CAP.8
EDWARD -
Yiruma - Mika's Song
Mi ha mentito.
Le ho chiesto di non farlo e lei l’ha fatto.
L’ho pregata di dirmi la verità e lei ha preferito
la menzogna.
A me, un vampiro. Il bugiardo per antonomasia.
Cambio marcia con rapidità. Guardo la strada che si stende
di fronte a me senza vederla realmente. Spingo l’auto ad una
velocità folle. Il motore è su di giri almeno
quanto lo sono io. La musica diffonde nell’abitacolo con
discrezione e lascio che le note mi invadano la mente.
Il cd che ho messo su è un ricordo.
Di un tempo non troppo lontano, una parentesi breve e serena della mia
vita. Di uno dei pochi umani con cui ho avuto un rapporto
d’amicizia. L’immagine di un giovane viso serio e
riservato mi passa davanti agli occhi, le note incise su questo disco
sono le sue. La gentilezza di Yiruma è forse pari alla sua
bravura. Mi ha spedito questo cd qualche giorno fa. Lo ha accompagnato
con poche righe scritte di suo pugno e un saluto da parte di sua
moglie, una ragazza dolce e sensibile quanto lui.
Come se non potessi procurarmi un suo album in un qualsiasi negozio di
musica, come se non fosse un musicista di fama internazionale, ma un
semplice amico di conservatorio. Ci siamo conosciuti a
Londra, alla Purcell of
Specialist Music School, la prima vera scuola di musica
per lui, uno dei tanti conservatori per me.
Non ci siamo mai detti tanto, lui era più silenzioso di me.
Il pianoforte parlava per noi.
Io ero bravo, un perfetto esecutore.
Lui era superbo. Dalle sue dita si librava la magia, il sogno,
l’emozione.
Mi sono sempre chiesto perché. Cosa facesse di lui un genio.
Le note erano le stesse, gli spartiti erano uguali. Poi, ha cominciato
a comporre e a dare un nome alle sue musiche. Le sue note raccontavano
una storia, descrivevano luoghi e persone, parlavano d’amore
con amore.
Yiruma era innamorato.
Ecco cosa lo ispirava.
Un sentimento potente, che infonde forza, che tira fuori il meglio
delle persone.
O il peggio.
Come l’amore che provo io per Bella. E’ la mia
forza, la mia ispirazione, il mio coraggio, la mia determinazione.
E’ la mia luce.
Ma è anche il mio tormento, la mia dannazione, la mia
ossessione.
Il mio buio.
Può coesistere in un animo solo un contrasto così
profondo, così dilaniante?
Desiderarla, proteggerla, difenderla. Questo era per me amare Bella.
Ma, poi, l’ho avuta. E in me è cambiato qualcosa.
Ho cominciato a considerarla MIA. La sua fragilità, la sua
delicatezza, la sua timidezza hanno assunto ai miei occhi un
significato nuovo. Potevo ferirla con una facilità estrema.
Nel corpo, nell’anima.
E l’ho fatto. L’ho ferita. Forse inconsapevolmente,
forse no. Ma l’ho fatto e questo ci ha segnato.
Entrambi.
In lei è scattato un senso patologico di dipendenza, in me
l’ossessione di proteggerla, un istinto di possessione
maniacale. E ciò, unito alla mia natura si traduce in un
cocktail micidiale. Per lei, per me, per la mia famiglia.
Non sono cieco. Lo vedo benissimo cosa succede. L’ho visto
chiaramente poche ore fa.
Ero irritato.
La faccenda del nome al college, la preoccupazione di saperla sola, la
sua fede trovata per caso in un cassetto e quell’aria
colpevole di ritorno con Jasper avevano avuto tutto il tempo di
logorarmi l’animo. Ho cominciato a provocarla.
D’istinto, senza una ragione precisa.
E lei ha risposto, stupendomi. Non l’ho mai vista
così … intraprendente.
Ed io non mi sono mai sentito più eccitato.
Poi … quel livido sulla sua pelle chiara.
