Ho
modificato il capitolo precedente, davvero solo due cosette.
Oltre questo, ho trovato piuttosto fastidioso scrivere questo capitolo:
ma
andava fatto.
Voglio comunicarvi che a livello “narrativo” la
storia si sta appropinquando al
finale, ma a livello di “narrazione” non ho idea di
quanto ci vorrà, devo
ammettere che una parte che avevo considerato breve potrebbe
effettivamente
essere più lunga di quanto avessi preventivato, nonostante
questo ho deciso di
tagliare diverse cose.
Detto questo, ho scritto più di metà del prossimo
capitolo, penso sia stata “colpa”
della serie tv, nonostante abbia più criticità
che altro, mi ha decisamente
rimesso voglia di scrivere, sto anche pensando di concludere la saga
dei Kane
(mi manca giusto l’ultimo).
Un bacio, se tutto va bene, dovrei tornare presto!
Ps
- https://www.deviantart.com/rlandh/art/Thumelicus-Mel-from-Confluentes-1022859992
(Ecco a voi un Mel selvatico)
Nico Di
Angelo presta la sua tavola Ouija a qualche spettro e una valchiria
La cavalcata del
verro era forte e impetuosa, per
questo non ci avevano impiegato molto a raggiungere la folle festa
– ben lungi
da essere conclusa – che si erano lasciati dietro ore prima e
abbandonare Thrud
alla sua prigione.
I venti erano aspri e cattivi contro il loro viso, quasi irritati da
quanto era
stato fatto alla loro padrona; Jason aveva detto che gli anemoi, o come
si
chiamassero il corrispettivo norreno, non conoscevano
fedeltà che non fosse al
più forte, ma erano comunque turbati da quanto era accaduto
tra lui e la
possente Thrud. Anche lui d’altronde era turbato, la
Valchiria era la sua
valchiria, per quanto poco ortodosso fosse stato il loro incontro, non
era
dunque normali aspettarsi tra i due un legame imprescindibile?
“Tutto bene?” aveva strillato Stellan, appena dopo
che il verro avesse appena
spiccato un salto, “Si!” aveva risposto.
Jason aveva sellato
cavalli alati,
venti, per fino l’indomito cavallo di Hazel, ma non pensava
di aver mai montato
una bestiaccia simile. La velocità era imponente e brutale,
da farlo quasi
sbilanciare e le setole d’oro erano fredde, un metallo duro e
rigido, che si
conficcavano come lamelle sui suoi polpacci.
Jason non aveva avuto idea quanto lontani fossero finiti prima di quel
momento,
si chiese quanto Stellan e Fred avessero dovuto camminare prima di
raggiungere
il recinto, seguendo il percorso di fiori.
Quando erano giunti nei pressi della festa, Jason aveva scorso una
figura che
imponeva loro di fermarsi; era una valchiria, dal lungo mantello fatto
di
candide piume di cigno, ma armata di una paletta tonda rossa da vigile
urbano.
“Bite!” aveva sospirato Fred con
un tono quasi sconfitto. Il Monaco
crociato era incastrato tra Stellan – che teneva le
metaforiche redini del
verro – e Jason che era l’ultimo sulla grossa sella
di cuoio e per tutto il
viaggio che gli aveva separati dal luogo dello scontro con la divina
Thrud non
aveva pronunciato mezza parola, cosa che non era decisamente da lui.
“La
conosci?” aveva chiesto Stellan titubante e preoccupato.
La valchiria si era avvicinata a loro, era la più giovane
che Jason avesse mai
visto, sembrava una ragazzina di tredici anni massimo, con i capelli
ricci,
pieni di boccoli, di un biondo lucente come l’oro lustrato e
un visetto a forma
di cuore, con occhi grandi e splendenti come pietre preziose, il
sinistro era azzurro
zaffiro e il destro rosa quarzo.
“Sì” aveva risposto pigramente Fred,
scivolando giù dalla groppa del maiale con
un movimento felpato e agile, “Sai con chi stai parlando
ragazzina?” aveva
grufolato proprio Gullinbursti.
La valchiria aveva ignorato a pie pari il verro per concentrare
l’attenzione su
di loro; nonostante la giovane età, mostrava un aspetto
imperioso e sicuro.
Anche se Jason era stato poco nel Valhalla aveva imparato a riconoscere
le
opportune differenze: la valchiria non era né viva
né un einherjar ma una
dea, come Thrud.
“Bonjour, ma noble dame” aveva
proferito Fred con una gentilezza
stuzzicante, così strana da sentire con il suo tono
usualmente secco e
infastidito.
La ragazzina aveva battuto le ciglia bionde un paio di volte, prima di
arrossire improvvisamente, “Oh! Frédéric!”
aveva esclamato e lo aveva
pronunciato in quella maniera elegante con cui solo il monaco cristiano
chiamava sé stesso, quando si presentava per esteso,
rispetto il più basico
Fred o Frederik. “Non ti avevo riconosciuto” aveva
ridacchiato piena di
imbarazzo, prima di prestare attenzione anche a Jason e Stellan,
salutandoli
con un cenno della mano breve. “Non sapevo partecipassi a
feste così dissolute
… e con Gullibursti!” aveva ridacchiato con le
gote arrossate. La piccola
guerriera armata di paletta aveva una piccola infatuazione
per il
dispotico Fred.
“Il Wyrd non è smette mai di
sorprenderci” aveva considerato il monaco,
grattandosi una guancia nervoso, “Tu sei stata messa a fare
la
guardiana-di-porta?” aveva indagato, “Oh,
sì. Non mi piace la musica forte né
questo Freyachella… lo hanno chiamato
così, che cosa buffa” aveva
risposto la ragazzina, “Ma mi piace un sacco picchiare la
gente! Lo sai” aveva
chiarito con un luccichio più sinistro negli occhi
eterocromi.
“Ah, sì, so chi sei, una delle nobili
nipoti” aveva grufolato il verro,
perdendo presto interesse. “Siamo stati invitati alla
festa” aveva considerato
Stellan con nervosismo, “Io sono Stellan Brightflower, figlio
di Ubbe
Brightflower e loro sono due nobili guerrieri della Sala dei
Caduti”. In realtà
la festa l’avevano praticamente fatta per loro, aveva pensato
Jason, ma aveva preferito
dire: “E cercavamo giusto una valchiria!”
“Oh! Be, ne avete trovata una! Hnoss figlia di Othr e
Freya!” si era
presentata, pizzicandosi il mantello di piume bianche, prima di fare un
generoso inchino rispettoso. “E sì, riconosco due
nobili caduti” aveva
considerato voltando il sorriso carico di gioia verso Fred.
“Hnoss è la mia
valchiria” aveva detto leggermente insofferente.
“Io sono Jason Grace” si era presentato,
“E come posso aiutarvi?” aveva chiesto
la ragazzina incuriosita, “Andiamo abbastanza di fretta, uno
dei … una nostra
amica è stata rapita e noi dobbiamo mandare un messaggio
alla valchiria Samirah
Al-Abbass” aveva parlato di fretta Fred.
“Inoltre, dovremmo ricongiungerci a due nostri
compagni” aveva parlato Jason,
“Madina Modja e Thumelicus di Confluentes. Erano con il Re
Italicus dei
Cherusci” aveva aggiunto.
“Credo siano ancora a Sessrúmnir e non siano mai
venuti alla festa” aveva
valutato la ragazzina, giocando con un ricciolo biondo.
“È il corrispettivo della Sala dei Caduti di
Freya, dove si tengono i
banchetti” Stellan aveva anticipato la domanda che pensava
Jason stesse per
porre; in realtà lo sapeva, Odino l’aveva spiegato
nella sua lunga
presentazione la prima sera al Valhalla, mentre riportava il sistema di
partizione delle anime dei guerrieri, ma ringraziò di cuore
l’elfo per la
premura.
“Vi guido io” si era offerta Hnoss, “Puoi
lasciare la tua postazione?” aveva
chiesto Fred, la ragazzina aveva ridacchiato come se le fosse stata la
situazione più colma di imbarazzo del mondo, “Io
posso fare tutto quello che
voglio, Frédéric” aveva sciorinato con
allegrezza.
“Quindi
tu sei la Valchiria di Fred?” aveva inquisito
Jason mentre seguivano la ragazzina per un pertugio un po’
meno chiassoso,
verso la sala di Freya.
