Sweet Loving Hate
Di IamtheLizardQueen
Tradotta da ^Sophie^ in esclusiva per il sito EFP
NdA : Oh, mi fa molto piacere essere tornata! Questo è uno sciocco
piccolo racconto basato sulla prima stagione AR (per AR si intende Alternate Reality, NdT) che ho scritto di recente mentre
ero in aereo. Ho deciso che per questa volta avevo scritto abbastanza scene
drammatiche, ho provato qualcosa di un po’ più nuovo. Tenete conto che ero su un
aereo e più fuori di testa del solito. E se la differenza di età tra Usagi e
Mamoru vi crea qualche fastidio, fate come me: fate finta che sia tutto solo un
grande stereotipo. Oh, Sailor Moon non mi appartiene (davvero? Sì, davvero, è la
verità, lo giuro!) Buona lettura!
= = = = = = =
Usagi stava vivendo una notevole buona giornata. Era arrivata
a scuola in orario, e non importa se per farlo si era precipitata attraverso la
porta proprio quando la campanella suonava - ciò sottolinea il fatto che era
arrivata in tempo. Aveva superato eccellentemente… ehm, bè… ah, aveva passato
il compito di matematica, cosa che le aveva fatto immensamente piacere. Inoltre
quello era giorno di paghetta e lei, quella mattina, aveva ricevuto la sua.
Niente punizioni, una sala giochi che richiedeva la sua presenza, soldi e nessun
senso di colpa. Sì, dopotutto, era proprio una bella giornata.
“Ciao, testolina buffa” disse una voce. Ho parlato troppo
presto, pensò Usagi, un’occhiata di disapprovazione attraverso i suoi
lineamenti. Se qualcuno poteva rovinare la sua giornata perfetta, quello era
Mamoru. L’egocentrico, arrogante, cretino Mamoru Chiba, che si considerava un
esperto in tutto - incluso tutto quello che c’era di sbagliato in Usagi.
“Che cosa vuoi?” chiese sospettosamente Usagi.
“Solo farti sapere che ero qui, per darti la possibilità di
evitare di piombarmi addosso. Sono un po’ stanco di essere vittima della tua
goffaggine” affermò Mamoru. Non poté però resistere dal sorridere in modo
compiaciuto. “Sebbene, forse non farebbe alcuna differenza vedere come tu ti
butti contro di me di proposito.”
La faccia di Usagi divenne rossa, la collera appena
trattenuta. Pestando il piede a terra disse tagliente: “Hai perduto la memoria?
Io, venire addosso a te volontariamente? Ah!”
“Dunque… non sarebbe la prima volta che una ragazza si sia
infatuata di me. Quindi, dimmi testolina buffa, ho ragione?” Mamoru non
infastidiva tutti. Usagi, infatti, era la sola persona con cui parlava
quotidianamente, se si considerava ‘conversazioni’ i loro incontri sopra i toni.
Lei aveva qualcosa che lo faceva reagire istintivamente. Lui era particolarmente
fiero di questo nuovo modo di tormentare - era abbastanza efficace. Si aspettò
la sua esplosione da un momento all’altro.
“Tu hai completamente ragione, Mamoru, come al solito” disse
Usagi dolcemente, sbattendo le ciglia. L’espressione arrogante di Mamoru sbiadì
nell’incredulità e poi nella preoccupazione. “Io ti vengo addosso ogni
giorno di proposito.” Il cuore di Mamoru cominciò a battere a intermittenza. La
poco impercettibile insinuazione di Usagi ebbe un sorprendente effetto sulle sue
emozioni. Usagi vide il cambiamento nell’espressione di Mamoru e comprese che
era ora di far scattare la trappola. “Ti venivo addosso sperando che tu avessi
la decenza di cadere e morire! Uno di questi giorni, ti colpirò nel punto giusto
e forse sarò abbastanza fortunata da vederti uscire fuori della mia vita per
sempre! Ora, spostati cretino, ho cose importanti da fare” esclamò trionfalmente
Usagi sorpassandolo. Fece due passi, inciampò nelle sue gambe ‘troppo lunghe
all’apparenza’ e cadde.
Mamoru si riscosse rapidamente dal suo deluso stupore e rise.
“Qualsiasi cosa tu dica Usagi, crederò solo a quello che
voglio credere e tu credi pure a quello che vuoi credere.”
“Arg!” strillò Usagi per il fastidio. Non arrischiò uno
sguardo indietro mentre si allontanava da Mamoru. Questi la guardò allontanarsi
precipitosamente, prima di girarsi e incamminarsi nella direzione opposta. Che
ragazza, pensò Mamoru. La marmocchia viziata non sapeva quanto fosse stata brava
e tutto quel potenziale sprecato… Forse se avesse avuto un po’ di
incoraggiamento? disse una vocina compassionevole nella sua testa. “Quello
di cui ha bisogno è un buon calcio nel didietro” affermò Mamoru ad alta voce.
Due anziane signore che passavano di lì trasalirono alle sue parole e lo
fissarono come se fosse pazzo. Tu sei pazzo, diventi tutto contento quando
pensi che Usagi sia innamorata di te e allo stesso tempo maledicendo il fatto
che lei esista. Mamoru decise di andare a casa; era tutto accaldato e
seccato a causa della discussione - non sapendo dove altro andare.
Sebbene Usagi non l’avrebbe mai ammesso con nessuno, inclusa
se stessa, apprezzava totalmente le sue litigate con Mamoru. L’alterco di quel
giorno non aveva avuto eccezione. Amava il fatto di poter scaricare tutte le sue
frustrazioni, senza pensarci. Anche quando discuteva con Rei, c’era in lei una
parte che si sentiva in colpa e che pensava al fatto che ‘Sailor Moon’ non
avrebbe agito in tal modo contro una sua compagna. Ma con Mamoru era diverso,
dopo tutto lui non avrebbe potuto avere una opinione più bassa di quella che già
aveva su di lei se lei ci provava e, inoltre, non le interessava cosa lui
pensasse di lei. L’unico inconveniente alle discussioni era tutta l’energia che
aveva quando finivano. Si sentiva sempre così vitale, così speciale e carica in
seguito e non sapeva mai abbastanza cosa fare con quel sentimento. Quel giorno
il gioco di Sailor V sarebbe stato il fruitore della sua super-condizione.