Mille domande mi sono piombate addosso come macigni e alla
velocità della luce ho visto tutte le possibili
eventualità: le hanno fatto del male, come, chi? E se le
circostanze non fossero state cruente, ma solo impetuose? Questo mi ha
fatto perdere la ragione del tutto.
Non ho mai preso Bella con meno … delicatezza di stasera.
La mia Bella. La mia dolce, fragile, adorata Bella. Contro un muro.
Senza alcuna tenerezza, senza controllo. Con rabbia, invece. Con
dolore, con violenza.
Avrei potuto ucciderla.
Se non avessi colpito la doccia.
Avrei potuto ucciderla davvero.
Chiudo gli occhi per un attimo. Mentre la musica di Yiruma non
può non denudarmi l’animo, rivedo il suo corpo
morbido e liscio rannicchiato al muro, ancora caldo dei miei baci
voraci, gonfio delle mie carezze vogliose.
Tremava.
Nei suoi occhi c’era la paura di me.
La furia mi ha invaso proprio per questo. Perché
c’è mancato poco che non arrivassi a perdere il
rispetto di me stesso.
Che diritto ho io di incutere timore nella donna che amo sopra ogni
cosa, che è la mia vita, il mio scopo, il mio sole?
Non c’è nulla, nulla mai, che possa fare per
spingermi a reazioni come quella. Non deve esserci.
Un cuore innamorato, geloso, possessivo, non è una
giustificazione valida.
Bella è legata a me, è vero, ma è una
persona libera. Libera di avere altri interessi, dei segreti, di
presentarsi con il nome che preferisce, di sfilarsi la fede e riporla
nel cassetto se non vuole indossarla, anche di mentirmi se lo desidera.
Anche di andarsene se lo vuole.
Ecco cosa vuol dire amarla.
Significa rispettarla, non possederla.
Significa baciarla, non violarla.
Significa ammirarla, non bramarla.
Passo una mano nervosamente tra i capelli.
Ne sarò capace? Inutile mentire anche con me stesso.
Pensarla lontano da me mi fa così male, da non potermi
soffermare troppo. E’ un dolore così profondo da
sembrare senza requie, senza fine.
E’ questo il mio tormento.
Perderla.
Il desiderio di vederla comincia a diventare insopportabile, una
necessità primaria.
Inverto la direzione dell’auto e premo il pedale
dell’accelerazione a fondo.
Devo parlarle, assicurarmi che stia bene.
Dio, l’ho lasciata sola in bagno. Nuda e spaventata.
Guido per un po’, solo con le note di Yiruma nella mia testa.
Non resisto. Devo almeno sentire la sua voce.
Afferro il cellulare e compongo il suo numero.
“Il cliente da
lei desiderato non è al m…”
Riattacco e digito il numero di Alice.
Risponde dopo due squilli. Strano.
«Come stà?» chiedo, nessun saluto. Alice
sa.
«Edw … » comincia ma la interrompo.
«Alice …» sospiro. Devo essere calmo
« Dimmi che sta bene.» sussurro con la voce
strozzata, un po’ tremante.
Silenzio.
«Ora sta dormendo» dice in fine
«L’hai spaventata a morte»
Chiudo gli occhi e ci passo una mano sopra.
«Lo so» dico atono.
«Dove sei? E’ meglio che … ritorni. Si
sta per svegliare.» nella sua voce sento una nota allarmata.
Socchiudo gli occhi.
«Alice» dico solo. E’ un invito a
continuare.
Un sospiro. Poi «Carlisle l’ha visitata. Le voleva
dare un sedativo per farla riposare, ma ha rifiutato. Ha detto che sono
porcherie e che non vuole …»
«… abituarsi » finisco io al suo posto.
Stringo forte il volante tra le dita.
«E non ha voluto che Jazz …» non finisce
la frase.
«Si è addormentata piangendo.» la mia
non è una domanda. Dall’altro capo solo un
eloquente silenzio.
Interrompo la comunicazione e getto il cellulare sul sedile del
passeggero.
BELLA - Sara
Bareilles – Gravity
Apro gli occhi con difficoltà.
Il mio sonno è stato agitato, non un riposo, ma una sorta di
oblio.
