Une saison en enfer.
J'ai
appelé les fléaux, pour m'étouffer
avec le sable, avec le sang.
Le malheur a
été mon dieu. Je me suis allongé dans
la boue.
Je me suis
séché à l'air du crime. Et j'ai
joué de bons tours à la folie.
Ho chiamato i flagelli per soffocarmi con
la sabbia, col sangue.
La sventura è stata il mio dio. Mi sono
disteso nel fango.
Mi sono asciugato al vento del delitto. E ho giocato qualche brutto
tiro alla follia.
[ Arthur Rimbaud ]
È sempre difficile comprendere i meccanismi della mente
umana; è mutevole, sfuggente, incoerente persino nella
stessa persona.
Per esempio, anche guardare qualcosa di un colore particolare
può portarti a fare associazioni strambe ed arrivare a
formulare pensieri privi di senso e inaspettati, senza poi
più riuscire a tornare a monte della catena di collegamenti.
Okay, eccovi un esempio banale: ero affacciato alla finestra, nascosto
in parte dalla tenda e in parte dai capelli, ed ecco che sul
marciapiede passa una bimbetta con un nastro rosso nei capelli.
Rosso - sole - tramonto - letto - cuscino - Matt.
Non vi pare strano?
La psicologia mi ha sempre affascinato, da quando alla
Wammy’s alla tenera età di otto anni ci
accennarono l’argomento. “è fondamentale
per comprendere l’uomo e, di conseguenza, è utile
nel cercare di comprendere la mente deviata di un qualsivoglia
criminale” Subito stuzzicò la mia
curiosità e fu facile perdersi in trattati di famosi
psicologi, psicoanalisti nella grande e fornita biblioteca
dell’orfanotrofio.
Prima che il morbo della competizione mi appestasse – quindi
prima dell’arrivo di Near
– non avevo alcuna intenzione di succedere ad Elle,
nonostante fossi considerato il numero uno: volevo fare lo psicologo.
Ero venuto a sapere che professionisti con un QI inferiore al mio
guadagnavano milioni; io sarei stato uno dei più
prestigiosi, sarei diventato ricco e avrei avuto una casa enorme, un
cane e sarei vissuto col mio migliore amico.
Com’è semplice la mente di un bambino…
Lo è fin troppo.
È fin troppo facile immaginare, ora, quel futuro: dopo una
dura giornata di lavoro torno a casa, distrutto, e mi chiudo la porta
alle spalle lasciando i problemi del mondo fuori.
Chiudo la porta e Matt è lì, che gioca con
l’ultima console regalatagli da me. Perché Matt
non deve lavorare se sono già io a farlo, può
divertirsi e fare tutto ciò che vuole…a patto di
farsi trovare a casa al mio ritorno.
Matt è mio.
Mi accoglie con un sorriso e il suo sapore di nicotina. Lo abbraccio
e…tutta la stanchezza scompare…
Sorrido: ero davvero convinto che sarebbe andata così,
eppure…
Eppure mi sono lasciato mangiare dalla gelosia quando quel nano bianco
arrivò da noi: non ero più il primo, sotto i
riflettori, gli sguardi ammirati e intimiditi non erano più
solo per me.
Pensavo che persino Matt si facesse distrarre dai suoi giochi per quello, quando era
il mio
migliore amico!
Ero ingenuo; ovviamente non ha avuto mai occhi che per me, ma quando me
ne sono accorto era troppo tardi, la malattia troppo radicata per
essere ignorata.
E così ho sprecato la mia vita cercando di raggiungere
qualcosa che non avevo mai desiderato, e che non desidero tuttora.
Ma posso solo andare avanti, perché è quello che
tutti si aspettano da me, perché Mello vuole vendetta, vuole
battere Near e diventare il secondo Elle.
Guardo distrattamente il mio riflesso passando davanti lo specchio;
è strano per me avere rimpianti e rivangare nel passato,
ponendomi se e ma…
Dev’essere che la tensione comincia a farsi sentire, a pochi
giorni dalla propria esecuzione.