Avevano lasciato Stellan con il cinghiale, il giovane Elfo aveva deciso
di non
voler in alcuna maniera abbandonare il cinghiale una volta di troppo e
nessuno aveva
deciso di giudicarlo per quello, infondo era la sua missione;
così lui e Fred
avevano seguito la giovanissima.
“Oh, sì! Lo ho visto la prima volta a
Constantinopoli!” aveva raccontato ben
felice la ragazza, giocando con una ciocca di ricci biondi, aveva
ricordato a
Jason un po’ Hazel, ma solo un po’. “Mi
sono affezionata alla città durante gli
anni che la guardia variaga era lì … ho deciso di
rimanerci e quando ho visto Frédéric
combattere mi sono emozionata …” aveva cominciato
a spiegare lei.
Jason si era voltato verso il suo amico, che aveva
un’espressione ieratica,
Jason ricordava bene che quando Mel aveva spiegato la sua relazione con
Kráka,
figlia della sua valchiria, il figlio di Gerd aveva detto che la
mietitrice
della sua anima lo avesse considerato solo per un breve periodo di
tempo, prima
di dimenticarsi di lui. Hnoss, però, non sembrava essersi
per nulla dimenticata
di lui.
“… quindi è rimasto ferito in battaglia
e sapevo che le ferite presto o tardi
lo avrebbero ucciso. Il milleduecento non era proprio un secolo
particolarmente
luminare per la medicina” aveva recuperato il filo del
discorso Hnoss, “Se
fosse morto in battaglia sarebbe stato più
semplice” aveva considerato, “Mi
perdoni mia signora, la prossima volta cercherò di morire
quando è più d’uopo”
aveva risposto colmo di sarcasmo Fred, ma la sua parlata velenosa era
scivolata
completamente alla valchiria, “Non ti preoccupare. Solo che
penso meritassi una
morte più gloriosa che la setticemia” aveva
considerato la ragazzina, con una
voce lacrimosa. Jason aveva ricordato il suo sogno, di un Fred
malandato,
bendato e ferito, su un letto, incapace anche solo di raggiungere la
finestra per
guardare il mondo fuori.
“Mi ero incaponita però con l’idea che
un tale splendido guerriero, meritasse
gli onori dell’aldilà. Così per lui ho
dovuto bisticciare con una dísir per
raccogliere la sua anima. Lei lo voleva portare ad Helheim, ma
ammettiamolo:
sarebbe stato uno spreco” aveva detto trionfale la ragazza.
“Non lo sapevo” aveva ammesso Fred, con una punta
di reverenza.
“Non potevo permettere che un’anima luminosa coma
la tua appassisse in quel
mondo grigio” aveva risposto secca la ragazzina, putando il
naso all’insù con
sicurezza, Jason aveva sorriso, per l’espressione pregna di
sorpresa e dolcezza
di Fred, per quanto luminoso fosse l’ultimo aggettivo che
avrebbe usato per
l’anima di Fred.
Però, forse Fred era un po’ come Nico, un anima
tormentata che nascondeva un
cuore grande e amorevole, desideroso solo di un legame.
“Oh, era Glam!” aveva considerato poi Fred,
cogliendoli di sorpresa, “Intendo, Lady
Glaumvör” aveva specificato,
“Ah, sì. L’unica di loro che non sembra
essere
uscita da una band viking metal” aveva concesso Hnoss,
“La signora ha detto che
c’eravamo già incontrati” aveva
ricordato Fred. Era stato quando aveva dato
loro un passaggio sul suo carro.
Inoltre, Jason trovava decisamente probabile che la sua dea-ex-machina
rinunciasse ad un’anima per permettere che venisse portata da
una valchiria. “La
dísir mi ha concesso di prendere l’anima di
Frédéric, con la condizione che la
portassi nel Valhalla e non qui” aveva aggiunto con un tono
un po’ spento, “Di
solito porto, ovviamente, tutte le anime che raccolgo qui, ma forse
è stato
meglio così, non avevo idea in quel momento
che egli fosse figlio della
mia venerabile zia” aveva ponderato.
“Penso che se fossi finito in questo mondo dissoluto mi sarei
buttato giù dei
rami dell’ Yggdrasill”
aveva esclamato il mezzo-Jotun, facendo
sfuggire una risata a Jason, “Quasi più
melodrammatico di Mel” aveva ponderato.
“Invece, la tua valchiria, chi è?” aveva
chiesto con gentilezza Hnoss, la
domanda aveva fatto sprofondare Jason in un principio di angoscia,
chiedendosi
come avesse fatto a cacciare via in fretta dalla mente la dea
prigioniera,
“Questo è un altro problema, dobbiamo contattare
la valchiria Samirah Al-Abbas”
aveva ricordato, evitando la domanda.
Era Samirah incaricata di recuperare Mimir. Hnoss
aveva accettato la sua svicolata con
grazia, o forse non aveva compreso il suo desiderio e si era
concentrata sulla
parte importante, ed aveva detto: “Ah, Samirah! Non la
conosco molto, ma mia
madre ne ha una buona opinione, poi è la valchiria di Magnus
Bane … è stata
anche la valchiria di Odino
a modo suo.” Jason non conosceva questa storia, ma
scommetteva fosse qualcosa
di interessante, “Oh, no no. Samirah non è la mia
valchiria, la possente Thrud
lo è” aveva riferito, non sapendo neanche
perché. Fino ad un momento prima non
aveva voluto dirlo ad alta-voce, ma poi gli era sembrato ingiusto
lasciare che
si credesse il falso, “Solo che Lady Thrud potrebbe aver
voltato la causa degli
dei ed essersi addestrata con una strega ancestrale ed aver aiutato a
rapire un
dio e una nostra amica” aveva chiosato Fred, lasciando fuori
la questione del maiale
di Gerd.
Probabilmente per proteggere sua madre, perché la storia del
verro non
arrivasse alle orecchie della divina Freya.
“Ah, sì, mi sembra proprio affare della squadra
suicidio” aveva
soppesato Hnoss, il suo tono aveva perso tutto l’infantilismo
che aveva avuto
fino a quel momento. “Squadra Suicidio?” aveva
chiesto Jason, “Sì, dopo la
morte della povera Gunilla; Padre-Tutto aveva bisogno di avere un nuovo
C.O.O.
per le valchirie, ovviamente scelte tra le sue signorine del Valhalla,
ma non
ha avuto molta fortuna, voleva Samirah Al-Abbas ma lei ha rifiutato il
ruolo
diverse volte e alla fine ha finito ad ammaestrare la Squadra Suicidio,
quella
addetta alle missioni potenzialmente stupide o mortali o mortalmente
stupide”
aveva considerato, “Ovviamente ho fatto richiesta”
aveva ridacchiato.
Hnoss li aveva
condotti dentro la Grande Sala di
Freya.
Era molto meno caotica di quella del Valhalla, ma era molto
più elegante e
bella, sembrava più una gigantesca sala da tè
elegante, in stile liberty. Con tavolate
tonde e sedie di ferro con ricami floreali e cuscini morbidi
trapuntati. Lucidi
pavimenti di marmi colorati, e fiori da ogni lato.
Jason ne era elettrizzato.
Anche le Valchirie sembravano più leggiadre e meno stressate
I rami dell’ Yggdrasill che si
diramavano dal soffitto erano
lussureggianti e pieni di foglie verde-oro grandi e sane, sembravano
più un
arredo che l’accesso ai Nove Mondi. Nessun animale sembrava
zampettarci in
mezzo, se non graziosi uccellini colorati.
I tavoli erano quasi tutti vuoti, con l’eccezione di una
grande tavolata tonda,
coperta da una tovaglia bianca elegante, imbandita di ogni leccornia
immaginabile. Cinque persone erano sedute sulle ricche sedie di legno
imbottite; quattro erano uomini ed erano tutti inequivocabilmente
pareti:
biondi, alti con carnagioni pallide e con gli occhi verde oliva.
L’ultima
figura era Madina, che in tutto quel biancore spiccava particolarmente.
Era stata la prima a vederli, aveva aperto la bocca in un sorriso
luminoso e si
era alzata subito lasciando la tavolata, con in mano un pasticcino
colmo di
crema e una spolverata di granella di pistacchio. Loro avevano lasciato
indietro Hnoss che gli aveva rassicurati che avrebbe chiamato
prontamente
Samirah.
