Kyrie 1
Il mio cappello
Il mio cappello a cilindro è
di quel nero di notte che tutto ricopre, come un manto invisibile, come
l’oscurità irreversibile.
Il mio cappello, come un trucco che
rende rosse le labbra, pallida la pelle, lungo l’occhio, nasconde
i miei capelli crespi, del colore delle foglie morte d’autunno.
Perfettamente in bilico tra il cadere e il calare saldo ad accarezzare
il mio cranio, non sa decidersi neanche lui su cosa fare esattamente.
Non vuole, e resta a traballare sull’incertezza.
Come la cravatta che cinge il mio
collo, rossa di sangue, come la giaccia scura che copre le mie spalle -
non esili quanto quelle di una donna, non forti quanto quelle di un
uomo – nera di morte, come le scarpe lucide che picchiettano sul
suolo ad ogni mio passo, confonde la vista, reca incertezza alla mente
del nemico. Non lascia pietà alcuna nel concedere il minimo
appiglio col quale sostenersi.
In un mondo che tutto traballa chi
impara a camminare sui cadaveri dei propri nemici vince senza indugio.
E io mi ergo vittorioso sulla pila di quei demoni, di quegli angeli,
che hanno tergiversato anche per un solo attimo davanti alla mia vista.
“Ha
scoperto la mia menzogna. Il mio travestimento non l’ha ingannata.
Tutto ciò è dipeso dalla volontà del cielo
fraudolento. Però non mi fa affatto male. Neanche un
po’. Anche Dio mi conosceva come il più sgarbato e
osceno tra gli angeli caduti nell’Inferno. Laggiù tutti
amavano il male. Già, lui sapeva ogni cosa fin
dall’inizio, ma ha lasciato che accadesse. Infatti, alla mia
nascita, mi ha dato il nome di Belial…”(*)
Sesso, nome, razza, posizione sociale…
Non mi interessano questi boriosi
particolari insignificanti. Sono limiti posti da Dio, sono
catalogazioni atte solo a rassicurare anime che non sanno reggersi in
piedi da sole, senza un semplice bastone a sorreggere le membra
tremanti.
Io senza un sesso, ho voluto darmi
un nome, sfidando la volontà di Dio che mi aveva etichettato
come creatura ignobile, immeritevole persino d’esistere. Io,
senza un cuore, ho amato il male più di qualsiasi altra persona,
più della luce abbagliante dello stesso Cielo sconfinato.
Io, senza un destino, senza una
volontà indipendente, mi sono macchiato di reati inimmaginabili,
ho versato sangue di angeli, demoni e umani, tinto di rosso le mie mani
peccaminose.
Caduta dal piedistallo perfetto, sono diventato una delle spade taglienti del Mio Signore, Lucifero.
E il mio cappello tace, silenzioso, muto spettatore di quest’opera melodrammatica e patetica.
Di questa guerra senza senso tra luce e ombra.
Non è più la notte che dipinge il suo volume, ma linfa vitale che sgorga dalle gole recise.
Dio, eravamo così orridi da non meritarci neanche un poco del tuo amore?
(*)Angel Sanctuary, volume 7, parole di Belial
Perché proprio “Il mio
cappello”? Analizzando il personaggio di Belial, un dei Sette
grandi Satana, la Superbia fatta persona, si scopre come, lo dice egli
stesso, il suo comportamento “ambiguo”, il suo cercare di
non appartenere né all’uno né all’altro sesso
faccia parte della sua “rivolta” contro Dio. Per quanto
abbia il sesso femminile, egli ha un petto piatto ed è incapace
di procreare, si veste e si comporta da uomo per dissimulare meglio
quanto in realtà è. Per cui, da questo punto di vista, il
cappello è parte integrante il vestiario di un uomo perfetto. Fa
parte della sua maschera eterna.
Hola ^^
Questa è la prima flash fic partecipante al contest di Dark sempai "Cross dresser per caso".
Saranno tre in tutto.
Spero vi sia piaciuta ^^
Alla prossima
|