* * *
“Usagi! Me lo hai promesso su una pila di manga che saresti
andata a correre questa mattina, se ti avessi fatto saltare gli allenamenti
ieri. Ora alzati!” urlò Luna alla sua protetta, la mattina successiva. Quando
Luna non ottenne nuovamente risposta, non ebbe altra scelta che affondare le
unghie nel piede di Usagi, che spuntava opportunamente fuori dalle coperte.
“Ouch!” strillò Usagi, facendo un piccolo balzo.
“Finalmente. Ora, vai a correre come avevi detto che avresti
fatto. Immagina come ti sentiresti se una delle guerriere fosse colpita a causa
della tua mancanza di preparazione” disse Luna con la sua voce altezzosa, che a
Usagi risultava sempre particolarmente fastidiosa quando la sentiva prima delle
9 di sabato mattina.
“Andrò a correre, ma perché ci devo andare così presto? Non
otterrò gli stessi risultati se vado, diciamo, verso mezzogiorno?”
“Se non ti do fastidio adesso, troverai qualche scusa dopo.
Ora alzati o userò la mia zampa sinistra” dichiarò Luna, abbassando la
voce drammaticamente. Gli occhi di Usagi si spalancarono per la paura. Luna
aveva un’unghia molto lunga e molto affilata nella zampa sinistra Usagi non
aveva fretta di conoscerla.
“Okay, okay, sto andando. Shh!” disse Usagi scivolando fuori
dal letto. Indossò i vestiti che usava per correre: pantaloncini neri che le
fasciavano le gambe toniche, top nero che enfatizzava lo stomaco piatto e il
seno sorprendentemente abbondante e felpa grigia che portava slacciata a meno
che non fosse freddo. Con i capelli legati nei suoi tradizionali buffi codini,
uscì fuori di casa e cominciò a correre con un modesto ritmo in direzione del
parco. Nonostante tutte le sue lamentele, le piaceva quasi correre. Era una
delle poche cose dell’addestramento che sapeva fare bene e di solito lo poteva
fare da sola - era un sollievo non avere il fiato di Luna sul collo per un
momento.
L’aria era frizzante ma pulita e Usagi sospirò lievemente,
appagata. Allungando il passo entrò nel parco e si diresse verso il lago. Era
così concentrata nei suoi pensieri che non notò la presenza di un altro
corridore nel parco.
Mamoru aveva da lungo tempo scoperto il piacere di fare una
corsa mattutina. (NdA: io stessa non ho
mai scoperto questo tipo di gioia. Preferisco il tipico piacere che prevede una
‘tazza fumante di caffè e i cartoni del sabato mattina’.
☺)
Di solito lo faceva sentire in pace con se stesso e quando si viveva un tipo di
vita come il suo, la serenità era sempre difficile da raggiungere. Ecco perché
fu così contrariato nel vedere Usagi giungere da un sentiero che si univa al
suo. Sapeva che era infantile ma gli sembrava come se il parco fosse suo
e non avrebbe mai creduto che lei fosse il tipo che faceva jogging. Poi
considerando quello che lei mangiava in una giornata-tipo, doveva esercitarsi
molto per mantenere quella forma… Quella flessuosa, tonica e totalmente
deliziosa figura. L’umore di Mamoru si rabbuiò. Da quando aveva sviluppato tali
pensieri su una sciocca, seccante mocciosa viziata come Usagi? Forse perché era
senza ragazza da troppo tempo… Beh, non c’era niente da fare: avrebbe dovuto
infastidirla. Se il suo giorno era stato rovinato, allora lui si sarebbe
maledettamente assicurato che anche quello di lei lo fosse.
“Testolina buffa. Questa è una sorpresa, finalmente sei
riuscita a capire quale piede va prima dell’altro?”
“Ci avrei scommesso che non sarei riuscita ad avere un giorno
di pace. Cosa vuoi, idiota?”
“Rivoglio il mio parco. È ovvio che tu non sia mai venuta a
correre qui prima d’ora.”
“Cosa diavolo te lo fa credere?”
“Beh… voglio dire, basta guardarti. Sarei pronto a
scommettere che tu non abbia praticato questa parte dell’allenamento per un po’
di tempo.”
Usagi abbassò brevemente lo sguardo, la sua scarsa fiducia in
se stessa la tradì. Nel momento in cui i suoi occhi abbandonarono il sentiero,
incespicò e arrossì. NON aveva bisogno di questo tipo fastidio. Aumentò il
passo. Per la prima volta in vita sua, fu estremamente contenta delle sue
capacità come Sailor Moon; sapeva che avrebbe potuto facilmente distanziare
Mamoru e probabilmente anche batterlo in una gara.
Mamoru rise quando lei inciampò e nel momento in cui lei
aumentò la velocità, lui la imitò. Il fatto che corresse quasi quotidianamente,
sia come in quel momento che nei panni di Tuxedo Kamen, gli fu di grande aiuto.
Nonostante il suo dispetto, lei poteva distanziarlo.
“Odio smentirti, ma a meno che tu non sia il sovrano di tutta
la Terra, allora questo parco non ti appartiene. Ora sparisci dalla mia vista
prima che ti faccia causa per molestia.” Usagi stava ancora bruciando per i suoi
insulti e aumentò di nuovo il passo. Va via, pregò Usagi nella sua testa.
Se lui avesse continuato, lei molto presto sarebbe scattata e allora Mamoru
sarebbe stato vittima della collera di una guerriera Sailor.
