Allora..
E' da un po' che lavoro a questa cosa.. anche se non so bene come mi
sia venuto in mente di scriverla..
E' un western!
E' piuttosto differente dal mio solito genere, con meno introspezione e
più azione, e non sono sicura che sia una buona cosa, e che
io sia capace di scriverlo decentemente!
Comunque sono curiosa di vedere se interessa a qualcuno.
Vi avviso che Sakura è estremamente OOC, avevo voglia di
cambiare/la.
Devo ringraziare alfombra per tutta l'energia, la pazienza ed il tempo
dedicati, se non fosse stato per lei avrei rinunciato da tempo, anzi,
non avrei proprio fatto niente, per cui grazie, grazie mille, davvero!
WELCOME TO KONOHA CITY
1.
A CASA
Sakura scese dal calesse che l'aveva riportata a casa e si
guardò intorno eccitata.
La grande casa padronale le sembrava diversa, più piccola, e
il portico che ricordava enorme si era come rimpicciolito.
Mentre la stalla, un po’ scostata, sulla destra, era cambiata
completamente, dovevano averla ingrandita.
Diede appena un'occhiata alle altre costruzioni, più
lontane, la mensa e il dormitorio dei cow boys, e poi si
affrettò verso casa, senza neppure ricordarsi di ringraziare
il ragazzo che era venuto a prenderla alla fermata della diligenza di
Konoha, e che ora stava tirando giù i suoi bagagli.
Era tornata.
Era partita che era poco più di una bambina, ancora
impacciata ed in imbarazzante ritardo nello sbocciare rispetto alle sue
amiche, ed era tornata donna, dopo quattro anni di tortura in quel
noiosissimo, e inutile se doveva dirla tutta, prestigioso
collegio dell’est.
In collegio le avevano insegnato tutte quelle cose superflue che a
parer loro una vera signora doveva conoscere, come suonare il piano,
dipingere, ed altre attività talmente inutili in un ranch
del selvaggio west, che ne avrebbe riso fino alle lacrime se non fosse
stato che era stata la sua vita, che erano stati suoi quei quattro
interminabili anni sprecati.
Senza poter cavalcare se non raramente e con quelle scomodissime selle
da cavallerizza, senza natura selvaggia da esplorare e circondata
invece da astruse formalità cui lei non era abituata.
Aveva ricevuto più punizioni di quante potesse ricordare,
aveva ascoltato senza capire, senza neppure prestare attenzione, le
interminabili prediche che le venivano fatte, e non era neppure
riuscita a farsi un’amica, incapace com’era di
comprendere tutti quei piccoli intrighi e quelle sciocche beghe che
sembravano fondamentali alle sue compagne di collegio.
Lei era una persona franca, e la franchezza non era apprezzata in
quella scuola, anzi, era considerata un grosso difetto.
Non che le fosse importato, perché aveva sempre amato la
solitudine e poteva starsene per giorni, per settimane, per mesi senza
rivolgere la parola a nessuno.. in fondo era sempre stata una ragazza
silenziosa.
E probabilmente era questo che aveva irritato di più le sue
compagne, la sua totale indifferenza nei loro confronti.
Sapeva di essere considerata strana e si accorgeva delle occhiate che
le venivano rivolte, dei discorsi interrotti quando lei passava, delle
risatine sommesse nei suoi confronti.
Aveva anche sopportato in silenzio le piccole cattiverie che le
venivano fatte.
Piccole cose fastidiose, come versarle un bicchiere d'acqua sul letto,
su cui lei si sdraiava ugualmente facendo finta di niente, dopo averci
appoggiato sopra un asciugamano, o farle trovare numerosi bigliettini
sgradevoli, o semplicemente macchiarle, rovinarle gli abiti.
Rimaneva in silenzio perché erano anche così
vigliacche dal nascondersi nel mucchio, dal non ammettere a viso aperto
di detestarla, e a volte sorrideva tra sè perché
sospettava che non la considerassero solo strana, ma anche pericolosa.
Erano stati quattro orribili anni sprecati in cui l’unico
bagaglio buono che aveva accumulato, se ci pensava, erano i due bauli
carichi di abiti audaci e di gran moda che si era portata a casa.
Almeno si sarebbe divertita a scompigliare un po’ quel noioso
paese che si ricordava essere Konoha city.
- Zia! - chiamò dalla soglia di casa.
- Sakura! -
Si voltò seguendo la direzione da cui arrivava la voce, e
vide la zia che si affrettava verso di lei, proveniente dalla stalla,
con addosso un vecchio abito logoro con le maniche arrotolate a
mostrare le braccia abbronzate.
- Sakura.. - Tsunade si fermò studiandosela con
attenzione, sentendosi improvvisamente impacciata, la sua Sakura era
cresciuta, tanto.. troppo? Aveva sbagliato a farla star via
così a lungo? - c'era una cavalla che stava partorendo, non
potevo venire a prenderti - spiegò.
