GINNY E PITON,
HARRY E ASH
Finite le lezioni si ritrovarono alla porta d’ingresso,
ben chiusi nei loro mantelli, pronti ad affrontare la neve che stava cadendo da
qualche ora.
Velocemente arrivarono al capanno di Hagrid dal quale
effettivamente stava uscendo del fumo.
Harry bussò con irruenza.
La porta di aprì leggermente e si ritrovarono davanti la
faccia sospettosa di Hagrid, il quale quando si rese conto di chi si trattava
esplose in un sorriso enorme.
Non si vedevano da mesi.
Li abbracciò e li stritolò a lungo, uno, due o tutti e tre
insieme.
Poi si misero seduti attorno al tavolo sgangherato al
centro della stanza, con tre tazze fumanti di the, mentre Hagrid sistemava i
suoi bagagli.
Sistemare voleva dire che estraeva da una sacca enorme e
molto usata una serie di vestiti, più o meno sporchi, li guardava e li buttava
in un cesto altrettanto enorme.
“Cosa ne devi fare?” chiese Hermione indicando con la
testa il cesto.
“Devo lavare. E’ un bel po’ di tempo che non gli do una
lavatina come si deve.”
“Dove sei stato?” chiese incalzante Ron.
“In missione per Silente, lo sapete. E come facevate a
sapere che ero tornato?”
“Dal fumo del camino. Lo hanno visto tutti oggi.” Ron gli
sorrise
Hagrid guardò il camino e poi rivolse lo sguardo verso
l’alto, quasi meravigliato che potesse essere visibile il fumo dall’esterno.
“Quale missione Hagrid?”
“Una meno rischiosa dell’ultima vostra, ho saputo. Cosa
pensavate di fare? Siete in grande Rita Skeeterrdo sui Serpeverde ora!” Hagrid
guardava Harry con uno sguardo, nel suo intento, serio e di rimprovero.
Harry era così contento di vederlo che avrebbe accettato
anche una punizione da lui per quello che aveva fatto.
“Chi si è occupato di Grawp? Eh?”
Hagrid spalancò le enormi braccia verso di loro con fare
sconsolato.
“Oggi lo ho trovato molto deperito poverino!”
I tre amici si guardarono meravigliati. Avevano continuato
con regolarità a portare da mangiare a Grawp e a tentare di insegnargli a
parlare e a loro non sembrava così deperito. Silente sapeva benissimo che si
trovava e aveva provveduto a tutto quello che era necessario per fargli passare
al meglio quel periodo lontano da Hagrid, compresa una capanna simile a quella
dove si trovavano adesso, ancora più rovinata e disordinata dopo il passaggio
del gigante.
Ron si ricordava ancora quanto aveva riso, fino alle
lacrime, vedendo “Hermy” impegnata ad insegnare inglese a quel gigante, mentre
lui cercava di pronunciare quelle strane parole osservando con la testa
inclinata il movimento delle labbra della ragazza, affascinato più dagli
animali che si muovevano intorno a lui che dal tentativo di Hermione di
mantenere il patto con Hagrid. Sentire quel gigante pronunciare con voce cupa e
stentatamente il nome dell’amica lo aveva divertito per parecchi giorni.
Ancora adesso, quando voleva farla arrabbiare, le si
avvicinava di soppiatto e pronunciava sottovoce, con la stessa intonazione il
suo nome: “Hermy”. Lei scattava immediatamente urlandogli che era un stupido
bambinone poco cresciuto e gli toglieva l’aiuto nei compiti per parecchie ore.
Harry aveva partecipato per amicizia verso Hagrid, ma
trovava quell’impegno decisamente inutile per tutti. Non si poteva fare nulla
con quel gigante se non accudirlo.
A loro sembrava stesse al meglio possibile in quel
momento.
“Hagrid…” disse Hermione “abbiamo fatto quello che hai
chiesto. Mi pare che adesso parli anche meglio. Sai sono riuscita a fargli dire
correttamente il tuo nome e anche quello di Silente.” Hermione gli stava
sorridendo sperando che Hagrid riconoscesse l’enorme lavoro che lei aveva fatto
solo per arrivare a questo piccolo risultato.
“Hai ragione sai.” le sorrise lui. “Mi ha chiamato per
nome subito, appena arrivato, mi ha riconosciuto. Sei stata brava. Hermione!”
Lei si sentì fiera di se stessa.