Mamoru rimase impressionato quando lei cominciò a correre più
forte. Lui la raggiunse, ma stavano tenendo un ritmo molto più veloce di quello
che era solito tenere nelle sue corse. Lui non voleva (non poteva) darle la
soddisfazione di andare più veloce di lui.
“Molestia? Scusami, ma credo che tu sia l’unica a dar
fastidio.”
“Sì… bene e come lo chiami questo? O è normale per te
inseguire fanciulle innocenti nel parco e insultarle? Dimmi, sei un idiota dalla
nascita o è qualcosa che ti hanno insegnato i tuoi genitori?”
Mamoru vide rosso: nessuno osava menzionare la sua famiglia,
non se sapevano cosa era meglio per loro.
“E i tuoi genitori, quanto tempo ci metteranno per ripudiarti
vergognandosi per la tua imbarazzante immaturità, il tuo incredibile
egocentrismo e la tua assoluta stupidità?” sibilò Mamoru.
Fortunatamente Usagi era già molto arrabbiata sennò avrebbe
potuto arrendersi e strillare. Invece, ribatté usando un linguaggio che lei
pensava non avrebbe mai usato verso un altro essere umano. Ma dopotutto,
ragionò, Mamoru non era umano: era una stupida macchina parlante che camminava.
“Taci, coglione, se non sai cosa è meglio per te. E non
rivolgermi MAI più la parola.” Detto ciò, cominciò a correre velocemente,
sperando di mettere una certa distanza tra lei e Mamoru e dalle cose che lui
aveva detto.
Mamoru fu sorpreso di sentirla imprecare, doveva aver colpito
un punto delicato. Ne fu contento, lei se lo meritava. Con un po’ di fatica, la
raggiunse di nuovo. Questa volta non le disse niente, corse solamente al suo
fianco per un momento prima di accelerare di nuovo e sorpassarla.
Usagi non voleva essere da meno. Lo raggiunse e la gara ebbe
inizio. Le due persone più cocciute che esistevano sulla faccia della Terra
stavano correndo fianco a fianco, a una velocità che non tutti sarebbero capaci
di mantenere, ognuno tentava di superare l’altro. Era una questione di orgoglio,
era uno scontro di volontà ed era un esercizio di… stupidità. Usagi aveva la
sensazione che presto sarebbe svenuta, ma questo l’avrebbe fermata? Certamente
no. Stava sudando e i battiti del cuore le martellavano nelle orecchie, ma si
rifiutò di lasciar vincere Mamoru. Sarebbe morta piuttosto che lasciargli quella
soddisfazione. Doveva solo pregare che non le venisse un colpo.
Mamoru lanciò un’occhiata furtiva alla sua ‘partner’ di
corsa, sperando che lei mostrasse qualche segno di cedimento. Lei stava
respirando affannosamente, come lui, ma sul volto era stampato uno sguardo
determinato che lui era abituato a vedere solo sul volto di una certa guerriera
vestita alla marinaretta. Usagi non sembrava avere la minima intenzione di
mollare e una parte di lui rimase affascinata dalla resistenza che lei stava
dimostrando, mentre lui era vicino alla spossatezza. Un’altra parte di lui era
esasperata. Perché non mollava? Lui aveva già corso il doppio del percorso che
era solito fare e tre volte più veloce e in qualche modo sapeva già che la colpa
era tutta di lei. Avrebbe solo dovuto mollare, ma lui sarebbe morto piuttosto
che lasciare che la regina dei goffi lo superasse. Regina dei goffi? Questo
mi fa venire in mente un’idea, pensò Mamoru. Certo, non era molto sportivo,
ma se lui non avesse fatto qualcosa per fermare quella folle gara, avrebbero
entrambi rischiato di essere colpiti da un attacco cardiaco. Così le diede una
spallata. Usagi gli lanciò un’occhiata adirata mentre usciva brevemente fuori
dal sentiero, ma vi ritornò e lo spinse. Mamoru incespicò, la riprese di nuovo e
la spinse un po’ più forte. Si trovavano sulla cima di una collina, sull’altro
lato del sentiero c’era un dolce pendio erboso e questa volta quando Usagi fu
spinta, in qualche modo i suoi piedi si ingarbugliarono tra loro. Sapendo dalle
numerose esperienze passate che stava per cadere si aggrappò al braccio di
Mamoru, determinata a farlo cadere insieme a lei.
Se Usagi era sul punto di ridere, lo avrebbe sicuramente
fatto alla vista dell’espressione di Mamoru mentre cadeva insieme a lei per
terra. Non dovevano essersi fatti niente - se non altro per il fatto che erano
su un pendio e che avevano avuto un forte slancio nel momento della caduta.
Cominciarono a rotolare sempre più veloci, fino a che, raggiunto il basso, si
fermarono bruscamente e Mamoru si ritrovò sopra. Le loro teste cozzarono tra
loro con un rumoroso tonfo. Per un momento furono troppo confusi per fare
qualsiasi cosa tranne che fare profondi respiri e cercare di prevenire lo
stordimento. Poi ripresero la litigata.
“Guarda cosa hai fatto! Tu sei la ragazza più fastidiosa,
priva di tatto e influenzabile che abbia mai conosciuto!”
“Non posso credere che tu stia incolpando me per questo! E
non riesco a credere che tu mi abbia spinta! Eccomi, mi stavo godendo un sabato
mattina perfettamente normale, quando ti presenti tu, come uno di quei folli
sergenti addestratori dell’esercito, e poi, quando tu non ce la fai più, mi
spingi! È incredibile. E guarda la mia testa! Avrò di sicuro un orribile
bernoccolo enorme dopo aver sbattuto contro la tua testa dura. Tu sei veramente
il più grande leccapiedi che io abbia mai incontrato, e nella mia vita ho
conosciuto parecchie cose strane. Non so cosa…” continuò Usagi con i suoi forti
e urlanti vaneggiamenti che alla fine Mamoru dovette smorzare o rischiava che il
suo udito rimanesse danneggiato per sempre.
