Onirica: il diario dei sogni

di DanceLikeAnHippogriff
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Vedere al buio è un’abilità che ho affinato fin da bambina. Pura sopravvivenza. A mia madre piaceva cambiare la disposizione dei mobili a tempi alterni e la mia mente non riusciva a ricordare la nuova piantina in tempo prima del cambio successivo. Dopotutto, non mi svegliavo ogni notte e non avevo sempre bisogno di orientarmi barcollando fino alla porta della camera, oppressa dal buio brulicante di ciò di cui lo popolava la mia fantasia.

Quindi non mi sono stupita di riaprire gli occhi e trovarmi nel mio letto con la morbida luce della luna piena che accarezzava i profili della mia stanza. C’era il silenzio delle notti sacre, dove l’attesa è di per sé pura magia.

All’improvviso, un rumore raschiato in corridoio. Unghie su legno, vicine, sempre più vicine. Ma suscitavano più curiosità che paura.

Quello che mi ha fatta alzare, però, è stato il caos di vetri infranti e urla dalla casa dei vicini. Mi sono lanciata in balcone, a piedi nudi, avrei dovuto capire da come non sentivo il freddo che ero altrove, non a casa. Ma il figlio dei vicini si sgolava terrorizzato e non ho fatto caso a questo dettaglio.

L’aria era satura di urla e ringhi. Qualunque cosa fosse quella sagoma nera, enorme e irsuta, arretrava nell’ombra delle case ma sembrava non volersene andare. “Riportala indietro, riportala indietro!” e senza pensarci due volte il ragazzo scendeva inerpicandosi sull’albero del giardino.

Sono rientrata subito, volevo chiedere aiuto. Ho corso, allungato la mano verso coperte che sapevo nascondere sagome dormienti, la lucea argentea illuminava ogni cosa. Volevo svegliare tutti, avrei voluto, ma la mia mano non ha afferrato lenzuola. Si è chiusa su un palco di corna, una testa di cervo, gli occhi chiusi in un’immagine dolce e al contempo destabilizzante.

Senza pensare, sono scesa di sotto e sono uscita in giardino, seguendo i ringhi.

E lì l'ho vista, qualunque cosa fosse. Annidata nell'ombra dove neanche la luce della luna lo raggiungeva, una bestia dagli occhi tondi e luminosi come due lune, grande come una casa, acquattata, che mi fissava e mi fissava e alla mia vista si era fatta muta.

Non ricordo per quanto ci siamo fissati, io con una testa di cervo, lei con gli occhi fissi e argentei, ma quando mi sono svegliata mi sentivo ancora il suo sguardo addosso.

Occhi di luna e teste di cervo





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