“Oh! Siete qui” aveva detto Madina stampando loro
due baci a testa, sulle
guance, “Dove è Astrid? Stellan?” aveva
indagato subito, “Stellan è fuori con
Gullinbursti” aveva risposto schietto Jason, “Meno
male” aveva sospirato lei; “Astrid
si è fatta rapire dal su ex ragazzo che lavora per Gullveig,
come Thrud” aveva
riassunto spietatamente Fred, “A proposito
c’è Gullveig dietro a tutto questo.”
“Vi ho lasciato soli per poche ore” aveva
considerato Madina, schiudendo le
labbra, sorpresa, ma cotta di preoccupazione, “Un
po’ di più di un paio” aveva
ponderato Jason, anche se non aveva idea di quanto tempo fosse
effettivamente
passato.
“Bene, penso dobbiamo muoverci” aveva stabilito
Madina, prima di voltare lo
sguardo verso la tavolata con espressione un po’ triste.
Jason aveva riconosciuto Mel, aveva sciolto la treccia da moicano e
sembrava un
ragazzino in barbe, con pantaloni di pelle da metallaro, ma con un
sorriso
dolce ad adornare il viso. “Vedo che è andata
bene” aveva considerato,
rincuorato, ricordando le cose che Iulia Agrippina aveva detto.
“Chi sono gli
altri tre?” aveva chiesto, poi, Jason, “Astrid
è stata rapita, direi che non è
il momento di parlare della felice famiglia di Mel” aveva
detto Fred, con il
suo tono secco.
“Sì, hai ragione” aveva considerato,
“Ma è un momento così bello,
è come quella
cosa strana di cui parla Magnus Chase … la terapia. Tipo
quando guarisci una
ferità dell’anima” aveva ammesso Madina,
girando lo sguardo. “Comunque, sono
Italicus, il cugino di Mel, e il figlio di lui, Chariomerus e il padre,
cioè lo
zio di Mel, Flavus” aveva spiegato, “Gli ultimi re
dei Cherusci” aveva
considerato melanconica.
La fine della famiglia di Mel e del suo popolo e della sua
eredità.
“La famiglia del tuo ragazzo è fuori dal comune.
Sono tutti Guerrieri Caduti”
aveva concesso Fred, con un tono stizzito; aveva ragione se si
considerava che
anche il padre ne era uno. “E sono in piedi da quasi duemila
anni … nessun’anima
dura così tanto. Il genere umano si corrode prima, ma non
loro, loro
resisteranno fino al Ragnarok e anche oltre ne sono certa”
aveva commentato
Madina.
“Tutto molto bello, andiamo a salvare Astrid” aveva
sottolineato Fred, “Certo.
Sai dov’è?” aveva risposto Jason, non
voleva essere fastidioso, ma era un
problema da considerare.
Un lampo di luce d’oro lo aveva distratto, aveva attirato
anche gli altri
quattro avventori del tavolo, che subito erano balzati in piedi con
armi alle
mani.
Tre valchirie si erano manifestate davanti a loro e Jason aveva
percepito
immediatamente la differenza con Hnoss, trovandole molto meno delicate
e
luminose, erano invece: acute, dure e sferzanti.
Samirah era al centro con una maglia di ferro, sopra una felpa e un
jumper di
piume di cigno, indossava l’hijab verde con le decorazioni
floreali rosa e un’espressione
funerea, al suo fianco c’era una ragazzina
dall’espressione nervosa, il taglio
a scodella, che indossava un impermeabile di piume, stretto alla vita,
da cui
sotto spuntavano pantaloni morbidi con una fantasia da pied-de-poule
aderenti a
gambette ossute e la terza: statuaria e ingombrante, con i ricci pieni
era
Lagherta – l’amica di Kráka.
“La Squadra Sucida immagino” aveva considerato
Jason, “Salve. Sono felice di
rivedervi” aveva detto Samirah, alzando il polso per mostrare
qualcosa di
simile ad un orologio, “Siamo state chiamate qui di gran
carriera … e non per
essere scortese ma siamo impelagate in una missione precaria”
aveva riportato.
Hnoss era apparsa, il suo aspetto non era più quello di una
ragazzina di
tredici anni, ma si era invecchiata un po’ –
utilizzando qualche malia – che
l’aveva fatta apparire più alta e leggermente
più donna, “Sì, sono stata io.
Hnoss figlia di Freya” si era presentata, “Questi
ragazzi hanno una
comunicazione urgente per voi.”
Jason aveva riassunto a grandi linee quello che era accaduto
– lasciando fuori
il rapimento di Gullibursti e l’intervento massiccio di Glam
nei suoi sogni – e
rivelando che una visione aveva aggiornato Jason sul ruolo di Samirah.
“Ah” aveva detto il capo della Squadra Suicidio,
“Sylvie”
aveva detto girandosi verso la ragazza con i capelli a scodella,
“Aggiorna
subito la divina Frigg di questa svolta degli eventi” aveva
ordinato, quella
aveva annuito ed era sparita in una nuvola di oro e polvere, come un
mostro.
“Noi andiamo a recuperare quella screanzata di
Thurd?” aveva inquisito
Lagherta, con un sorriso fin troppo soddisfatto.
Sempre era la delizia di spose malvagie, ricordava
le parole di Glam.
“Fate attenzione” le aveva ammonite Jason,
“La lingua ammagliatrice di Heidi è
la più … forte che io abbia mai
sentito” aveva ammesso cupo, e gli era sembrato
poi che le donne fossero più facilmente vittima del suo
incanto – o almeno così
diceva l’Edda, forse era perché erano avvezze
all’arte magica, sicuramente
Jason non lo avrebbe mai detto ad alta voce, non dopo essere finito
vittima di
quel incantamento. “Gulveig è piuttosto abile ad
avvelenare i cuori delle
donne, specie quelle con i tuoi precedenti” aveva parlato per
lui Fred, senza
vergogna alcuna.
Jason si era aspettato che la donna lo fulminasse con lo sguardo, ma
Lagherta
aveva solamente ridacchiato, l’espressione insofferente era
stata manifestata
da Samirah, “Grazie per la preoccupazione” aveva
detto Samirah senza
gentilezza, prima di rivolgersi a Jason ed addolcire il suo sguardo,
“Abbiamo
portato dei tappi e non abbiamo bisogno di parlare per
sentirci” aveva
spiegato, muovendo le mani con movimenti lesti e veloci delle dita
– linguaggio
dei segni.
“Come vedete bambini” aveva detto Lagherta,
strizzandoli l’occhio, “Samirah ha
sempre tutto sotto controllo e io sono già una buona figlia
di puttana senza
bisogno di una strega che mi sussurri nell’orecchio, inoltre
…” Lagherta aveva
fatto una pausa, prima di infilare la mano nell’orlo della
sua veste per tirare
fuori una lunga collana di perline di vetro – a Jason aveva
ricordato quelle
del campo mezzosangue, anche se la sua aveva solo due perle –
al cui centro
svettava un amuleto di legno su cui era stata bruciato sopra tre
simboli, uno
era una attraversata da una banda obliqua e l’altro sembrava
un incrocio tra
una Y maiuscola e un tridente, l’ultimo sembrava una F con i
bracci obliqui, “Naudhiz,
Algiz, Ansuz” aveva letto Madina,
“Bisogno, protezione e prosperità” aveva
soppesato Fred, “Circa” aveva replicato la
valchiria, “Non ti misuri con ergi
e gothi senza un sospensorio.”
“Stercore.
La situazione è peggiorata in
fretta” aveva stabilito Mel quando avevano raccontato tutto,
Jason aveva
osservato attentamente gli altri tre avventori, piuttosto incuriositi.
Un uomo
era anziano, ma i suoi capelli erano ancora di un fulgido biondo
luccicante, si
teneva con un bastone, con un corpo curvo, ma il suo aspetto trasudava
ancora
una certa regalità. Uno era un uomo adulto, il cui corpo
cominciava ad
infiacchirsi, ma conservava un’austerità fredda e
romana, era vestito come un
ausiliare, indossava loriche d’oro ed aveva un occhio bendato
– la cosa lo
aveva lasciato confuso per un momento, pensava che la condizione di
einherjar
dovesse guarire ogni ferita. L’ultimo, il più
giovane, comunque due volte più
vecchio di Mel, era un uomo più secco e nervoso, ma aveva
gli stessi capelli
biondi e occhi verde scuro-castano del suo parente, a Jason
più famigliare.