“Non stai mai zitta?” le gridò Mamoru. Usagi continuò a
parlare.
“Eccoti costringermi a terra e non chiedermi neanche se sto
bene. Potrei avere delle ossa rotte o una commozione cerebrale, lo sai… e… ehi,
ma tu non vuoi diventare dottore o cosa?”
Mamoru riuscì a pensare ad una sola maniera per fermare la
sua tirata, ma anche se si accinse a metterla in pratica, una parte di lui si
stava meravigliando delle sue motivazioni. Stava agendo totalmente spinto
dall’istinto e questo non era il modo in cui era solito prendere decisioni, ma
ciò non lo fermò.
La baciò. Non incontrò i suoi occhi, né le chiese il
permesso. Focalizzò solamente la sua attenzione sulle sue labbra e fermò il loro
movimento con la pressione della sua bocca. Usagi era così scioccata che perse
completamente il filo dei suoi pensieri. Forse era a causa della loro
discussione e della corsa, ma lei improvvisamente si sentì viva anche se il suo
non era più sangue ma adrenalina pura e lei ricambiò il suo bacio. Lui era il
nemico, ma in qualche modo stava tentando di auto-convincersi che il Mamoru che
lei conosceva e il Mamoru il cui corpo e le cui labbra erano premute contro di
lei fossero due entità separate. Ciò significava che era giusto far scorrere le
sue dita fra i capelli di lui e lasciarlo far scivolare le mani lungo il suo
corpo.
Senza dubbio è la mancanza prolungata di una ragazza. Voglio
dire, questa è Usagi, la ragazza che riesco a malapena a sopportare? E allora
che importa se lei è vestita succintamente, se i suoi seni premono contro di me
ad ogni respiro profondo e se ogni centimetro della sua pelle scoperta è tonica
e lucida di sudore? Aspetta, dove sto andando con questi pensieri? Ah, a chi
diavolo interessa? Mamoru la baciò rudemente, come se tentasse di dividere
con lei un po’ della sua frustrazione che stava provando e cercò di farsi strada
con la lingua nella sua bocca. Se avesse avuto qualche illusione che quello
significava qualcosa più di una semplice attrazione fisica, questa svanì nel
momento in cui le loro lingue si incontrarono. Lei lo mordicchiò poco
gentilmente e lui premette così duramente dentro la sua bocca che non ci fu
alcuna possibilità per le labbra di lei di non rimanere contuse. Quando la sua
mano sfiorò la sua vita, non provò alcun rimorso a stringerla un po’ più
strettamente, proprio come lei non provò alcuna colpa nel dargli pugni sulla
spalla quando lui accidentalmente fece pressione sui suoi capelli.
“Ehi, ragazzi! Questo è un parco pubblico per le famiglie.
Non potete fare quel tipo di cose qui!” urlò un oltraggiato genitore dal
sentiero. Mamoru e Usagi si separarono, fissando prima l’uomo poi l’un l’altra.
L’improvvisa consapevolezza di ciò che era accaduto tra loro fece impallidire
Usagi e corrugare di disgusto la faccia di Mamoru.
“Togliti di dosso, porco!” scattò Usagi, spingendo via Mamoru
e alzandosi in piedi. Mamoru strofinò una mano sulle labbra, come se
all’improvviso quel sapore fosse disgustoso. Desiderò che ciò fosse vero, ma i
suoi occhi erano già corsi a cercare le labbra tumide di lei, volendola baciare
di nuovo.
Usagi stava cercando di fingere di non aver freddo ora che
era lontana dalle braccia di Mamoru. Si agitò quando lui la fissò senza dire
nulla e decise di andarsene.
“Ci si vede in giro, testolina buffa. E cerca di non gettarti
ai miei piedi la prossima volta che ci vediamo, okay?” borbottò Mamoru alla sua
figura che si allontanava.
“Come, scusa?” disse Usagi furiosa. “Tu mi hai baciata e non
viceversa. In realtà dovresti imparare a tenere sotto controllo i tuoi ormoni,
capito?”
Prima che Mamoru potesse replicare, Usagi se ne andò,
correndo il più veloce possibile. Dentro di lei si sentiva come una gelatina
tremolante e sebbene avrebbe dovuto sentirsi completamente spossata dopo quella
maratona, trovò comunque abbastanza energia per tornare a casa senza rallentare.
Luna era ancora rannicchiata sul letto di Usagi. Si stiracchiò quando Usagi
entrò.
“Deve essere stata una lunga corsa, Usagi. Forse stai
imparando a prendere le cose più seriamente, sono orgogliosa di te.”
Usagi dovette mordersi il labbro per non ridere. Si domandò
quanto orgogliosa sarebbe stata Luna se avesse saputo che stava quasi per fare
l’amore con Mamoru in un luogo pubblico. Entrò nella doccia e cercò di
dimenticare l’intera faccenda, ma il segno di una mano sul seno le ricordò che
le cose molto probabilmente non sarebbero ma più state le stesse.
* * *
Qualche giorno dopo, alla sala giochi, Mamoru stava
lentamente sorbendo il suo caffè e leggendo il giornale. Stava deliberatamente
evitando di pensare a Usagi e al fatto che lui l’aveva baciata. Ed era stato
lui ad incoraggiare quel bacio, non importa quello che aveva detto a Usagi.
Inoltre, lei aveva scelto di ricambiare quel bacio e altri ancora. Dio, poteva
ancora sentire come era la sua pelle: tonica e calda al tatto. Mamoru accavallò
le gambe bruscamente per prevenire i suoi capricciosi pensieri, quando un
turbine biondo sbatté contro di lui, facendogli rovesciare il caffè su tutto il
giornale.
“Fa’ attenzione, testolina buffa!” disse aspramente.
“Sei stato tu a rovesciarlo” gli rispose a tono Usagi,
girandosi per guardarlo.
