N.B.
Questo è il seguito della mia prima fic "My New Moon". Non
è necessario leggere quella per seguire questa, ma potrebbe
essere d'aiuto per delineare bene il carattere dei personaggi.
CAP. 1
EDWARD
«Come
sto?»
E’
esattamente la dodicesima volta che Bella mi fa questa domanda e la
guardo di sbieco con una finta espressione sostenuta.
«Benissimo,
ovviamente» rispondo, trattenendo un sospiro.
Alzo
le mani in alto rispondendo al suo sguardo seccato. Non è da
Bella farsi tanti problemi sull’abbigliamento, ma
è seriamente agitata e preoccupata che ci sia in lei
qualcosa che non vada.
Oggi
vuole essere impeccabile.
Disteso
sul letto, con la testa poggiata alla spalliera, la osservo mentre a
sua volta si osserva con sguardo critico allo specchio della nostra
camera nella casa di Hanover.
E’
bellissima.
Non
potrei usare un aggettivo migliore di questo per descriverla.
Ma
posso aggiungerne un altro: MIA.
Mia
ufficialmente, dato che esattamente quindici giorni prima abbiamo
formalizzato la nostra unione con un matrimonio organizzato in maniera
lampo. Sorrido tra me e me ripensando ai giorni che sono seguiti
all’annuncio della notizia alle nostre famiglie.
Le
reazioni della mia famiglia sono state nel complesso positive,
considerando che l’atteggiamento piuttosto freddino di
Rosalie è stato bilanciato dall’entusiasmo
inesauribile di Alice, la quale – inutile dirlo –
era già al corrente di ogni cosa.
“Avevamo
radunato tutti intorno al grande tavolo ovale della sala da pranzo
nella casa di Forks. Bella era molto in imbarazzo, continuava a fissare
la punta delle sue scarpe senza avere il coraggio di guardare nessuno.
Avevo fatto spaziare lo sguardo su tutti i presenti scontrandomi con
gli occhi ridenti e maliziosi di Alice che mi aveva sorriso
furbescamente. Avevo stretto forte la mano del mio amore e pronunciato
in un soffio, tanta era l’emozione, due semplici parole:
« Ci sposiamo».
Esme, mia madre, aveva
gli occhi che le brillavano per le lacrime che non avrebbe mai potuto
versare, e i suoi pensieri erano un tripudio di gioia e soddisfazione.
Carlisle, mio padre, si era congratulato rivolgendosi ad entrambi ad
alta voce e, poggiandomi una mano sulla spalla con gli occhi fissi nei
miei, aveva contemporaneamente pensato –“
Andrà tutto bene Edward, non temere, la tua famiglia ti
sosterrà sempre”- . Emmet aveva quasi stritolato
Bella in un abbraccio possente, riprendendosi subito dopo aver lanciato
uno sguardo a sua moglie, e Jasper aveva sorriso facendoci un cenno con
il capo, mantenendosi, però, ad una certa distanza.
Quello che di certo non
mi sarei mai aspettato accadesse in seguito, era la reazione di Alice.
All’iniziale
entusiasmo aveva fatto seguire un silenzio tombale. Sembrava che avesse
ricevuto la più funesta delle notizie. L’avevo
guardata interrogativo e lei mi aveva risposto sommergendomi con delle
visioni di me e Bella che pronunciavamo le nostre promesse in una
piccola chiesetta al cospetto dei soli parenti più stretti.
Mi ero girato verso Bella e finalmente avevo notato le sue guance
scarlatte e il labbro inferiore che le tremava. Non era semplicemente
in imbarazzo, ma era spaventata dalla reazione di Alice per la
semplicità della cerimonia che desiderava. Avevo mimato con
le labbra a mia sorella uno «Stanne fuori» e lei
era uscita indispettita dalla stanza senza profferire una parola. Solo
allora Bella aveva alzato gli occhi puntandoli verso la porta da cui
era uscito il piccolo folletto e con le lacrime nella voce e nello
sguardo aveva sussurrato, quasi a se stessa: «L’ho
ferita». Stringendola a me le avevo mormorato in un orecchio
parole di conforto, certo che il risentimento di mia sorella si sarebbe
presto dissolto come neve al sole.
Dare la notizia
all’ispettore capo Swan era stata un’esperienza
davvero singolare. Senza avere la pazienza per aspettare il suo rientro
a casa, quasi che dovesse cavarsi un dente, Bella aveva deciso che
dovevamo recarci direttamente alla stazione di polizia ed informarlo
immediatamente. In realtà non mi sembrava una grande idea,
ma lei aveva aggiunto che in centrale suo padre avrebbe dovuto
mantenere per forza un comportamento civile. Se era in pensiero per la
reazione di Alice, per quella di suo padre, Bella era terrorizzata.