- Non importa! - esclamò lei avvicinandosi in
fretta, felice - zia.. sono io! -
- Sono tutta sporca, non.. -
Sakura non le aveva più badato ed era corsa ad abbracciarla.
Aveva sentito le braccia di Tsunade che la stringevano con forza e si
era sentita trasportare indietro, a quando ancora era piccola e correva
allo stesso modo tra le braccia della zia, un po’ per farsi
coccolare, un po’ per coccolare a sua volta.
Si era staccata ed aveva guardato sua zia, che le sorrideva ora con gli
occhi lucidi.
Sakura non ricordava di averla mai vista commossa e nel vederla ora
così, visibilmente emozionata, sentì che
finalmente, davvero, era ritornata a casa, perché per
quattro anni non aveva avuto nessuno vicino che le volesse un
po’ di bene, e le era sembrato che non fosse importante, che
non ne avesse bisogno, ma evidentemente non era vero, e solo in quel
momento capì con chiarezza quanto si era sentita sola.
Il resto della giornata lo aveva trascorso con la zia, in camicia e
gonna corta, ad aiutarla, ad ascoltare i suoi racconti, e a raccontarle
a sua volta delle assurdità della vita dell'est.
Nel frattempo aveva riconosciuto e salutato la vecchia cuoca ed i pochi
ragazzi che non erano in giro con la mandria, assistendo divertita alle
loro risposte imbarazzate, possibile che fosse cambiata così
tanto?
C'era anche la vecchia Chiyo, la donna indiana che viveva con loro da
sempre, che si era limitata a rispondere con un cenno al suo saluto,
facendola sorridere.. almeno qualcuno non aveva cambiato atteggiamento
nei suoi confronti!
Passò i giorni successivi a cavalcare, incurante
dell'indolenzimento che le ricordava che era tornata da poco, troppo
presa dalla sua riacquistata libertà, bramosa di cavalcare
tutti i cavalli nuovi, di esplorare tutti i suoi vecchi posti per
controllare se effettivamente erano ancora lì, immutati.
Rimase fuori per ore e ore, trascurando la zia, la pelle del viso che
già era un po’ arrossata nonostante indossasse
sempre il cappello.
Era troppo felice per stare ferma, perché era a casa,
finalmente a casa, la sua casa.
Perché amava il vento tra i capelli, gli spazi enormi,
inesplorati, selvaggi, la solitudine cercata e non forzata che poteva
godersi qui.
Il quinto giorno si avventurò fino al ranch degli Hyuuga,
che confinava con il loro, nella speranza di rivedere il suo vecchio
amico Naruto, perché era curiosa di scoprire come fosse
diventato, e si chiedeva come lui l'avrebbe trovata, e se avrebbe detto
qualcosa, o meglio, se avesse imparato a dire qualcosa senza farla
arrabbiare!
In quei giorni aveva ripensato spesso al ragazzino sbucato dal nulla
diversi anni prima e fermatosi in pianta stabile nel ranch degli Hyuuga.
Sapeva che lui ora era il capo mandriano del ranch Hyuuga, e che si era
fatto una reputazione per la sua affidabilità e la sua
forza... buon, vecchio Naruto... ma all'epoca lui era un ragazzino
libero e incosciente, e si fermava per giorni a dormire da loro,
approfittando dell'ospitalità di Tsunade.
Per quello era stato il suo compagno di giochi, bistrattato e spesso
ignorato dalla Sakura bambina, prepotente e insensibile, verso cui lui
aveva sempre portato pazienza, sempre pronto ad aiutarla, sempre
presente.
Fino a quando non era partita per quella noiosissima, inutile e
polverosa scuola dell'est in cui Tsunade l'aveva spedita nonostante le
sue lacrime e le sue proteste, relegandola lontana da casa, e dalle
persone con cui era cresciuta.
Il ranch degli Hyuuga, assieme a quello della zia, era il
più esteso della zona, ci volevano giorni per attraversarlo
interamente, per cui lei aveva cavalcato per più ore
ininterrottamente per raggiungerlo. Ma doveva sbrigarsi,
perché era già iniziata la primavera e in quel
periodo dell'anno venivano radunate le mandrie, e poi il bestiame
doveva essere portato alla stazione ferroviaria più vicina,
che distava centinaia di chilometri, e lei non avrebbe rivisto Naruto
fino ad estate inoltrata.
Finalmente aveva riconosciuto la casa degli Hyuuga, che
spiccava nella piatta prateria, e man mano che si avvicinava
notò che era bella come un tempo, in mattoni, dipinta di
bianco, con un'aria spagnola che era sempre stata la sua
caratteristica.
Infatti scorreva nobile sangue spagnolo nella famiglia Hyuuga, e questo
evidentemente li autorizzava a sentirsi superiori agli altri.
Eppure, nonostante fossero una famiglia molto rigida e chiusa, erano
anche persone oneste e leali.