“Dove sei stato, Hagrid?” Harry gli rifece la stessa
domanda di Ron ed era importante per lui avere una risposta. Il mondo esterno
adesso era chiaramente schierato con Silente, ma in realtà nessuno sapeva quali
fossero le idee di alcuni popoli come quello dei giganti, che potevano
rappresentare una forza notevole in caso di battaglia. I rapporti con gli
uomini erano da sempre difficili. Era necessario un mediatore che aiutasse il
dialogo tra loro e Silente e li portasse a sostenere l’Ordine.
Harry sapeva di non avere una chiara percezione di quello
che stava avvenendo fuori da Hogwarts, delle trame che i maghi stavano tessendo
sopra la sua testa, delle alleanze che si stavano stringendo, delle intrusioni
che la politica aveva nelle decisioni.
Era preso da un vortice enorme e lui si sentiva al centro,
quasi cieco.
Qualsiasi informazione serviva a chiarirgli un po’ le
idee.
Ma Hagrid era fedele a Silente e al suo mandato.
“Ero in missione per conto di Silente, non posso dirti
altro, Harry. Lo sai.” Hagrid sembrava quasi scusarsi.
Ron qualcosa aveva imparato negli anni e fece la domanda
giusta al momento giusto.
“Come stava Madama Maxime? E gli altri giganti? Doveva
essere molto che non li vedevi. E’ stato piacevole?”
Hagrid lo guardò sorridendo.
“Molto, Ron, molto. Lei è stata buonissima con me, anzi
dolcissima e anche se sono stati molto diffidenti e scontrosi, almeno adesso
hanno accettato di vedere Silente. Sarà un viaggio lungo per lui, ma… oh, oh… questo non dovevo dirlo. Avanti,
bevete il the adesso, non posso dirvi altro.”
Hagrid riprese a svuotare la sacca mentre Ron faceva
l’occhiolino ad Harry e ad Hermione che ricambiarono.
La sera, dopo quel piacevole pomeriggio, Harry si ritrovò
davanti all’ufficio di Piton per le lezioni di Occlumanzia, insieme a Ginny.
Harry si sentiva demoralizzato ancora prima di cominciare.
L’ultima volta che aveva tentato di contrastare Voldemort alla presenza di
Piton aveva ottenuto un buon risultato, ma ancora non aveva chiaro come era
arrivato ad ottenerlo. E comunque Piton non gli piaceva, anche se aveva ben
chiaro che l’odio verso suo padre e verso Sirius non era poi immotivato.
Ginny aspettava di poter parlare con Piton dei suoi
incubi.
Bussò lei alla porta. Rimasero sorpresi quando aprì Tonks,
con una massa di capelli arancioni e un gran sorriso di benvenuto.
“Ciao ragazzi. Io stavo andando, so che avete lezione con
Sev… il professor Piton.” Si girò verso la stanza e anche se non potevano
vedere entrambi capirono che stava salutando il professore con una certa…
intimità.
Rivolse loro un altro sorriso e uscì dicendo a tutti un
generico:
“A dopo.”
Harry e Ginny entrarono.
“Ben arrivati.” Il volto del professore era sempre cupo e
serio, in tono con il nero dei vestiti. Era al centro della stanza, in piedi.
Appariva forse, ma forse, un po’ più rilassato.
Fece cenno ad entrambi di entrare e di sedere davanti alla
scrivania.
“Per iniziare, signor Potter, potrebbe illustrare lei alla
sua compagna, quale è lo scopo di queste lezioni.”
Harry raccolse tutte le informazioni che ricordava e cercò
di dargli un senso.
Almeno per Ginny era importante che fosse tutto chiaro.
“Vol…. Tu-Sai-Chi riesce a capire le emozioni degli altri,
a leggerle, come se leggesse nel pensiero.”
Ginny lo guardò incuriosita. Non capiva cosa significasse
“leggere nel pensiero”.
“Potter, si ricordi che è un mago, non un babbano.” Dall’espressione
sembrava che Piton stesse ridendo di lui.
“Beh, riesce a capire i sentimenti delle persone
soprattutto quando abbiamo meno difese, come durante il sonno. E’ come se
potesse vedere quello che proviamo, che pensiamo, i nostri ricordi e lo può usare
per colpirci dove sa che farà più male.”
“Già meglio, Potter. Come ci si difende?”
“Allontanando da sé il più possibile le proprie emozioni,
escludendole dal pensiero perché non vengano afferrate da lui. E tentando di
disarmarlo o di bloccarlo con un altro incantesimo.”
“Beh, almeno qualcosa ha capito del lavoro dell’anno
scorso, direi. Dopo l’ultimo di qualche settimana fa, ci sono stati altri
episodi?”