Mi guardo intorno. Non sono nella mia camera. Focalizzo la scrivania
d’epoca sulla quale studio.
E’ la camera di Alice.
Sono sola.
Mi raddrizzo seduta in mezzo al letto. Alzo un braccio e lo guardo.
Alice deve avermi infilato un pigiama mentre dormivo. E’
lilla, morbido e caldo. Roteo la testa sul collo. Sono rigida e tesa,
indolenzita dappertutto. Raramente mi sono svegliata in questo stato.
Volto la testa a destra, verso la finestra. Cerco di capire se
è ancora buio oppure no.
Una fitta di dolore mi prende dietro la schiena e si irradia nel
braccio.
Arriccio il naso e un occhio.
Riprovo con maggiore cautela. Mi pare che possa andare. E’
come se fossi passata sotto un rullo compressore.
E’ giorno.
Ma dov’è Edward? Automaticamente lo cerco con gli
occhi.
Ho la testa confusa, mi sembra un macigno. E sento gli occhi pesanti,
gonfi.
Deglutisco senza riuscirci. La mia bocca è secca, le mie
labbra sono screpolate.
Mi allungo a prendere uno dei due bicchieri pieni d’acqua che
vedo sul comodino al mio fianco.
Due … perché?
Non finisco nemmeno di dirlo che quello scivola tra le mie dita e cade
con un tonfo sordo sul tappeto.
Alice.
Deve aver visto la mia distrazione.
Mi sistemo meglio nel letto. Eppure è strano, avrei detto
per certo che Edward fosse stato vicino a me, che mi avesse tenuto tra
le sue braccia stanotte.
L’ho sognato?
Probabile, lo sogno sempre. Lancio uno sguardo al cuscino al mio
fianco. E’ liscio, nemmeno una grinza.
Scuoto un po’ il capo. No, non è stato qui.
Certi sogni non dovrebbero essere così vividi. Dovrebbero
vietarlo. Perché al risveglio non è facile
sopportare il peso della delusione.
Scopro le coperte e metto giù i piedi. Cerco di alzarmi, ma
… Ahi! Vengo meno su un piede che di riflesso piego sotto di
me, mantenendomi la caviglia con una mano.
Ma cosa … cos’è questo?
Una benda mi avvolge il piede. Lo muovo con circospezione. Non mi fa
male, non è gonfio … lo riappoggio a terra con
delicatezza. Ecco, è la pianta che mi punzecchia un
po’.
Logico … tutta la mia attenzione ieri non è
servita granchè dopotutto.
Cercando di non pesarci troppo su mi alzo lentamente e vado in bagno.
Sorvolo sulla mia immagine allo specchio. Non voglio deprimermi di
primo mattino.
E, poi, mi sento già abbastanza a terra con il morale. Non
vedere Edward mi fa male, un male fisico. Ma ora il dolore è
doppio, perché non so come sta, e perché so che
la colpa è mia.
Ieri ho sbagliato tutto.
L’ho provocato, l’ho sfidato, gli sto mentendo.
Forse non sto procedendo nel verso giusto, forse dovrei chiedermi sul
serio se è il caso di continuare così.
Non ha senso.
Jensen ha ragione. Un semestre di college a cosa serve? Ho raccolto
questa sfida che Edward mi ha lanciato, frequentare un semestre a
Dartmouth prima di essere trasformata, con la convinzione che
nulla avrebbe intaccato le mie decisioni.
E, poi, Jasper che mette in dubbio la mia vampirizzazione. Quando mi ha
posto quella domanda non ho risposto. Non perché non sapessi
cosa dirgli, ma perché mi sono chiesta cosa lo ha spinto a
formularla.
Cosa si vede di me all’esterno?
Domanda interessante, ma non pertinente. Non mi è mai
importato molto, in realtà. Ma forse solo perché
era limitato il mio
interesse negli altri.
Cosa vede Edward di me?
Domanda ancora più interessante e sicuramente appropriata.
Perché a
me interessa di lui.
