovagliolo.
"No."
concorda poi, sollevando appena lo sguardo "Il tuo nome è
secretato, uomo d'acciaio. Kaput. Vietato."
Karl
ascolta, le posate vibrare
- farsi bandiera dei suoi pensieri, del suo stato d'animo.
3A7
guarda la forchetta sollevarsi, tranquillo.
"Sei
come loro."
Nessuna
risposta.
3A7
sfiora con la punta delle dita il coltello sospeso a pochi centimetri
dalla sua guancia, calmo.
"E
sei fedele."
valuta poi, inclinando il mento verso di lui.
Karl
piega il capo verso la spalla, gli occhi adesso di una sfumatura più
fredda, quasi acciaio.
3A7
sorride, una chiostra di denti bianchissimi e tutti regolari - una
necessità
per
chi combatteva sul campo e prendeva pugni e scudisciate da lucertole
mutanti.
"La
fiducia è importante in posti come questo." mormora poi,
voltandosi lentamente verso il piatto e abbassando la forchetta fino
alle patatine.
Clang.
3A7
torna al suo pranzo, Karl lo guarda in silenzio per qualche altro
minuto: fedeltà
è
una parola così aliena sotto la lingua da aver un sapore quasi
dolce.
And
I'm wondering why I still fight in this life,
'cause
I've lost all my faith in this damn bitter strife
and
it's sad, it's so damn sad.
Ai
piani più superficiali - quelli dediti all'apparenza
dell'azienda, gli aveva spiegato Alex - hanno cominciato a indossare
maglioni rossi e verdi, alcuni con ridicoli
disegni
di renne o pupazzi di neve.
E
non gli piace l'inverno a Karl: non gli piaceva prima,
quando
a Coșmarul
sembrava essere l'unica stagione possibile, e non gli piace adesso,
con l'odore della cannella e delle mele candite che gli irrita il
naso.
Alex
sembra del tutto immune al cambio d'atteggiamento della maggior parte
dei dipendenti e al livello in cui è più presente -
biorischio 4 - sono in pochi a indulgere nel Natale, ma il fastidio
resta,
ed
è più profondo.
"Quanto?"
le chiede, posando il capo contro lo stipite della finestra.
Alex
continua a compilare una serie di dati sul pc, liberando un piccolo
hum
interrogativo,
distratto.
"Da
quanto sono qui?" ripete, e il clic clic dei tasti si ferma.
"Perché?"
Karl
si volta, trovandola intenta a guardarlo.
"Curiosità."
Alex
socchiude gli occhi, studiandolo con attenzione - sfogliando le sue
intenzioni, frugando
nei suoi pensieri.
"Hai
così fretta di andartene?"
Karl
si porta una mano al petto, mostrandole un sorriso beffardo -
impertinente.
"Se
avessi saputo dei tuoi sentimenti ti avrei comprato un regalo, amore
mio."
la prende in giro, e Alex preme le labbra tra loro per trattenere una
risata.
"Ma
vaffanculo."
"Prima
tu." chiosa lui, chiamando a sé una sedia e ruotandola,
così da poter appoggiare i gomiti sullo schienale.
Alex
chiude il pc, fissandolo.
"Abbiamo
recuperato il cerebrum pochi giorni dopo l'esplosione; sei qui da un
anno e dieci mesi."
Il
sorriso di Karl non cede, nemmeno la sua maschera.
Alex
si reclina all'indietro, picchiettando con le dita sul bracciolo
della poltrona.
"Cosa
vuoi veramente,
Karl?"
lo anticipa, seria.
Heisenberg
la guarda, sul viso un'espressione neutra - attenta.
"No."
gli dice, brusca.
"È
un mio diritto."
"Non
se ne parla."
Il
metallo nella stanza si solleva, cominciando a compiere piccoli
movimenti circolari - sfiorandole il viso in un passo di danza che
hanno già fatto molte volte.
"Sono
tuo prigioniero?" mastica lui, la rabbia un sentimento che
ancora lo accende
in
fretta.
Alex
rimane immobile, ma negli occhi qualcosa si flette,
avvicinandosi
pericolosamente alla comprensione.
Ed
è di nuovo Coșmarul
- viva, pulsante.
È
Spencer e il suo delirio, Miranda e la sua ossessione.
È
il pigolio sfiatato di quei bambini rapiti, contorti e piegati
al
loro volere - ai loro sogni.
Alex
lascia che un chiodo le tagli
una
guancia, a terra gocce di sangue simili a monete.
Heisenberg
inspira con forza, attorno a loro l'energia elettrica vibrare,
scontrandosi e infine trovando quiete l'una nell'altra.
"Dove
vorresti andare?" sussurra poi - rossa sulle labbra, lungo il
viso.
"Fuori."
"Il
mondo è un posto molto grande, Karl."
"Lo
so."
Alex
scuote la testa, incerta.
"No,
non lo sai. Credi
di
saperlo, ma il villaggio è stata la tua unica realtà
troppo a lungo."
"Non
sono uno stupido."
"Nessuno
di noi lo era." ribatte lei, rigida "Eppure eccoci qua."
prosegue, indicando entrambi.
"Vivi."
incalza lui, alzandosi e avvicinandosi.
Alex
solleva lo sguardo, trovandolo adesso a pochi passi dalla poltrona.
Karl
non arretra, non cede: è stato condannato in un luogo per
troppo
tempo per accettarlo ancora - anche se lì c'è lei
ed è divertente, accogliente e...
E
lei non può seguirti.
Alex
lo guarda, abbozza un sorriso triste - a metà.
"Per
la mia famiglia adottiva sono uno dei tanti casi di ragazzine
scomparse, forse persino uccise."
La
libertà di Alex è stata pagata a un prezzo molto più
alto della sua.
7.
Il
busto di Alcina è bloccato in una posizione agonica, urlante.
È
paralizzata in un'espressione di terrore e dolore,
al suo fianco i cento occhi di Moreau vedono oltre
-
dove era stato anche lui.
Nel
silenzio di mille morti senza possibilità di salvezza.
Tap
tap. Tap tap.
Wesker
lo affianca, le mani su quel suo inquietante bastone - nero, liscio.
Karl
tace, premendo tra le labbra un sigaro spento.
"Gliel'ha
estratto mentre ancora gridava."
inizia, indicando con la testa dell'aspide un contenitore vicino ad
Angie - muta, senza più vita.
"Il
Cadou." specifica, ed è innaturale
la sua voce - una sensazione vuota
che
ti rattrappisce la pelle, il cuore.
Heisenberg
gli lancia un'occhiata obliqua, attenta.
E
si era chiesto tante volte cosa
ci
fosse in quest'uomo perché le persone si affrettassero
a
eseguire i suoi ordini, scivolando su piedi piccoli e tremanti.
Si
era chiesto perché
-
se fosse mai stato capace di infondere nella sua voce una tonalità
diversa, viva.
Wesker
mantiene lo sguardo fisso davanti a sé, negli occhi la stessa
vacuità dei rettili - un'assenza che gli fa venire voglia di
prenderlo e
scuoterlo e
magari pestargli un piede per vedere se è fatto di carne e
sanguina e...
"Ha
urlato, Karl: per mesi interi."
"Una
specie interessante." gli dice, imperscrutabile.
Heisenberg
schiocca la lingua contro il palato, snudando i denti.
"Un
peccato mi sia perso la mutazione del Duca: Alex ha detto che era
orrenda."
Wesker
sposta il peso da un piede all'altro - la
gamba sinistra è un ammasso di cicatrici e ossa rinsaldate
male, Karl
- quieto.
"Avrei
voluto sentirlo strillare come il maiale che era." continua,
rigirandosi tra le dita l'accendino.
Wesker
si volta, guardandolo.
Karl
amplia un sorriso che non vuole ridere, spostando il sigaro di lato.
"Cosa
c'è? Credevi mi stessi simpatico quell'ammasso di lardo?"
"No."
Ed
è frustrante, il fratello di Alex; parla per monosillabi e
cazzo,
non
credeva l'avrebbe mai pensato, ma almeno Alcina gli dava qualche
soddisfazione.
"Non
sono qui per lui."
"Lo
so."
Karl
libera un sospiro esasperato, accendosi il sigaro e buttando fuori
una generosa boccata di fumo.
"Merda,
sei irritante quanto uno sfogo anale."
Ah
ah.
Heisenberg
si volta di scatto, colto alla sprovvista da quel suono arrugginito,
sbeccato agli angoli.
Cazzo,
questo è matto, il
primo pensiero che l'attraversa.
C'è
qualcosa che posso usare in questo buco di caveau per colpirlo?,
il secondo.
"La
bambola." lo prende invece in contropiede Wesker, inclinando il
viso verso il suo - e arriccia le labbra quel cazzo di svitato,
socchiudendo la bocca.
Il
riflesso di Flehmen.
"Alex
mi ha detto che era l'unica che tolleravi."
"Non
le avrei voluto spaccare tutte le ossa se è questo che
intendi."
Wesker
avanza, Karl non arretra - se il coglione vuole bruciarsi con la
punta del sigaro, be', faccia pure.
"Io
non ti piaccio."
"Jackpot."
ribatte Karl, irritato.
Wesker
piega il capo verso la spalla in un movimento curioso, attento.
"Eppure
non mi reputi una minaccia."
"No."
replica lui, gettando la cenere a terra.
"Mi
trovi sgradevole."
sottolinea Wesker, piegando le labbra in una smorfia.