Mel però sembrava molto più rilassato.
“Thrud ha detto che Astrid non è in
pericolo” aveva considerato Jason, “Se le
storie su Erik sono vere, probabilmente non è in pericolo,
probabilmente non sa
neanche di essere stata rapita” aveva ponderato Madina,
“Come la troviamo?”
aveva chiesto.
“Non sai fare, esempio, un incantesimo rintraccia
persone?” aveva chiesto
Jason, “Ti ho già spiegato che sono uno stregone
piuttosto carente” aveva
soffiato Fred, “Letteralmente dieci minuti fa hai costruito
una gabbia per
chiuderci un dio” aveva replicato Jason. “Lo hai
fatto tu, in realtà” aveva
risposto Fred piccato.
Hnoss si era avvicinata, “Io forse potrei farlo”
aveva ammesso la valchiria,
“Non so solo picchiare duro con la lancia, ma posso eseguire
anche incantesimi
complessi” aveva raccontato orgogliosa, occhieggiando Fred,
“Puoi trovare
qualcuno?” aveva domandato Jason, “Se avessi
qualcosa di suo” aveva ammesso.
“I vestiti!” aveva strillato Madina,
“Quelli che ci siamo tolti” aveva
sottolineato. A Jason non sarebbe dispiaciuto riavere la maglia verde
dell’hotel e dei pantaloni che non scintillassero.
“Probabilmente sono stati
bruciati e rispediti al Valhalla, non per cattiveria, ma mamma ha una
forte
allergia alle cose brutte” aveva spiegato imbarazzata.
Astrid – una volta salvata – non sarebbe stata per
nulla contenta di sapere che
avevano dato fuoco ad una delle sue pellicce.
Fred aveva cominciato a tastarsi le tasche dei pantaloni e Jason aveva
avuto
un’illuminazione, recuperando dalla tasca dei pantaloni Hagalaz.
“Questo?” aveva detto, mostrando la tessera della
runa spaccata a metà, “Che
cosa hai combinato?” aveva chiesto con sorpresa Mel,
“Ho usato questa per rompere
il giogo di Heidi” aveva spiegato con una certa calma,
“Apparteneva al set di
rune di Astrid e, pensandoci, le aveva avute dal suo amico stregone che
presumo
fosse Erik” aveva ponderato.
Se non avesse trovato l’una, magari avrebbe potuto trovare
l’altro.
Hnoss aveva raccolto le due schegge dalle sue mani, per poter valutare,
“Uhm.
Olmo, buona scelta, hanno un ottimo potenziale incantato”
aveva considerato la
valchiria – la stessa cosa che aveva detto Kráka.
“Sono impregnate di una forte
energia magica” aveva ammesso, “Una che puoi
sentire nero su bianco, una forza
naturale e trascendentale, decisamente più esplosiva di
quella del povero Erik
figlio di Frey, che ha un energia vitale sempre calma e rasserenante,
per caso
la vostra amica Astrid è una figli di Thor o Odino o una
diretta discendente?”
aveva chiesto Hnoss, “Discende da Sif” aveva
spiegato Madina, pratica, “Ah, be,
all’ora questa tessera ha assorbito il potere di qualcun
altro” aveva detto
leggermente sconsolata la valchiria, “Qualcuno come un figlio
di Giove, eh?”
aveva detto ironico Fred occhieggiandolo, “Non ho mai sentito
una loro energia,
ma è più probabile che se appartenesse a un
lascito di Sif” aveva considerato.
“D’altronde Kráka lo aveva detto che la
runa dovesse essere la mancanza di
Astrid” aveva ponderato Mel, d’altronde hagalaz
come Giunone aveva
seguito Jason in tutte le sue disavventure.
“Mi dispiace all’ora, forse se avessi le
abilità di mia madre, potrei, ma …”
aveva soffiato Hnoss, prima di riconsegnare la runa spezzata a Jason.
Madina si era voltata verso Fred, “Tu dove pensi che andrebbe
Astrid se dovesse
avere un incontro intimo non sapendo di essere stata rapita?”
aveva inquisito.
“Nessuna parte, Madina” aveva risposto Fred,
“Non con noi qui, non senza sapere
del verro e non prossima ad un Holmgang” aveva aggiunto con
fermezza, sì,
realizzava Jason, “Andarsene non sembra qualcosa da
Astrid” aveva considerato.
Forse non era davvero in pericolo, ma sicuramente non li avrebbe mai
lasciati
così. “Sì, lo so, Freddie, ma devo
cercare di pensare trasversalmente” si era
difesa Madina, incrociando le braccia sotto al seno, “Io
andrei a casa” aveva
risposto Mel, cogliendoli di sorpresa, “Lì, sul
Palatino, nascosto nelle cucine
per non dover spazzare il pavimento” aveva confessato emotivo.
Jason aveva ricordato il suo sogno, quando Mel pestato e rovinato era
stato
portato all’attenzione di Caligola e tutti gli altri suoi
compagni nei sogni,
le alture di neve del Wyoming, la calura distruttiva di Costantinopoli
… e la
capanna di terra, legna e argilla di Astrid e Erik.
“Se posso intromettermi” aveva parlato uno dei tre
uomini, avvicinandosi,
quello dall’aspetto più vecchio, aveva una voce
calma e posata.
Da vicino, dietro le rughe calanti del viso, la somiglianza con Mel
sembrava
appassire, aveva un naso più adunco ed
un’espressione più solenne, ma gli
stessi ridenti occhi verde come olive pressate. I capelli biondi, quasi
bianchi
per la vecchiaia, portati lunghi e scriminati in due, sul capo.
“Ragazzi, lui è mio cugino Italicus”
aveva spiegato pigro Mel, “Re dei
Cherusci” aveva aggiunto, “Famiglia loro sono i
miei compagni di piano: Fred,
depresso e cristiano, e Jason, bugiardo patologico e romano”
aveva aggiunto,
senza reale cattiveria.
“Ciao famiglia di Mel” aveva risposto pigro Fred,
“Ave Italicus, cheruscōrum
rex” aveva commentato invece Jason, ignorando la
frase pungente di Mel.
Italicus aveva annuito cortese e colpito, “Dunque,
dicevo” aveva ripreso poi il
re, “Nel corso dei miei duemila anni in giro ho conosciuto
diverse entità di
indistinguibile acume e valore … e capacità
ovviamente. C’era questa vǫlva con
abilità oltre ogni immaginazione” aveva
raccontato, “Hai ancora il
suo numero di telefono per caso?” aveva chiesto Madina con
una punta di
curiosità.
“Oh, be, la giovane Groá è morta da
tempo e sfortunatamente la sua anima non
riposa né in questi lidi, nè nella Sala dei
Caduti di Padre-Tutto” aveva
considerato Italicus cupo, “Ma anche nella morte, come si
direbbe in questi
pazzi tempi moderni, Groá non ha mai mancato la
chiamata” aveva sentenziato.
“Stiamo davvero per fare un invocazione?” aveva
considerato Fred con un tono
leggermente ansioso, ripensando a quella che avevano quasi fatto per
Bee,
davanti la prigione di Thrud, “Più un
evocazione” aveva ponderato.
“Io non so come si fa” aveva miagolato Hnoss,
“Chiamare un’anima dal regno di
Hell è un affare pericoloso di per se, ma chiamarla da un
regno dei morti ad un
altro è
tutta un’altra faccenda” aveva
spiegato, “Sì, per questo ci ha portato qui una
dísir” aveva considerato Mel,
grattandosi il capo. Certo, rubare un anima da un’oltre tomba
ad un altro era
una questione che poteva scatenare una guerra.
Jason aveva schiuso le labbra ed un pensiero invadente e brutale si era
manifestato nella sua mente ed era sceso fino alle sue labbra, quella
sicurezza, quelle certezze, come la creazione della prigione di Thrud,
non
erano completamente sue e Jason cominciava a sospettare che fosse per
colpa
dell’abbeverata alla fonte della magia.
Doveva pagarne il prezzo.
“Hai la faccia di uno che ha appena avuto
un’idea” aveva considerato Fred,
“So, come fare un invocazione, so come farlo a grandi linee
almeno – o almeno
so a chi chiedere” aveva spiegato subito pratico,
“Nelle mie ormai piuttosto
innumerevoli e bizzarre morti, ho avuto un certo numero di
sogni” aveva
raccontato – “Sì probabilmente sei il
semidio con i sogni più vividi fra tutti”
era intervenuto Mel a sorpresa – “e tra questi ho
visto un mio amico invocare
l’anima di un morto dai Campi Elisi, un posto da cui
raramente si possono
chiamare i morti” aveva spiegato.