Credo che avesse paura
che suo padre potesse tentare di uccidermi.
Charlie Swan era chiuso
nel suo ufficio con una marea di scartoffie davanti ed un
caffè ormai freddo in una tazza. Ci aveva guardato con le
sopracciglia aggrottate quando Bella era piombata nella stanza come una
furia, seguita da me che faticavo a trattenere un’espressione
compita. Aveva osservato prima sua figlia, poi me, e di nuovo aveva
posato gli occhi su di lei. Quando Bella, lo sguardo puntato sul
pavimento di linoleum verde acido, lo aveva informato della nostra
decisone lo avevo visto prima strabuzzare gli occhi, poi annaspare, il
suo cuore aveva perso un battito, assumendo poi un andamento
pericolosamente aritmico, e aveva cominciato a pensare al migliore modo
per farmi fuori e per far scomparire le tracce del misfatto. Aveva
continuato a pensare febbrilmente alle cose più assurde:
avrebbe mandato sua figlia a Jacksonville per proteggerla dalle
malelingue al progredire della sua – ne era convinto
– evidente gravidanza, e, per paura che qualcuno della mia
famiglia avesse potuto avanzare qualche pretesa sul – ne era
strasicuro – pargoletto in arrivo, aveva deciso di essere
pronto ad eliminare chiunque potesse far soffrire sua figlia.
Commosso
dall’amore che suo padre provava per lei, e spinto dalla
necessità di evitare uno sterminio di massa, mi ero
frapposto tra la mia amata ed il suo temibile padre e l’avevo
rassicurato sulle mie onorevoli intenzioni, sul fatto che il rispetto
per sua figlia mi stava a cuore più della mia stessa vita, e
che di certo non era il caso di far vivere Bella nel peccato, dato che
a breve ci saremmo trasferiti entrambi ad Hanover per frequentare il
college. Avevo sfoderato le mie migliori doti ammaliatrici e osservato
l’ispettore capo fissarmi via via sempre più
imbambolato, ma sempre meno convinto dei suoi propositi omicidi. In
fondo era fiero del fatto che sua figlia avrebbe frequentato uno dei
migliori college d’America ed era anche certo
dell’amore che provavamo l’un per
l’altra.
Era solo un padre che
vedeva improvvisamente la sua bambina diventare una donna.”
«Caspita
Edward, mi sei davvero di grande aiuto!» la voce stizzita di
Bella mi riporta bruscamente al presente.
«Scusa
amore, ero distratto. Dicevi?» rispondo, pronto.
«DICEVO
che forse sarebbe meglio che indossassi la camicetta azzurra su questa
gonna, invece di quella lilla …» dice calcando il
tono sulla prima parola e lisciando il tessuto della gonna sui fianchi.
Davanti
ai miei occhi mia moglie si gira e rigira osservandosi allo specchio
per cercare invano un difetto nella sua immagine riflessa. Mi alzo dal
letto e mi avvicino a lei. Sorrido alla sua figura che mi guarda dallo
specchio con occhi supplichevoli e l’abbraccio da dietro
posandole il capo sulla spalla. Inspiro profondamente immergendo il
naso nell’incavo del suo collo morbido e profumato e le
sussurro dolcemente: «Anche se indossassi un sacco di juta
saresti
sempre la mia meravigliosa signora Cullen».
E’
vero, non sto cercando di rabbonirla. Lascio che la fragranza delicata
dei suoi capelli mi avvolga e che l’odore sublime del suo
sangue mi stordisca completamente.
La
sento inclinare il capo all’indietro. Lo appoggia sulla mia
spalla lasciandosi sfuggire un sospiro.
«Guarda
che lei sarebbe felice di poterti aiutare.» le sussurro
all’orecchio, solleticandole il lobo con il mio fiato gelido.
«Non
credo, non dopo quello che le ho fatto …» mi
risponde con la voce flebile e gli occhi tristi.
Sondo
i pensieri di mia sorella, due camere a separarci, che sta ascoltando
ogni parola della nostra conversazione.
Sorrido.
«Fidati
amore. Sta solo aspettando che sia tu a chiederglielo.» le
dico guardandola intensamente negli occhi riflessi di fronte a me.
BELLA
No,
non va proprio bene. Il mio cervello è in fibrillazione,
l’ansia mi attanaglia lo stomaco.
Devo
aver messo su ciccia, non c’è altra spiegazione.
Sicuro.
D’altronde come dire di no ai deliziosi pranzetti che Esme
non manca di rifilarmi ogni giorno? Primo li adoro, e secondo non
rischierei mai e poi mai di offendere la suocera più dolce
ed affettuosa che mai sia esistita su questa terra ignobile.
Già ignobile è il termine più
appropriato. Perché se non lo fosse io sarei la Rosalie
degli umani e non la timida ed impacciata Isabella Swan.