“Questo perché tu mi sei appena venuta addosso” spiegò Mamoru
arcignamente.
“Allora, scuuuusami” disse Usagi, alzando gli occhi al cielo.
Fece per andarsene quando Mamoru le afferrò il polso.
“No, non penso che ti scuserò. Hai rovinato il mio giornale,
proprio come hai rovinato la mia corsa l’altra mattina e proprio come rovini
tutto ciò che tocchi.”
“Io rovino tutto? Oh, e suppongo che tu sia perfetto? Sai,
alcune persone penserebbero che maltrattare una ragazza sia una cosa poco carina
da fare.”
“Oh, sta’ zitta! La tua voce sta diventando nociva” le gridò
Mamoru. Il suo tono era così alto che tutti, nell’affollata sala giochi, smisero
immediatamente di fare quello che stavano facendo per capire che cosa era tutta
quella agitazione. In un istante tutto si acquietò così che tutti poterono
sentire quando una cannuccia di plastica rotolò sul tavolo e cadde sul
pavimento.
Usagi sorrise. “Penso che il nostro pubblico abbia appena
appurato che la tua voce è acuta almeno quanto la mia.”
“Ci state ENTRAMBI facendo diventare matti, a me e tutti gli
altri! Onestamente, se state per litigare, e credo che sia inevitabile, potreste
utilizzare la stanza sul retro. Anche solo per la salvezza del mio locale” disse
Motoki, interrompendo la coppia che stava bisticciando.
Usagi e Mamoru si voltarono per guardarlo, i volti arrossati
dalla mortificazione.
“Vedi cosa hai fatto? Hai fatto arrabbiare il povero Motoki”
lo rimproverò Usagi, incapace (poco propensa a?) di lasciare cadere la
discussione.
“Io? Lui è mio amico” rispose Mamoru.
Motoki non li interruppe una seconda volta. Al contrario,
condusse i due attaccabrighe su e attraverso la cucina, fino in fondo
all’edificio dove c’era una piccola stanza, poco più grande di un ripostiglio,
con una pesante porta. Li spinse dentro e chiuse la porta sbattendola. Quando
ritornò nella sala giochi, Motoki fu accolto da un amichevole applauso per aver
sistemato i due ‘guastafeste’.
Usagi e Mamoru registrarono appena il cambio di stanza. Il
litigio continuò.
“Avrei pensato fosse impossibile venir sbattuti fuori da una
sala giochi, ma… Congratulazioni, ci sei riuscita” disse Mamoru sarcasticamente.
“Sta zitto, Mamoru, anche tu sei qui. Infatti è tutta colpa
tua” gridò Usagi facendo un passo verso di lui. Stava respirando affannosamente
e si sentiva accaldata ed eccitata. Quella stava per diventare una delle
migliori litigate che loro avessero mai avuto. La migliore? Non intendeva la
peggiore? Vero, gli insulti erano stati rapidi e pesanti, ma anche se dava sfogo
alla sua rabbia, una parte di lei stava usando quell’energia trasformandola in
qualcos’altro. Qualcosa simile alla passione… cominciò a perdere il filo del
discorso quando certi altri elementi acquisirono importanza. Ad esempio come gli
occhi scuri di Mamoru si fossero fatti più scuri e profondi e come fossero
vicine le sue labbra quando lui si chinò in avanti per urlarle in faccia. O come
il costante scorrere delle sue dite fra i suoi capelli meravigliosi e soffici lo
facessero apparire sensualmente scarmigliato.
“Sei egoista. Sei golosa” continuò Mamoru, mentre la mente di
Usagi vagava.
“Scusa, cosa hai detto?” domandò educatamente Usagi.
Mamoru la guardò fissamente, incredulo. “Incredibile, la tua
concentrazione non riesce nemmeno a coprire l’arco di una intera discussione!”
“Beh… è solo colpa tua. Tu sei troppo dannatamente
attraente!” gridò frustrata Usagi, mentre l’avversione e l’autocontrollo
lasciavano il posto al desiderio sfrenato. Mamoru ebbe solo un momento per
registrare il suo commento prima che Usagi gli si avventasse addosso. Le braccia
di lei circondarono il suo collo con fare esperto, le sue labbra coprirono il
grugnito di sorpresa, unica immediata risposta di Mamoru a quella situazione.
Caddero sul pavimento per la forza dello slancio di Usagi.
Mamoru pensò di essere arrabbiato per l’incerimoniosa discesa
sul pavimento, ma la caduta aveva sollevato graziosamente la gonna già corta di
Usagi, così decise di trarre il meglio da quella situazione.
(NdA: che vita difficile, la sua!
☺)
Le loro lingue lottarono con più forza di quella che probabilmente era
necessaria, affondando e mordicchiando con tutta l’energia che il litigio aveva
fomentato. La mano di Usagi si fece strada sotto la sua camicia e si spostò
avanti e indietro, passando da una carezza delicata all’affondare le sue unghie
nella sua pelle. Lui non le piaceva, ricordò a se stessa, ma doveva ammettere
che le piaceva come lui la faceva sentire dentro. Era chiaro che lei amava
odiarlo.
Nella testa di Mamoru, cinque voci diverse stavano discutendo
riguardo a quello che avrebbe dovuto fare. La prima voce: lei è tua nemica
giurata… liberati di lei e sciacquati la bocca. La seconda voce: sei nel retro
di una sala giochi… il posto migliore per qualsiasi cosa tu decida di fare. La
terza voce: liberati di lei… tu non hai fatto niente altro che lamentarti di lei
da quel giorno al parco. La quarta voce: anche se la odi, non hai alcuna
scusante per trattarla in questo modo… la stai praticamente maltrattando. La
quinta voce: lei è favolosa, è single ed è consenziente… perché diavolo ci stai
ascoltando?