“Indovino: il ragazzo che gira con gli anelli a tema teschi e
le camice con i
parrocchetti?” aveva scherzato Madina, alludendo a Nico
– per un secondo Jason
aveva dimenticato che Madina aveva conosciuto i suoi amici.
“Bene, come ha
fatto?” aveva chiesto Fred, mettendo una mano sulla sua
spada, amichevole e
nervoso, “A grandi linee, ma potremmo chiedere direttamente a
lui” aveva
specificato, “I semidei greci hanno un modo di comunicare
piuttosto veloce
… non ero sicura potesse funzionare con Samirah, ma sono
sicuro che con Nico
sì” aveva ammesso.
Era una sicurezza difficile da spiegare.
Forse in futuro ne avrebbero potuto fare buon uso anche i norreni,
infondo
Jason aveva letto che Heimidall il dio che poteva vedere tutto,
soggiornava nei
pressi del ponte arcobaleno … forse un nesso, la
comunicazione, poteva
significare qualcosa.
Inoltre Jason era stato un pretore del Campo di Giove e membro del
Senato di
Nuova Roma, ma era stato anche un membro della Cabina 1 e Consigliere
del Campo
Mezzosangue, era sia greco, sia romano, era un romei come
Kym … ed era
anche norreno.
Non è come nasci, ma come muori, che
rivela a quale popolo appartieni –
aveva detto Astrid, neanche una
settimana fa, prima che tutto andasse in malora.
“Mi serve qualcosa d’oro, una moneta, un ninnolo,
qualsiasi cosa … e una
bacinella d’acqua, una parete bianca e uno
specchio” aveva commentato, “Forse
una fonte di luce luminosa bianca a raggio” aveva aggiunto.
Si era rivolto
particolarmente ad Hnoss, ma aveva osservato la famiglia reale della
casa dei
Cherusci darsi da fare in un batter d’occhio.
Flavus aveva dato a Jason il suo bracciale d’oro, Chariomerus
era tornato con
un bacile di legno colmo d’acqua e Hnoss aveva tirato fuori
uno specchietto per
il trucco da qualche parte. “Potresti non riavere il
bracciale” aveva avvertito
Jason, guardando la lorica romana. l’uomo aveva ridacchiato,
“L’oro aveva
valore nella vita, ora non è nulla …”
aveva sentenziato, senza impiccio.
Jason aveva annuito, osservando il viso orgoglioso dell’uomo,
vestito come un
armigere romano e non un germano, nonostante il crine e i baffi biondi,
“Forse
è il momento sbagliato, ma perché la
benda?” aveva domandato.
Forse Flavus la indossava come tributo a Odino,
“Perché mi manca un occhio,
no?” aveva risposto con ovvietà, questo aveva
confuso ancora di più Jason, che
aveva aggrottato le sopracciglia. “Wotan ha sacrificato un
occhio per la
conoscenza e io l’ho fatto per il mio onore ad Andetrium”
aveva risposto orgoglioso, “Chi ti è davanti Jason
Grace pretore di Nuova Roma
è il praefectus
cohortis Marcus Iulius
Flavus,
centurione di Roma”
aveva
stabilito con orgoglio.
Jason aveva sorriso – ma il tossicchiare di Mel aveva fatto
presto scemare
l’azione.
“Per la
parete bianca va bene quella?” aveva chiesto
Italicus, ammiccando ad un lato della parete, che era compostata di
cassettoni
e marmi chiari, “Sì” aveva ammesso Jason.
“Ci serve solo una fonte luminosa ora” aveva
ponderato, “Forse potrei
incanalare un fulmine” aveva considerato, ma avrebbe potuto
produrre una luce
bianca? “Ma preferire aiutare con lo specchio.”
“Diciamo che la mia spada esplode in intensità di
colore in base a quanto
vicini ad uno scontro siamo ma il colore è sul mio stato
d’animo. Ultimamente è
rossa, ma potrei riuscire a renderla bianca?” aveva
considerato Fred, “Ti
prego” aveva sospirato Madina.
“Cosa stai cercando di fare?” aveva inquisito Mel,
“Creare un arcobaleno,
usando la diffrazione dello specchio nell’acqua
…lasciamo perdere, è una cosa
che ho imparato in collegio. Lo facevamo per passare il tempo quando
pioveva e
non potevamo uscire in cortile e la segreteria aveva scoperto le VPN
per il-
non è importante” aveva fatto una pausa arrossando
a quella strana confidenza,
prima di ricominciare il discorso, “Comunque con
l’arcobaleno possiamo
contattare chiunque” aveva rivelato, “Certo,
pagando un dazio alla dea Iride,
sì” lo aveva anticipato Mel.
Per un secondo lo aveva dimenticato, nonostante la sua fierezza di uomo
germano, Mel era cresciuto a Roma, nella casa del Princeps, con la
nozione
degli dei classici.
Fred aveva
estratto la sua spada magica e una rossa
luce sinistra si era dipanata davanti a loro, il ragazzo aveva fatto
lunghi
sospiri, come a calmare il suo animo agitato e lentamente la luce era
passata
un rosso incendiario ad un bianco quasi accecante.
Tutta quella luce non era decisamente positiva – una guerra
si era fatta più
vicina.
“Bene e ora?” aveva chiesto Madina con interesse.
“Dobbiamo immergere lo specchio in acqua ed inclinarlo a
quaranta-due gradi con
la superficie riflettente verso il muro e dobbiamo irradiarlo con un
fascio di
luce” aveva spiegato bene, osservando come Hnoss aveva
allungato il suo
specchio per darlo a Mel.
Era uno di quelli dalla forma circolare, rivestito in argento lucido da
un
lato, da cui spuntava un piccolo anello per sorreggerlo.
“Ai miei tempi, Jason avresti potuto convincere molti uomini
di essere un
messaggero degli dei” aveva ghignato divertito il guerriero
germanico mentre si
accucciava per terra per immergere l’artefatto nella tinozza,
“Lasciando da
parte i fulmini” aveva detto piccato Fred.
Nessuno aveva badati a lui.
Fred si era spostato per puntare il fascio di luce verso lo specchio,
senza un
figlio di Frey o di Apollo non era stato molto facile, ma Hnoss era
riuscita a
dargli una mano in qualche modo, mentre Madina aiutava il fidanzato a
trovare
l’inclinazione perfetta.
I tre guerrieri germano-romani osservavano la scena con un certo gusto
ed
interesse, “Che giornata interessante, eh?” aveva
ghignato divertito Flavus.
C’era voluto un po’ – e non senza
improperi in francese dalle labbra di Fred –
quando finalmente un tenue e piccolo arcobaleno aveva trovato la sua
strada nel
cassettone di marmo, pratico Jason aveva offerto l’oro di
Flavus e richiesto
l’invocazione.
Sfocato e leggermente scuro, il viso di Nico Di Angelo era apparso nel
suo
campo visivo.
“Jason!” aveva esclamato vedendolo, spalancando gli
occhi scuri sorpreso; “Lo
hai detto tu stesso che il nostro non era un addio” aveva
scherzato Jason, “Oh,
be, non mi aspettavo così presto” aveva ammesso
Nico, nervoso, prima di
aggiungere frettolosamente, “Non che mi dispiaccia sono
sempre felice di
vederti” aveva ammesso con un tono più allegro.
“Ciao Nicoo!” aveva strillato Madina, che era fuori
dall’inquadratura, “Oh,
ciao!” aveva risposto l’altro aggrottando le
sopracciglia, prima che Jason
spiegasse chi aveva parlato, “Ah, certo” aveva
ammesso, “Sei stato fortunato,
se chiamavi due minuti prima mi avresti trovato con Will e non sopporto
mentirli, ma è andato in infermeria … non puoi
mai sapere quanto uno scorpione
decide di pungerti” aveva buttato fuori.
“Stanno tutti bene?” aveva chiesto preoccupato,
“Uno scorpione ha punto Drew,
uno scorpione standard intendo, non un mostro velenoso, quindi a parte
le sue
lamentele che si sentono fino alla cabina 13, sì stanno
tutti bene, ma io odio
mentire al mio ragazzo. Ah, sì, la doccia ha smesso di
cercare di uccidermi”
aveva ammesso.