Sorrido amaro individuando la figura sgraziatamente buttata sul divano
del mio coinquilino e mi ci siedo vicino.
Lo abbraccio (ancora un comportamento strano, non cerco mai contatti
fisici al di fuori del letto) e premo la fronte contro la sua scapola.
Lui rimane fermo per un po’, forse cercando di capire le mie
intenzioni, poi inizia a carezzarmi i capelli; sento distintamente ogni
polpastrello intrecciarsi alle ciocche bionde. Conosco le sue mani e la
sua bocca e il suo volto e il suo corpo alla perfezione e nonostante
tutto sento il bisogno pressante di guardarlo ancora e ancora, come se
fosse una cosa nuova.
Capita così che guardando le sue labbra mi diviene
impossibile non baciarle, e capita così che mi avvinghio a
lui con un impeto che sfiora l’isteria, le mie mani lo
pretendono con un desiderio che sfocia nella follia; la mia bocca
ansima in un sussurro che vorrebbe diventare un urlo.
Basta!Voglio smetterla!Voglio
tornare indietro!Volevo solo poter…
Matt mi prende delicatamente le spalle e mi allontana un po’,
per prendere fiato e per guardarmi in volto.
“Cos’hai?”
Volevo solo poter rimanere
così per tutto il tempo che potevo, volevo solo
poter…
Sto tremando, sono senza forze e vorrei averne per stringere
più forte, anche solo un po’…
“Niente.” la voce non è secca
e autoritaria come speravo, ma tremula e dimessa.
Volevo solo poter possedere
ciò che amo e volevo solo…
Mi guarda, mi osserva e il suo sguardo si rabbuia, stringe la mia
spalla forte, facendomi male – anche se lo percepisco appena,
perso come sono nel suo sguardo.
“Mello. Io ti amo, capisci?!”
Distolgo lo sguardo socchiudendo gli occhi. Annuisco secco fissando una
piega della sua maglietta, come se mi stessi rivolgendo a lei.
Rilassa il volto e mi spinge di nuovo verso il suo petto, mi stringe,
sussurra, mi sfiora, mi culla.
Anch’io,
dice il mio cervello, anch’io
e sono sempre più stronzo perché non posso (o
riesco) a dirlo.
Perché mi comporto così?! Stringo i denti per
smettere di fremere, scosto il busto dal petto di Matt e lo guardo
negli occhi, cercando di recuperare la mia espressione maliziosa
consunta.
“Lo so.” Gli mormoro, correndo sulla sua guancia
con le dita per poi scendere sul suo braccio, ma non lo inganno.
Abbozza un sorriso ma continua a fissarmi in modo apprensivo; torno a
baciarlo con lentezza, adesso.
Non posso più
tornare indietro ormai, mi ripeto. È
così che deve andare, e l’ho scelto io e io
soltanto.
L’amarezza di ciò che mi sono negato devo
affogarla prima che possa sopraffarmi, altrimenti…
Altrimenti sarebbe troppo facile gettare la spugna ed immergermi
completamente nel profumo della nicotina.
Volevo
solo amarti così, così, piano, senza soffrire,
senza morirne.
Sclero dell'autrice:
ho
cercato di mettere on-line questa storia già ieri sera ma
non so
perche EFP non l'ha pubblicata.
O forse ho sbagliato io qualcosa visto che andavo di fretta, non so.
Comunque.
Questa shot è abbastanza schifosa e inutile, quindi me la
dedico. E' una specie di sfogo e visto che fa cagare non posso
dedicarla a nessun altro.
Ho comprato una raccolta di racconti e poesie di Rimbaud, ed ecco
spiegata la citazione sopra, e il titolo della fic e del capitolo. Pensavo ci stessero bene
ò___ò
N.B.:Mai più scrivere dal punto di vista di Mello.
See ya <3 L i a r
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