Mamoru (NdA: sorpresa,
sorpresa) diede retta all’ultima voce. Le sue mani
cominciarono ad accarezzare la pelle morbida delle sue gambe nude e poté sentire
i suoi seni premere contro il suo petto, attraverso la camicetta. Le sue mani
dovevano essere elettriche: qualsiasi punto in cui lei lo toccava, lui
rabbrividiva e si contorceva. Senza sosta, le loro bocche si muovevano insieme
in una costante lotta tra supremazia e desiderio. Lui adorava il suo sapore,
anche quando odiava quella bocca che di solito gli riversava addosso insulti. Il
loro amplesso quasi violento e certamente intenso fu interrotto bruscamente da
un bussare alla porta.
Gli occhi di Usagi si spalancarono e corsero a incontrare
quelli di Mamoru, le implicazioni della sua situazione le piovvero addosso come
un’ondata fredda. E se Motoki fosse entrato direttamente e li avesse visti? Lei
non lo avrebbe mai più dimenticato.
“Se il silenzio indica che avete smesso di litigare, adesso,
ragazzi potete venire fuori” disse Motoki da dietro la porta.
“Oh, mio Dio, ci scoprirà” mormorò Usagi con veemenza.
“Cosa pensi che stesse per succedere? O eri così disperata di
possedermi che ti sei scagliata contro di me senza pensare?” borbottò Mamoru di
ritorno, un sorriso compiaciuto ingentilì i suoi lineamenti.
“Disperata? Scagliata?” cercò di capire Usagi
incredula. Il pomello della porta tremò prima che Usagi potesse rispondere a
tono e si alzò in piedi. Sistemò la camicetta e raddrizzò la gonna proprio prima
che Motoki entrasse nella stanza.
“Cosa succede?” domandò Motoki, vedendo Mamoru sul pavimento
e Usagi agitata e forse anche un po’ imbarazzata.
“Testolina buffa è una cannonata, letteralmente” disse Mamoru.
“Mi domando cosa ci sia che non va in una persona per renderla così violenta.”
“Usagi, è la verità? Lo hai spinto?” chiese Motoki incredulo.
“Ma io… ma lui… è stato…” tentò di difendersi, ma non riuscì
a trovare un’altra scusa ragionevole per spiegare perché Mamoru fosse sul
pavimento. Guardò Mamoru e anche nella penombra avrebbe potuto dire che lui
stava ridendo della sua situazione. “Tu, piccolo bastardo!” urlò per la
frustrazione.
“Whoa! Calmati Usagi. È già a terra. Su, Mamoru, lascia che
ti aiuti ad alzarti” propose Motoki. Mamoru impallidì, realizzando che non
poteva fare avvicinare Motoki o, buio o non buio, l’amico avrebbe notato la…
ehm… ‘crescente’ attrazione di Mamoru per Usagi. Questa notò la sua espressione,
lanciò una veloce occhiata per confermare i suoi sospetti, prima di sorridere
con diabolico divertimento. Con voce vellutata, lei disse: “Oh, io non mi
preoccuperei Motoki. Mamoru si ‘alzerà’ un pezzo alla volta.” Usagi rise prima
di girare i tacchi e uscire dalla stanza. Mamoru era proprio eccitato.
“Cosa voleva dire?” domandò Motoki, non capendo ancora cosa
Usagi volesse dire.
“Come posso supporre di sapere cosa passa nel cervellino di
quella sciocca?” disse Mamoru, teso. Soprattutto, Motoki non doveva scoprire che
ho quasi fatto l’amore con Usagi per la seconda volta. Lui non ne sarebbe mai
venuto a conoscenza.
“Allora vieni?” chiese Motoki, visto che Mamoru non accennava
ad alzarsi.
“Tra un minuto. Prima voglio essere sicuro che se ne sia
andata.”
“Paura di un nuovo scontro?” si informò Motoki, ridendo al
pensiero che qualcuno potesse essere spaventato da un soldo di cacio come Usagi.
“Qualcosa del genere” concordò Mamoru con un sorriso. Tu
non hai idea di quanto possa essere pericolosa. Mentre sedeva là, Mamoru
cominciò a pianificare il prossimo incontro con Usagi. Doveva essere qualcosa
capace di provocare una discussione (che tra loro poteva avere come oggetto
anche il nulla) perché quello sembrava essere il catalizzatore e doveva
succedere in un posto in cui Usagi fosse l’unica a venire sconfitta. Era
consapevole che i suoi piani lo stavano facendo sorridere come un idiota, ma
attribuì la reazione alla promessa di vendetta e non all’opportunità di essere
di nuovo con Usagi. Lei avrebbe pagato per la dolorosa, sebbene piacevole,
posizione in cui si trovava.
* * *
La settimana che trascorse vide Usagi e Mamoru molto più
agitati del solito. Tentarono di giustificare le loro recenti azioni in maniera
razionale, per scoprire che era piuttosto difficile. Una volta poteva essere
liquidata come un semplice errore di giudizio, la seconda implicava che c’era
qualcosa un pochino più profondo che li stava avvicinando. E vedendo come Mamoru
e Usagi aspettavano la discussione successiva, significava qualcosa, di nuovo.
Usagi stava affrontando quella non richiesta attrazione per Mamoru nel suo
solito modo: lo ignorava sperando che svanisse. (NdA: questo è il modo che
preferisco anch’io per affrontare i problemi!) Mamoru fece tutto quello che
poteva per liberarsi del suo eccesso di energia e uscì perfino con una che gli
aveva consigliato Motoki. La donna risultò essere bellissima, intelligente e
completamente innamorata cotta, ma lui non provò nulla nei suoi confronti. Il
calore, la passione, l’eccitazione allo stato puro, che provava quando era con
Usagi, semplicemente mancavano. Ahh, Usagi. Stava realizzando che lei, e solo
lei, soddisfaceva una parte di lui che aveva a lungo ignorato. Lussuria, Mamoru
ammise prontamente, ma forse era qualcosa di più? Simili pensieri mettevano a
disagio Mamoru così cercò di ricacciarli nel profondo della sua mente.