“Solo un incubo, ieri notte.” Harry soffriva a dover
condividere con quell’uomo i propri
ricordi.
“Cosa accadeva?”
“Non riuscivo a sentirlo, ma sembrava che volesse farmi
parlare.”
“OK. Ci lavoreremo. E lei signorina Weasley, ci sono
incubi anche per lei?”
Ginny spalancò gli occhi sorpresa. Come poteva saperlo?
“Nessuno può fare esperienza di un legame con l’Oscuro
Signore pensando di eliminarlo del tutto. Lo ha conosciuto e gli ha consegnato
parte delle sue emozioni, anche se involontariamente. Egli potrà farsi scudo di
questi sentimenti per carpirla nuovamente. Non voglio conoscere i dettagli di
ciò che ha confidato nel diario, ma desidero solo sapere se quelle emozioni
possono essere ancora presenti in lei e nelle sue relazioni con altre persone.”
Ginny si sentì molto incerta nel rispondere. Nessuno
conosceva il contenuto del diario che presentava ancora solo pagine bianche.
Sapeva che si trovava al sicuro nello studio di Silente e che nessuno poteva
risalire a quello che aveva scritto. Silente glielo aveva assicurato.
Rimase a riflettere, in silenzio e Piton attese senza
pungolarla.
Harry era sorpreso dalla quasi gentilezza che dimostrava
nei confronti di Ginny. In effetti non aveva mai sentito la ragazza lamentarsi
degli atteggiamenti di Piton nei suoi confronti e non sapeva esattamente quali
fossero i suoi voti in Pozioni. Questo era ancora un lato sconosciuto di Ginny.
“Ci sono alcuni sentimenti che sono rimasti gli stessi,
altri sono cambiati, sono più forti o meno significativi, ma credo ci siano
ancora tutti.”
“Potrebbe usarli contro di lei, se la ritenesse una
avversaria pericolosa. E lo ha sognato recentemente?”
“L’ho sognato due volte dalla battaglia, professore. Solo
il volto che mi parla, in particolare gli occhi.” rimase in silenzio per alcuni
secondi. Piton non disse nulla, ma rimase in attesa.
“Non è come anni fa, so che è un sogno, ma ho paura che
possa riprovarci. Se gli è andata bene una volta, significa che sono fragile e
… raggiungibile in un certo senso. Come se avesse provato la mia resistenza e
avesse scoperto che può creare un… tunnel che mi attraversa, … che può portarmi
dove vuole lui.”
Harry la fissò pensieroso: non aveva mai sentito Ginny
parlare così a lungo e con una tale lucidità di se stessa. Lui non sarebbe
riuscito a descrivere così bene le sue sensazioni. Ma le ragazze erano tutte
così? Doveva parlarne con Ron e … forse anche con Hermione.
Secondo lui Voldemort ora non aveva alcun motivo di
servirsi di Ginny, aveva riguadagnato una parvenza di corpo, aveva riguadagnato
la fedeltà dei suoi Mangiamorte, un ragazzina di Hogwards era inutile. Però
poteva comprendere le paure di Ginny di essere guidata da qualcuno che non
fosse lei stessa. Quando pensava di essere posseduto da Voldemort aveva provato
una tale angoscia. Per Ginny doveva trattarsi di qualcosa di simile.
Piton fece un gesto assurdo per lui. Accennò un sorriso
verso Ginny e le appoggiò una mano sulla spalla.
“Credo signorina Weasley che non dovrebbe dimenticare che
il tempo ha cambiato lei, ha cambiato l’Oscuro Signore e ha cambiato l’intera
situazione.
Adesso una domanda più difficile. Per poter impostare il
lavoro devo sapere se ci sono sentimenti o emozioni che vi legano.”
I due si guardarono. Erano meravigliati dalla domanda e
non sapevano come rispondere.
In effetti Harry non avrebbe saputo dare un nome esatto ai
suoi sentimenti per la sorella di Ron. Era stata a lungo solo un elemento dello
sfondo della sua vita, niente da spartire con la forte amicizia che lo legava
ad Hermione per esempio, ma adesso era diventata… qualcuno alla pari, non una
amica con cui confidarsi, ma certamente una persona importante. Era… era
difficile da definire!
Per Ginny i suoi sentimenti per Harry erano sempre stati
chiari, anche mentre si modificavano nel tempo passando dall’innamoramento
incondizionato, alla vergogna per quello che aveva fatto, alla tristezza di
trovarsi ignorata come persona, alla costruzione di una nuova amicizia dove
sentimenti più profondi, che pure c’erano, venivano volutamente messi da parte.
