Che tu sia per me il coltello
Che
tu sia per me il coltello
*
I need to tell you something
Scese
le scale lentamente, con quel tipico andare degli adolescenti,
strascicato e stanco, nel suo caso anche disperato.
Sbadigliò con
poca eleganza mentre si affacciava in cucina, pervasa da una luce
innaturale, così abbagliante.
“Sei
pronta per il tuo primo ultimo giorno di scuola?” chiese suo
padre
mentre sorseggiava una tazza di caffè. Chiara si
voltò verso di
lui, sbattendo gli occhi che ancora si dovevano abituare alla luce.
Una risposta più che sufficiente.
“Avanti,
Chiara, guarda che...” si intromise sua madre osservandola
con
rimprovero.
Questo
è un anno difficile, ti devi impegnare, da qui dipende il
tuo
futuro... Sì, bla, bla, bla. Quel
discorso l'aveva sentito mille volte da mille bocche diverse, mille
persone che menavano gli stessi avvertimenti per l'aria e lei invece
era solo stanca, avrebbe voluto che la scuola non fosse mai iniziata
e avrebbe voluto poter rimanere in vacanza per sempre, o almeno
rimanere con lui.
Un
piccolo sorriso
appena accennato solcò le sue labbra, un sorriso complice,
dall'aria
furba e un'espressione sognante si dipinse sul suo volto. Avrebbe
voluto tornare su quella spiaggia, quella notte, con quella persona e
riviverlo, non una, non due, né tre volte, di più.
Continuò
a
sorridere senza rendersene conto mentre apriva meccanicamente la
bocca trangugiando la colazione in fretta e furia perché era
in
ritardo, come suo solito. Nonostante le lezioni sarebbero partite
ufficialmente il 14 settembre alle ore 10.10, lei aveva promesso di
essere a scuola per il folle orario delle 8.00, ora in cui i
'primotti' si sarebbero dovuti presentare. Causa: resoconto vacanze
estive.
Si
sentiva
leggermente in ansia, non ovviamente per l'inizio delle lezioni e del
nuovo anno scolastico, non aveva nulla di nuovo da aspettarsi,
piuttosto era ansiosa di raccontare tutto quello che era successo ai
suoi amici e in particolare non vedeva l'ora di vederli tutti. Le
erano mancati quest'estate, era rimasta per lo più a casa,
per colpa
degli studi a conservatorio, mentre gli altri avevano affrontato vari
viaggi studio in giro per il mondo.
Così
mandò giù
l'ultimo boccone e si affrettò a vestirsi, darsi una
pettinata e
inforcare la bicicletta.
“Buona
giornata!” esclamò sua madre mentre il cancello le
si chiudeva
alle spalle.
“Grazie
anche a te!” rispose Chiara cominciando a pedalare
velocemente.
*
* *
“Hai
una cicca?”
“TU
da quando fumi, scusa?!” chiese Chiara porgendole il
pacchetto.
“Quest'estate,
problemi?” rispose Marta con tono provocatorio. Chiara rise.
“E
pensare che eri tu quella che mi rompeva eternamente le scatole
perché, oh, aspetta, com'è che dicevi?”
finse di non ricordare
corrucciando la fronte. “Oh, ma certo! Fumare
fa male.”
disse con un sorriso soddisfatto portando le mani sui fianchi e
aspirando con vigore da quella sigaretta che stringeva fra le labbra.
“Ah-ah...”
rispose Marta cosciente di essere passata dalla parte del torto.
“Ma,
ceste, sono giovane chissenefrega!”
“Ipocrita,”
commentò Chiara con un sorriso divertito sul volto. Era
così strano
vedere lei,
la salutista, fumare.
“Sì,
hai ragione.” replicò la ragazza con un sospiro.
“La Mamy è
andata a prendere un caffè, dovrebbe tornare fuori in
teoria.”
disse guardando verso il corridoio deserto.
“Sì,
certo come no. Siamo noi le due uniche pirla che con la pioggia e il
vento stanno fuori per fumare.”
disse Chiara divertita. “Cosa non si fa per una
sigaretta,”
confessò stringendola sensualmente fra le labbra e
trattenendo il
fumo per qualche secondo in bocca.
Rimasero
per un
momento in silenzio a guardare la pioggia scendere implacabile e
sbattere violentemente al suolo, rifugiate sotto un piccolo ombrello,
troppo piccolo per coprirle entrambe, stavano lì, immobili,
perché
nulla poteva dividerle.
“Che
strano che è stato aver litigato a marzo e non esserci
sentite fino
ad adesso, no?” cominciò Chiara con lo sguardo
perso fra i
ciottoli del giardino della scuola.