Aveva subito scoperto che Naruto non c'era, era già partito
per i pascoli, come le aveva detto il vecchio cow boy che stava
dipingendo la staccionata, ed aveva sospirato delusa. Non c'era neppure
Hinata, la figlia degli Hyuuga che aveva la sua stessa età,
perché era ancora relegata in una scuola dell'est.
Ricordava che era partita più o meno nello stesso suo
periodo, dato che tutte le ragazze che potevano permetterselo dovevano
andare necessariamente in collegio, o almeno questa era stata l'unica
spiegazione che le aveva dato a suo tempo Tsunade, 'prima o poi capirai
e mi darai ragione', aveva chiuso il discorso la zia quella volta.
Ma non era stato così, ed anche adesso lei non ne capiva il
perché, non capiva perché non aveva potuto
restarsene a casa a cavalcare e ad imparare a sparare come facevano i
maschi.
Ma forse per Hinata era diverso, magari lei apprezzava la vita
dell'est, in fondo erano sempre state molto diverse loro due, e non
avevano mai legato molto, in parte perché l'aveva vista
raramente dato che non era libera come lei e Naruto, in parte
perché Hinata era davvero troppo timida, e la vecchia,
insensibile Sakura la trovava noiosa.
Prima di ripartire andò a salutare la sorellina di Hinata,
che le aprì la porta di casa sorpresa prima di correre a
chiamare a gran voce il padre.
Questi le diede freddamente il benvenuto guardandola leggermente
contrariato.
Era sempre un piacere rivedere gli Hyuuga, pensò lei
ironicamente.
Aveva risposto velocemente alle loro domande e ben presto si era
congedata con la scusa che aveva molta strada davanti.
- Sakura - l'aveva fermata il vecchio Hyuuga quando stava per
ripartirsene - tua zia sbaglia a lasciarti andare in giro
così da sola, non sono più i tempi -
Lei aveva pensato che si trattasse della vecchia mania di quell'uomo di
considerare le donne creature deboli e bisognose di protezione, e si
era allontanata ridendo, un po’ infastidita.
Tornò a casa nel tardo pomeriggio, e faceva fatica a
camminare da quanto aveva cavalcato, quasi aveva dimenticato come
fossero dilatate le distanze lì da loro.
Il giorno seguente, finalmente, la zia doveva fare delle commissioni in
città e lei tornò presto dalle sue incursioni,
perché voleva accompagnare sua zia e rivedere Ino, la sua
unica amica, con cui era restata in corrispondenza in tutti quegli anni
e che era ansiosa di riabbracciare.
Ricordava che un tempo andavano a Konoha una volta alla settimana, e ci
stavano ore, tanto che si era sempre chiesta, ridendone con la sua
amica, dove sparisse la zia durante quelle ore, visto che per gli
acquisti all'emporio dei genitori di Ino impiegavano al massimo una
mezz'ora.
Ed ora era tornata a casa e bisognava riprendere tutte le vecchie,
buone abitudini, e lei non vedeva l'ora di ritrovare quelle ore
spensierate passate con Ino al suo emporio, a parlare liberamente di
tutto.
Le era mancata terribilmente un'amica, qualcuno con cui sentirsi libera
e di cui potersi fidare.
Riportò il cavallo alla stalla dove lo affidò
allo stalliere, il vecchio stalliere di sempre che ora la riveriva come
fosse una signora, ma lei preferiva prima, quando la chiamava per nome
e le dava del tu.
Poi corse dalla zia, con le guance arrossate per la lunga, pazza corsa
ed i capelli che le ricadevano sciolti sulle spalle, in disordine.
Passò la veranda anteriore, con le colonne bianche ora un
po’ screpolate dal sole ed il dondolo sulla sinistra che
sembrava aspettarla da sempre, invitante, ed entrò in casa.
La zia non aveva risposto subito al suo richiamo e lei la
cercò nello studio, la grande stanza sul retro che Tsunade
chiamava studio, ma che era il suo rifugio.
Tsunade l’aveva sentita entrare e aveva sollevato la testa
dalle carte appoggiando contemporaneamente il bicchiere ora vuoto di
whisky. Si voltò a guardarla e cambiò
espressione, felice di vederla, felice che fosse tornata a casa,
dimentica dei suoi conti, quei maledetti conti che non volevano
quadrare, come le aveva confidato la sera prima, quando aveva alzato
troppo il gomito.
- Come sei diventata bella! – aveva ripetuto.
- Zia! - sorrise lei, e Tsunade pensò che il suo
sorriso era l'unica cosa che non era cambiata, era il suo vecchio
sorriso da bambina in un volto di donna, un sorriso raro che le
distendeva il volto per un attimo, togliendole quell'aria lontana che
aveva a volte - Me l'hai già detto cento volte! - aveva
proseguito Sakura - Sono solo dimagrita e mi sono allungata, ma sono
sempre la vecchia Sakura con la sua fronte troppo spaziosa, indice di
grande intelligenza, mi dicevi tu... ricordi? -
- Sei sempre stata intelligente... ma ora...
chissà cosa dirà Naruto quando ti
vedrà! -
- Ancora con questa storia - finse di brontolare lei.