Heisenberg
lo squadra da capo a piedi, infilandosi il pollice nel passante dei
pantaloni.
"Non
fraintendermi, big
guy:
probabilmente sei bello per i canoni della società moderna.
Voglio dire, assomigli a quel, come si chiama... ah, sì,
quell'Homelander televisivo, biondo e psicopatico, ma per me?"
dice, indicandosi e scuotendo la testa.
"Per
me sei solo un coglione con deliri di grandezza che si è fatto
sbattere il culo sul fondo di un vulcano da Chris fottuto
Redfield."
Wesker
lo sovrasta e per un attimo - un istante - la rabbia esplode
nella forma di una corrente elettrica che lo attraversa da parte a
parte, stringendogli le viscere, i testicoli.
Karl
tossisce, rafforzando la presa attorno il sigaro - desiderando come
non mai il suo martello.
"Un
destino comune, a quanto pare." sibila poi Wesker, flesso in
avanti - più serpente che uomo.
"Adesso
che la palla è al centro sei contento?"
"Mai."
ringhia lui, ed ecco lì
l'uomo intenso di cui parlava Alex - quella scossa tellurica che è
solo devastazione e
follia.
"E
allora fallirai, ancora."
sancisce Karl, lapidario.
Wesker
sembra bloccarsi a quelle parole ed Heisenberg si chiede se possa
andare in
pezzi come
i lycan o Miranda stessa.
"Ti
sei mangiato la lingua?" incalza, ma Wesker lo ignora,
raddrizzandosi e guardandolo come se fosse nuovo - diverso.
"Ti
è venuto un ictus?" insiste, in parte preoccupato, in
parte soddisfatto di se stesso.
"Fallirai."
"No."
"Sì,
invece: e io non potrò salvarti."
Wesker
allarga le spalle, irrigidisce le schiena - posa nuovamente entrambe
le mani sul pomello del bastone.
"L'ha
fatto per te." dice, ed è quasi un mormorio
impercettibile.
"Questo."
sottolinea, puntando il fondo del bastone sul Cadou del Duca.
"L'ha
torturato per ore,
tenendolo
in vita con fleboclisi continue." racconta, assorto - lontano.
"E
mi è piaciuto." ridacchia poi, dandogli sempre più
l'impressione di un uomo prossimo al collasso nervoso.
"Mi
sono divertito,
perché Alex, oh, lei è così brava
a
fare del male e lo fa da così
tanto tempo
che ormai ne è un'esperta."
A
me non l'ha mai fatto,
vorrebbe ribattergli Karl, ma tace perché adesso in Wesker c'è
qualcosa di
rotto -
una crepa attraverso la quale riesce a vedere un abisso di orrori e
sentimenti innominabili.
Heisenberg
tende i muscoli delle cosce, chiama a sé quello che trova -
nulla di un cazzo, porca troia.
"Ma
tu lo sapevi già, uhm?" prosegue, annuendo tra sé
e sé.
Wesker
continua a scuotere la testa, sembra voler scacciare un pensiero
molesto - ossessivo.
Karl
solleva di scatto le braccia quando lo vede muoversi, preparandosi a
un attacco - un colpo, un grido, qualcosa...
Tap
tap. Tap tap.
Wesker
gli dà le spalle, fermandosi solo quando ha già un
piede oltre il ciglio della porta blindata del caveau.
"Sei
libero, Karl Siard Heisenberg." mormora, usando il suo nome
intero.
Lei
no. Io
no.
"Divertiti
nel mondo." si congeda, i suoi passi che risuonano per minuti
nelle orecchie - tra le costole.
Sulla
mensola del caveau Angie sembra sobbalzare e gemere.
Oh
I wish it was over and I wish you were here
still
I'm hoping that somehow 'cause your soul is on fire,
a
shot in the dark,
what
did they aim for when they missed your heart?
Sono
tutti morti e tornati indietro, ma il big
guy sembra
aver lasciato qualche pezzo laggiù,
dove
Alcina urla ancora e Donna forse ha trovato pace.
Karl
è nel mezzo della lettura di un paragrafo sui compressori e
sulle turbine a flusso generalizzato quando le luci si spengono di
colpo - buio e poi rosso.
Solleva
il capo, chiudendo il manuale.
Non
è uno stupido e sa
cosa
significhi anche senza che l'altoparlante continui a ripetere
attenzione:
soggetto di rischio quattro libero. Siete tutti pregati di rimanere
nelle vostre stanze e aspettare la squadra di contenimento.
Heisenberg
si alza, chiamando a sé il martello - nuovo, ricostruito con
materiali di prima scelta.
Crash.
Spalanca
la porta, alzando appena un sopracciglio.
"Che
cazzo è tutto questo casino?" borbotta tra sé e
sé, chiedendosi se questa volta sia scappato uno di quei cani
pelati oppure una di quelle piantine carnivore che Alex chiama
Yateveo.
Plotch.
La
testa ancora nel casco di uno dei membri della squadra di
contenimento gli passa davanti agli occhi come una palla di bowling,
schiantandosi contro il muro.
Ah,
merda.
Si
volta, trovandosi faccia a faccia con un Tyrant Bloodshot - quattro
metri di altezza e la stessa agilità di un fottuto
licker.
"Spero
che lo stronzo che ti ha lasciato uscire per una passeggiata sia
morto." mastica Karl, rafforzando la presa attorno il martello e
assumendo una posizione difensiva.
Il
tyrant lo fissa, vacuo.
"E
anche male."
aggiunge, flettendo i muscoli delle gambe.
Il
tyrant carica e le piastrelle si spaccano sotto il suo peso - Karl
para il primo colpo, restituendoglielo nell'addome.
Heisenberg
è veloce e si sposta prima a destra, poi a sinistra - un piede
in avanti, adesso in diagonale - ruota il martello tra le dita,
lanciandolo e percependo il metallo rispondere,
fondersi con lui, la sua volontà.
Il
tyrant scrolla il capo, guardandolo con occhi spenti, inerti - biglie
nere e lucide.
Karl
snuda i denti, afferra il martello con entrambe le mani - sta per
scagliarsi contro di lui quando la creatura sembra arretrare, a terra
un groviglio di intestini e sangue.
"Indietro."
comanda una voce - la
sua.
"Col
cazzo." ribatte Karl, rimanendo fermo nella sua posizione.
Wesker
lo affianca, silenzioso.
"Indietro."
ripete, ignorandolo.
"Ho
detto..."
"Non
parlo con te."
sibila Wesker, mantenendo lo sguardo fisso sul tyrant.
Heisenberg
inclina il mento verso di lui, guardandolo.
E
c'è qualcosa
che si agita sotto la sua pelle - che gli dona un lucore nerastro,
innaturale.
Arriccia
il naso, colpito dal suo odore - cuoio e maninka e una traccia
torbida,
quasi soffocante.
L'ha
già sentito; è sicuro di aver già annusato
questo
lezzo - dolciastro, che si attacca alla pelle, scivola sotto la
lingua e in gola, facendoti venir voglia di fare cose che normalmente
non faresti mai
e
che...
"Ferormoni."
mormora, premendo le labbra in una linea sottile.
Wesker
sposta la gamba destra in avanti, il braccio sinistro indietro - non
gli risponde neppure.
Karl
deglutisce, mordendosi l'interno guancia - l'aria ne è piena
e
gli stanno facendo venire la nausea e qualcosa strappa
al
centro del petto, scendendo verso l'ombelico e...
Il
tyrant ringhia, spalanca la bocca e urla
- furioso, idrofobo.
Wesker
sorride e salta.
8.
"Ehi,
Magneto."
Heisenberg
solleva appena lo sguardo, in una mano un estrattore per circuiti
integrati, nell'altra un cacciavite a stella.
3A7
lo fissa dalla soglia della porta, un giubbotto di pelle addosso e un
paio di sneaker ai piedi - Nike Blazer Mid '77, tomaia schizzata di
giallo e blu.
"Hai
mai provato la grigliata mista di Bobby?"
Karl
alza un sopracciglio, sottolineando come chiaramente
non
sappia di cosa stia parlando il mercenario.
3A7
si scosta dallo stipite, schioccando la lingua contro il palato.
"Bobby
Van's Steakhouse: la miglior fottuta
carne
di Washington."
Karl
solleva una tronchesi, indicandolo.
"Prendimi
per il culo un'altra volta e ti stacco le dita una per una."
3A7
sorride, estraendo dalla tasca due rettangoli azzurri con le loro
foto.
"Il
capo ha detto che posso portarti fuori a fare un giro."
Heisenberg
sposta lo sguardo dai documenti al mercenario, guardingo.
"La
dottoressa Korda." specifica 3A7, fissandolo.
Karl
spegne il saldatore a stagno, ruotando sulla sedia.
"K01
ha bisogno di uscire."
inizia il mercenario, scivolando con lo sguardo lungo la stanza - le
lenzuola stropicciate sul fondo del letto, libri sparsi di meccanica
ed elettronica, due o tre volumi di anatomia umana e strumenti vari
appoggiati praticamente ovunque.
"Portalo
dove preferisci, basta che teniate un profilo basso; queste
le sue testuali parole." conclude, avvicinandosi al televisore
acceso su un telefilm coreano - Sweet Home, Netflix.
Karl
muove le spalle, liberando un sospiro soddisfatto quando un punto tra
il collo e il braccio si scioglie
in uno scrocchio secco, asciutto.