“Volete anche un cazzo di tè?” aveva
chiesto Fred che stava ancora direzionando
la sua lama, “Questo è Fred che mi ricorda che non
ti abbiamo chiamato per
piacere, ma ho bisogno del tuo aiuto Nico” aveva ammesso. Il
suo amico aveva
annuito, “Tutto quello che vuoi Jason” lo aveva
rassicurato, “Devi spiegarmi
come hai fatto l’invocazione a Silena” aveva detto,
“Come-come lo sai?” aveva
domandato retorico, “Lo ho visto in un sogno” aveva
ammesso e si chiedeva se
non lo avesse visto all’ora per questo – se davvero
ogni sogno, ogni immagine,
più banale che avesse visto, fosse un messaggio del Wyrd.
“E se possibile molto in fretta!” aveva ringhiato
Fred. “Jason la necromanzia
non è una pratica consigliata a chi non è
affiliato alle divinità ctonie” aveva
considerato Nico nervoso, “Be, sono morto quindi un certo
grado di famigliarità
dovrei averlo ora” aveva provato, “Riflettendoci
dobbiamo evocare lo spirito di
una profetessa per avere una lettura del futuro, quindi più
che una necromanzia
dovremmo fare una psicagogia – dovrebbe essere questo il
termine” aveva provato
Hnoss, affiancandosi a lui e salutando audace Nico –
“Oh anche lui è carino!”
aveva ridacchiato nell’orecchio di Jason.
“Sì” aveva considerato Nico,
“Ma quanta gente siete?” aveva chiesto poi
confuso, “Uhm, sette einherjar e una valchiria!”
aveva risposto contenta la
guerriera. “Sicuramente l’energia dei morti non vi
manca” aveva valutato
ironico il suo amico.
“Nico,
abbiamo davvero bisogno di questa
cosa” aveva supplicato Jason. Il suo amico si era morso il
labbro, “Va bene –
ma Jason non vorrei tu morissi di nuo-permanentemente.
Promettimi di non
farlo” aveva stabilito il suo amico con sicurezza.
“Tutto per te” aveva replicato Jason, con un
sorriso calmo.
Nico era arrossito, “Va bene …” aveva
concesso alla fine, sebbene la sua
espressione fosse tutt’altro che serena “Prima di
tutto, vi servirà uno
specchio d’acqua …”
“Quindi
facciamo una psicagogia greca officiata da un
einherjar romano in un regno vichingo per richiamare una vǫlva da
Hellheim?” aveva chiesto sconvolto Stellan, mentre Madina lo
aggiornava. La piccola congregazione composta da un elfo, sette
spettri, un verro
gigante meccanico e una valchiria dea aveva lasciato le calde stanze di
Sessrúmnir
per raggiungere il luogo adatto, guidati dalla giovane Hnoss,
che conduceva la fila come una maestra in gita scolastica conduceva un
gruppo
di studenti distratti – quello che rendeva più
comica la scena era che la
giovane aveva ripreso il suo aspetto un po’ più
infantile, che la faceva
apparire la più giovane del gruppo.
A chiudere la fila c’era il grufolante Gullinbursti
più seccato che mai – che
millantava che avrebbe potuto portare tutti sulla sua groppa.
Ognuno di loro aveva qualcosa tra le mani utile per
l’invocazione.
“Stavo pensando Stellan …” aveva
cominciato Jason, “Tu potresti andare … la tua
missione è finita” aveva ponderato.
Thrud aveva detto che il sole sarebbe tramontato ad Alfheim non prima
di un
paio di giorni, però sarebbe stato il caso di riportare il
verro il prima
possibile, “Lo so” aveva detto l’elfo con
le gote blu come due mirtilli,
“Dovrei, ma non riesco ad andarmene e voltare le spalle a voi
e Astrid” aveva
considerato.
“Ma come sei dolce, ti mangerei di baci” aveva
detto Madina, tirandoli una
guancia e facendo quasi cadere il barattolo di miele che aveva tra le
mani –
era uno dei barattoli prodotti dalle ragazze Bee, Jason non sapeva
perché ma lo
aveva trovato esilarante.
“Sentite so che è una cosa assolutamente di
troppo, ora, ma mi chiedevo come fa
Flavus a mantenere la sua cicatrice?” aveva domandato Jason,
mentre osservava
il retro della nuca dell’uomo che aiutava il suo vecchio
figlio a progredire –
Italicus era un vecchio baldanzoso, ma era pur sempre un vecchio,
“Lo stato di
Einherjar non dovrebbe cancellare tutte le cicatrici e
menomazioni?” aveva
chiesto, toccandosi il labbro integro.
“Ah, non so” aveva ammesso Mel, sollevando i palmi
in alto, mentre Madina aveva
ridacchiato, “Nella stessa maniera in cui il Valhalla
mantiene il tuo tatuaggio
Jason … anche i quelli sono ferite, intagliate con
l’inchiostro sulla pelle …
dovrebbero rimarginarsi, ma il Valhalla le lascia perché sa
che sono tue scelte,
sono importanti, basta desiderare di averle per conservarle”
aveva
spiegato, “Di solito nessuno vorrebbe tenersi addosso una
cicatrice o una
menomazione” aveva considerato Jason, se non avesse avuto tra
le mani una
cassetta piena di ossa di pollo e cinghiale dello scarto della cena,
non
avrebbe esitato nel toccarsi la cicatrice.
“Oh, tesoro come fai a saperlo?” aveva invece
indagato Mel divertito, “In
duemila anni non ci ho mai pensato” aveva considerato poi. La
sua fidanzata
aveva ridacchiato: “Oh, be, amore, sarebbe fastidioso se dopo
ogni morte mi
guarisse l’imene” aveva risposto Madina senza
alcuna vergogna, strizzando l’occhio
verso il fidanzato.
Jason era arrossito e anche Stellan – o la sua versione blu
– mentre Mel aveva
ridacchiato, colpendosi in faccia con la mano.
Si era morso un labbro, nervoso, pensando a quella stupida cicatrice
che si era
fatto a due anni.
Fred si era voltato verso di loro con uno sguardo cattivo e arrabbiato,
Jason
si era aspettato un commento indisponente sulla natura libertina di
Madina, ma
l’altro aveva proferito tutt’altre parole:
“Sono contento che vi divertiate,
non è come se Astrid fosse stata rapita” aveva
ringhiato.
La vergogna aveva colpito tutti e quattro.
“Eccoci,
qui!” aveva stabilito
Hnoss, ammiccando al lungo fiume che si apriva davanti a loro, aveva
acque
azzurre luccicanti sotto la luce del sole di Vanheim da sembrare che
diamanti
grezzi ne luccicassero sulla superficie. Il fiume aveva delle anse poco
sinuose
e si apriva in una biforcazione d’acqua. “Questo
è il fiume Tanais che divide
la terra in tre” aveva aggiunto con orgoglio.
“Forse lo ricordo male, ma il
Tanais non era il nome antico del Don?” aveva considerato
Jason, “E
percorrendolo probabilmente vi ritrovereste
nell’oblast’ russo” aveva ammiccato
divertita Hnoss, “Vanhaimer è il regno a oriente”
aveva spiegato.
“Jason” lo aveva chiamato Madina,
“Sì ho capito, la geografia dei fumi e delle
montagne dei Nove Mondi non ha senso e tutto esiste su piani
diversi” aveva
ponderato.
A Jutheim avevano trovato le montagne del Wyoming e avevano preso un
fiume che
era passato per una terra velenosa e poi li aveva condotti fino alle
coste
della California, vicino a Fort Russ.
“Comunque è l’unica grande fonte
d’acqua qui. E il bel ragazzo nell’arcobaleno
ha detto che ci serviva” aveva stabilito la valchiria,
mettendo le mani sui
fianchi, “Pensate andrà bene?” aveva
inquisito, “Lo faremo andare bene” aveva
stabilito Jason, “Procediamo.”
“La
regola è che non si possa entrare nel regno del
morti…” – “Siamo
già morti” lo aveva interrotto Flavus,
“… ma si chieda al
defunto di uscire” Jason aveva ricordato a tutti le parole di
Nico, prima di
passare la pala a Stellan, “Perciò bisogna scavare
una buca” aveva stabilito.