Prima di partire aveva promesso di sposare Naruto al suo ritorno, lo
aveva fatto in un momento di esaltazione, quando pensava che quattro
anni non sarebbero passati mai, lo aveva detto per renderlo felice e
per convincersi che davvero sarebbe tornata... e forse, egoisticamente,
perché lui nel frattempo non si dimenticasse di lei.
E ancora quella promessa aleggiava tra loro, come se fosse stata seria!
Ovviamente non aveva nessuna intenzione di mantenerla, ma aveva proprio
voglia di rivederlo, il suo Naruto, come era sua la terra, e le
colline, e la casa, la SUA casa.
- Vai a prepararti, andiamo in città –
la riscosse la zia sollevandosi dalla scrivania - e non vorrai venire
tutta impolverata e con quella gonna corta da cavallerizza, quando hai
portato due bauli interi di abiti da gran dama che non riuscirai ad
usare in tutta la tua vita qui! -
Sakura aveva prontamente obbedito correndo a prepararsi, e portandosi
via con sé quell'atmosfera di vitalità e forza di
cui Tsunade aveva provato per quattro anni una potente nostalgia. Mise
via la bottiglia di whisky, bevanda in cui indulgeva un po’
troppo frequentemente, e sorrise felice.
Finalmente era tornata a casa la sua adorata nipotina, l'adorata figlia
della sua unica sorella, morta di parto tanti anni prima dandola alla
luce.
Si era trattato di una vicenda scandalosa, qualcosa che neppure
lì, in quelle terre selvagge sarebbe stato accettato se si
fosse venuto a sapere, perché sua sorella non aveva marito,
il padre era morto prima di poter rimediare al suo errore, un errore
imperdonabile che aveva costretto il padre e il fratello di Tsunade a
lasciare la vecchia casa per non far crescere la bambina come bastarda,
ed a trasferirsi tra gente sconosciuta, in un'allora remota landa
dell'ovest.
Qui avevano investito proficuamente i soldi in quel ranch che era
diventata la loro vera casa.
Ma inizialmente non era stato così per Tsunade, lei aveva
preferito allontanarsi dalla sua famiglia e vivere una vita diversa,
troppo presa dai suoi desideri prima, e dalla sua sofferenza poi, per
pensare ad altro.
Alla fine era stata obbligata a tornare al ranch per occuparsi di tutto
dopo la morte prematura di suo fratello, seguita da quella di suo
padre.
In realtà avrebbe sempre rimpianto di non essere stata
vicino a sua sorella quando questa aveva bisogno di lei, ma per fortuna
non era tornata troppo tardi per occuparsi di sua nipote, e presto
Sakura era diventata importantissima, l'unica cosa importante, l'unica
che aveva.
Ora il ranch era la sua vera casa e non si sarebbe allontanata da
lì per niente al mondo, era parte di lei... eppure senza
Sakura era vuoto, e per quattro lunghissimi anni le era sembrato vuoto.
Quando più tardi sua nipote si era presentata con
quell'abito bianco che lasciava scoperte le braccia, i capelli di quel
colore straordinario raccolti sotto un cappellino audace, i piedi
fasciati da scarpette bianche di cui, era sicura, non si era mai visto
l'eguale in tutta Konoha city, era rimase un momento incantata, a bocca
aperta.
Assomigliava a sua madre, ed anche se sua madre forse era stata
più bella, Sakura aveva molto più fascino, con
quel suo sguardo attento e il suo portamento altero.
- Chi vuoi conquistare oggi, l'intera popolazione maschile di
Konoha? - le chiese maliziosa.
- Cara zia, manchi proprio di
obbiettività - aveva osservato sua nipote, facendo
contemporaneamente un giro su se stessa per mostrare meglio l'abito
alla zia - Lì tutte avevano abiti simili! Ma non mi
dispiacerà portare un po’ di scompiglio in
città... a proposito, non ti ho ancora chiesto se
è sempre Orochimaru che spadroneggia, lì, o se
qualcuno finalmente lo ha fatto fuori! -
Tsunade aveva sorriso, suo malgrado - Spadroneggia sempre di
più, ma scommetto che non è a scuola che ti hanno
insegnato ad augurare la morte di qualcuno!-
- No - ammise lei mentre uscivano di casa e
salivano sul calesse - è la dura legge del vecchio west che
ho nel sangue! -
Durante il tragitto Tsunade e Sakura avevano chiacchierato liberamente,
per lo più di pettegolezzi, ma gli argomenti principali
erano stati due.
Da ormai un paio d'anni qualcuno aveva preso possesso del ranch Uchiha,
abbandonato per più di dieci anni dopo lo sterminio della
famiglia da parte di banditi di cui non si era mai scoperto il mandante.