Harry non era più l’eroe perfetto, ma era diventato un ragazzo poco più grande
di lei, un bel ragazzo, che commetteva parecchi sbagli, che aveva un carattere
a volte difficile, che non capiva un accidenti del sesso femminile. Era molto
più simile al fratello ora (Hermione avrebbe detto che l’imbecillità di Ron
verso il sesso femminile non poteva essere raggiunta da nessuno e in effetti…),
anche se i suoi sentimenti verso di lui ogni tanto avevano poco del fraterno.
“Siamo amici.” Disse Harry. “E’ anche la sorella del mio
migliore amico.”
“Gli devo la vita.” Aggiunse Ginny con una semplicità che
fece venire i brividi a Harry.
“Nessun legame… più forte?” sottolineò Piton.
Negarono entrambi con il capo.
“Non che la vostra vita sentimentale mi sia di interesse,
ma devo comunque insegnarvi anche ad agire insieme e più i sentimenti che vi
legano sono forti più diventa importante che sappiate eliminarli dalla vostra
mente entrambi. Chiariti questi aspetti cominciamo la lezione. Prima lei signor
Potter, dato che sa già come fare. Signorina Weasly, lei osservi e utilizzi
solo quanto di positivo Potter ci farà vedere.”
Piton tolse i propri ricordi e li mise nel Pensatoio,
seguito dallo sguardo curioso di Ginny che non conosceva lo scopo di quella
danza d’argento che entrava nel bacile.
Harry si irrigidì nell’attesa dell’attacco, cercando nello
stesso momento di escludere i ricordi dalla mente.
“Legilimens” pronunciò Piton puntando la bacchetta verso
Harry.
Ginny vide l’amico tendersi nello sforzo di bloccare
qualcosa alzando la bacchetta, ma senza pronunciare alcuna parola. Sembrava
pietrificato.
Poi urlò: “No!” e dalla sua bacchetta uscì un lampo che
mandò Piton a sbattere contro la scrivania.
Si alzò velocemente e guardò Harry con gli occhi
socchiusi.
“Ci siamo Potter, ci siamo. Ho visto molto poco, ora.”
Guardò Ginny e le fece cenno di andare al posto di Harry.
“Cerchi di concentrarsi, signorina Weasley e si ricordi
che potrò vedere solo quello che lei mi farà vedere.”
“Legilimens”
Ginny si sentì invadere e riemersero ricordi che non
sapeva di avere. Ron che giocava con lei, gli scherzi di Fred e George con i
suoi giochi, il primo volo sulla scopa con il padre, la tristezza del suo primo
anno ad Hogwarts, il primo bacio con Dean, la Camera dei Segreti, la faccia di
Tom Ridde.
Si ritrovò a terra, piangente con Harry a fianco che
urlava contro Piton.
“La lasci stare, la smetta. Ma non vede cosa le sta
facendo!?!?!”
Harry aveva in mano la bacchetta puntata contro Piton.
Piton la osservava in silenzio. Parlò quasi sottovoce,
come se Harry non fosse presente:
“Non ha opposto nessuna resistenza signorina Weasley, Deve
tentare di fermarmi.”
Ginny, consapevole delle lacrime, si sentiva scossa e
impaurita.
Si alzò da terra, mentre Harry sempre al suo fianco la
scrutava, preoccupato.
“Riproviamo, Ginny.”
“NO!” urlò Harry nuovamente, girandosi verso di lui con il
volto teso dalla rabbia “Non ce la fa più. La lasci stare.”
Forse avrebbe chiesto di aspettare un po’ prima di
ritentare se Harry non avesse detto che non era in grado di proseguire. Era sul
punto di dirlo, di chiedere tempo e pazienza al professore. Ma ora, no. Non
quando qualcun altro aveva fatto la richiesta a nome suo senza interpellarla.
“Va bene.” Rispose con la voce tremante.
“Ginny…” Harry era sorpreso.
“Tu hai fatto un solo tentativo la prima volta?” gli
chiese.
“No.” Fu costretto ad ammettere.
“Allora posso farlo. Solo… stai qui.” Era sia una reale
richiesta di aiuto, sia un modo per non farlo sentire inutile.
Con Piton riprovò altre due volte, come Harry,
dimostrando, nell’ultima di cominciare a comprendere la strategia, perché Piton
le disse di aver percepito la sua iniziale resistenza all’intrusione.
Alla fine dell’ora erano esausti entrambi.
“Bene. Ci rivediamo qui tra una settimana.”
Piton li guardò uscire, pensieroso.