E la risposta è probabilmente che vede tutto ciò
che non voglio che si veda. Questo in fondo mi inchioda al muro.
L’aspettativa.
Ho il timore segreto di quello che ci si aspetta da me e con lui mi
sento profondamente … incapace.
Ma adesso, la domanda è … Bella, cosa vuoi
davvero? Vuoi ancora essere trasformata?
La risposta è sì. Anche Alice l’ha
visto.
E allora cosa mi turba?
Perché non riesco a frequentare
l’università per questi altri pochi mesi e farla
finita con tutte queste paranoie, con questi sotterfugi? Sono davvero
pronta a salutare Isabella Swan e ad accogliere Bella Cullen?
Permetto alle mie insicurezze, ai miei dubbi di assumere
un’importanza che non meritano, di distrarmi in un frangente
così delicato come i miei ultimi mesi da umana.
L’episodio di Vik non è stato altro che una goccia
in più nel vaso che ho riempito poco alla volta. Un vaso che
si trova nelle mani di Edward e che lui ha pazientemente custodito fino
ad oggi. L’ho costretto a subire il mio malumore, le mie
incertezze, il mio senso di inadeguatezza verso tutti, ma soprattutto
verso la mia nuova famiglia.
Questo è il punto.
Loro, tutti loro, sono troppo.
Troppo veloci, troppo ricchi, troppo carismatici, troppo capaci, troppo
… perfetti. Ed io al fianco di Edward mi sento troppo
… poco.
Appena un po’ carina, con un’intelligenza
assolutamente nella media, senza alcuna particolare dote di spicco. Non
suono, non dipingo, non sono atletica. Già solo tra gli
umani non sono nulla di particolare, figuriamoci in mezzo a dei
vampiri, incarnazione della grazia, della bellezza canoviana e con
tutta l’eternità davanti per eccellere in
qualsivoglia attività.
Nel mio intimo mi auguro di lasciare la mia goffaggine in questa vita e
di scoprire una nuova me stessa nell’altra, degna compagna
per il mio amore.
Ma, poi, ho scoperto che il college mi piace, che io posso fare
qualcosa come Isabella Swan, non come Bella Cullen, la tipa sfigata
entrata in paradiso, in mezzo agli angeli, non si sa come. Il
professor Jensen vede in me un potenziale.
Io, che alla riunione mi sono sentita un pesce fuor d’acqua
in mezzo ai “pilastri dell’economia”,
potevo dare il mio contributo ad un centro come il Tuck’s Center for
Digital Strategies.
Ma ciò avrebbe richiesto un sacrificio da parte mia? Certo.
Nulla ti viene dato in dono in questi casi. E allora ho chiesto aiuto
ad Alice, già laureata nel mio stesso corso. Devo porre
rimedio alle mie lacune se voglio combinare qualcosa di buono. Siamo
andate in un cafè degli studenti, il Tandem, un luogo
meraviglioso. Tavolini rotondi, libri ovunque, dipinti di artisti
emergenti alle pareti. Abbiamo parlato per due ore. Da sole. Lontano da
orecchie indiscrete. Le ho fatto leggere il razionale del progetto, le
ho posto un’infinità di domande. Mi ha spiegato
tutto con infinita pazienza, facendomi solo intravedere la sua profonda
conoscenza della materia. Ho messo a tacere la mia vocina interiore che
mi spingeva ad invidiarla e ho affinato, invece, l’udito. Le
sue parole erano oro.
Alla fine siamo tornate a casa e mi ha promesso che avrebbe tenuto
Edward fuori dalla sua testa. Lei sa come riuscirci.
L’avrebbe fatto fino a quando fosse stato necessario, fino a
che non mi fossi sentita pronta a parlargli dei miei progetti.
Delle mie ultime esperienze da umana.
Progetti che devono essere esclusivamente parto della mia mente, che
devono essere il risultato solo del mio operato.
Alice mi ha capita al volo, c’è una tale sintonia
tra di noi … ma con Edward non sarebbe così. Il
suo istinto protettivo avrebbe il sopravvento, e, anche se
inconsapevolmente, io stessa rischierei di soffocare i miei
esitanti e traballanti tentativi a beneficio delle sue
geniali ed azzeccatissime soluzioni.