E non era uno dei due misteriosi fratelli Uchiha di cui non si era mai
scoperto il cadavere, e che la leggenda dava per sani e salvi da
qualche parte (cosa impossibile visto che uno all'epoca era solo un
bambino, ed anche se fosse riuscito a fuggire sarebbe morto di stenti,
mentre l'altro, più grande, si narrava che fosse stato
addirittura complice dei banditi). Ma probabilmente era solo parte
della leggenda, e probabilmente i cadaveri dei due fratelli erano
marciti in qualche anfratto delle colline che circondavano l'enorme
casa in rovina degli Uchiha, in qualche buco nascosto.
Il nuovo proprietario si chiamava Danzo, e non piaceva affatto a
Tsunade, anche per il fatto che si circondava di loschi individui che
parevano più banditi che cowboy. Se si fosse semplicemente
impossessato del ranch, o se l'avesse effettivamente comprato da
chissà chi in chissà quale modo, era proprio un
mistero.
Sicuramente era un individuo cinico e spietato che a modo suo poteva
far concorrenza a Orochimaru.
- Ti fa la corte, zia? - chiese Sakura curiosa,
perché la zia era ancora una gran bella donna e in
più possedeva un gran bel ranch, anche se aveva un carattere
impossibile e dominatore, nonché un'allergia per la parola
matrimonio.
La zia aveva riso e le aveva assicurato di no - Ma in compenso ha
recintato tutta la sua proprietà, così le nostre
bestie non possono più pascolare là... noi e gli
Hyuuga siamo abituati diversamente -
L'altra grossa novità era il fidanzamento della sua amica
Ino, che le era già stato anticipato per lettera.
Si era fidanzata con il banchiere della città, un ottimo
partito, ed anche assai bello, come aveva scritto con dovizia di
particolari Ino.
- Mi ha detto che la definisce una deliziosa creatura e che
le dà ancora del lei, perché la forma
è importante! - rise Sakura - Ma dai! Proprio Ino! Non
riesco a vedermela!-
- E' proprio un uomo ammodo e... delizioso -
replicò Tsunade - ma se mi porti a casa uno così
ti diseredo! -
- Non corri questo pericolo - rispose francamente lei - non
voglio sposarmi, non voglio qualcuno che mi dica cosa fare, voglio
essere libera -
E non lo diceva così alla leggera, lo pensava davvero.
Aveva sempre pensato di non essere fatta per il matrimonio, e ne aveva
avuto conferma nel sentire i discorsi delle sue compagne di collegio:
come si fa ad avere come massima aspirazione quello di accontentare e
compiacere un uomo?
Lei non sarebbe mai dipesa da qualcun altro, e non la preoccupava la
solitudine, amava stare da sola.
E poi era sicura che se si fosse sposata avrebbe vissuto una vita
sacrificata ed orribile, ed avrebbe reso orribile anche la vita
dell'altro.
No, non avrebbe potuto sopportare neppure Naruto, per quanto gli
volesse bene.
Non era fatta per il matrimonio, tutto qua, amava troppo la propria
libertà.
- Non dirlo neanche per scherzo - aveva brontolato Tsunade -
voglio dei nipotini -
Nel frattempo erano arrivate in città e avevano percorso
l'affollata strada principale, e Sakura non poteva credere a quanto si
fosse ingrandita, non riconosceva più la sua piccola,
graziosa cittadina.
L'aveva vista solo di sfuggita quando era arrivata con la diligenza,
pochi giorni prima, e le era sembrata più grande, ma non
così tanto.
Brulicava di gente indaffarata, non sempre dall'aria affidabile, e lei
non riconosceva nessun volto.
Tsunade con il calesse si era fermata proprio davanti all'emporio di
Ino e l'aveva lasciata lì con la scusa di dover sbrigare
alcune commissioni.
Così Sakura entrò da sola nel negozio facendo
tintinnare il campanellino all'entrata e guardò la sua
vecchia amica , che non era cambiata affatto, sempre bella, i capelli
biondi lunghissimi raccolti in una coda alta.
Ino aveva alzato i grandi occhi azzurri e li aveva spalancati nel
riconoscerla.
- Sakura! - si precipitò ad abbracciarla
- Sei bellissima, e che vestito! Fa vedere! - l'aveva guardata con
attenzione - vieni.. - disse poi - andiamo fuori che ti devo esibire! -
L'aveva trascinata fuori dal negozio ed aveva chiuso la porta, in cui
spiccava ora un bel biglietto con su scritto torno subito, dietro di
sè.
- Andiamo - le fece prendendola sottobraccio e iniziando a
camminare sul marciapiede di legno - spero di incontrare qualcuna delle
ragazze... mi guardavano dall'alto in basso perché si erano
sposate prima di me, con qualche buzzurro di contadino poi! Ma IO ora,
modestamente, ho il mio Sai da esibire... quelle cretine! Voglio vedere
le loro facce quando ti vedono con questo vestito... credimi... i loro
vestiti nuziali erano stracci al confronto! -
Aveva continuato a chiacchierare del più e del meno e Sakura
si sentiva davvero osservata mentre passeggiava, i tacchi che battevano
sordi sul legno, gli sguardi dei passanti su di lei, ed era sorpresa di
non riconoscere nessuno, di non conoscere più nessuno mentre
Ino salutava tutti, e ogni tanto si fermava a parlare con qualcuno e
presentava anche Sakura.