Lancio
uno sguardo a mio marito disteso sul letto, intento a fissare il
soffitto, con un sorriso beato stampato sul viso senza difetti.
Non
è giusto.
Lui
è impeccabile in un paio di jeans scuri CK e camicia Prada
grigio perla, io non riesco ad accostare una gonna ed una camicetta
senza sembrare ridicola.
Lui
è la serenità fatta persona ed io sono un fascio
di nervi.
Lui
si è passato una mano tra i capelli ed è a posto,
io li ho lavati due volte e dopo sei round con la spazzola ed il phon
ho gettato la spugna: li ho raccolti in una coda stretta.
Poche
chiacchiere: lui è perfetto ed io sono un disastro.
Lo
osservo alzarsi e avvicinarsi a me. Sono così stizzita che
da due ore sto prendendomela con lui senza ragione. In
verità la ragione c’è. E’ il
nostro primo giorno di college, del Dartmouth College. Un college
prestigioso, uno dei migliori d’America.
E
dei più costosi d’America.
Chiudo
gli occhi mentre Edward appoggia il suo mento nell’incavo
della mia spalla. Inspiro l’odore di miele e di sole che
proviene dai suoi capelli, dalla sua pelle e penso che non esiste nulla
e nessuno di più perfetto di lui. Così come
niente e nessuna è più imperfetta di me.
Già
mi vedo mentre usciamo dalla sua Aston Martin Vanquish nera da
quattrocento mila dollari. E già li sento addosso gli
sguardi dei figli di papà che guarderanno con invidia lui
– per la sua auto, naturalmente- e delle figlie di
… sì, insomma delle ragazze da urlo che
guarderanno sempre lui pensando a come sia possibile che al suo fianco
ci sia una sciacquetta come me.
Già,
come è possibile? Anche io me lo chiedo ogni giorno.
Sospiro
depressa. Penso ad Alice e al suo gusto in fatto di moda. Non che con
me sia molto utile, ma potrebbe servirmi a tirarmi su di morale. In
fondo immergersi in abiti costosi, con un trucco impeccabile, ti
dà a
volte l’illusione di essere ok, di andare forte. Edward mi ha
detto di andare da lei, che oggi comincia con noi, per
l’ennesima volta, per l’ennesima terza volta, il
suo corso universitario: scienze della comunicazione e del linguaggio.
Sono indecisa, dopo l’ultima volta…
“Per il nostro
matrimonio Alice aveva in mente tutti altri progetti. Dettagli che,
realizzati, sarebbero stati l’apoteosi della sua natura
impulsiva e sfarzosa. Io, che avevo fiutato il pericolo, avevo subito
messo in chiaro il tipo di cerimonia che desideravo, ma inutilmente.
Alice l’aveva spuntata quasi su tutto: chiesa, fiori,
catering, addobbi per la casa, auto, numero di invitati, abiti per ogni
componente della famiglia, nonché cura della mia persona. Mi
aveva trascinata per estetiste, massaggiatrici ed hair
stylist ogni giorno fino a due giorni prima del matrimonio, quando con
una vocina spiritata le avevo detto: «Alice, io …,
io avrei già scelto il mio abito per la cerimonia.»
Sorprendentemente non mi
aveva assalito, non mi aveva gridato in faccia che ero un caso
disperato. No.
Mi aveva guardato.
E aveva sorriso.
Un sorriso che mi aveva
fatto gelare il sangue.
«Ah,
sì. Mi pareva di avere avuto una visione a proposito
…» mi aveva detto con un tono noncurante. Poi
aveva aggiunto: «Cara, vedrai che gli abiti che hanno
preparato per te i miei CARI AMICI stilisti ITALIANI ti staranno
d’incanto …» e aveva calcato il tono
della voce giusto sui termini che voleva capissi bene.
Ed io avevo letto
perfettamente tra le righe.
«Alice ti
ringrazio per l’aiuto e per tutte le risorse umane e
materiali che hai impegnato nel nostro matrimonio, ma l’abito
io l’ho già scelto.» avevo detto con la
voce tremante, ma risoluta.
«Mi ringrazi? E
no, non mi ringraziare Bella. Non ancora. Perché non puoi
ringraziarmi se sarò costretta a infilarti l’abito
più adatto a te con la forza…» la sua
voce era di ghiaccio.
Ma i miei occhi anche.
Non ero disposta a
cedere. E non avevo ceduto. Avevo promesso.
Risultato?
Avevo indossato
l’abito semplice, elegante e soprattutto moderatamente
costoso che avevo notato nell’unico atelier di Forks e che
Charlie si era ostinato a volermi regalare, dilapidando i suoi miseri
risparmi. Era l’unica concessione che aveva voluto con
ostinata perseveranza.
Non potevo negarglielo.
