After All This Time I'm Coming Home To You.

di _kid
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Il rapporto tra Zacky e Brian era sempre stato un grande punto interrogativo anche per loro; inizialmente avevano pensato a un estremamente stretta amicizia. Ma poi, per entrambi, aveva iniziato a farsi strada la gelosia, e anche a questa cercarono di dare una spiegazione razionale, per esempio la paura che con una relazione dell'altro non avrebbero più tempo per “loro”. Sì, anche senza rendersene conto si esprimevano già in questi termini.
Eppure dovettero aspettare di passare ogni giorno stretti in un tourbus, avevano dovuto aspettare di sentire la fitta della gelosia viva e pulsante non appena qualche fan allungava troppo le mani, avevano dovuto aspettare di sentire l'aria mancare quando l'altro era troppo lontano.
Ma poi in diversi giorni, in diverse circostanze nelle due menti si affacciò lo stesso pensiero.
I primi tempi fu un tormento, ognuno cercava di di nascondere all'altro il sentimento, credendo di non essere ricambiato. Arrivarono ad evitarsi a vicenda, e a litigare quando retavano insieme per troppo tempo.
La vita sul tourbus era diventata insostenibile; fu allora che gli altri membri della band li costrinsero a chiarire. Entrambi sapevano che quello sarebbe stato il momento della verità.
Nello stesso attimo, con diverse parole e lo sguardo basso si confessarono.
E fu da lì che iniziò tuttò: fatta di alti e bassi come qualsiasi altra relazione, ma nonostante questo per loro restò sempre la loro oasi di pace, il loro Eden.
Ufficialmente nessuno sapeva della loro relazione, ma tutti in fondo erano arrivati a capirlo; bastava essere in grado di leggere gli sguardi, ognuno guardava l'altro come se fosse stato il suo tesoro più prezioso.
Ma la loro storia non era destinata a durare, o forse quello che accadde può essere considerata una prova decisa da qualcuno più in alto di loro; una sera, complice il troppo alcool...
Si sentì un rumore di vetri infranti, che da quella sera in poi Brian sognò ogni notte della sua vita.
Una caduta dal settimo piano, un mese in ospedale e poi la fine. La fine di entrambi, ma non del “loro”.
Da quel giorno Brian non prese più in mano la sua chitarra, non era più riuscito a fare nulla; anche mangiare era ormai divenuto un riflesso incondizionato, il suo sguardo era vitreo ovunque si posasse. Che senso aveva fare qualcosa, qualsiasi cosa, se anche solo respirare faceva male?
Gli altri erano preoccupati per lui, ma si rendevano conto di non essere in grado di lenire quel dolore.
Arrivò una sera, quella dell'undici dicembre, Brian uscì: faceva freddo, per quanto possa fare freddo in California, così si strinse nella felpa e iniziò a camminare per le vecchie e perfettamente conosciute strade. L'ondata di ricordi che lo colpì fu lacerante. Camminando si ritrovò davanti a una panchina, da un certo punto di vista la loro panchina: quando erano appena adolescenti avevano inciso nel legno le iniziali delle loro band preferite e con il tempo avevano preso la strana abitudine di scrivere un messaggio all'altro con il nome intero di una di queste.
Fu così che, senza pensare a quello che stava facendo, prese il cellulare dalla tasca destra dei jeans, con un piccolo sorriso scrisse “misfits” e inviò il messaggio.
Solo dopo si rese conto di ciò che aveva fatto. Si rese conto che lui era morto. Si rese conto che non avrebbe mai potuto leggere il messaggio.
Sentì il petto squarciarsi, e corse verso casa cercando di arginare la voglia di vomitare.
Brian continuava ad aspettare qualcosa che non arrivava. Non riusciva ad andare avanti, non riusciva a rassegnarsi.
Decise di andare al cinema, alla ricerca di due ore di tranquillità senza pensieri.
Non gli era mai particolarmente piaciuto il cinema, mentre a lui si. A questo pensiero sentì la solita fitta al petto.
Cercò di non pensare, e di lasciarsi prendere dalla trama del film... e ci riuscì, più o meno.
Uscì di lì centoquarantacinque minuti dopo, del film già non ricordava nulla; riaccese il cellulare, nel caso qualcuno l'avesse cercato.
Trovò un messaggio, il mittente era anonimo, non appariva neanche il numero. Aspettandosi qualche avviso di chiamata lo aprì, e quello che trovò gli mozzò il fiato in gola.
“VaiAvanti. V.”
Gli occhi gli si appannarono di qualcosa che somigliava a lacrime, gli sfuggì un sorriso; non si chiese spiegazioni, se mai ce ne fossero state di razionali.
Sapeva, sentiva che era davvero lui.
Gli tornò il mente quando si erano ripromessi di andare insieme, solo loro, in giro per l'Europa; ore ed ore di volo. Brian detestava volare, ma per lui avrebbe fatto qualsiasi cosa.
Decise di farlo da solo, quel viaggio.. Sperando che non si sarebbe offeso.
Attraversò i grandi viali delle città e desiderò averlo lì con lui. Si perse nei vicoletti di quei paesi sconosciuti al mondo pulsanti di storia e si chiede quanti di questi sarebbero stati spettatori dei loro baci clandestini.
E dopo oltre un mese perso nelle bellezze del vecchio mondo, fu costretto a tornare a casa.
Accadde durante il viaggio di ritorno.
Il panico divagò sull'aereo. Brian non riusciva a capire cosa stesse succedendo, e quando finalmente realizzò ebbe solamente il tempo di lasciare che le sue labbra fossero increspate da un piccolo sorriso.
“..dopo tutto questo tempo, sto tornando a casa da te...”.

~*~
Non chiedetemi spiegazioni per questa cosa incredibilmente tragica.
Non so neanche perchè l'ho postata, dato che avevo deciso di non farlo. Sperando che gradiate,
kid




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