Lo sguardo

di Carla Marrone
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LO SGUARDO 
 

Lo sguardo: non c’è nulla di più banale. 

Tutti guardiamo. Ci osserviamo a vicenda. Ma, si può davvero dire che vediamo? Guardare e Vedere, a mio avviso, sono due cose ben distinte. 

Quando frequentavo la scuola di illustrazione, ero solita sentirmi dire che, per disegnare, era necessario saper “vedere”. Cosa voleva dire, all’epoca, vedere? Forse, saper cogliere il mondo circostante, nella sua costruzione logica. Va ben oltre.

 

Roberto Benigni, in un suo film, fece recitare ad un attore la frase:- l’anima delle persone è come un abisso. Vengono le vertigini a guardarci dentro.- 

 

Probabilmente, lo sguardo è questo: entrare nel precipizio che fa girare la testa. E poi, cosa è più giusto? Rimanere lì, sprofondare? O, saper risalire il fianco della montagna? 

Troppe domande, lo so. Ma, è la natura stessa dello sguardo che mi porta a pormele. 

Non vi è nulla di più impalpabile, eppure esageratamente pesante, al tempo stesso. 

 

Si dice che, per amare, siano importanti le distanze. Risalire le chine e rientrare in se’ stessi. 

 

Non sempre, chi ci guarda, ci ama. Se ci pensiamo bene, per lo più, incontriamo gli occhi di sconosciuti. A volte, sono sconosciuti gli occhi di chi amiamo. All’improvviso, magari. 

Quant’è difficile il lavoro dei nostri principali organi percettivi! 

 

Se mi è dato di trarre una conclusione, si potrebbe dire che lo sguardo possa essere un momento di caduta, con le parole del regista ed attore, nell’anima di un altro. 

 

Come la natura del camminare: cadere su un piede e poi, sull’altro. 

Andare, volontariamente, verso la vertigine; per passare oltre. 

 

Come avessimo le ali per volare, oltre il dirupo. Fino a quando, un’altra rondine non ci incontra e non riconosce la stessa profondità.

 

Come se le ali servissero per vedere.

Come se le gambe servissero per amare. 

Come se gli occhi servissero per volare. 





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