"Lei
non viene?"
3A7
si volta, quasi del tutto piegato in avanti sul modellino di un
cavallo meccanico che emette persino fumo dalle narici.
"Il
capo?"
Karl
intreccia le dita tra loro, annuendo.
"No:
anzi, non l'ho mai vista uscire da questo complesso."
3A7
prende in mano il modellino, negli occhi una luce curiosa -
divertita.
"Credo
viva nell'attico." mormora, sfiorando con il pollice l'intricato
decoro che percorre il dorso del cavallo.
Heisenberg
si reclina contro lo schienale della poltrona, studiandolo in
silenzio.
"Vicino
all'ufficio del dottor. Wesker." conclude, posando il modellino
sul comodino con una delicatezza inaspettata.
3A7
si volta, schioccando il pollice con il medio.
"Dunque,
Magneto? Per quelle bistecche? Se ti rimane posto fanno anche dei
brownie per i quali vale la pena morire." ripete, muovendo le
sopracciglia in un modo ridicolo.
"Non
sei un prigioniero, Karl: non con me."
Sotto
la pelle l'energia di Alex è un ronzio profondo e costante.
It's
the rule that you live by and die for;
it's
the one thing you cannot deny
even
though you don't know what the price is.
"...
ma ballare è come combattere e credo ti servirà ben più
dei tuoi soldat là fuori." (1)
Adesso
capisce cosa voleva dire Alex.
Adesso
lo vede
ed
è grottesco e al tempo stesso elegante - morbosamente
affascinante.
Dove
lui è metallo e forza bruta Wesker è invece aggraziato:
una curva sottile e nerissima che danza, e uccide.
Ruota
verso il basso, togliendo il piede di appoggia al tyrant - solleva il
palmo della mano in alto, frantumandogli il mento, il setto nasale.
C'è
una precisione aristocratica nei suoi movimenti; la stessa che aveva
visto in Alex - corpi che erano solo quello:
armi e strumenti.
Ruota
all'indietro Wesker e a vederlo combattere non si direbbe che la
gamba sinistra è storta
-
un ammasso contorto di cicatrici e pelle morta.
Le
pareti gocciolano rosso, Wesker ride
-
ed eccolo lì l'uomo di cui gli aveva sempre parlato Alex.
Il
fratello devoto. Il pianificatore. Il conquistatore spietato. Il
traditore.
Spacca
il gomito al tyrant, si arrampica su di lui come fosse niente
-
affonda le dita nella gola e spalanca,
facendone schizzare ossa e sangue.
E
ride, Wesker: un suono terribile, che non aveva mai sentito - che
assomiglia a tutte le cose abbandonate e corrose che aveva visto al
di là.
"Siamo
morti e siamo tornati indietro; ma forse una parte di noi è
ancora là,
che
urla e implora e soffre."
Karl
osserva il tyrant ciondolare in avanti, cercare di afferrare Wesker -
mancarlo, e liberare un grido stridulo quando quest'ultimo gli sferra
un pugno nella nuca, immergendosi fino al gomito dentro di lui e
strappandone buona parte della colonna vertebrale.
Le
luci si spengono e il corridoio cade nel buio per uno, due, tre...
Click.
"Rischio
biologico contenuto." annuncia una voce femminile "Il
personale al livello quattro deve ancora rimanere nelle sue stanze
per la disinfezione generale dei locali."
Heisenberg
storna lo sguardo dall'altoparlante, posandolo sul corpo squarciato
del tyrant - sopra di lui, inginocchiato, Wesker sembra studiare
qualcosa direttamente
nel suo cranio, scoperchiato.
Si
avvicina, trascinando dietro di sé il pesante martello -
inclinando il capo verso la creatura.
"Direi
che è morto."
Wesker
solleva un dito e Karl nota come sotto le unghie vi siano pezzi di
carne e fili rosati, traslucidi.
"Gli
hai spaccato la testa come un melone: non credo che..."
La
creatura inarca la schiena di scatto, spalancando gli occhi e...
Splotch.
Wesker
sbatte le palpebre una, due volte.
"E
che cazzo."
Karl
preme,
sfregando la bocca martello nel pavimento e nella massa molliccia di
ciò che resta del tyrant.
"Vaffanculo.
Vaffanculo e vaffanculo."
ripete, inspirando con forza.
Wesker
lo guarda, nella pupilla una sfumatura interdetta, persino sorpresa.
"Ma
che cazzo gli date da mangiare? Steroidi e anfetamine?" prosegue
Karl, scollando
il
martello dai resti del tyrant.
L'energia
di Wesker freme
e
gli comunica tutto il suo fastidio.
9.
È
un uomo ordinario, 3A7.
Non
è poi molto diverso da Ethan Winters - un sorriso che molte
donne trovano gradevole;
occhi allegri, una piccola cicatrice vicino l'orecchio sinistro, una
più grande sotto la clavicola.
Non
è né bello né brutto: è un'ombra - un
profilo che può facilmente mescolarsi con gli altri, ora il
bigliettaio della giostra di tuo figlio, il momento dopo il tizio che
aspettava il treno leggendo il giornale.
Karl
fissa la bistecca che ha nel piatto, ben cotta.
"Quella
cosa
è
ancora viva, Alex."
"Si
mangia così
il
filetto, Karl."
3A7
ringrazia la cameriera, aprendo davanti a sé il tovagliolo e
guardandolo.
"Non
hai fame?"
Heisenberg
scivola con lo sguardo lungo i tavoli - un brusio di voci e rumori;
posate che cadono, risate che infrangono
il
borbottio degli altri clienti, la musica country in sottofondo.
3A7
comincia a mangiare ed è vorace
-
riesce a mettersi in bocca un pezzo di bistecca e due di salsiccia
piccante.
Karl
sa
che
lo sta studiando - lo sente.
Può
percepirlo nella quasi impercettibile fluttuazione del suo campo
elettrico, dalle occhiate che gli scocca in tralice.
Ed
è tutto intenso - enorme:
la città brulica e non c'è spazio che non sia stato
occupato, corpo che non si muova - esplode
attorno
a lui e lo fa sentire piccolo, indifeso.
Un
sentimento terribile e che non provava da anni.
3A7
smette di masticare, pulendosi un angolo delle labbra.
"Respira."
gli dice, fissandolo.
E
Karl si volta, capendo solo in quel momento di aver trattenuto il
fiato - vedendo le posate tremare,
i cerchioni delle auto piegarsi,
l'intera
Washington sollevarsi dal cemento, rispondendo alla sua confusione.
3A7
si sporge oltre la sua metà del tavolo e Karl espira di colpo
- cling.
Un
bambino inclina il viso verso la fonte di quel rumore, guardandolo
incuriosito - mamma,
mamma; quell'uomo fa volare i coltelli e le forchette.
"Sto
bene."
Il
mercenario lo soppesa in silenzio ancora qualche secondo, annuendo e
tornando a sedersi.
"La
dottoressa aveva detto che potevi sentirti... sperduto.
Sì, ha usato proprio questa parola."
Heisenberg
ascolta il rullio del proprio cuore, quello del Cadou - mostruoso,
spaventato.
3A7
sfila un peperone grigliato dallo spiedino, poi un pezzo di cipolla.
"Non
deve,
ha anche aggiunto; questo
è il suo mondo.
Quello
che gli ho promesso."
continua 3A7, bevendo un sorso di birra.
Karl
digrigna i denti - non è abituato a perdere il controllo a
tutto... questo
- e 3A7 sorride, scuotendo appena la testa.
"C'è
qualcosa che non va in quell'azienda." proclama, posando il
mento nel palmo della mano.
"C'è
qualcosa che non va in tutti
noi." aggiunge, e Karl si volta, guardandolo.
3A7
stende le labbra in un sorriso che sembra
sincero,
la miglior imitazione che può offrirgli di Paul,
operaio
nell'industria tessile - così recita la sua carta d'identità.
"Ma
questo è
il nostro mondo." dice, e c'è adesso una nota dura nella
sua voce - ferale, risoluta.
"E
loro mi hanno dato la possibilità di farne parte. Di reclamare
il mio posto." conclude, offrendogli il piatto di nachos con
guacamole che avevano ordinato.
Il
bambino emette un gridolino stridulo, ricordandogli Angie - sbatte
a
terra un pezzo di pizza, spargendo pomodoro e mozzarella ovunque.
Gli
occhi di 3A7 sono quieti, sfumati in un marrone neutro - scialbo,
banale.
Qual
è la miglior arma? Quella che non consideri tale.
Sotto
la lingua la carne ha il sapore di una vita non ancora vissuta.
I
breathe underwater, it's all in my hands,
what
can I do? Don't let it fall apart,
a
shot in the dark, a shot in the dark.
"Avevamo
ragione: c'è una forma di mutualismo tra il micete e
l'ospite." inizia Alex, intrecciando le caviglie sul fondo del
letto.
Wesker
mantiene lo sguardo fisso sul tablet, neutro.
"Una
volta che le spore penetrano l'organismo iniziano a riprodursi e
infettano le cellule, alterando la ERK." prosegue, segnandosi
qualcosa a bordo pagina.
"Questo
spiega anche perché pochi soggetti siano compatibili; la
maggior parte delle volte una modificazione dei segnali regolatori
porta ad aberrazioni cellulari; una espressione eccessiva del gene
ERBB2, per esempio." ripete, gettandogli un'occhiata in tralice.