“Già,
mi sei mancata tantissimo.” confessò Marta con
tono dolce e caldo.
“Anche
tu, solo che eravamo troppo orgogliose per dircelo.”
“Sono
contenta che sia passata...” riprese Marta.
“Anche
io."
Il
silenzio
ricadde fra le due, e Chiara cominciò lentamente a pensare a
come
sarebbe stato quest'anno, a quanto si sentiva cambiata rispetto
all'anno scorso e quanto sarebbe cambiata ancora. In realtà
non
voleva pensarci, ma continuamente questi pensieri le invadevano la
mente e non riusciva a scacciarli. Consapevole che dopo sarebbe
toccata a lei, per prima fece la domanda fatidica, su cui avevano
discusso al telefono durante l'ultima settimana. "Avevi detto
che dovevi raccontarmi di un ragazzo, chi
è?!”
“Oh,
mio Dio, Chià! Non osi immaginare, sono cotta, persa, uff...
E lui
non mi vorrà mai!”
“Scusa,
perché?!”
“Perché,...
è così complicato!”
“Spiega,
con calma.” disse Chiara cercando di calmare le palpitazioni
dell'amica.
“Beh
l'ho conosciuto ad Edimburgo, ed eravamo un sacco amici. Lui poi
è
bellissimo, davvero fantastico...”
“Descrivere
prego,” obbiettò l'amica guardando divertita
l'emozione negli
occhi della ragazza.
Marta
sospirò,
portandosi una mano alla bocca. Gli occhi luccicavano e Chiara era
sicura che se avesse guardato bene, le si sarebbe visto il cuore
battere, a lei succedeva, il cuore batteva e si vedeva se si
osservava bene.
“Alto,
più o meno così,” fece un segno con la
mano, più o meno dieci
centimetri più di lei.
“Bene,
così andate bene a baciarvi.” commentò
ironica l'altra.
“Cretina!”
esclamò Marta imbarazzata, era il primo ragazzo nel corso
dei suoi
18 anni per cui si prendeva una vera e propria cotta. “Poi,
ha i
capelli scuri, abbastanza ricci e ha la barba...”
“Barba?”
“No,
cioè ha la barbetta, le sue guance sono ruvide, è
più bello quando
ha la barba.” sorrise persa in un mondo dove solo le ragazze
innamorate hanno il permesso di entrare.
Chiara
sorrise,
“Sono davvero contenta per te,” disse
abbracciandola. “Adesso
cos'hai intenzione di fare?”
“Oh,
beh, c'è una festa, ovviamente vieni anche tu, e ci dovrebbe
essere
pure lui, cioè c'è pure lui e …
Insomma gli parlerò, perché lui
mi ha mandato dei messaggi abbastanza, espliciti, cioè sul
fatto che
io gli piaccio, quindi probabilmente mi parlerà anche lui,
credo,
cioè spero...” prese un respiro. “Mamma
Chiaretta, sono morta se
non andrà.”
“Ma
perché non dovrebbe andare, scusa?!”
esclamò l'amica. “Non
farti pare e buttati, sii naturale e sicura di te, non c'è
niente
che dovrebbe fermarti polla!”
“Sì,
è facile da dire, simiotta, ma... Uff...”
rollò gli occhi verso
il cielo, o meglio, verso l'ombrello.
“Ehi,”
Chiara le prese la testa fra le mani. “Smettila di fare
così, se
sei contenta e vuoi che succeda, qual è il problema? Se lui
ti ha
pure mandato i messaggi, erano quelli dove diceva di essersi
innamorato, no?”
Lei
annuì.
“E
allora, non preoccuparti.”
Ancora
una volta
le due si abbracciarono, felici e spensierate. Era così
bello poter
lasciarsi andare, così bello poter non avere pensieri,
essere liberi
dalla scuola, dagli impegni, dal pianoforte. Solo per un momento, non
pensarci era rilassante.
“E
tu invece?” cominciò Marta inquisitoria.
Chiara
sorrise,
mentre ora era il turno dei suoi occhi di luccicare e riempirsi di
lacrime. Li chiuse, prima che l'amica se ne potesse accorgere, ma non
era preparata al ricordo che le si stampò nella mente. Solo
lui e
lei, un temporale, il mare in tempesta e 300 km di ombrelloni chiusi.
Note
dell'autrice
Questo
è solo il prologo di quello che sarà la storia.
Ispirato ad una
storia realmente accaduta, vi aspetto al prossimo capitolo al vero e
proprio resoconto delle vacanze estive.
NB
“ceste”= chissenefrega.
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