Il mattino dopo Usagi si svegliò come di consueto. “Sono in
ritardo! Ooh, perché nessuno mi ha svegliato prima?” strillò Usagi, correndo giù
per le scale. Afferrò la cartella, il pranzo e mise in bocca un muffin, prima di
correre fuori casa e salutare i suoi genitori.
“Dovremmo dirle che è in anticipo di mezz’ora?” chiese suo
padre pigramente, riempiendo di nuovo la tazza di caffè.
“Ormai è troppo tardi. Almeno per una volta sarà puntuale,
sebbene io non approvi il tuo scherzo, Shingo. Assicurati di mettere l’ora
giusta sull’orologio, prima di domani” disse la madre di Usagi, tuttavia i suoi
occhi ridenti tradirono il fatto che trovasse lo scherzo divertente.
Usagi guardò per caso l’orologio a metà strada della sua
folle corsa e quasi svenne quando lesse l’ora. Comunque, prima che avesse il
tempo di confermare che era indubbiamente in anticipo e di rallentare, girò
l’angolo e si scontrò con quello che a lei sembrò essere un solido muro di
muscoli.
“Ma non ti stanchi mai di venirmi addosso, testolina buffa?”
“E tu non ti stanchi mai di essere colpito? Perché non ti
sposti mai dalla mia traiettoria? E il mio nome non è testolina buffa, cretino”
disse Usagi, molto offesa.
“Non posso credere che tu ti sia offesa. Sono io la vittima
qui e tu ti scusi mai dopo avermi colpito? No, non lo fai. Lo sai, qualcuno
dovrebbe davvero insegnarti le buone maniere.”
“Tu mi stai gridando in faccia nel mezzo di una strada
pubblica, facendo una scenata. Non penso dovresti essere tu ad ammonirmi sulla
mia educazione” affermò Usagi malignamente.
“Arg!” urlò Mamoru, infastidito. Era determinato a vincere
almeno una discussione e ci sarebbe riuscito senza il beneficio del pubblico che
lo stava guardando con curiosità. Afferrò il suo polso e la spinse rudemente
attraverso una vicina siepe. Si ritrovarono in un luogo relativamente isolato:
celati alla vista della casa, sulla cui proprietà si trovavano, da una fila di
alberi alti, impossibili da vedere dalla strada a causa degli fitti cespugli.
“Tu mi vieni addosso tutte le volte, hai qualche idea di quello che mi fai?”
“Suppongo che me lo dirai” disse Usagi, incrociando le
braccia al petto e sollevando il mento in aria. Era un modo per apparire fredda
e altera, ma in realtà Usagi non voleva guardarlo negli occhi nel caso lei gli
fosse saltata addosso di nuovo. Davvero, cosa c’era di sbagliato in lei? Le
ragazze normali non si fermavano per amoreggiare con i loro nemici mentre
stavano andando a scuola, non è vero?
Gli occhi di Mamoru erano incollati sulla faccia accaldata e
sulla piega elegante del collo di Usagi quando sollevò il mento. Poteva
praticamente vedere come stava correndo il suo battito, nonostante i suoi
tentativi di sembrare calma. Come faceva a sembrare adorabile e innocente un
momento e spaventosamente sensuale quello dopo? Stava per perdere un’altra
discussione.
“No, non te lo dirò” disse con voce roca. “Te lo mostrerò.”
Prima che Usagi potesse sbattere le palpebre, Mamoru la stava
premendo contro di sé; modellando la sua dura figura contro la sua. Usagi emise
un sussulto di spavento mentre la bocca di Mamoru coprì la sua in un bacio
selvaggio e appassionato. La sua cartella cadde trascurata dalle sue mani, le
sue gambe si allacciarono istintivamente attorno ai suoi fianchi quando lui la
sollevò, senza sforzo, così che lei potesse proprio sentire quanto lui aveva
bisogno di lei. Con fluida grazia, Mamoru cadde sulle ginocchia e con attenzione
sistemò Usagi sulla soffice terra prima di piegarsi di nuovo su di lei. “Visto?
Questo è quello che succede quando tu mi tocchi. Ogni volta che tu mi vieni
addosso, noi litighiamo e io comincio a sentirmi vivo o altro, ma poi tu scappi
via e mi lasci tutto… confuso. Poi tutto il giorno, tutto quello che posso fare
è pensare a te e chiedermi che cosa di te mi faccia diventare così matto” disse
Mamoru senza fiato. Baciò Usagi prima che lei potesse rispondere e il bacio fu
rude e sembrò essere al tempo stesso sia una punizione per ogni volta che lei
era scappata via, sia un ringraziamento per sbattergli contro. Interruppe il suo
assalto per dirigere i suoi baci lungo la mascella e il collo.
“Almeno sai che la tua influenza su di me è forte proprio
come per te. Non posso dirti il numero di volte che ho sbattuto contro di te
mentre andavo a scuola e le conseguenti punizioni scolastiche che ho preso,
perché stavo fantasticando di averti causato qualche dolore. È diventato anche
peggio dopo, invece del solito fantasticare sul progettare la tua orribile
morte, pensavo a… bè fare quello che stiamo facendo.”
Mamoru alzò la sua testa per guardarla, colpito dal suo
commento. Usagi arrossì, come se, avere avuto pensieri su di lui, fosse peggio
delle attuali azioni, e ciò fece ridere sommessamente Mamoru.
“Almeno tu non devi gironzolare il resto della giornata con
la gente che pensa tu sia una ragazzina arrapata. Penso che Motoki sospetti
qualcosa, non ti ho mai ringraziato per avermi lasciato là sul pavimento.”
“Quindi tu te lo meritavi” dichiarò Usagi. Mamoru avvicinò il
volto a quello di lei fino a che non furono naso contro naso e poi tentò di
apparire minaccioso. “Voglio dire, mi dispiace?” squittì Usagi.