C’erano due cose che lo lasciavano perplesso.
Il fatto che avessero detto di non provare forti
sentimenti l’uno verso l’altra, quando poi il piccolo Potter l’aveva difesa con
rabbia e determinazione.
E poi entrambi avevano chiaro lo stesso ricordo
dell’Oscuro Signore, durante l’ultima battaglia che diceva loro che sarebbero
morti, mentre si stringevano le mani. E il ricordo più forte sembrava questo
per entrambi, ma non ne erano consapevoli.
Quello che lo preoccupava di più è che aveva percepito la
stessa identica immagine e lo stesso identico sogno in entrambi: l’Oscuro
Signore che tentava di farli parlare. Ma solo Harry riusciva a descriverlo,
mentre per Ginny era prevalente il ricordo della battaglia.
Doveva parlarne con Silente.
Il giorno successivo per Harry fu pesantissimo. Oltre alle
lezioni della giornata lo aspettava un incontro con Ash e poi allenamento di quidditch.
Era stanco ancora prima di scendere dal letto.
L’unico vantaggio era il programma delle lezioni che
includeva Storia della Magia (dormire), Cura delle Creature Magiche
(divertente), Difesa contro le Arti Oscure (utile) e Trasfigurazione (interessante).
Nessun compito da fare o da consegnare.
In effetti la giornata trascorreva molto tranquilla.
L’unico pensiero fisso di Harry, in quella giornata, erano
le ragazze.
Guardandosi attorno si era accorto che cominciava a
preoccuparlo la maturità che vedeva in Hermione, Ginny, Susan o anche Luna a
modo suo.
Era molto più tranquillo avere a che fare con persone come
Lavanda o Padma: ridevano e chiacchieravano di sciocchezze.
Parlare con le altre invece richiedeva una buona dose di
attenzione per non dire la cosa sbagliata al momento sbagliato e sentirsi un
incapace.
Anche con Cho in effetti era stato più facile: al massimo
piangeva, ma non era necessario impegnarsi molto.
Se fosse stato sufficiente dire qualche stupidaggine sul
quidditch e ascoltare le loro scemenze poteva ancora farcela, ma se doveva fare
lui la prima mossa era nei guai. E poi con chi? La scelta era un po’
imbarazzante.
Se avesse dovuto passare un pomeriggio con Hermione o
Ginny o Luna, in modo romantico… cosa avrebbe fatto?
Doveva sentire Ron. Non che avesse più esperienza di lui,
ma ultimamente era molto ricercato dalle ragazze dopo il successo come portiere
e sembrava trovarsi a suo agio nel ruolo.
E del resto chi altro c’era? Chiedere a Dean come aveva
fatto con Ginny? Sarebbero subito iniziati i bisbigli sul fatto che Potter
voleva agganciare la piccola Weasley!
Dopo il pranzo cercò Ron e riuscì a distoglierlo dalla
folla di ragazzine ridacchianti che elogiavano le sue partite e i suoi
allenamenti.
Ultimamente l’amico sembrava anche usare molto meno quei
maglioni larghi e sformati degli anni scorsi e sceglieva i maglioni più piccoli
usati dai fratelli, quelli che aderivano di più al corpo. C’erano parecchie
ragazze che, per l’altezza, potevano guardargli bene il torace.
Ad Harry venne da ridere. L’idea di Ron che chiedeva ad
una ragazza di uscire o che faceva il romantico sembrava una barzelletta.
Andarono insieme verso la Biblioteca e trovarono un
piccolo tavolo per loro due. Sistemarono una parete di libri e pergamene
sufficienti a dimostrare che stavano studiando e poi Harry decise di agire.
“Come va con le ragazze? Mi sembra che tu sia circondato!”
“Hai visto?” Ron era euforico. Sorrideva e gli brillavano
gli occhi. “Cioè, non so come ho fatto, davvero. Penso sia il quiddtch, come
per te.”
“Io non ho quella scia di femmine intorno!” Harry non
sapeva se sentirsi fortunato o geloso.
“Beh, veramente…” Ron lo guardò sorpreso “molte mi parlano
anche di te.”
“Davvero?” Per Harry si apriva un universo nuovo.
“Certo. Ma tu non ne approfitti mai! È bello sai essere al
centro dell’attenzione. Mi sembra di essere K…” Ron si fermò incerto,
arrossendo.
“Krum?” suggerì Harry sottovoce.
“Sì, lui.” Ron sembrava dispiaciuto di doverlo ammettere.