“E devo farlo io?” aveva chiesto l’elfo,
“Be, Stellina tu sei l’unico
sicuramente vivo al cento per cento e, be, uma…mortale”
aveva
sottolineato Fred, ammiccando alla valchiria che era figlia di due dei
a quanto
Jason aveva capito – di Freya e il di lei marito –
“Tecnicamente la nostra
categoria di dei è mortale” aveva sottolineato
Hnoss, ma era stata ignorata.
“Il rituale è pensato per i vivi” aveva
commentato Jason, forse avrebbe
funzionato anche per loro, ma era meglio limitare le stranezze.
Stellan aveva annuito, prendendo il badile dalle sue mani e cominciando
a
scavare, avevano scelto il luogo non lontano dall’ansa limosa
del fiume.
“Quanto dovrei proseguire?” aveva chiesto poi,
“Una tomba … più o meno”
aveva
considerato, “Va bene” aveva detto sconsolato
l’elfo.
“Bene, adesso dobbiamo preparare una triplice libagione:
prima latte e miele,
seguito da vino e in ultimo acqua … e tutto dovrà
essere cosparso di farina
d’orzo” aveva spiegato Jason, ricordando le parole
che aveva ascoltato da Nico.
Nel frattempo Italicus stava ordinando a padre e suo figlio di disposto
una
maschera – Jason aveva ricordato che il suo amico aveva usato
una di Medusa –
sul fondo della buca e altre ossa di creature morte. “Ora
dovremmo immolare un
olocausto, ma Nico ha detto che patatine e coca-cola andrebbe bene lo
stesso,
soddisferà la fame comunque, anche se non di
sangue” aveva ponderato Jason.
“Non capisco, non abbiamo già portato il
cibo” aveva chiesto Madina, “Nel
dubbio ho preso un sanguinaccio con sangue di cinghiale”
aveva esclamato Hnoss
con un certo orgoglio. “Un banchetto è per
l’anima di Groá, un banchetto è per
la fame di Hela” aveva spiegato Italicus, stupendoli
– Nico non aveva
effettivamente spiegato quella parte, ma aveva senso pensandoci, era
agli dei
che si facevano sacrifici di solito.
“Perfetto” aveva considerato
Jason,
“Stellan: prendi le patatine e la coca-cola e buttale nella
tomba tra le ossa
unte di grasso, poi rovescia il sanguinaccio dicendo le parole che ti
dirò tra
poco, dopo butta la candela accesa nella tomba” aveva
ponderato Jason.
Mel aveva recuperato la candela tra il materiale che avevano portato e
si era
occupata di accenderla con una pietra focaia, “Noi ci
metteremo attorno al
tumulo per respingere le anime dei morti che non sono be …
quella che ci serve.
Purtroppo, non possediamo i doni di un figlio della morte”
aveva ponderato,
“Dovremmo anche ripetere una litania: noi amiamo
l’uomo, noi amiamo il
tumulo”
aveva spiegato Jason.
“Per nulla inquietante, no no” aveva detto
Chariomerus, “Più che altro questo
non è un tumolo, è una tomba piuttosto
basica” aveva valutato confuso Fred, “E
stiamo evocando una donna.” “Allora: noi amiamo la
donna, noi amiamo la tomba?”
aveva proposto Madina.
“Qualcuno potrebbe farlo anche con noi?” aveva
chiesto invece Flavus mentre
prendeva posto attorno alla tomba, chinandosi sulle ginocchia,
“Essere a
Midgard e invocare le nostra anime?” aveva aggiunto.
“Sì … credo” aveva
risposto Hnoss, “Ma non so come funzionerebbe tecnicamente:
nel Valhalla e a
Sessrúmnir
le anime sono più corporee? Possono lasciare il dominio e
essere
creature di carne e sangue, ma chi riposa a Nilfheim e Hellheim non
può. Sono
spettri e ombre dei vivi … non so cosa succederebbe se
qualcuno richiamasse
l’anima di un einherjar” aveva ponderato.
“Ritengo che queste disquisizioni di teoria magica potrebbero
essere fatte
quando qualcuno non è scomparso, no?” aveva
interrotto Fred la questione, la
piccola valchiria era saltata colta dalla vergogna,
“Perdonami tantissimo”
aveva uggiolato come un cucciolo ferito e tanto era bastato per far
sorgere uno
scrupolo di colpa sul viso indisposto di Fred.
“Spero davvero funzioni … deve”
aveva ammesso Jason, “Stellan: ecco le
parole che dovrai dire …”
“…
ma, dea, ti supplico, regina di sottoterra, di far
uscire l’anima dai confini della terra, mostrando agli
iniziati il volto buono
della signora Groá” aveva
terminato Stellan,
lanciando poi la candela nella fossa.
Era un bene che la signora della morte norrena fosse una donna, avevano
potuto
riciclare un’invocazione alla dea dei fantasmi greca.
Loro avevano continuato la loro litania, erano rimasti sul classico,
senza
successo.
Per un lungo momento non era successo nulla, la luce tenue della
candela si era
assopita nella terra umida. “Abbiamo fallito” aveva
ammesso con vergogna
Madina, “Forse questo incantesimo vale se siamo a Midgard non
su … regno dei
morti?” aveva provato, “Non siamo più a
Sessrúmnir,
Madina, siamo a
Vanhaimer è una terra viva quanto Asgard e
Midgard” le aveva risposto suo ragazzo,
“Ma non è terra dei mortali” si era
inserito Stellan incerto, “Midgard e
Alfheim lo sono.” “No, ha funzionato, lo
sento” si era intromesso Fred lugubre,
“Sì, è qualcosa che interferisce
nell’aria” aveva ammesso la valchiria.
Appena le parole di Hnoss si esaurirono, il fuoco aveva divampato dalla
fossa,
prima rosso, poi era marcito in un sinistro verde perverso. Dalle
fiamme si era
condensata una figura, Jason ne vedeva solo il profilo, era una
creatura morta
ed avvizzita, dai lunghi capelli neri e il corpo scheletrico.
“Hela!” aveva
sussurrato ammirato e spaventato Flavus, “Questo …
questo è poco ortodosso, ma molto
interessante” aveva concesso la dea, la sua voce era fredda
come una notte d’inverno,
accompagnata da una bufera di neve.
Non somigliava a né a Vali, né a Alex,
né a Samirah. “Accetto la tua
richiesta, Stellan Brightflower, della stirpe dei
Dökkálfar” aveva sentenziato.
Stellan si era fatto rigido davanti quell’appellativo.
Hela era bruciata in fiamme verdi e quando il fuoco si era esaurito,
era
rimasto solo fumo grigio verdastro e poi tra le volute di fumo si era
manifestato altro. Una figura ingobbita nera, da mani nodose e
scheletriche,
con il viso scolorito e grigio. Si erano alzati tutti per raggiungere
Stellan,
l’unico di loro a fronteggiare la strega fino a quel momento.
Il viso di Groá era bianco come l’osso di una
seppia, con capelli grigi sottili
come fili di ragnatela e occhi infossati neri come pozzi senza fondo,
ne iride
e ne pupilla. Sembrava emanare un’aura oscura che nascondeva
il sole raggiante
di Vanheimer. Ne giovane ne vecchia, ne viva ne morta, ne tangibile ne
fumosa,
tutta una serie di metà e nullezza.
“Qui è Gróa, moglie di Aurvandill
l'ardito, che risponde sempre alla chiamata”
aveva risposto la voce della donna, con una voce cavernosa, ma
distante, come
se non avesse parlato dalle sue labbra – che si erano
sì mosse – ma da un posto
oscuro e profondo, lontano, come il centro della terra.
“Oh, che orribile vista” aveva commentato
Gullibursti, “Oh, che lingua
insolente” aveva risposto lo spettro con un atteggiamento
leggermente
indisponente.
“La prego ignori il verro” aveva miagolato Stellan,
con pieno disagio, prima di
voltarsi verso Jason, in cerca d’aiuto, ma prima che lui
parlasse era stata
Fred a palesarsi per primo, facendo un passo in avanti: “Mia
rispettabile Groá
ti offriamo latte-e-miele, vino e acqua per dissetare la tua
fame” aveva
soffiato, “E cosa chiedi guerriero per questo lauto
banchetto?” aveva chiesto
la spirito, che senza vergogna si era poi avventata sul calice colmo di
latte,
“Prima che tu ponga la tua manda e bene che tu sappia che il
futuro è una
coltre di nubi della tempesta” lo aveva avvertito con quella
sua voce profonda,
da scavare le ossa.
