Albuquerque, sola andata

di crimsontriforce
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@ phend, should you ever come by this page: in your honour, sir. Yours and your blessed journal's.

Più nel concreto, è dedicata a Shey, che la votò in una one-man survey per le fanfic illustrate preferendola ai coni. Alla fine al tempo scelsi comunque questi ultimi perché, beh, coni! X3, ma gliela (e me la) dovevo. E al QI: vi voglio bene a tutti ç_ç anche ai lurker con cui non ho mai parlato ç_ç








Recita un foglio scritto a conchiglia
sullo strapiombo del vecchio ascensore,
abbandonato dal suo scrittore
che di un salto nell'ignoto trovò voglia:


La mia anima ha piccoli pini



C'era una volta un filo conduttore che abbracciava le immagini di decine di mondi. Era un filo robusto, di grande spessore, lo credevo intessuto da signori giocondi.
Legava un uomo alle sue creazioni, legava quattro generazioni in un gioco di specchi deformante e ingrato. Legava a stento, lì sfilacciato, uno spazio ricolmo di stelle e almeno a questo lo costringeva: a svelare che fra quelle c'è sempre la via per la porta di casa. Una casa. La propria. Il filo teneva.
Quando uscì dallo schermo e da quella stessa porta io lo seguii, stregata e poco accorta, perdendolo in mezzo a una distesa abbagliante. Ho camminato a lungo in quella piana e altrove, nel corso del viaggio ne ho viste tante e sotto ogni cielo sempre di nuove: atteso la pioggia sotto un carciofo, giocato a campana su un sentiero di sassi, pigiato tutto (com'è la prassi), scoppiato poi dei sacchi come un gioco.
E nel girare attorno alla spirale mi guardavo intorno come una persona comune, senza volere scopo, senza cercare un lume: il filo era recluso nella storia originale. Non era mia impressione: con metafora geniale mi è stato riferito, qualche giorno addietro, che l'immagine di me è meno ancor che un prato. È un'isola secca, nient'altro ha che arbusti – e piccoli pini. Non ho le radici robuste di Anna, di Atrus e dei successori (Phil, Watson e Zandi e, credo, altri ignoti), cortecce coriacee o gran sognatori che, quali che fossero le loro doti, condussero il filo con le loro mani cingendo davvero mondi a decine. Si rifiutarono di scrivere Fine cercando sempre un migliore domani.



Seduta, mi dondolo sullo strapiombo e su di un foglio scrivo il mio credo. Promesse di luci mi ammaliano in fondo, ma senza motivo mi giro e vedo che un filo sciolto del mio maglione è rimasto impigliato nell'altra stanza. D'ni di nascosto, in silenzio, fermandone un capo afferma la nostra importanza.

L'autocritica era cosa ingrata:
salto nell'eco della mia risata.


Leap without truly understanding what lies beneath
and let a glimpse of the future rise up to meet you.
(Richard A. Watson, 17/1/04)
















Partecipa con un ovvio “Metareferenzialità” all'ormai consueto “Quel certo non so che” di True Colors. Ovvio perché non ci vuole una scienza a farci quadrare qualunque aspetto della materia in esame e, in effetti, è almeno la quarta volta che ne scrivo. Spero senza ripetermi troppo.
Con qualche aggiustata in più, ma non troppe, partecipa anche al quarto contest di Harriet perché LOL. Cioè XD Farlo apposta non veniva XD Il prompt è:
Forestiero che cerchi la dimensione insondabile:
la troverai fuori città, alla fine della strada

e io 'fuori Città' – anche se in verticale, qualche centinaio di metri sopra – e alla fine di una strada che mi sono ostinata a non capire fino all'ultimo (“Bene, ho ricalibrato il Great Zero, e ora? *visualizza balle di sterpi che rotolano felici in superficie*”) ho trovato le mie coordinate, che avevo perso nell'incertezza del presente: è facile, per contro, dare un senso ad avvenimenti vecchi di duecento anni, ma ci passa la stessa differenza che fra cronaca e storia. E, anche a parte la mancanza di prospettiva, qui il senso è davvero più sottile, impalpabile.
Per l'ambito premio speciale "Ma chi me l'ha fatto fare?", non c'è dialogo e il filo conduttore appare quattro volte: prima come intessuto da una sceneggiatura, poi richiamandosi a quello stesso significato, poi accorgendosi che la storia è vera e quindi non l'ha mosso uno sceneggiatore ma i grandi uomini passati e presenti, infine riconoscendo che viene consegnato anche a noi esploratori. E poi, uhm, è in rima. So che non era nelle difficoltà della lista, ma comunque XD

Note:

@ strapiombo del vecchio ascensore: Great Shaft! Spero fosse chiaro, sia per “strapiombo”, sia per “ascensore”, sia per “salto nell'ignoto”, sia per la citazione finale dal diario che sta lì a fianco.
@ signori giocondi: mmmmh...
@ uomo e sue creazioni: nelle Ere di Atrus, io leggo (ehr XD) moltissimo di Atrus stesso.
@ quattro generazioni: paralleli e differenze fra l'educazione di Anna, Gehn, Atrus e degli scassamaroni. Quel che della sua esperienza ogni genitore ha cercato di dare o non dare ai figli. Vengono fuori paragoni affascinanti.
@ spazio ricolmo di stelle ecc: fino a Riven, era lecito pensare che la Fessura portasse in qualunque luogo adatto a lasciare intatto un libro per trent'anni e quindi, con quest'unica indicazione geografica che girava in cerchio, lo Straniero poteva essere veramente chiunque.
@ distesa abbagliante ecc: in ordine Cleft, Eder Kemo, Kemo pond, lol ovunque, fine Teledahn.
@ metafora geniale: "It will be your soul, showing who you are", Yeesha dixit, parlando di Relto - e dei suoi piccoli pini.




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