Nel frattempo le aveva chiesto com'era stato il ritorno e le aveva
raccontato del suo fidanzato che la trattava come una cosa preziosa e
rara, e spiegava che si sarebbe proprio arrabbiata se Sakura non fosse
tornata in tempo per l'imminente matrimonio, visto che lì da
loro i fidanzamenti erano brevi.
- Devi trovare qualcuno anche tu se non vuoi più
Naruto! – concluse – perché qui da noi
già cominci ad essere vecchia e non vorrai diventare come
tua zia! –
- Perché no – replicò lei
– sta benissimo ed è libera –
- Che noia con questa storia della libertà! -
sbuffò Ino – vuoi ritrovarti vecchia, sola e
inacidita? Ma fa come vuoi, sei sempre stata testarda... io intanto mi
sposo! -
- Lo adoro il mio Sai! - aveva continuato poi - ...sai che
abbiamo uno sceriffo nuovo? - aveva cambiato completamente
argomento - un tipo proprio misterioso, non sappiamo neanche
che faccia ha... tanto sarà al soldo di Orochimaru e per noi
non cambia niente... fermati... sai perché ti ho portata
fuori? -
- Per esibire il mio costosissimo abito? – chiese
lei guardandosi intorno.
Erano ferme vicino al vecchio albergo (ora ce ne erano due di nuovi)
che non sembrava aver ricevuto nessuna manutenzione in quegli ultimi
quattro anni, a giudicare dall'aria cadente che aveva.
- Anche, ma ieri sono arrivati degli stranieri in
città, li ho visti passare ed uno di loro... oh, devi
vederlo! -
- Pensavo adorassi il tuo fidanzato -
- Cosa c'entra, ho ancora gli occhi... e poi tu non dirai
niente, no!? Sono così felice che sei tornata! Qualcuno con
cui parlare liberamente invece di quelle quattro oche pettegole! -
- Eccoli! - si era interrotta poi -
questi sono con lui! -
Erano ferme di fianco all'entrata dell'albergo e dalla porta erano
usciti due individui dall'aria non proprio rassicurante, con lunghi
spolverini scuri ed i cappelli calcati sulla fonte.
Uno dei due le aveva viste e si tolse il cappello facendo
contemporaneamente un buffo inchino non privo di galanteria.
- E' un piacere incontrare due belle signorine come voi.. -
sorrise, i lunghi capelli chiarissimi che gli nascondevano in parte il
volto.
- Smettila di fare l'idiota - cercò di trascinato
via per la manica l'altro, e Sakura solo allora si era accorta che si
trattava di una donna.
Lei ed Ino la guardarono sorprese, perché anche qui,
benché le donne indossassero i pantaloni per
comodità in alcune occasioni, una donna vestita da maschio
provocava un certo scandalo.
- Eccolo - disse la donna al compagno, ignorandole e
scostandosi dal volto un ciuffo di chioma ramata.
- E' lui - le sussurrò contemporaneamente Ino
all'orecchio.
Sakura si era voltata in tempo per vedere arrivare un cavaliere che
fermava il cavallo proprio di fronte ai due strani individui e
smontava, ancora prima di fermarsi completamente, con sorprendente
eleganza.
Lei aveva guardato il cavallo, perché era davvero un
magnifico cavallo nero, un animale stupendo, e poi aveva studiato
l'uomo che le dava le spalle.
Indossava uno spolverino lungo e nero e lo osservò mentre si
toglieva il cappello e lo sbatteva un poco sulla gamba per togliergli
la polvere, rivelando i capelli nerissimi tagliati in modo disordinato,
così dritti e folti che formavano strani spigoli dandogli
un'aria selvaggia.
- Iuugo? - lo sentì chiedere agli altri con una
voce bassa e morbida che le fece passare un leggero brivido sulla nuca.
- Sta arrivando, eccolo... – ripeté la
ragazza, che era in parte nascosta al loro sguardo dal nuovo venuto, e
che aveva alzato il braccio per indicare qualcosa esattamente dietro le
due ragazze.
Il cavaliere dai capelli neri si era voltato appena, rivelando un
profilo perfetto come un cammeo.
Sakura rimase a guardarlo senza neppure rendersi conto di farlo,
immobile, fino a quando lui non si voltò del tutto e lei non
incrociò i suoi occhi scuri per un attimo.
- Andiamo - aveva detto lui e le era passato davanti, seguito
dagli altri due, sciogliendola finalmente da quella specie di
incantesimo.
- Te l'avevo detto - commentò
Ino - non è incredibile? -
- Sono pistoleri - replicò lei in tono
dispregiativo.