Non era chiaro a nessuno dei due quali fossero i rapporti
di Hermione con Viktor, sapevano solo che c’erano ancora lettere che partivano
e che arrivavano. Per Harry non era importante, mentre Ron si mostrava ancora
infastidito e scontroso quando osservava quel movimento di gufi.
“Perché non glielo dici?” Ad Harry la domanda uscì
involontariamente e se ne pentì. Era talmente preso dai suoi pensieri che non
fece attenzione a quello che stava dicendo.
“Cosa? A chi?” Ron si era irrigidito immediatamente.
“Lo sai Ron.” Adesso Harry era spazientito. Era chiaro a
tutti cosa provasse Ron. Forse lui aveva bisogno di guardarsi allo specchio per
vedersi!
“Cosa so? Io non so nulla!”
“Questo è vero. Sono due anni che ti perdi dietro a lei
senza sapere cosa fare!”
Scese il silenzio. Harry non aveva voglia di affrontare la
cosa e Ron sentiva il cuore saltare nel petto.
“Senti, non volevo parlare di te, ma di me. Cosa dovrei
fare per uscire con una ragazza?” Non era esattamente questo quello che voleva
sapere, ma non voleva parlare dei suoi due migliori amici e dei loro sentimenti
in quel momento.
“Provaci.” Rispose Ron immediatamente, sorridendo,
contento anche lui di cambiare argomento.
“Grazie tante, non ci avevo pensato! Mi servivi tu per
capirlo!”
“E allora perché me lo hai chiesto?”
Sempre peggio. Entrambi non capivano di cosa stavano
parlando.
“Senti Ron” disse Harry sospirando “non è questo il
problema. Cosa faresti tu per invitare fuori una ragazza? Cioè quello forse
ancora è possibile farlo, ma dopo cosa ci fai?”
Si guardarono preoccupati. Non ne avevano idea. L’unica
lezione chiara di come comportarsi Harry l’aveva avuta da Hermione l’anno
precedente per Cho. E era andata come era andata. Cosa accidenti poteva fare? A
parte che non sapeva chi invitare!
“Tu cosa faresti?” Guardò Ron.
“La inviterei fuori ad Hogsmeade, credo. Per Natale. Le
farei un regalo. Di solito i miei fratelli fanno questo.”
“Sì, ma cosa le dici? Di cosa parli?” Harry si stava quasi
divertendo nel mettere in difficoltà Ron con i suoi problemi.
“Non lo so. Di quidditch?”
“Con Ginny, forse, visto che gioca. Ma lo faresti con
Hermione?” Ron arrossì dai capelli al collo.
“O con Luna, O Susan? Cioè, dipende da chi ti piace. Con
alcune sembra facile, ridono per niente! Potresti anche non parlare perché lo
fanno loro per tutti e due. Ma con le altre? Ti immagini una conversazione
romantica con Hermione? O con Luna?”
Harry si era lanciato e non si accorgeva della difficoltà
di Ron che ogni volta che sentiva il nome “Hermione” saltava un battito del
cuore.
“Ciao.” La voce di Hermione li fece sussultare.
La guardarono con gli occhi spalancati, Ron terrorizzato
all’idea che potesse aver sentito qualcosa, Harry infastidito dall’intrusione.
Si mise seduta vicino a loro mettendo a terra i libri. Si
trovava a capotavola tra i due.
Li guardò con uno sguardo interrogativo: le sopracciglia
sollevate, un mezzo sorriso.
“Stavamo parlando di ragazze.” Il tono di Ron era quasi
aggressivo.
“Oh.” Hermione rimase interdetta. Anche il suo cuore
tendeva a saltare dei battiti in quella situazione con loro due. “Volete
aiuto?”
Harry pensò che poteva essere di enorme aiuto.
“Se dovessi uscire con te, cioè… non che voglia… no…
potrei anche… ma sarebbe come uscire con Ginny… per Ron intendo… cosa si dice
quando…” Certo che se era così difficile con una amica!!
Harry non sapeva più come uscirne e la guardò sconsolato.
Hermione sorrise divertita. Le piaceva fare l’esperta
anche fuori dalle lezioni.
“Ho capito. Vuoi sapere di cosa parlare?”
Harry annuì.
“Di cose normali, di scuola, dei professori, di musica, di
libri, anche di quidditch. Certo con Cho o Ginny che giocano forse è più
facile, ma tutte guardiamo le partite.”
“Anche i giocatori!” Ron si era rabbuiato pensando a Krum,
Hermione arrossì pensando a Ron. Ma evitarono di dirselo, così Ron immaginò che
fosse arrossita per il bulgaro e diventò ancora più cupo.