In questa situazione ho deciso di mettermi in gioco, di rischiare di
sbagliare, ma voglio farlo io.
In teoria ho già sviluppato alcune idee. Penso siano carine.
Non so ancora bene come realizzarle, ma ho chiaro cosa voglio. Voglio
che questo progetto parli di me, della mia vita, delle mie inclinazioni
più nascoste, dei valori importanti.
Voglio che parli di noi, di me e di Edward. E’ questo che
voglio lasciare alle mie spalle. Una testimonianza d’amore.
Perché niente si muove senza amore. E lui è il
mio amore. Lui è me, ed io sono lui. Divisi non esistiamo.
Guardo distrattamente l’orologio sul comodino. Le otto.
LE OTTO!!!
Caz .. l’università!
Mi fiondo fuori dalla porta ignorando il dolore al piede e mi dirigo
verso la mia camera. Devo lavarmi, vestirmi ... Cosa mi metto?
Persa nei miei pensieri quasi cado addosso a Rosalie, che sta uscendo
dalla sua camera, adiacente alla mia, ma a tre stanze di distanza da
quella di Alice.
Con una mano tesa dinnanzi a sé mi blocca prima che possa
rovinarle addosso. Un gesto davvero carino … forse teme che
possa infettarla con qualche virus da umana.
«Oh Rosalie, scusami …»
…
ti ho fatto male?! Penso automaticamente ma senza
pronunciare altro. No, certo che non le ho fatto male.
Ti ho disgustata, ecco. Sarebbe di certo più appropriato
alla sua espressione.
Le mie scuse rimangono prive di risposta.
Rosalie va via senza dir nulla.
Sto per aprire la porta della mia camera, che Alice mi precede e si
intrufola in stanza prima di me.
«Vuoi entrare Alice?» le chiedo con sarcasmo.
Si è già messa all’opera e ha aperto
l’armadio.
Borbotto a voce bassa e mi dirigo nel bagno. Mi blocco solo un attimo.
In che condizioni lo troverò ? La voce scampanellante alle
mie spalle mi rassicura: «Vai vai, è tutto a
posto.»
Mi lavo in fretta. Alice fa capolino una volta e mi chiede come va il
piede. Deve scegliere le scarpe.
Le confermo che è tutto ok.
Mentre mi vesto, pantaloni a sigaretta blu e dolcevita di un tono
più chiaro, Alice mi guarda perplessa.
«Che c’è?» le chiedo
osservando i miei abiti. Forse ho sbagliato verso …
Mi passa due ballerine rosse di vernice in silenzio.
Rosse?!
Non ho la forza di replicare. E’ lei l’esperta. Per
come mi sento giù oggi è un miracolo che non mi
abbia vestita di rosso da capo a piedi.
«Bella, sei indecisa su qualcosa?» mi chiede di
punto in bianco.
Ci penso su un attimo.
«No, perché?»
«Niente … niente.» si alza dal letto su
cui era seduta per vigilare su di me con finta noncuranza e mi dice:
«Andiamo, ti accompagno io»
Mi fermo in mezzo alla stanza.
«Ed … ward non
c’è?» mi schiarisco la voce che minaccia
di abbandonarmi, fingendo una apparente noncuranza.
«No» la sua risposta è secca. Poi sembra
addolcirsi alla mia espressione tormentata «è
andato a caccia con Carlisle.»
A caccia.
Avevo visto giusto. Ieri notte mi ha lasciata sola.
Annuisco con il capo.
Mentre scendiamo di sotto trascinandoci dietro il mio morale, le
mormoro un flebile grazie per ieri.
Scuote il capo e dice sorridendo: «Prego. Ma per
cosa?»
La guardo con la fronte aggrottata.
«Bhè, per avermi messo il pigiama, per avermi
prestato la stanza, per…» comincio ad elencare, ma
lei mi ferma: «Frena, frena. Non devi ringraziare
me.»
«E chi allora?»