- Già – convenne l’altra - non
è un peccato che sia destinato a morire giovane? -
Lei si era rifiutata di pensarci ancora.,. tutte sciocchezze... e si
meravigliava di se stessa, farsi incantare così, neanche
fosse una bambina, possibile che fosse così stupida?
Riprese a camminare senza rispondere, con grande delusione della sua
amica.
- Sakura! – la chiamò Ino indignata,
raggiungendola - donna impossibile! Fai tanto la superiore, ma vedrai
che ti innamorerai anche tu, magari proprio di un pistolero senza cuore
che ti farà piangere e disperare! -
Lei si era voltata verso di lei ridendo - Se c'è una cosa di
cui sono sicura - rispose - è che non sarò mai
così stupida! -
Avevano continuato a chiacchierare del più e del meno ed Ino
le aveva ricordato la gran festa annuale che c'era ogni primavera al
ranch degli Hyuuga, una festa memorabile in cui arrivava gente da molto
lontano, visto che per tradizione era aperta a chiunque bussasse.
- Sarà l'ultimo anno – concluse Ino -
poi anche il vecchio dovrà adattarsi a cambiare le
tradizioni e a renderla una festa privata, con i ceffi che girano! -
- Ci sarà anche una bella riunione di oche
pettegole... sono lì che ti aspettano al varco per vedere
come sei diventata e poter malignare - borbottò poi mentre
si giravano per tornare indietro verso il negozio.
Sakura sorrise e prese Ino a braccetto, come le era mancata la
schiettezza della sua amica!
Avevano fatto ancora pochi passi, avevano appena passato le vetrine di
un ristorante, quando si erano interrotte, sorprese dal fragore di un
vetro infranto.
Sakura si voltò e vide un uomo sanguinante sul marciapiede,
era appena stato scaraventato fuori dalla finestra e cercava
faticosamente di rialzarsi.
Attraverso la finestra rotta sopraggiunse un altro uomo visibilmente
alterato, vestito con una giacca di pelle frangiata, che subito aveva
afferrato il poveretto, lo aveva sbattuto ancora al suolo con violenza
e gli aveva puntato una pistola alla testa.
L'uomo a terra sembrava un semplice contadino e probabilmente non era
neppure armato. Guardava il suo aguzzino tremante, impaurito.
- Pprego… - balbettava - ho famiglia -
Ma quello si era chinato ed aveva piantato la canna della pistola con
forza sulla fronte del pover'uomo.
C’era un po’ di gente che guardava ora, ma nessuno
sembrava voler intervenire in sua difesa, e Sakura aveva fatto per
muoversi.
- Ferma – la bloccò Ino per il braccio -
sono scagnozzi di Oro, quelli sparano anche a te... allontaniamoci -
Ma Sakura non poteva, non voleva, e rimase immobile mentre l'uomo
alzava il cane della pistola, ancora piantata sulla fronte dell'altro,
e in un tempo fermato che era sembrato eterno, faceva esplodere il
colpo.
Ora si vedeva solo un foro nel centro della fronte del contadino,
circondato da bruciature, e nel volto gli era restata per sempre
un'espressione impaurita, leggermente attonita, mentre si accasciava
senza vita per terra.
Sakura si era portata la mano alla bocca perché
istintivamente le era venuto da urlare, e qualcuno aveva urlato,
lì in mezzo alla piccola folla che si era riunita.
- Cosa guardate, andate a casa! - gridò
l'assassino, guardandosi attorno euforico con la pistola ancora fumante
in mano.
Ma Sakura ancora una volta non si era mossa, rimase lì,
ancora incredula, mentre la gente si disperdeva ed Ino ancora cercava
di trascinarla via - Qualcuno avrà chiamato lo sceriffo
– tentava di convincerla.
Nel frattempo era uscito un altro uomo dal locale, trascinandone un
quarto, sanguinante per delle percosse che doveva avere ricevuto, e
tremante anch'esso come quello che ora giaceva morto nella polvere.
- Vuoi morire anche tu come tuo fratello? - aveva fatto
quello dalla giacca di pelle sollevando di nuovo la pistola.
- No… - aveva pregato l'altro - no.. -
Ma quello aveva solo sorriso e si era chinato accanto al pover'uomo,
appoggiando una gamba a terra, e Sakura era sicura che avrebbe
ammazzato anche quello, per pura crudeltà, e che nessuno
avrebbe fatto niente per fermarlo.
Si divincolò da Ino, non poteva permetterlo, non intendeva
permetterlo.
Sapeva cosa succedeva alle famiglie dei contadini quando i capifamiglia
morivano: finivano a chiedere la carità, donne, bambini.
Fece un passo, decisa a fare qualcosa, non sapeva cosa, e subito si
fermò.
Una figura scura era sopraggiunta veloce e con un calcio sul volto
aveva fatto cadere a terra l'uomo inginocchiato pronto sparare.
Questi cadde rovinosamente, colto di sorpresa, il sangue che gli colava
ora dal naso, e la pistola gli era scivolata dalle dita.