“Beh, anche i giocatori. Anche noi guardiamo i ragazzi e
sparliamo di loro. Con quattro case che giocano, ce ne sono di argomenti.” Il
tono della ragazza era un po’ sostenuto.
“Ah, vi limitate alle squadre di Hogwarts?” Il tono di Ron
era sarcastico.
“E di chi dovremmo parlare?” Hermione era sorpresa, poi
realizzò il significato della frase.
Sbottò infastidita: “Ron! Non passo il mio tempo pensando
a Viktor e se trovassi qualcuno che mi invita ad Hogsamede, forse ci penserei
ancora meno.”
“Bene. Potresti
venirci con me!”
Entramb avevano parlato aggressivamente senza riflettere,
solo per contrastarsi a vicenda e poter avere l’ultima parola. Il fatto che
Hermione avesse nominato Krum e che Ron lo avesse inserito nel dialogo aveva
fatto scattare entrambi.
Si guardarono negli occhi.
“OK.” disse Hermione intimidita e temeraria allo stesso
tempo “Quando?”
Ron realizzò quello che aveva fatto e guardò Harry
sconvolto.
Harry cercò di dirgli, senza parlare, che se si tirava
indietro adesso che lei aveva fatto la prima mossa, lo avrebbe preso a calci
per le prossime settimane facendosi aiutare da tutti gli altri compagni di
camera e forse Ron lo comprese, ma per evitare ulteriori danni Harry, ancora
una volta, prese l’iniziativa.
“Il prossimo fine settimana. Stavamo parlando di questo:
come invitare le ragazze ad uscire con noi. Ron pensava a te e io… ” Non sapeva
davvero chi invitare a questo punto.
Ron e Hermione lo guardarono.
“Beh, non so… ci devo pensare ancora.” Disse Harry
abbassando lo sguardo.
Evitando accuratamente di guardarsi negli occhi ognuno
prese i propri libri e affrontò i compiti.
Dopo più di un’ora Harry si preparò all’incontro con Ash,
lasciando Ron e Hermione alle prese con lo studio di Trasfigurazione, terreno
neutro per entrambi. Potevano litigare e aiutarsi senza pericolosi
coinvolgimenti.
Harry cominciò a dirigersi verso lo studio di Silente, ma
si rese conto che in realtà non sapeva dove andare.
Si fermò in mezzo al corridoio dove fu raggiunto da Tonks,
ancora dolorante che stava riprendendo le sue normali mansioni nella scuola,
che gli sorrise e gli mise una mano sulla spalla.
“Ciao. Sono venuta a cercarti per portarti dal Professor
Ash.”
Chiacchierando delle lezioni e di quidditch arrivarono nei
sotterranei, nuovamente nello studio di Piton. Anche solo quella breve
passeggiata con Tonks era stata sufficiente per rasserenare Harry. Quella
ragazza era decisamente solare. Perché passasse così tanto tempo con Piton era
davvero un mistero.
Lo fece entrare nello studio del Professore di Pozioni
dove si trovava solo Ash, seduto sulla poltrona dietro la scrivania, leggendo
un libro.
Quando lo sentì arrivare alzò lo sguardo e gli sorrise.
Aveva la stessa identica espressione paterna e scherzosa di Silente.
Non gli assomigliava fisicamente. Era meno alto, più
robusto. Aveva una massa di capelli rossastri, ma già striati di bianco, che
sembravano una criniera.
Gli occhiali rendevano gli occhi più piccoli, come se lo
sguardo scrutasse dentro le persone, oltre che guardarle.
Vestiva una strana tunica tra l’azzurro e il grigio,
ampia. Sembrava tagliata malamente o forse indossata un po’ a caso. Non aveva
però l’aria trasandata o disordinata. Sembrava solo un po’ stropicciato o poco
attento all’esteriorità.
Fece cenno a Harry di avvicinarsi a lui e salutò Tonks
facendole l’occhiolino.
“Ciao Harry.” Lo salutò Tonks “Ti lascio con uno dei miei
migliori insegnanti.”
E così quell’uomo addestrava gli Auror!
“Lei insegna agli Auror?” chiese Harry immediatamente.
“Sì. E’ la mia principale attività.” La voce era leggera,
bassa, molto chiara.
“Cosa esattamente?”
“Mi curo delle loro capacità di fare incantesimi, magie e
difendersi da essi. Da quello che mi ha detto Minerva, avrò il piacere di
insegnare anche a te, tra qualche anno.”
