Something
original
[Guida alla lettura: la
storia è ambientata quando il clan della Romania (Vladimir e
Stefan) decide di prendere potere, un po' troppo; Didyme è
ancora viva, perciò anche Marcus mantiene un modo di fare
adatto al capo di un'organizzazione come quella tirata su dai Volturi.
La storia va letta anche con una seconda chiave: interpretatela come
una ff antiplagio, che vuole denunciare tutti quei casi di abominevole pigrizia per i
quali molti autori devono passari momentacci, vedendo i loro lavori
scopiazzati o presi come ispirazione.
I lavori sono figli. Non vanno mai rubati u_u. Altrimenti fate la fine
di Stefan +w+. Buona lettura]
Aro
venne a sapere di cosa stava succedendo là, ad Est, appena
in tempo per credere che la cosa fosse ancora divertente.
Al
contrario di Caius, che si agitava sul suo trono ed era balzato in
piedi come un animale selvaggio, iniziando a lanciare maledizioni
contro quegli usurpatori, lui era rimasto tranquillo.
Anzi,
sorrideva.
Lo
faceva in modo tale che nessuno poteva dubitare che la cosa lo rendesse
allegro o divertito, a suo modo.
Prese
amichevolmente in giro il compagno, venne a conoscenza anche
dell’idea di Marcus e, unicamente dopo aver salutato sia la
sorella, sia la moglie, decise di partire.
Era
così strano, non gli
era mai successo di trovarsi davanti a qualcosa di così
stranamente simile a lui.
Qualcuno
stava creando un regno; un regno potente, doveva essere, una fiaccola
per il mondo dei vampiri.
Una
nuova Volterra, insomma.
Eppure
la cosa non lo scuoteva minimamente, lui, non si sa come, si divertiva.
Così,
quando arrivarono lasciò perfino dare gli ordini a Caius,
fece in modo che Marcus organizzasse le truppe ed attese. In
silenzio, lo fece; osservando tutto con attenzione.
Le
membra bruciare; i corpi venire dilaniati; gli arazzi del meraviglioso
castello ardere, piano, lentamente, con grazia infinita. E,
tutto questo, lo fece divertendosi.
Poi
lo notò.
Vide
il lungo mantello nero –così uguale al suo-
rovinato e stracciato dalla battaglia –fastidioso alla
vista-; vide i suoi capelli neri stravolti e scompigliati
–uguali ai suoi, anche loro, ma con così poca
classe-; vide, perfino, il suo sguardo perso e nero, cerchiato da
profonde occhiaie, ancora più accentuate dalla paura
–no, quelle lui non le aveva, non era così debole-.
Lo
vide scappare; e sorrise, seguendolo.
Quando
furono soli non gli lascò il tempo di urlare. Fu un attimo.
Gli
strinse il collo con una sola singola mano, ancora mostrando i denti
candidi in un magnifico sorriso –era così
divertente!-; strinse la presa ma non parlò. Non ancora.
Stefan
sgranò gli occhi, terrorizzato, e provò a dire
qualcosa; dalla sua bocca uscirono solo gorgoglii incomprensibili e del
sangue: la mano di Aro si era mossa così veloce da
trapassargli lo stomaco.
Allora,
allora sì, che parlo.
«Sai,
Stefan, ci sono molte cose che mi infastidiscono»
cominciò, inchiodandolo con gli occhi, così
spaventosamente cordiali. «Ci sono tante cose che non
tollero» continuò, spostandogli i capelli sporchi
da davanti il viso; ma lui scappava, scappava il codardo! Non lo voleva
guardare. «Una tra tutte è l’imitazione.
Questo lo sai, vero, Stefan?» e sorrise, sorrise, sorrise per
uccidere.
Le
iridi scure dell’altro guizzarono, in cerca di una via di
fuga, di una minuscola e minima speranza di salvezza. Era un naufrago,
che, nella tempesta, cercava una tavola a cui aggrapparsi; sapeva bene
che non l’avrebbe salvato, ma, si sa, l’istinto fa
fare cose strane.
Il
sonoro rumore delle ossa del braccio che si rompevano invase la sala,
uno strappo secco e un arto lanciato via; poi un altro, ed un altro
ancora. Ora, Stefan, era ridotto ad un misero busto.
«Ma,
in fin dei conti, mio caro nemico, lo sai anche tu: sei solo una
squallida copia.»
Avvicinò
le labbra piene e seducenti all’orecchio del suo rivale,
sussurrando, con voce suadente e mortale: «Arrivederci, spero
che mi proporrai qualcosa di più originale».
La
testa volò, anche lei, guizzò via dal suo
proprietario, perdendosi tra i flutti delle fiamme, onde devastanti di
un mare vorace.
Alla
fine, però, era solo una brutta copia.
Ed
Aro odiava le brutte copie.
Angolo autrice:
Oh, shì, sono sempre più cattivix. +w+ L'avevo in
mente da qualche giorno, ma oggi l'ho buttata giù; non so
come possa risultare, ma... oibò, a me ha sempre affascinato
come cosa, quella del Clan Romeno come antagonista di Volterra.
Riguardo alla storia plagio *smile* chi deve capire, capirà,
chi non deve non lo farà, chi non lo farà ma
avrebbe dovuto, fortunato =)
Au revoir, tanto ammore e tanta giuoia *O*
Notizia inutile: oggi piove e piove e piove >.<
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