“Non è sufficiente. Mi chiedo cosa dirà la gente quando
arriverai a scuola completamente scarmigliata” domandò retoricamente Mamoru,
abbassando la bocca per assaporare le sue labbra di nuovo e allentare il fiocco
della sua uniforme scolastica. Usagi lottò brevemente e con poca determinazione,
sapendo che, se non se ne fosse andata presto, sarebbe arrivata in ritardo a
scuola, ma subito scoprì che lasciare Mamoru era anche più difficile che
lasciare il suo letto quella mattina. Infatti, niente le sembrava giusto come il
trovarsi tra le braccia di Mamoru. Sentì la mano di Mamoru lasciar stare il suo
fiocco e cominciare a scivolare giù lungo i suoi fianchi fino all’orlo della sua
gonna. Abilmente, quella mano cominciò il suo viaggio indietro lungo la sua
gamba, questa volta lungo la sua pelle sensibile.
Improvvisamente, Usagi si paralizzò: ogni muscolo si bloccò
quando scorse due paia di scarpe dall’altra parte del cespuglio che li
nascondeva. Pratiche scarpe, modello Mary-Jane, dal tacco basso, perfettamente
lucide, che potevano appartenere solo a Ami, e un altro paio di bassi mocassini
marroni con la punta consumata che appartenevano a Makoto - quella ragazza non
aveva bisogno di tacchi, era già alta a sufficienza. Oh, Dio, due delle mie
migliori amiche sono ferme a non più di mezzo metro da qui. Avrebbero
scoperto qualsiasi suono e tutto il vergognoso segreto di ‘dormire col nemico’.
Mamoru si preoccupò di essere probabilmente andato troppo
oltre (aveva le sue ragioni per detestare Usagi, ma non significava che avrebbe
dovuto forzarla a fare qualcosa), prima di notare il suo sguardo fisso. Quindi
aveva paura della punizione, non è vero? Bene, probabilmente dopo si sarebbe
pentito di questo, ma era una opportunità troppo succulenta per passarci sopra.
Con l’indice tracciò delicatamente una linea lungo la pelle molto sensibile
dell’interno coscia. Usagi strillò per la sorpresa e tutte e due le paia di
scarpe si girarono nella direzione da cui giunse il rumore. Usagi chiuse gli
occhi, aspettandosi di essere scoperta da un momento all’altro, quando la
campanella della scuola suonò e le sue amiche se ne andarono. Nel momento in cui
il brusio degli studenti che entravano a scuola cessò, Usagi allontanò Mamoru e
si rialzò instabile sui piedi.
“Come hai potuto fare questo? Quelle erano le mie amiche. Ci
avrebbero scoperto. Oh cavoli, ora arriverò tardi in classe” realizzò Usagi.
Scavalcò il prono Mamoru e si guardò intorno alla ricerca della cartella. Mamoru
si alzò, recuperò la borsa e finse di passargliela. Quando lei la sfiorava, lui
la sollevava sopra la sua testa.
“Pensavo tu fossi abituata ad arrivare in ritardo.”
“Abituata, sì, ma ciò non significa che mi piaccia. Sono
abbastanza nei guai senza doverlo fare di proposito. Posso avere la mia borsa,
per favore?”
Il suo tono disperato e sommesso colse di sprovvista Mamoru.
Era facile dimenticare qualche volta che Usagi aveva una vita al di fuori delle
loro discussioni. Si ritrovò a domandarsi che tipo di cose le piaceva fare
quando lei non era con lui. In realtà, lui non conosceva molto di quello che la
riguardava - non gli interessava superare la definizione di egoista, fastidiosa
mocciosa che le aveva dato.
“Sì, scusa. Ecco” disse Mamoru passandole la cartella
gentilmente e poi riallacciandole il fiocco dell’uniforme. Usagi rimase là ferma
a guardare Mamoru come se gli fosse cresciuta un’altra testa. “Cosa?”
“Niente, è solo che tu non ti sei mai scusato con me prima
d’ora” spiegò Usagi. Questo semplice atto di cortesia era più sconcertante di
qualsiasi altra cosa accaduta prima. All’inizio, aveva pensato che la sua
attrazione per Mamoru fosse puramente fisica e poi aveva cominciato veramente a
non vedere l’ora di rivederlo, e ora questo. Improvvisamente lei stava
osservando un lato completamente nuovo di Mamoru che era decisamente difficile
da detestare.
“Allora, scommetto che ci rivedremo venerdì?” domandò Mamoru
annoiato. Adesso stavano entrando in acque inesplorate.
“Huh?” esclamò Usagi, confusa. Aveva dimenticato qualcosa che
avevano pianificato?
“Noi litighiamo sempre di venerdì: tu finisci presto a scuola
e io non ho le lezioni del pomeriggio, il venerdì. Quindi cos’altro dovremmo
fare?”
“Quindi continueremo ancora a discutere, anche se noi… uh…”
“Smettere di fare gli stupidi? Certo, mi immagino che le
nostre discussioni siano una parte della nostra routine, il nostro M.O. (modus
operandi). Non avere l’uno senza l’altro. E io preferisco piuttosto questa nuova
aggiunta al nostro schema abituale.”
“Sì, anch’io” confessò Usagi, osando incontrare gli occhi di
lui. Sospirò: “Io non posso fare niente normale, vero? Allora d’accordo, Idiota,
devo andare subito a scuola e prendere la mia punizione. Ci si vede!”
“A presto testolina buffa!” disse Mamoru, andandosene nella
direzione opposta - ma non prima di aver visto l’istintivo contrarsi delle
spalle di Usagi al suono di quel nomignolo.
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Per favore leggete e commentate. Ho così poco per cui essere
impaziente… ☺ nel prossimo capitolo,
Usagi e Mamoru scopriranno le rispettive identità segrete.
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