Wesker
la ignora, sul viso un'espressione impenetrabile.
"Le
femmine ne sembrano più colpite." insiste Alex,
fissandolo "Carcinoma endometriale, dell'utero: il micete non è
certo un agente infettivo generoso."
Wesker
inspira, premendo le labbra in una linea sottile.
Alex
tamburella un paio di volte la penna sui fogli, interdetta.
"Sei
infantile."
Wesker
irrigidisce un muscolo sotto la mandibola, sullo schermo dello tablet
sempre la stessa fottuta
riga - un grafico a torta e una serie di rendicontazioni aziendali.
Alex
posa il carteggio di lato, avvicinandosi - e l'odore di metallo è
così
forte
da fargli venir voglia di vomitare, e poi l'acre del tabacco e quel
filo più sottile,
che
il virus sgrana tra le sue propaggini, riconoscendolo come qualcosa
di fin troppo
vicino alla soddisfazione e...
No.
"Albert."
lo chiama.
"Albert."
ripete, ma è codardo il cuore di chi si è creduto un
dio e non sa fare altro che scappare
- morire un po' alla volta, di nuovo.
Wesker
si alza, gettando il tablet su letto e cominciando a vestirsi.
Il
senso di colpa è infine mutato nel peggiore dei sentimenti;
verso
se stesso; verso di lei.
Il
risentimento.
10.
Non
era lui che cercava.
Aveva
seguito la traccia dell'energia di Alex fino all'ultimo piano
dell'azienda - un colosso in acciaio e vetro che sovrastava
Washington, scrutando la città con occhi trasparenti,
implacabili.
"Big
guy."
inizia, fissandolo.
Wesker
inclina il mento verso di lui, una camicia slacciata addosso e sulla
pelle un complicato intrico di cicatrici biancastre e sottili.
Karl
le studia in silenzio, ricorda le sue, e Wesker lo squadra da capo a
piedi, neutro.
"Torno
più tardi."
Wesker
preme le labbra in una linea sottile - non
torni affatto, cane,
sembrano dirgli i suoi occhi, ma tace, puntando invece il dito
sull'involucro in carta stagnola a forma di cigno.
"Non
è per te."
"Lo
immaginavo." ribatte lui, controllato - distante.
"Probabilmente
mangi bambini o come Alcina carne di vergine."
Wesker
sposta il peso da un piede all'altro, appoggiando la spalla contro lo
stipite della porta.
Karl
rafforza la presa attorno il contenitore, percependo il calore
residuo del tortino al cioccolato - un'idea che si era guadagnata
un'occhiata strana
da parte di 3A7, quasi intimorita.
"Sei
gentile."
chiosa Wesker - e attacca
il mostro sotto il letto, perché è ora di ricordare a
quel bambino molesto e dispettoso che lui esiste,
e ha la bocca irta di denti.
"E
anche intelligente. E affascinante." replica Karl, beffardo.
Wesker
allunga la mano, all'anulare la fascia in oro bianco e ossidiana
brucia
-
sembra vibrare di vita propria.
"Dammi
pure, Karl:
lo consegnerò io ad Alex."
"Preferisco
farlo di persona."
"Cane
fedele." contempla Wesker, nell'iride una luce rossastra, cupa.
Heisenberg
abbozza un sorriso derisorio, tutto denti e arroganza.
"A
volte paga
esserlo,
big guy; inseguire piccole e graziose
bamboline
d'oro può essere una pessima
idea. "
Silenzio.
Wesker
rimane immobile, il ritmico gocciolare dell'acqua dai suoi capelli
l'unico segno che sia reale
- lì, al confine tra le sue colpe e il suo riscatto.
Karl
amplia il sorriso, dandogli le spalle e incamminandosi verso
l'ascensore.
Il
passato non concede mai alcun perdono.
But
the world has gone where you belong
and
it feels too late so you're moving on,
but
can you find your way back home?
Sono
(non) morti che camminano.
Il
segreto della loro (ri)nascita si raccoglie tutto in una serie di
geni che si attivano dopo il decesso dell'ospite - il trascrittoma di
Thanos, l'aveva chiamato Alex.
Karl
era morto una sola volta, Alex mille
- suo fratello un teschio ghignante che si era trascinato fuori dalla
tomba pieno di odio e rabbia.
"Ci
sono geni che ne sopprimono altri." gli dice, picchiettando il
labbro superiore con la penna.
"Ne
regolano l'espressione, evitando che il nostro organismo si riduca a
un grumo di masse tumorali e proteine sbagliate." prosegue,
indicandogli cifre e nomi che non conosce.
"Quando
il soggetto muore questi geni si spengono e altri, contenuti nei siti
HERV a cui si lega il Progenitore, si attivano, ricominciando tutto
daccapo." mormora, assorta - incantandolo
con
la bellezza di un virus grottesco, brutale.
"Qui."
specifica - gene pW01 "E qui." aggiunge, avvicinandosi -
gene Reg05.
"Entrambi
innescano una reazione che di solito si nota solo quando inizia a
svilupparsi un embrione."
Heisenberg
sposta i fogli verso di sé, leggendoli con attenzione.
"Quindi
per voi infetti la morte è una forma di ritorno in utero."
le dice, guadagnandosi un cenno di assenso.
"Succede
anche nelle persone normali, ma nel nostro caso il Progenitore riceve
questi segnali e riattiva in seguito anche tutti gli altri geni,
riportandoci indietro."
Karl
solleva il viso, incontrando il suo.
"Dice
anche che sono coinvolti in processi infiammatori e neoplastici."
Alex
si umetta le labbra, studiandolo adesso con attenzione.
Heisenberg
riporta lo sguardo sui documenti, aprendoli a ventaglio.
"È
quello che è successo a te, no?" persevera, nella voce
una nota arrochita, pesante.
Mentre
ti piegavi
sul pavimento della mia fabbrica, sputando sangue e
fatica
e
tutto.
"Sì."
ribatte Alex, raddrizzando le spalle, la schiena - se stessa.
Karl
si toglie gli occhiali, posandoli sulla scrivania; inclina il mento
verso di lei, fissandola - ieratica in quel suo camice bianco stretto
sui fianchi, lungo le cosce.
Morire
per creature come loro era solo una strada senza uscita.
11.
"Non
sai cos'è la Pasqua."
"No."
Alex
sgrana gli occhi, tra le mani un uovo grande quanto la sua faccia.
"Mi
prendi per il culo."
Karl
la guarda appena, tornando a concentrarsi su quello a cui stava
lavorando - una serie di chip microfluidici per applicazioni
medicali.
Alex
scosta la sedia dal tavolo, inclinandosi verso di lui.
"Be',
oggi
è
Pasqua."
"Chi
se ne frega?" ribatte lui, neutro.
Alex
piega le labbra in una smorfia ridicola,
posando l'uovo alla sua destra e indicandolo.
"Questo
è un Primitivo Cabossa: cioccolato di Modica, modellato e
confezionato interamente a mano. Viene lavorato a basse temperature e
non è concato." comincia a spiegargli, sussiegosa.
"Per
questo si presenta granuloso al tatto, in bocca." aggiunge,
sollevando l'indice.
Karl
incide il terzo foro nello strato isolante del chip, portandosi gli
occhiali tra i capelli.
"Quindi
è commestibile o no?"
Le
guance di Alex si gonfiano, in quel gesto un'età perduta, che
nessuno di loro aveva mai vissuto davvero.
"Cafone
rozzo insensibile." gli risponde, piccata.
Heisenberg
si reclina all'indietro, incrociando le dita tra loro.
Alex
picchietta con le unghie sul bordo della scrivania, spostando poi
l'uovo verso di lui.
"Aprilo
e mangialo, ignorante: poi mi dirai se ho buttato via centocinquanta
dollari."
"Solo?
Pensavo avresti comprato qualcosa da almeno duemila leu."
Alex
solleva un'estremità del fiocco - un delicato azzurro polvere
- sciogliendone il nodo e lasciando solo l'involucro argentato.
"Se
ne vorrai un altro - e lo vorrai, Karl,
perché
cose del genere a Coșmarul
manco esistevano - dovrai chiedermi scusa e pregarmi.
In
questo ordine."
Heisenberg
tira a sé l'uovo, sul viso un sorriso beffardo - arrogante.
"Col
cazzo: piuttosto rubo quello che ti sarai sicuramente comprata anche
per te." replica lui, ampliando il sorriso.
"E
scommetto che è anche più grande di questo."
aggiunge, ruotandolo tra le mani e soppesandolo.
Alex
raddrizza le spalle, sollevando il mento - in lei una forza nuova,
giovane:
della malattia che l'aveva consumata ne rimangono solo grumi di
cicatrici sotto la pelle, negli occhi, dove ancora la
vede.
Sangue
tra i denti, lungo il collo: una mano al petto, l'altra alla gola -
non
guardami in quel modo. Non ho bisogno della tua pietà.
"Prima
le scuse, poi le suppliche, Karl." gli ricorda, sistemandosi il
bavero della giacca.
Heisenberg
ridacchia, scuotendo la mano in aria.
Alla
sera dell'uovo saranno rimaste solo le briciole.
And
I still wonder why heaven has died,
the
skies are all falling; I'm breathing, but why.
In
silence I hold on to you and I.
Schimmel,
li aveva chiamati la dottoressa Korda; un nuovo prototipo di B.O.W.
che unisce le capacità rigenerative del virus madre alla
facoltà di modificare la propria forma del Micorriza.