«Tecnicamente nessuno, perché si meriterebbe un
pugno in faccia, ma è stato Edward. Non si è
mosso un secondo dal tuo fianco fino a stamattina.»
NOTA
DELL’AUTRICE: Miei cari, finalmente un cappy chiarificatore!!!
“Era
ora!” Direte voi e avete ragione. Questo capitolo mi ha tolto
dieci anni di vita … scriverlo in modo chiaro è
stato leggermente … complicato. Poco dialogo, molta
introspezione. Bhè, ad un certo punto ci si deve interrogare
un pochino.
Dunque … Yiruma non ha
bisogno di presentazioni.
La Purcell of Specialist Music
School esiste. Yiruma si è
laureato lì per la prima volta nel 1997.
Le ballerine
di Bella.
tsukinoshippo:
Grazie tsuki, sei veramente un tesoro. Il tuo parere sulla storia mi
gratifica molto, davvero. Come tu ci tieni a lasciarlo, io ci tengo a
conoscerlo. Dunque per quanto riguarda i nostri eroi, hai ragione.
Basterebbe parlare, ma quando si è innamorati non sempre si
fa la cosa più razionale e a volte ci si fa del male
perseguendo il bene … non ti è mai capitato? Hai
centrato perfettamente i due personaggi e spero che questo cappy ti
abbia aiutato a fare maggior chiarezza. Per il futuro? Sorprese,
sorprese, sorprese … Baci
missbyron: la
storia della fede E’ UN CASINO e ne creerà ancora
… Il punto è questo: noi sappiamo che Bella
l’ha persa, anche Alice lo sapeva e ha deciso di aiutarla
un’ultima volta. E Edward? Apre un cassetto e la trova. Non a
terra, in un cassetto. Può mai credere che Bella
l’abbia persa?!!! Le menzogne … adesso qualcosa
è più chiaro, ma lui non può leggerle
la mente, dunque …
Alla prossima
00Stella00:
Cappy lunghi, commenti lunghi no?!!! Grazie Stella sei davvero
carinissima a dire che la mia è una “Bella
storia”. Il tuo è un “bel
commento”. Semplice, diretto. Così penserai sempre
alla mia storia? Che lusinghe … *_* Per gli altri personaggi
è vero, io ADORO JASPER. Per l’anticipazione
… vedremo. Non voglio essere cattiva con il mio silenzio, ma
in questo cappy c’è un indizio importante.
Bacioni
rodney:
Grazie mia cara Simo, ti stai ponendo le domande giuste e sai
… il tarlo della gelosia corrode come la goccia sulla
roccia: piano piano … Me felice che la scena hot sia stata
di tuo gradimento, non è facile scrivere con Edward nudo
*_*Baci
alicecullen_robert:
Grazie e ancora grazie. Nuovi commenti = capitoli migliori. Baci
keska: No
gioia, sei tu che non ti fidi di me. E se tutto il mondo ti attribuisce
certe qualità significa che forse ha ragione. Grazie sempre
per il tuo sostegno, in genere ci vuole un po’ di tempo, sai
ci si deve affezionare ai personaggi. Ma tu sei ancora qui e questo per
me è importante Li vuoi “bene “come me
… Baci
sassy86:
Alice e la fede sono un fraintendimento, credo che in questo cappy sia
più chiaro. Ma non finisce qui … Grazie darling.
arual93: Si
Honolulu credo che possa andare, le spiagge mi piacciono :))))) Alla
tua domanda non posso ancora rispondere completamente, ma la
vampirizzazione centra - e come se centra - fra qualche cappy!!!Baci
stellalilly:
Grazie, in realtà non è che voglio scrivere
capitoli lunghi, ma escono dalle mie dita senza che riesca a fermarli
…. Forse qualche giorno ne scrivo uno di quattro –
cinquecento pagine e magari lo pubblico!!!!!! Baci
Un’ultima cosa.
Per chi volesse ho postato ieri notte una One-shot “Una sera,
per caso …”. Tranquilli non ho sacrificato troppo
tempo a questa ficcy …. ma è stato più
forte di me!!!!
Baci a tutti
M.Luisa
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