Harry era al settimo cielo. Qualcuno aveva preso sul serio
il suo desiderio di diventare un Auror, tanto da parlarne ai diretti
interessati!
Un sorriso gli si allargò sul volto.
E il sorriso, anche se nascosto dall’impegno che la
lezione richiedeva, gli rimase per tutto il tempo.
In realtà non fecero altro che ripassare alcuni degli
incantesimi e delle magie più semplici, alcune di quelle imparate il primo anno
o addirittura copiando dagli altri. Il professor Ash gliele faceva
semplicemente elencare e provare ripetutamente fino a renderle perfette e poi
gli mostrava e gli faceva provare a renderle più decise e intense lavorando
sulla concentrazione e sulla precisione.
Con Ash provarono ogni minimo movimento della bacchetta,
ogni passaggio, ogni inclinazione del polso e del braccio, il tono della voce.
Il professore gli fece vedere le differenze nel creare una
luce con il Lumos variando il movimento della mano e il tono della voce, da una
piccola luminescenza che sembrava una lucciola, ad un chiarore quasi solare.
Harry era affascinato. Gli stava mostrando un mondo di
opportunità infinito.
Il corpo diventava uno strumento da accordare, come nel
quidditch.
Ad ogni movimento seguiva una azione e un effetto ben
preciso.
Era molto difficile controllarsi, concentrarsi,
dimenticare la frustrazione o la rabbia, accettare l’errore o l’incapacità di
fare un movimento, ma Ash lo seguiva passo passo, indicando quello che doveva
fare e mostrandogli gli errori, lasciandoglieli fare per potersi correggere.
Per la prima volta era autorizzato a sbagliare e a farlo
anche più volte, analizzato e controllato, fino ad ottenere quello che gli era
richiesto.
Tutti questi passaggi li fece solo per due o tre degli
incantesimi più semplici, ma si sentiva potente, sicuro.
Quando il Professore decretò la fine del tempo a loro
disposizione Harry ne rimase deluso. Gli sembrava di essere appena entrato.
“Ok, giovane Potter. Credo che abbiamo finito per oggi.
Come ti senti?”
“Benissimo! Mi è piaciuto molto. Grazie.”
Ash gli indicò una sedia e poi si sedette di fronte a lui.
Lo guardò a lungo negli occhi.
“Credo tu abbia capito Harry che sto lavorando con te come
lavorerei con un Auror, forse anche di più. Rispondi molto velocemente agli
insegnamenti. Questo ti rende diverso dai tuoi compagni, ma non deve mai
diventare motivo di vanto. Se ti chiedono cosa facciamo rispondi pure che stai
ripassando con me tutti gli incantesimi che conosci. Questo non vale per i tuoi
migliori amici.” Gli sorrise.
“Con Albus abbiamo condiviso molte scelte, anche questa di
renderti più potente dei tuoi compagni, ma è una grande responsabilità, enorme.
Sappiamo che Voldemort ha riconosciuto in te il suo diretto avversario e la sua
nemesi. Questo ti chiede di essere pronto a batterti. Ma non si scende in
battaglia se non si hanno le armi adatte a farlo. E questo ancora non lo hai
accettato.”
Harry cominciava a irritarsi. Erano i soliti discorsi
sulla prudenza questi.
“Immagino che molti ti abbiano parlato di prudenza e
attenzione, Harry e che tu non li voglia più sentire. Ma devono essere alla base
della tua forza. Voldemort non è arrivato dove si trova facendo improvvisazioni
e Silente non agisce senza avere pensato a lungo cosa fare e quali conseguenze
ci saranno.
Questo lo devi imparare. Hai visto cosa si può fare con il
controllo, con l’esercizio e con l’attesa. Non tutto si affronta direttamene,
con uno scontro aperto. Ci possono essere altre strade fatte di collaborazione,
di ascolto e di coinvolgimento di altre persone quando riconosci che ne sanno
più di te. Pensaci fino al nostro prossimo incontro. Ricordati che se proverai
a rifare quello che abbiamo provato potresti non riuscirci. Hai bisogno di
esercizio, molto e lo faremo insieme.”
Gli sorrise e gli fece cenno di uscire.
Harry era incerto. Effettivamente con il controllo aveva
ottenuto molto, ma doversi mettere tranquillo ad aspettare o a pensare non era
per lui.
Arrivato in Sala Comune per la cena si trovò immerso in
una lunga conversazione sui compiti di Pozioni e sugli schemi di gioco per il
prossimo allenamento serale. Si dimenticò velocemente di quello che lo
preoccupava e nessuno gli chiese nulla dell’incontro.