"Li
venderemo a un prezzo giusto." gli dice, accavallando le gambe
fasciate di nero.
"Probabilmente
in Medio Oriente o in Africa." prosegue, davanti a lui piani
finanziari già organizzati e strutturati per trimestri.
"Non
c'è alcun motivo di temere un outbreak su scala mondiale."
specifica, sorridendo al suo sguardo preoccupato "Abbiamo già
pensato a un'arma con il quale contrastarli."
E
che sarà venduta a caro prezzo ai governi richiedenti,
vorrebbe aggiungere Anderson, ma tace perché nella sua
crudeltà questo piano è ben impostato - efficiente.
Joseph
si trattiene dallo stropicciarsi le palpebre, optando per frugare
nelle tasche della giacca e mettersi in bocca un'altra caramella -
lampone e mela.
"So
che non è il mio campo di competenza, ma dato che tra qualche
anno andrò a mentire in mondovisione vorrei sapere di
quale cura
stiamo parlando."
E
se funziona.
Natalia
Alex piega il capo in un movimento curioso, attento.
"Non
lo capirebbe comunque."
"Mi
metta alla prova."
Natalia
Alex fruga tra le pieghe del suo viso, nell'aria un vago retrogusto
di frutta e inchiostro.
"Useremo
la 5-fluorocitosina."
Anderson
raduna tutti i fogli in una cartella verde, annuendo.
"È
un inibitore della sintesi sia del DNA che del RNA tramite
conversione intracitoplasmatica della 5-fluorocitosina in
5-fluorouracile, composto in grado di bloccare tutto l'apparato
replicativo fungino."
"Ma
non virale." si appunta lui, aprendo l'ultimo cassetto della
scrivania e chiudendoci dentro il carteggio.
"Non
vogliamo rendere le cose troppo facili." ribatte Natalia
Alex, negli occhi una scintilla divertita - selvatica.
Joseph
digita la combinazione del cassetto, riportando lo sguardo sulla
dottoressa - un piede che dondola sopra il ginocchio e al polso un
Cartier in oro giallo e diamanti.
"Quando?"
"Presto.
La Connections sta ancora cercando di rialzarsi dal fallimento del
soggetto E-001, noi dobbiamo anticiparli e bloccare
le
loro risorse nel mercato."
"E
la BSAA?"
Natalia
Alex si toglie una briciola immaginaria dai pantaloni, sfregando la
stoffa tra il pollice e l'indice.
"Non
sarà un problema."
"Nemmeno
l'agente Redfield?" insiste Joseph, guardingo.
Natalia
Alex preme la lingua contro la guancia, liberando un suono a metà
tra la risata e lo sbuffo.
"L'agente
Redfield è una mia vecchia conoscenza." mormora, e c'è
qualcosa
di sbagliato nella sua voce - di vecchio, stanco.
Natalia
Alex solleva il viso, inchiodandolo sul posto - occhi azzurri,
trasparenti.
Ma
che all'inizio erano del colore delle castagne mature - morbidi,
quasi dolci.
"Lo
lasci a me e al dottor Wesker." conclude, e le parole cadono
- assumono il peso di una sentenza.
Di
un ricordo.
Tra
le sue dita la storia è un insieme di fili da tirare e
spezzare.
12.
Attorno
a Karl non c'era mai stato il silenzio: la fabbrica un insieme di
rumori e borbottii - piccoli sussulti e bruschi ruggiti.
Dondolavano
attorno a lui frammenti di metallo e ingranaggi mentre progettava e
complottava,
toccandosi tra loro e producendo suoni melodici, che riflettevano il
suo umore, i suoi pensieri.
Berciava
insulti, urlava contro le sue stesse creazioni - sbatteva
porte, annunciando la sua presenza con un passo pesante, potente.
Era
rumoroso, Karl; una risata sguaiata, il martello sulle spalle e quel
sempiterno sigaro acceso tra le labbra.
Era
pieno di cicatrici che gli attraversavano il corpo come una mappa con
la quale avrebbe potuto ricostruire ogni singola fottuta
azione del Cadou - del suo dono.
Alex
aveva osservato il suo corpo ricomporsi partendo dal cerebrum e si
era scoperta al contempo disgustata e affascinata dalle capacità
del Micorriza - cellula dopo cellula, tessuto dopo tessuto.
Era
umano, Karl: caldo al tatto, tremendamente ingombrante.
La
signorina bionda vestita moderna;
così l'aveva chiamata Angie.
Tu
sei morta,
le aveva detto, rattrappendo le piccole mani al volto spaccato.
Alex
si volta, guardandolo litigare con 3A7 per una lasagna - scaldarsi, e
avvampare lungo le guance, negli occhi.
"Sei
così fredda."(1)
No,
non c'è mai silenzio dove c'è anche Karl.
Nella
sua stanza puoi sempre sentire il basso hum
di
un qualche macchinario acceso, ora un disco gothic metal a tutto
volume, il giorno dopo del punk rock.
Odia
l'assenza, Karl, perché la solitudine ha corroso la sua vita
troppo a lungo e il mondo è un posto così grande - così
pieno
- che
è una tragedia non poterlo assaggiare tutto.
Clic.
Alex
getta un'occhiata oltre la sua spalla, quieta.
Wesker
si siede, allungando la gamba sinistra sotto il tavolo - un movimento
cauto, dolente.
E
fa male; lo sa. Lo sente.
Il
virus singhiozza per lei - a
lei -
e mormora qualcosa che Albert si rifiuta invece di pronunciare - una
richiesta, una supplica.
Solleva
gli occhi, dedicandole uno sguardo neutro, impassibile.
"Discutono
per l'ultimo pezzo di lasagna." gli dice, voltandosi
completamente verso di lui.
Wesker
tace, posando il bastone sul bordo del tavolo.
"A
quanto pare 3A7 ha voglia di rischiare."
Davanti
a lui una tazza di caffè, sul viso un'espressione esausta,
logora.
Alex
si avvicina, sedendosi di fronte a Wesker.
"Quella
cosa, quella cosa!" (1)
Quella
cosa graffiava,
e sussurrava per Albert tutte le parole mai dette.
Quella
cosa li aveva fatti sentire vicini anche quando li divideva un oceano
e il rimpianto.
Quella
cosa parlava, ma Albert no.
Alle
sue spalle Karl mastica un vaffanculo,
io l'ho vista, io me la prendo: tu vai pure a giocare con le tue
pistole in plastica se non vuoi che te ne ficchi una su per il culo,
3A7
strattona, tirando a sé il vassoio e alzando il dito medio.
Faceva
rumore, Karl.
Albert
no.
Era
chiassoso, Karl.
Albert
no.
3A7
libera un guaito sorpreso quando il vassoio gli sfugge dalle mani,
Heisenberg snudare i denti in un sorriso vittorioso.
Wesker
beve un sorso di caffè, sulle ginocchia un carteggio ancora
chiuso.
Il
silenzio è l'unica dimensione in cui possa sentirsi ancora
lui.
Oh
damn, the war is coming
Oh
damn, you feel you want it
Oh
damn, just bring it on today
La
Blue Umbrella è una menzogna.
La
Blue Umbrella è la bella faccia di un cuore combusto e marcio
- rosso e
bianco e ancora
rosso.
Anderson
li guarda, tra le dita una sigaretta elettronica - tabacco latakia e
un vago retrogusto di caramello.
Sotto
la lingua ha ancora le ultime parole vendute
alla
BSAA, nella mente una bambina di appena tre anni che ne dimostra già
sette.
La
testa dell'aspide riposa sulla scrivania, gli occhi di Wesker
divorano
la scena davanti a sé - la scompongono, riponendone i pezzi
tra le sue dita da pianista.
O
chirurgo folle.
La
dottoressa Korda ride con Siard - Magneto,
lo continua a chiamare 3A7 - le gambe incrociate sul tavolo, tra le
sue mani l'ultimo esempio di protesi biomeccanica dell'arto
superiore.
E
Anderson comprende - vede.
Inspira
una boccata di fumo, umettandosi le labbra.
"Io
penso che al capo lassù stia bruciando un bel po' il culo."
Se
la Blue Umbrella cadrà ciò che vi si nasconde sotto li
distruggerà tutti.
13.
Mentre
il mondo va avanti.
Mentre
la figlia di Ethan continua a crescere, in lei il micete un alleato -
nulla
al
confronto di un virus che prendeva il tuo DNA e lo spezzava,
ricostruendoti a immagine e somiglianza di un dio.
Mentre
Washington si scalda sotto il sole estivo - mentre l'azienda
prospera,
e Anderson ha finalmente trovato un compromesso tra le sigarette e le
caramelle e 3A7 è stato spedito in un buco sperduto in America
Latina - mentre tutto questo accade Wesker cade.
Si
stringe il ginocchio tra le dita, sotto i polpastrelli pelle
rattrappita e ossa deformate.
Si
era solo alzato; un gesto normale. Insignificante.
Che
aveva fallito.
Nell'oscurità
del suo ufficio inspira e
snuda i denti e
si
trattiene e...
Crash.
Il
fermacarte in cristallo gronda
al
suolo e Wesker soffoca un grido patetico, desolato.
Preme
le labbra tra loro, nel petto crescergli un ruggito che si spegne in
un rantolo sfiatato.
"Albert."