“Nessuna profezia, nessun presagio, noi cerchiamo una persona
che ci è cara e
che ci è stata sottratta” aveva ammesso Fred,
“Ella risiede ad Nilfheim e
volete che io parli per voi?” aveva chiesto Groá,
“No, mia signora, lei risiede
nel Valhalla e mangia al tavolo di Odino, ma ora è
scomparsa” aveva spiegato.
Groá aveva bevuto il vino rosso, che era colato dalle sue
labbra avvizzite,
come sangue viola, “Il suo nome?” aveva domandato
la strega.
“Ella è Astrid Einardottir, nata come Auat
occhi-di-ambra-verde, dalle trecce
nere e il cuore impavido. Figlia di Einar Acre-acciaio figlio di
Sif” aveva
recitato Fred, come un poeta, con colore e calore.
Groá aveva abbandonato la coppa di vino vuota ed aveva
bevuto l’acqua, “Essa è
corrente di ogni energia e magia” aveva ammesso con voce
cupa, “E dalle acque
dovrete passare” aveva ponderato, “Lì
nella
terra della metà dove ogni cosa vive e muore assieme, dove
il tempo scorre e
l’inevitabile accade” aveva spiegato,
“Lei riposa tra le viti
selvatiche, lì alla baia dei pianori, nel Regno di
Saguenay” aveva
stabilito la strega.
“E?” aveva provato Fred, “E questo
è tanto e tutto guerriero” aveva detto
Groá,
poi era scomparsa in un fumo verde e polvere nera, senza alcuna altra
parola.
La fossa era rimasta vuota, senza ne ossa, ne maschera, il cibo, tutto
il cibo,
era stato consumato e solo la candela spenta e consumata era rimasta
nella
fossa.
“Non è stata molto chiara” aveva
ponderato Flavus, “Un po’ lo è
stata” aveva
considerato Italicus, “Dobbiamo andare a Midgard mi sembra
ovvio” aveva dato
man forte Mel, “La terrà a metà dove si
vive e muore assieme” aveva
specificato.
“Sì, ma dove?” aveva chiesto Madina,
“Forse le acque ci porteranno lì …
comunque credo sia in Canada” aveva provato Jason, era stato
fortunato
ultimamente con i fiumi magici.
“Canada?” aveva chiesto Hnoss confusa,
“Sì, è una città del Canada,
l’abbiamo
studiata a Geografia perché è stata creata
all’inizio degli anni 2000
unificando altre tre città” aveva risposto Jason,
rispolverando le sue
conoscenze di geografia e quella particolare relazione in collegio.
Come cittadino di Nuova Roma aveva sempre trovato interessate la
geografia,
conoscere i limites era fondamentale.
“È in Quebec
comunque”
aveva aggiunto Jason, “Non ricordo molto altro, tranne che
è un luogo turistico.”
“Be, se è l’unico indizio che abbiamo,
io lo prendo” aveva considerato Fred,
“Bene andiamo in questo posto noto come Canada”
aveva ammesso Stellan,
grattandosi una guancia, “In realtà ho sempre
desiderato andare a Midgard”
aveva ammesso.
“Be, se è l’unica cosa che sappiamo,
penso sia il caso di cominciare da lì
…”
aveva rivelato Jason, “La strega ha detto che le acque ci
avrebbero portato,
nella città c’è un fiume con lo stesso
nome” aveva ponderato, ammiccando alla
forca d’acqua davanti loro – era stato fortunato
con le acque nelle ultime
volte.
“No, troppo … semplice” aveva ponderato,
prima di voltare lo sguardo verso Mel.
“Perché mi guardi?” aveva chiesto
confuso il gladiatore, “Questo è il momento
in cui intervieni spiegando tutto per filo e per segno” aveva
risposto, “Mi
sembra un po’ troppo moderno per i miei canoni”
aveva risposto il guerriero,
leggermente imbarazzato. “Per favore, tesoro, sei uno dei
pochi che ha capito
cosa è l’internet” aveva detto Madina,
“Oh, mi lusingate, non smettete” – si
era pavoneggiato Mel – “Ma devo ammettere che in
questo caso non ho idea a
cos’altro si possa riferire.”
“Vedi perché una cosa non mi torna?
Perché Mel non la conosce” aveva sottolineato
Fred.
Il cheruscio era arrossito colto in imbarazzo da tutti quei
complimenti, Jason
aveva annuito, comprendendo il punto del crociato: niente era mai
così
semplice.
Ricordava che la città si trovava nello Scudo Canadese,
protetto dalle
intemperie naturali ed una zona temperata anche negli inverni,
un’oasi verde …
non aveva neanche idea perché al suo professore di geografia
così importato
così tanto studiare quell’insignificante
città nel Canada francese.
Però, iniziava a sospettare che forse, in qualche modo, il
Wyrd doveva aver
avuto il suo ruolo – ben, prima che ricevesse anche la
profezia sulla sua
morte.
Fin da allora.
Madina si era morsa un labbro, “Cosa succede?”
aveva chiesto Jason preoccupato,
“Lo sai che sono morta nel 1600, vero?” aveva
chiesto retorica Madina, “Sì”
aveva ammesso lui confuso, “Anche se andava scemando il
fenomeno in quegli anni
si parlava sempre di El Dorado – non sai quanta gente
europea, americana e quant’altro
si è persa in amazonia per cercare le ricchezze di El
Dorado” aveva ammesso,
“Anche su nelle alture fredde del Wyoming, erano arrivate le
voci” aveva
raccontato. Jason aveva annuito, non molto stupito, il mondo era stato
costellato di terre leggendarie e uomini che avevano fatto quanto era
necessario per trovarle: alcuni per la gloria, alcuni per
l’avventura e alcuni
per la ricchezza. Alcune di quelle terre erano davvero esistite ma la
nebbia le
aveva celate agli uomini, altre erano leggende, altre erano posti a
metà – come
Ogigia. Immaginaria e reale.
“E ricordo che c’era questo ragazzo apachese che
diceva sempre che era nella
natura dei bianchi morire per la loro fame dell’oro
– non prenderla male,
riporto solamente quello che aveva detto” aveva raccontato,
“Nessuna offesa”
aveva ammesso Jason, “Sono romano, ricordi? Uno dei popoli più
affamati
di sempre” aveva ricordato, “E questo ragazzo, non
ricordo il suo nome … è
passato tanto tempo da quando ho saputo quella storia. A mia madre non
piacevano gli uomini e le persone in generale” aveva
raccontato.
“Madina mi sto perdendo” aveva ammesso Jason,
“Sai ci sono persone come Mel che
hanno vissuto quasi duemila anni e la loro mente è una
biblioteca che può
immagazzinare volumi e volumi senza essere mai piena, ma io? Io molto
meno”
aveva detto, “Diciamo che il giro era lungo e non ricordo
perché stavo pensando
a El Dorado ma ho sentito parlare del Regno
di Saguenay e
decisamente non relativo a una cittadina del Quebec” aveva
ammesso.
Lo aveva detto solo a Jason, ma probabilmente il loro discorso era
arrivato
anche agli altri, “Non ricordi altro?” aveva
chiesto preoccupato, “El Dorado
del Nord America? Può avere senso?”.
“Comunque sia, questo è il momento in cui vi devo
interrompere” aveva miagolato
Hnoss, tutti avevano guardato la Dea-Ragazzina. “Tecnicamente
non potete
lasciare i domini di mia madre fino al ritorno della Dísir
che vi ha condotto
qui. Avete il permesso di Bragi di venire qui e di mia madre di
restare, ma
formalmente …” aveva provato imbarazzata Hnoss,
“… Non possiamo andare via”
aveva concluso Jason.
“Sì, se vi accadesse qualcosa: mia madre e Odino
potremmo entrare in conflitto.
Non litigano spesso ma un tempo c’è stata una
guerra tra Vani e Aesi prima che
io nascessi” aveva ammesso Hnoss.
Ecco, sì, quello che serviva in quel momento non era
sicuramente una guerra tra
pantheon norreni.
Forse, Heidi aveva organizzato anche quello.
“Be, Hnoss mi piacerebbe proprio vederti provare a
fermarci” aveva risposto
Fred.
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