Ed
eccomi a voi, gentili vagabondi delle lande di EFP! Dopo lune di
colpevole ozio, molle indolenza e penosa pigrizia, Ceci ritorna tra
voi, con uno degli ultimi parti della sua mente allucinata: un
tentativo di ballata elaborato al mare e vergato di getto nella sera
toscana ( qualche lieve vezzo romantico me lo posso permettere...),
ovvia progenie delle suggestioni gotiche in cui indulgo in
quest'ultimo periodo.
Curiosamente,
le prime idee e le prime parole di quest'empito poetico non mi hanno
colta sotto il pallido bagliore della luna, come qualunque scrittore
crepuscolare che si rispetti, ma in un pigro pomeriggio tra le sdraio
dei miei genitori e i lieti schiamazzi di mio cugino: ebbene sì,
anche sotto il gaio sole di Luglio io riesco a pensare a tramonti
brumosi e lividi eroi. In ogni caso, parte dell'incanto della
scrittura viene proprio, almeno a parer mio, da come possa
raggiungerci con uno sfolgorio d'ispirazione in ogni tempo e in ogni
luogo.
Tornando
al testo, si tratta di una delle mie prime ballate, in cui mi cimento
con un tema da poema medievale e con l'accompagnamento, seppur
mentale, di una musica; per me è quindi un azzardo, una prova
che ora sottopongo alla vostra attenzione: vediamo come mi riesce
questo genere di scritti. Mentre sguazzavo nella piscina, io l'ho
immaginata sulle note di una melodia dolente e cadenzata, ma questa è
solo la mia visione: quindi leggete, divertitevi e trovate il ritmo
che prediligete.
Sperando
come sempre nel vostro accorto parere,
e
gioendo del mio ritorno tra spiriti innamorati delle parole,
vi
lascio con un Ciaociao da Ceci!
Canzone
del Marinaio Perduto
“O
Marinaio, seduto sulla sabbia,
perché
scruti le acque scure?
Il
tuo fiero sguardo arde nel chiaro vespro;
Umido
lucore scivola sul mare ombroso,
le
membra bianche lievi i flutti cingono.
No
Marinaio, non lasciarti accarezzare
son
dita accorte ma aspre di sale
non
seguire il canto nero degli abissi,
da
mani crudeli non lasciarti trascinare
non
cedere al suo freddo abbraccio
tra
le sue braccia il sole svanirà.
Ahi,
o Marinaio, nessun tepore ormai ti chiamerà
giaci,
pallido re dei mari,
vergini
perle son ora i tuoi occhi
le
tue labbra tramutate in madreperle mute
di
gelido marmo le tue mani armoniose
e
sottile alabastro sotto le ciglia cupe
Oh,
Marinaio, dove sei caduto?
Tra
i flutti feroci il tuo sguardo si è perduto?”
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