Chiude
le dita a pugno, facendo leva per sollevarsi - dalla gamba sinistra
risalire una scossa bruciante,
che
gli artiglia inguine, l'addome.
"Smettila."
Si
aggrappa al bordo della scrivania, riflettendosi nella superficie
lucida del legno - un
dio piuttosto malconcio, gli
aveva detto quel cane
randagio,
avanzo di una terra che l'avrebbe dovuto ingoiare e
masticare e...
"Non
è colpa sua, Al."
"No,
hai ragione: è tua."
E
colpiva, Wesker; affondava nelle cicatrici di Alex - nelle
sue -
facendo sì che tornassero a sanguinare.
"...
no, non lo è. Non lo è mai stata."
Storna
lo sguardo, posandolo sul simbolo della Blue Umbrella.
"Tu
hai scelto Excella. Tu
hai progettato l'Uroboros. Tu
hai deciso di non ascoltarmi."
"Stavi
morendo."
"E
quindi le mie parole avevano meno valore?"
Il
ginocchio sinistro trema, i muscoli della coscia tendersi
nello
sforzo di sostenerne il peso - l'agonia.
"Pensavo
che..."
"Tu
non pensavi, Albert: l'hai fatto e basta."
E
aveva ragione, Alex.
"Hai
creduto fosse l'unica via possibile; che andasse bene così."
Aveva
ragione e di fronte alle macerie del proprio ego si scopre essere
solo
- sostituito.
"Ho
solo cercato di salvarti."
"Lasciandomi
sola a morire, Al?"
Wesker
si lascia lascia andare sul pavimento, sotto le dita un tappeto
persiano blu pavone - ce
ne sono solo cento al mondo di questo genere, sai? -
attorno a lui il silenzio dell'assenza.
La
sconfitta ha lo stesso sapore del metallo.
In
the shadow awaits a desire,
but
you know that you can't realize
and
the pressure will just keep on rising
now
the heat is on.
C'è
un momento in cui comprendi che è tempo:
che qualcosa è cambiato.
Karl
la guarda e Alex sorride all'uomo che si trova davanti - diverso,
eppure sempre uguale.
"Dove?"
gli chiede, posando il mento sul pugno chiuso.
"Berlino.
Poi forse Londra. Non certo verso l'est."
"Quelle
terre non mi hanno portato altro che miseria e rimpianti."
Alex
raddrizza la schiena, stendendo la mano davanti a sé.
"Ma
guardati: hai persino imparato ad allacciarti la camicia senza
mancare un bottone."
"E
a pettinarmi." aggiunge lui, indicando una chioma decisamente
più ordinata.
Indossa
ancora anfibi pesanti e al collo non vi è più solo la
sua medaglietta, ma anche una serie di catene in acciaio e argento -
ciondoli vari e dal sapore etno chic.
Sembri
un incrocio tra un cowboy e un gipsy,
gli aveva detto ridendo, toccandogli poi la tesa del cappello - un
borsalino in feltro nero.
Karl
si abbassa gli occhiali sulla punta del naso - Ray Ban, modello
Round, montatura dorata e lente in cristallo - fissandola.
"Ti
manderò una cartolina."
"Non
ti scomodare." ribatte Alex, nel suo sorriso una piccola crepa
di malinconia "Tu forse non lo sai, ma ti ho impiantato un chip
di tracciamento addosso."
Heisenberg
alza un sopracciglio, incerto se prenderla sul serio o meno.
Alex
amplia il sorriso, accavallando le gambe.
"E
non indovinerai mai dove."
chiosa, inclinandosi in avanti.
"Immagino
nel culo; con la grazia che ti contraddistingue l'avrai fatto
personalmente
quando ero ancora incosciente."
"No."
ribatte lei, leggera "L'ha fatto Albert."
Le
parti metalliche della scrivania tremano e Alex vi batte sopra le
nocche un paio di volte, impassibile.
"Stai
scherzando."
"Affatto."
"Alex."
mormora lui, puntandole contro la spillatrice.
Alex
alza le mani, sgranando gli occhi.
"Non
farmi del male, oh
grande e
potente Lord Heisenberg." lo prende in giro lei, e cazzo,
se sa essere irritante e divertente
e...
A
volte si chiede se la vita sia solo un eterno ciclo di perdita e
conquista.
14.
Pesante
è la corona, solitaria la vita di chi la porta.
È
pieno di cose che vorrebbe dirle e tutte sgradevoli - nessuna vera.
Alex
scivola con le dita lungo il bordo del bicchiere, assorta nel suo
libro - 1Q84, Murakami.
Wesker
la osserva in silenzio ancora qualche minuto, non scosta lo sguardo
quando Alex solleva il suo, fissandolo.
"Sono
io, Al."
Ed
è patetico:
è un dio caduto, un uomo rotto
-
non c'è nulla in lui che non puzzi già di fallimento e
bieca arroganza.
Alex
posa il libro, sembra percepire i suoi pensieri - o forse non sono
poi così nascosti come crede.
"Credo
sia ora di smetterla." mormora, guardandolo.
Wesker
inspira con forza, tace.
Alex
si alza, cerca i suoi occhi - si avvicina alla scrivania, lasciando
sospese le dita sopra il bordo in legno massello.
"Io
non ho scelta, Al."
Nessuna
risposta.
"Non
l'ho mai avuta." aggiunge, e lui sa cosa viene adesso - lo
sa, perché
lui lo farebbe e
se ne andrebbe e
le darebbe la colpa e
soffocherebbe
nella sua stessa bile, nella furia che gli mastica il petto e...
Bugiardo.
Lo
capirebbe. Sì, lo capirebbe.
Forse
lo troverebbe persino giusto - equo.
Alex
gli posa una mano sulla guancia, tiepida.
"Io
scelgo
di
non averla, Al."
Wesker
deglutisce, aprendo e chiudendo le dita della mano sinistra.
"Potresti."
mormora, posando lo sguardo sui fogli sparsi sulla scrivania -
ovunque, ma non su di lei.
Alex
gli accarezza il viso con il pollice, quieta.
"Sì,
potrei." conferma.
"Io
l'ho fatto."
"Sì."
ripete lei, piano - quasi un bisbiglio.
Wesker
la percepisce avvicinarsi, scostando la poltrona dalla scrivania e
sedendosi sulle sue gambe.
Solleva
le braccia, lasciandole lì
- le mani sospese a pochi centimentri dai suoi fianchi, incapaci di
toccarla,
di
amarla e chiederle scusa e dirle che sì, aveva ragione, che
l'aveva sempre avuta e che...
"Forse
è ora di fermarsi, Al." sussurra Alex, appoggiando la
fronte contro la sua - e respira,
Wesker; argan e sangue e lei.
Di
spezzare una catena che abbiamo chiamato sempre con il nome
sbagliato.
"Il
mondo non è mai stato mio, né tuo." gli dice,
baciandogli le palpebre chiuse - umide, stanche.
Ma
noi
sì, Albert; noi ci apparteniamo - almeno noi.
Wesker
si aggrappa a lei - stringe,
stropicciando la stoffa sottile della camicia in seta tra le dita.
Non
andare.
Alex
chiude gli occhi,
"E
se non dovessi tornare?"
"Allora
aspettami."(2)
ascoltando
la paura di Albert sgretolarsi
e
diventare infine sollievo.
It's
too late, there is no way around it
you
have seen it yourself many times
in
the end you will give up to fight it
unescapable.
C'era
una volta una madre che perse la sua bambina; e pianse la madre -
gridò
al
cielo ed egli le rispose ridendo, scaraventandola in un buco profondo
e nero.
Il
Dio Oscuro può rispondere alle tue domande,
la sbeffeggiò;
lui può riportare indietro le cose morte. Io? No, piccola mia:
io trascendo, mai
decado.
E
toccò il Dio Oscuro, la donna; ne divenne parte e intrecciò
la sua disperazione all'ambizione di un ragazzo venuto dall'ovest -
ti
sei perso, forestiero?
Rivoleva
sua figlia, la donna; cercava il potere l'uomo.
E
impararono, la donna e l'uomo: insieme decisero che il loro futuro
era in bambini scomposti e riassemblati come giocattoli guasti
-
un passo avanti, uno in diagonale: balla per me, bambolina, balla.
Crebbe
l'avidità dell'uomo, prosperò la follia della donna;
nacquero tredici alfieri, ne rimasero solo due.
"Un
maschio e una femmina, lord Spencer; se tutto procede secondo le
nostre aspettative un domani sarò possibile ibridarli.
Perpetuare la specie e conservare il patrimonio genetico."
Ci
furono fallimenti nella via della donna, ma infine giunsero anche per
lei quattro cavalieri - signori delle terre del Dio Oscuro, diversi,
mai
d'accordo.
"Sei
il figlio perfetto, Karl. Il Cadou ti ha benedetto con il suo
potere."
Il
mondo conobbe l'egida di un simbolo rosso e bianco - non se ne
libererà più.
"...
siamo qui per fare ammenda dai crimini passati. La Blue Umbrella si
impegna insieme alla BSAA e a TerraSave a..."
Karl
si tormenta una pellicina con l'unghia del pollice, si accorge della
sua presenza quando un'ombra si allunga sopra i documenti sparsi sul
tavolo.
Solleva
lo sguardo, trovandosi di fronte il fratello di Alex.
"Il
soggetto #13 mostra straordinarie abilità di adattamento, lord
Spencer."
"Lettura
interessante?" gli dice, e nella sua voce c'è una nota
quieta - lontana.