Con Alice non avevo
più parlato fino al giorno del matrimonio, quando Edward ci
aveva costretto ad una specie di tregua, in cui punti salienti erano la
minore invadenza di Alice e la maggiore flessibilità da
parte mia. Per intenderci: Alice non mi avrebbe più
trascinato ovunque lei volesse a meno che non fossi stata io a
domandarglielo”.
Ed
ora, qui ad Hanover, mi ritrovo tra le mani due capi che ritengo
inadattissimi all’occasione, ma non ho il coraggio di andare
da lei a chiederle consiglio. Mi sento troppo in colpa per aver
“moderato” lo spirito sbarazzino ed entusiasta
della mia nuova sorella in un frangente così importante come
il matrimonio mio e di Edward.
Mi
volto verso il mio amore e puntando gli occhi nei suoi gli chiedo con
l’incertezza nella voce: « E se mi caccia
via?»
Lo
vedo sorridere di nuovo, con gli occhi prima e con le labbra poi.
«No che non ti caccia, Bella. E non è
più offesa per la tua scelta. Non dopo che le ho spiegato le
tue motivazioni. E’ solo … ehm …
dispiaciuta che tu non ti sia confidata con lei, che non le abbia
spiegato …» sospira e si passa una mano tra i
capelli.
Dio
quanto è bello.
«Stammi
a sentire, vai da lei. Ti sta aspettando.» dice, tagliando
corto.
Annuisco
storcendo un po’ il naso e mi avvio verso la porta come un
condannato a morte.
Prima
che possa aprirla, però, lo stipite si apre di scatto verso
di me, mancandomi per un pelo e lasciando entrare una Alice
agitatissima immersa in una nuvola di giallo.
Riesco
a distinguere a stento un paio di pantaloni classici bianchi ed una
camicia gialla di chiffon. Ballerine gialle, ovviamente. Alice si muove
a velocità vampiresca da un lato all’altro della
stanza.
«Uffa,
ce ne hai messo di tempo!!! Sono una veggente io, ma non sono ancora in
grado di compiere miracoli!!» dice, fermandosi di fronte a me
e strappandomi letteralmente di mano le due camicette.
«No,
no, non ci siamo affatto!» e comincia a rovistare come una
forsennata nell’armadio mio e di Edward, brontolando e
gesticolando. Va avanti così per dieci minuti, e noto con la
coda dell’occhio mio marito che si defila strizzandomi
l’occhio. Finalmente, con un’espressione di
trionfo, Alice riemerge dall’armadio trattenendo tra le mani
un abitino di georgette rosso e nero, piazzandomelo dritto in faccia.
Strabuzzo
gli occhi e comincio a scuotere la testa :«Oh no, no no
nononono!!» dico indietreggiando lentamente.
«Oh
si, invece. Quando si è giù come lo sei tu oggi,
non c’è niente di meglio del rosso!»
dice avanzando verso di me minacciosamente.
Mi
lascio vestire e truccare dal piccolo folletto tra i miei sbuffi e le
sue esclamazioni di gioia. Invece di sentirmi meglio, mi sento sempre
più depressa e penso che tutta la fatica di Alice sia
sprecata su di me.
Perfetto.
Di questo passo è meglio che ritorni a letto.
Scrollo
la testa per scacciare via i brutti pensieri che mi frullano per la
mente da stamane.
«Ehi,
non ti muovere! Altrimenti rovini l’acconciatura
…» dice Alice brandendo minacciosamente una
forcina per capelli ad un millimetro dal mio naso.
«Scusa,
scusa sto ferma» rispondo immobilizzandomi.
Trascorrono
altri due lunghissimi minuti e poi Alice mi piazza davanti allo
specchio come se fossi una bambolina esclamando:
«Ta-tan!!»
Mi
osservo per un intero minuto in silenzio.
Penso
e ripenso.
In
fine, capisco.
Oggi
mi sento come il mio defunto pick-up. Puoi darmi una mano di vernice,
cambiarmi le ruote e profumare l’abitacolo, ma dentro
c’è sempre il solito vecchio e rumoroso motore.
NOTA DELL'AUTRICE: Dunque
dunque, per questa nuova fic ho pensato di aggiungere a fine capitoli
delle piccole curiosità. Quando mi sembrerà
particolarmente appropriato vorrei suggerirvi dei link musicali. Ho
preso gusto a leggere le varie fic con sottofondo musicale e la trovo
una cosa molto carina. Ho notato che alcune autrici
già lo fanno e direi che a volte la musica crea
un’atmosfera davvero magica …
Qui
c’è l’Aston Martin Vanquish
di Edward. Costo circa 270.000 euro, ossia più o meno
400.000 dollari.
L'abitino
di
Bella.
Vi saluto tutte e tutti.
Al prossimo capitolo!!
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