Come per magia una pistola era apparsa nella mano del nuovo arrivato
che aveva appoggiato uno stivale sul petto dell'altro costringendolo a
terra.
Lei sapeva chi era, era il cavaliere dai capelli neri che aveva visto
prima, e i suoi compagni si erano materializzati al suo fianco con una
pistola in mano, una puntata alla testa del compare dell'uomo ora a
terra.
- Vattene - fece il cavaliere nero, con la pistola sempre
puntata su quello a terra, il piede che lo schiacciava al suolo - torna
a casa -
E il contadino che aveva scampato la morte per un pelo si era alzato,
ancora tremante, e se ne era scappato via, senza neppure ringraziare.
- Non uccidermi... non ti ho fatto niente - aveva implorato
quello a terra.
- Uccidilo pure, è un idiota - si
intromise una voce più lontana.
Sakura si era voltata a guardare il nuovo arrivato e lo aveva
riconosciuto subito, non era cambiato di una virgola in quegli anni,
era Kabuto, l'ombra di Orochimaru, in giacca e panciotto, sul naso i
soliti occhialini tondi e dorati.
Lo straniero alzò la pistola e la puntò contro
Kabuto, il braccio dritto e perfettamente fermo, lo spolverino
svolazzante.
- Kabuto - aveva mormorato mentre quello a terra cercava di
recuperare la pistola a tentoni ed uno di loro, il ragazzo che le aveva
fermate prima, lanciava un coltello che gli inchiodava la mano al
terreno.
Kabuto si era fermato, aveva sgranato gli occhi per un momento ed aveva
sorriso - Sasuke Uchiha – sembrò riconoscerlo -
quanto tempo -
- Dì al tuo padrone - aveva intimato l'altro,
impassibile - che sono qui per ucciderlo -
Sakura aveva guardato lo straniero sorpresa, era così
stupido? Si era condannato a morte da solo, perché
Orochimaru non aveva onore, ed era circondato da assassini senza
scrupoli.
- Alla buon' ora - sussurrò Ino al suo fianco - lo
sceriffo -
Lo sceriffo si stava in effetti avvicinando seguito da due uomini,
evidentemente i suoi aiutanti, e nel contempo aveva fatto scattare la
carica del fucile che aveva in mano, ad effetto.
- Bene bene - commentò, il volto nascosto dal
cappello e dal fazzoletto che gli copriva la bocca, e in quel modo non
aveva un'aria più rassicurante degli altri - cos'abbiamo
qui? -
- Sceriffo - si avvicinò anche Kabuto - fortuna
che è arrivato, deve arrestarli. Questi quattro banditi... -
Cosa stava raccontando? Non erano stati loro.
E Sakura si rese conto che nessuno avrebbe parlato in loro favore.
Li avrebbero lasciati accusare ingiustamente, tutti vigliacchi, tutti
complici di quella farsa.
- Sceriffo! - esclamò liberandosi finalmente della
stretta di Ino e scendendo dal marciapiede sulla nuda terra della
strada - Quest'uomo a terra ha ucciso l'altro, e quello è il
suo compare... gli stranieri hanno impedito un secondo omicidio -
- Bene, è andata così? - aveva chiesto
lo sceriffo portandosi la mano alla tesa del cappello e sollevandolo,
svelando un occhio bendato e l'altro maliziosamente sorridente.
- Sì, ho visto tutto - ribadì lei e la
gente intorno aveva finalmente annuito, i vigliacchi.
Sakura rimase immobile, ignorando la fastidiosa sensazione di essere
osservata, ed attese mentre lo sceriffo e i suoi due aiutanti
prendevano in custodia i due balordi e li portavano via.
Solo allora si voltò, ed incontrò due occhi
scuri, penetranti, che la fissavano con una punta di
curiosità subito repressa.
Si riscosse, imbarazzata, non pensava che lo straniero fosse
così vicino, e non poté fare a meno di notare
ancora una volta che era bello.
Ma sostenne lo sguardo di lui, rifiutandosi di abbassare il suo per
prima.
- Avete sbagliato - gli spiegò - non dovevate dire
quella cosa a Kabuto, ora la vostra vita è in pericolo,
guardatevi le spalle - lo mise in guardia.
- So badare a me stesso – aveva risposto lui
sorridendo appena - le vostre scarpe - concluse enigmaticamente,
allontanandosi.
Lei si guardò le scarpe, le sue belle scarpette bianche
irrimediabilmente rovinate da un bordo slabbrato scarlatto.
Si voltò, il cadavere era proprio dietro a lei, il volto
pallidissimo e gli occhi ancora spalancati, e una macchia scura si
stava allargando sotto di lui nella polvere, ed aveva raggiunto anche
le sue scarpe ora macchiate di sangue.
Questo è il west, si disse amara, il tuo amato,
selvaggio west.. bentornata a casa.
Si voltò un'ultima volta a guardare il cadavere, e presa da
un improvviso impulso si chinò al suo fianco per chiudergli
occhi, perché gli rimanesse almeno un po’ di
dignità.
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