"Al
contrario, il soggetto #12 ha sviluppato condizioni di salute
precarie dopo l'inoculazione del virus Progenitore; se ne consiglia
l'abbattimento precoce e..."
Karl
tace, fissandolo.
Wesker
si siede, sollevando il ginocchio sinistro verso l'alto con l'aiuto
delle mani.
Sposta
con l'indice e il medio la foto sua e di Alex da bambini - il logo
dell'Umbrella un taglio sul bordo superiore.
"È
sempre stata la più fotogenica." mormora poi, assorto.
Heisenberg
lo studia in silenzio, trattenendosi dall'accendersi un sigaro.
"Il
Cadou ha creato un organo elettroforo al centro del tuo petto, tra le
costole. Comprime parte del lobo destro del polmone e si è
connesso direttamente ai tuoi nervi cranici."
Wesker
abbozza un sorriso strano, asimmetrico; gli rivolge uno sguardo in
tralice, neutro.
"Ho
conosciuto Miranda."
Nessuna
risposta.
"Fornì
alla Connections il DNA di sua figlia e il Micorriza."
Karl
preme le labbra in una linea sottile, nervoso.
"Ero
io il contatto di Alex." prosegue, raddrizzandosi.
"Sapevo
dei suoi piccoli esperimenti in giro per la Romania." aggiunge,
come se fosse normale
-
come se stessero parlando del clima.
Wesker
scivola con le dita lungo il bordo del tavolo, piegando un angolo
della bocca all'insù.
"Se
l'avessi ammazzata vent'anni fa credo ci saremmo risparmiati tutto
questo."
dichiara, sollevando il viso verso il suo.
"Decisamente."
mastica Karl, contrito.
"Noi
avremmo avuto comunque la nostra linea di B.O.W. e Alex non sarebbe
mai venuta a Coșmarul."
Heisenberg
non sa bene come prendere quell'affermazione; gli tornano in mente le
raccolte dati di Miranda, quelle di Spencer.
Crescita
del parassita, sviluppo del virus; ematocrito completo, metaboliti.
Conta
degli ovuli, spermiogramma.
"Geloso,
big guy?" lo prende in giro lui, stemperando la tensione.
Wesker
pianta gli occhi nei suoi e dio,
cosa
c'è di sbagliato in quell'uomo - cosa?
"Mio
fratello è un uomo difficile, Karl."
"Alex
mi ha fatto notare come siamo tutti esperimenti qui: cavie da
laboratorio, nulla più."
"Donna
intelligente."
Wesker
si umetta le labbra, puntando lo sguardo sulla parete.
"Tu
riesci a sentirci."
Karl
valuta la sua domanda, annuendo.
"Tramite
il campo elettrico."
"Una
cosa del genere." gli conferma, e Wesker scivola con lo sguardo
sulle sue dita - piene di cicatrici e adesso anche di anelli.
"Uhm.
Una fottuta bobina di Tesla vivente."
"Detto
da uno che nelle giornate buone sembra uno psicopatico e in quelle
cattive un lycan idrofobo, be', lo prendo come un complimento."
"Lo
è." ribatte Wesker, asciutto - ah, ed eccola lì
la somiglianza con Alex.
"Cos'è?"
intercala Heisenberg, digrignando i denti quando gli vede prendere la
foto di lui sul tavolo operatorio di Miranda, poco più di un
bambino di appena tre anni "Ti rode il culo che riesca a capire
quando sei incazzato o eccitato?"
Wesker
rimane concentrato sull'immagine, la getta sul tavolo con una
torsione del polso.
"Affatto."
ribatte lui, reclinandosi all'indietro "Il mio corpo è
un'arma, un mezzo, nulla più. Ciò che la maggior parte
delle persone trova imbarazzante per me è normale."
"Eppure
eccoci qua." articola Karl, appoggiando i gomiti sul tavolo "A
misurare chi ce l'ha più grosso."
Wesker
inclina il capo verso la spalla, mostrandogli quel suo sorriso un po'
storto e inquietante - come se ordinasse
alla
bocca di stendersi, ma fosse un gesto sconosciuto, dimenticato.
"Decisamente
io, Karl."
chiosa lui, e per un attimo - una frazione di secondo - Heisenberg
non crede alle proprie orecchie.
Gli
occhi di Wesker sfumano in un cupo dorato e ridono.
15.
Non
tornerà a Coșmarul.
Non
visiterà tombe vuote, salutando fantasmi ed echi di un tempo
passato.
È
morto due volte per il mondo, Karl Heisenberg; che il villaggio si
tenga le sue ossa, la sua rabbia.
Non
la sua dignità.
"Alrich
Stahl." mormora, scivolando con il pollice sopra il proprio
nome.
Alex
incrocia le gambe sotto di sé, sollevandosi sulle ginocchia e
spiando oltre la sua spalla.
"Ti
piace?" gli chiede, ed è strano
il
viso che lo fissa dalla fototessera - occhiali trasparenti, montatura
dorata; i capelli raccolti sulla nuca, appena striati d'argento.
Karl
studia se stesso, la sua nuova identità - nato a Berlino,
ingegnere meccanico laureato all'università Tecnica di Dresda.
Alex
si sporge in avanti, sfiorandogli la guancia con i capelli - così
biondi da essere quasi bianchi.
"Ti
ho fatto troppo vecchio?"
Karl
legge la data di nascita - 10 dicembre 1980 - abbozzando un sorriso.
"Sono
un dilf."
Alex
alza un sopracciglio, interdetta.
"Sai
cos'è?"
"Certo."
ribatte lui, divertito "E io ne sono un
classico esempio."
"Ti
manca un marmocchio."
"Sottigliezze."
Alex
sbuffa, tornando a sedersi nel suo posto.
"Speravo
notassi il nome." gli dice, portandosi in grembo il sacchetto
pieno di patatine.
Karl
le rivolge uno sguardo assorto, serio.
"L'ho
fatto."
Alex
rovista nel sacchetto fino a quando non trova quello che cerca - una
ridicola
sorpresa
a forma di gatto con gli stivali - mettendosi poi in bocca una
generosa porzione di patatine.
"È
la derivazione tedesca di Aldrich." prosegue, fissandola.
Significa
antico, potente. Sovrano.
Alex
solleva un dito verso l'alto, annuendo.
Heisenberg
stringe il documento tra le dita, la osserva pulirsi i polpastrelli
dal rosmarino con l'angolo del tovagliolo - sul tavolo una busta con
dentro tutta la sua libertà.
Passaporto,
conti bancari, storia di copertura - siti della BSAA, di TerraSave,
laboratori ufficiali della Blue Umbrella.
Grazie,
vorrebbe
dirle.
Di
essere tornata; di aver mantenuto la promessa, dovrebbe
poi aggiungere, ma Alex solleva gli occhi verso i suoi, adesso
incredibilmente azzurri.
E
vibra
l'aria
intorno ad Alex - diventa elettrica e si estende verso di lui in una
silente risposta.
"E
tu cosa farai?"
"Oh,
un'idea ce l'ho; forse anche due."
Posa
il sacchetto nello spazio libero tra di loro, reclinandosi
all'indietro e appoggiando i piedi sul tavolino.
"Hai
scelto il film?"
"Leggerò
di te sui giornali?"
"Sì."
"Oh,
no: se faccio bene il mio lavoro saranno altre le cose di cui
sentirai parlare."
"Non
una commedia romantica: se mi rifili di nuovo una cosa come Notting
Hill ti ammazzo."
"Lo
stronzo terrà il culo fuori da un vulcano questa volta?"
Karl
estrae dalla tasca della giacca un sigaro, stringendolo tra le
labbra.
"E
tu eviterai di ridurti a un mucchietto di metallo e carne?"
"Guarda
tu stessa."
"Questa
promessa posso mantenerla senza alcun problema."
Alex
preme il tasto verde di avvio, sorride quando sullo schermo compare
il titolo - Sam Raimi, La Casa.
Karl
accende il sigaro, inspirandone una lunga boccata.
"Davvero?"
ribatte Alex, divertita.
Heisenberg
le toglie da sotto le mani il sacchetto di patatine, rivolgendole un
sorriso furbo.
"Che
c'è? Ti infastidisce un po' di sangue e di budella di fuori?"
Alex
trattiene una risata a metà, scuotendo la testa.
I
mostri ridono sempre ai nostri patetici tentativi di capirli e
imitarli.
Where
is the edge of your darkest emotions?
Why
does it all survive?
Where
is the light of your deepest devotion?
I
pray that it's still alive.
Non
è un addio, non è un saluto: è un momento che
scorre tra loro come la prima volta che si sono incontrati - figli di
storie uguali, diverse solo le sue diramazioni.
Alex
era rimasta con lui tutta la notte a guardare stupidi
film
dell'orrore - vampiri che avrebbero fatto piegare in due dalle risate
Alcina e mostri in cui entrambi avevano trovato almeno otto o dieci
punti deboli.
L'azienda
era scivolata nel quieto ronzio della notte, si era rianimata alle
prime luci dell'alba, quando Anderson era entrato nel suo ufficio,
bevuto il suo centrifugato energetico e compiuto un passo in più
verso l'abisso.
C'erano
sacchetti di patatine e popcorn al caramello sul tavolino - quello
schifo può piacere solo a un rozzo come te, Karl -
i piedi nudi di Alex piantati contro la sua coscia e l'aroma speziato
dei sigari ormai spenti.
C'era
l'illusione di essere diversi
-
almeno per un attimo: di non nascondere sotto la pelle una bestia
riottosa e vorace.
C'era
Alex, adesso nel corpo di una ragazzina che ogni giorno si piegava
all'impronta
genetica di una donna che aveva sconfitto la morte - si era rifiutata
di cedere, di arrendersi.
"Quello
che sto per fare non ti piacerà, Karl."
C'era
lui, avvolto dai rumori di questo nuovo mondo - perché nel
silenzio poteva ancora sentirli.
Lei,
loro:
il
pianto di Donna, le grida disperate di Angie. Le suppliche di Moreau,
la rabbia di Alcina. Il Micorriza e tutta la sua oscena memoria - le
sue disgustose propaggini che aveva esteso fino a Dulvey.
Alex
gli tocca appena un braccio, distogliendolo dal finale di Saw III.
È
tempo di andare, Karl.
Heisenberg
preme le labbra tra loro, piegandole in una smorfia indecisa.
"C'è
una macchina aziendale pronta per te." mormora lei, quieta.
"Oh,
anche l'autista personale; che lusso." ribatte lui, fissandola.
"Siamo
B.O.W., Karl: non incivili." replica lei, negli occhi una
scintilla leggera, serena.
Heisenberg
solleva una mano verso la sua, lasciandola sospesa a metà del
gesto.
Perché
entrambi sanno sanguinare, ma non toccare
qualcuno
senza fargli del male.
Alex
colma la distanza che li separa, le sue dita sottili, calde.
"E
se volessi far parte della nostra piccola associazione, be', sai come
trovarmi."
Il
Progenitore si estende verso di lui e questa volta il Cadou nel suo
petto non arretra.
****
2024
Sullo
sfondo del palco il simbolo della Blue Umbrella è enorme
- fa da contrappunto al discorso del suo amministratore delegato in
mondovisione e a rete unificate.
Anderson
sorride alle telecamere e dietro di lui si schiudono
petali
bianchi e azzurri - scudo e arma contro la sempre più
pressante minaccia del bioterrorismo.
Non
è invecchiato Anderson e al suo fianco 3A7 è un'ombra
senza volto e senza nome - il prototipo di soldato con il quale
l'azienda difende il mondo.
Presenta
la nuova arma contro gli Schimmel, le ultime B.O.W usate in Medio
Oriente - ammassi di muffa perfettamente
in
grado di replicare un corpo umano e mutare, assumendo l'aspetto del
soggetto da uccidere e sostituire.
Sappiamo
come sconfiggerli, annuncia
ai giornalisti, aprendo le braccia attorno a sé e piegando le
labbra in una smorfia addolorata.
Le
migliaia di morti non resteranno impunite,
continua, guadagnandosi un applauso fragoroso - che accoglie con un
timido cenno del capo.
Il
composto che andremo a usare è relativamente poco tossico,
aggiunge,
sollevando una fiala colma di un liquido giallognolo.
Può
oltrepassare la barriera ematoencefalica ed ematoliquoriale,
rendendolo il farmaco di elezione per la terapia delle meningiti
sostenute dal Mold, continua,
orgoglioso - e la folla rumoreggia, spera.
La
Blue Umbrella ha cuore la salute di questo mondo - di voi;
sappiamo
cosa significhi perdere qualcuno a noi caro ed è per questo
che ci siamo impegnati giorno e notte, senza sosta, per produrre il
Duke e renderlo disponibile a qualsiasi nazione ne faccia richiesta,
recita
la sua voce - seria, permeata da una nota accorata, partecipativa.
Anderson
si volta e tende la mano alla nuova mascotte
dell'azienda,
invitandolo sul palco.
L'agente
speciale Chris Redfield ne ha già testata l'efficacia nella
zona di Kirkuk e ha visto con i suoi occhi gli schimmel morire e
diventare polvere,
proclama, e Redfield lo affianca - il viso stanco, negli occhi una
luce ossessionata, irrequieta.
Sul
petto il simbolo della Blue Umbrella lo mastica vivo - uno scherzo
crudele del destino.
Di
lei - loro.
Anderson
appoggia la mano sulla spalla di Chris, sorridendo e rassicurando
implicitamente gli astanti.
Grazie
alla nostra dottoressa a capo della ricerca siamo in grado di
ostacolare la sintesi dell'apparato mitotico del micete, interagendo
con la sintesi delle strutture citoscheletriche; insieme
distruggeremo
anche questa minaccia; insieme
porremo
fine alle brutalità della Connections, la
chiusa gloriosa - brillante.
Dottoressa
a capo della ricerca, uhm?
Il
Danubio scorre lento alla sua sinistra, a malapena turbato dal vento
che scivola tra i suoi capelli, lungo i tetti di Melk.
Karl
beve un sorso di caffè, avvicinando le dita al cucchiaino e
percependo il metallo reagire
-
rispondergli.
Cling.
Non
solleva lo sguardo - non ne ha bisogno - finisce di leggere
l'articolo - ed
è per questo che il governo degli Stati Uniti ha deciso di
finanziare il progetto per il Dipartimento della Difesa proposto
dalla Blue Umbrella e...
Un
fruscio quieto, seguito dal rumore di una borsa posata sulla sedia
libera.
Tap
tap. Tap tap.
"Ho
già ordinato anche per te."
"Linzertorte
e kleiner?"
Karl
la fissa da sopra la rima del giornale, abbozzando un mezzo sorriso.
"Ovviamente."
Una
risata quieta, sommessa.
"Vedo
che l'Einspanner è ancora il tuo preferito."
Heisenberg
abbassa il giornale, ripiegandolo in quattro parti.
"Pensavo
mi prendessi per il culo quando hai parlato di un caffè con
panna montata dura, ma ho dovuto ricredermi."
"Io
ho
sempre ragione,
Karl." chiosa lei, e l'aria si riempie del suo odore - sangue e
argan
e
adesso una nota più morbida, distesa.
Libera.
La
cameriera si avvicina al tavolino con la seconda ordinazione, posando
una fetta di torta alle mandorle e nocciole e una tazzina di caffè
scuro, senza zucchero.
Heisenberg
intreccia le dita tra loro, fissandola.
"Parigi?
Davvero, Karl?"
"Perché?
Non potevo vedere anche io la città dell'amore tanto decantata
da Moreau?"
"...
e ti è piaciuta?"
"Manco
per il cazzo."
"Ma
guardati; la signorina bionda vestita moderna che affonda le sue
unghie nella polpa del mondo." le dice, e Alex inclina il mento
verso di lui, arcuando appena un angolo delle labbra.
"Oh,
eccoti qui: pensavo ti fossi affogato nel Tamigi."
"I
cani sanno nuotare, sai, big guy? E sono anche piuttosto bravi."
"La
mia vita è una fortuna dietro l'altra."
Alex
addenta un pezzo di torta, schiacciando la marmellata di ribes contro
il palato.
"Lo
stronzo come sta?"
"Bene;
frustrato perché non riesce a migliorare le capacità
intellettive degli schimmel. Stupidi come la merda, li ha definiti."
"Ah,
sarà incazzato come una bestia. Quanto mi
dispiace non
essere lì per rompergli i coglioni come si deve."
Alex
gli rivolge un'occhiata obliqua, divertita.
Karl
inclina il capo verso destra - i capelli raccolti in una coda
ordinata sulla nuca, negli occhi una scintilla metallica, vivace.
Un
cane abbaia, strattonando il proprio padrone; nella pace di Melk i
loro pensieri urlano,
e l'energia si addensa tra di loro come sempre.
"Li
senti ancora?" mormora lei, spostando le briciole rimaste con i
rebbi della forchetta.
Karl
apre le dita davanti a sé, piene di anelli e cicatrici.
"Sempre."
"Non
smettono mai, uhm?"
Heisenberg
cerca i suoi occhi, li trova già ad aspettarlo - trasparenti,
uguali a una vita prima.
"Non
possono, Alex." sussurra lui "L'abbiamo fatto anche noi."
Urlare
e
gridare
e
piangere e
supplicare
- non posso morire, non adesso: non qui.
"Lo
so."
"Ma
fa male."
Alex
rimane immobile, bellissima in un cappotto bianco bordato di
pelliccia argentata.
E
li sente anche Albert, le
parole sospese - che muoiono e rimangono segrete, impronunciabili.
"Gridano,
Karl, e non hanno pace."
Come
noi.
Heisenberg
le posa una mano sul polso, sfiorandole l'interno con il pollice -
liscia, tiepida.
"Sono
fantasmi, Karl: e tutti noi ne portiamo il peso - la memoria."
Una
donna passa vicino al loro tavolino - capelli neri, labbra rosse, un
cappello posato sul capo di trequarti - seguita da una bambina che
stringe un pupazzo a forma di ape tra le mani.
"È
l'eredità di chi sopravvive, Alex; il prezzo pagato per essere
liberi, senza più padroni."
Alex
ruota il palmo della mano all'insù, accettando le sue dita tra
le proprie - tiepide, ruvide.
Reduci
di una guerra che li aveva visti bambini e
vittime - infine mostri e
carnefici.
Spencer
e Miranda li avevano creati - voluti.
Spezzati.
A
loro il compito di (ri)costruire e vivere.
"We
are the dead.
Our
only true life is in the future."
-
George Orwell -
(1)
Counting
bodies like sheep
(2) Collide.
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