Act 3 + Off Stage.
Il vizio tragico dei
vestiti
su misura.
La propria pelle che
calza
stretta.
Qualcosa è perduto,
e cosa
otteniamo?
Debole.
Debole, debole, debole.
Sui
crateri scavati nel volto lunare di Sirius, tra gli
anni della storia che li ha squartati – è letta la stessa parola, di nuovo e di
nuovo.
“Professor
Lupin…”
Nome
estraneo ad entrambi.
Il
fantasma di Black inclina il capo, scricchiola secco
l’osso del collo.
“Professore? Carino.”
Il tono
è burbero e suadente, forse per l’astinenza da nicotina.
Remus avvampa,
gravato di un peso che non aveva neppure iniziato a –
che non aveva calcolato. Accettare lo stesso fascino di una voce bagnata di
familiare condiscendenza in un guscio depredato e scialbo qual è il Sirius di tredici anni più tardi, è un tributo da pagare
all’amore speso. Lo riconosce, ma ne avverte il peso
come sconcertante.
Qual è il punto?
Padfoot sorride, da
qualche parte nella polvere e il ferro trito.
Remus non soleva
stupirsi innanzi alle manifestazioni della propria impotenza. Ma questo era il modo di vivere da ragazzi, era
l’adolescenza riflessa negli occhi avorio di un lupo mannaro.
Ora gli
occhi sono spenti e scuriti, e hanno il coraggio di allibire per – cosa, poi? Cosa, che non fosse già perfettamente scontato e previsto,
così consequenziale?
La
rottura è insanabile e il male avvizzito.
Dal suo
cantuccio incompetente, Harry s’interroga muto sulla
freddezza delle reazioni. Certo il professor Lupin
non vorrà ancora dar credito all’opinione generale, ora che Sirius
è stato riabilitato da Silente in persona?
“Sì, be’. Mi hai sempre accusato d’essere un talento naturale quando si tratta di dire agli altri cosa fare!”
L’esclamazione
è leggera ma energica, con il sorriso giusto fra naso e mento.
Sirius nota con delizia
che Moony sta fingendo, proprio com’era certo sarebbe accaduto.
Non è mai stato diverso da questo. Ora lo so.
Libero
dall’incomodo dell’autenticità, il livore e l’affetto evaporano con la stessa
disinvoltura, lasciandolo con la sola voglia di fare dello spirito.
Eppure Remus gela sul posto, quando in amicizia gli cinge le
spalle.
“Chi
può dire quante cose siano cambiate, dopotutto! Ma
avremo tempo di metterci in pari, non credi?”
Il
gomito ossuto contro la scapola non ha quasi peso,
timida appendice della figura ristretta; ma la densità di quella facciata
ingiusta, messa su per i motivi sbagliati, sguscia tra le vertebre e paralizza
il midollo, avvelenando poi le sinapsi con la convinzione dolce che –
– è tutto a posto. Non ho fallito. Non come amante, né per difetto
d’umanità.
Remus sorride alla
fronte di Sirius, distesa livida senza rimproveri.
Un
pensiero mostruoso in quella sollevazione di colpe.
Vorrei averlo fatto.
Tu ed io,
questo è il
nostro tempio.
D’accordo:
non è così che l’aveva immaginata.
Però, adesso che la
Scena arida del Crollo Mantenuto si è verificata qui, lo sfondo di piastrelle
del bagno non ha più grande importanza.
“Scusa!”
“E perché?”
Semplice
come la spontaneità del secondo ti amo.
L’accappatoio
stretto spasmodicamente fra dita sottili, Remus
deglutisce un guizzo di panico e rinuncia a sorridere, optando
per un accigliarsi discreto.
“Che significa? Ti sono venuto addosso,
volevo – ”
“Mi sei
venuto addosso migliaia di volte, quand’eravamo
ragazzi, e non ti ho mai sentito chiedere scusa per questo.”
Il
dubbio del doppio senso lo solletica, ma Remus è
ancora ben deciso a tenere la conversazione su binari neutri. Povera anima,
ingenua e vile.
“Va
bene, come vuoi! Non avevo idea fossi tanto
suscettibile all’argomento, ma se è un problema non mi scuso. Adesso, ti spiace…?”
Snap.
Sirius sorride
internamente, prima che la fame ben nota lo possegga. Un braccio scatta a frapporsi nella cornice degli stipiti, l’altro strattona
l’accappatoio di Remus in vita.
Il tonfo
è sordo mentre Lupin perde
l’equilibrio e l’altro fa in fretta a bloccarlo contro il muro.
“Ti
voglio.”
“Sirius – ”
Pressione
rude di fianchi.
“Non ho
desiderato che la tua testa, per tredici anni. Se non posso prendermi quella dammi almeno il resto.”
E Sirius
piove di baci affrettati, denti distratti sul collo. Ha mani che astraggono il
sacro da ciò che toccano, e Remus le sente portare
marciume lungo il proprio corpo, finché viscide si stanziano sull’inguine
ancora caldo d’acqua.
Deve
chiudere gli occhi, obbligarsi a riconoscere il piacere smorzato nei tocchi
frenetici di dita ossute attorno al sesso. Ha bisogno di risentirlo lì, per
potersi scostare e liberare dall’abbraccio con la consapevolezza di quello che
rifiuta.
“Smettila.
Non così.”
Padfoot ha il fiato
spezzato. Gli occhi brillano di lame malevole, le labbra – rosse sul viso scarno e ingrigito, cinto dai capelli troppo lunghi – fuori
posto e dischiuse, orrende. Trasfigurate in bocche da incubo per ciò che riescono a dire.
“Non così come? Pensi sul serio sia mai
stato tanto diverso?!”
Remus non ha il tempo
di lasciarsi sopraffare dal dolore della replica. Neppure
sa inventare un dolore cui arrendersi; di nuovo è spinto al muro – mani pesanti
sotto la spugna umida, fiato animale contro la giugulare.
“Eri
più freddo.”
Sirius inizia con
voce incrinata, trasognato.
“Fatto
d’aria… e di sogni. E volavi via… tanto in fretta.”
Un palmo premuto contro l’anca rigida del lupo, il polso a
fregare la peluria del pube. È più
languido e grave, ma in qualche buffo modo timido, premuroso. Sincero, quasi.
“Nei
momenti in cui… cercavo di adorare…
il tuo corpo, spirava. Volevo solo andarmene.”
Il
professor Lupin cede ai fremiti, liberi di nuovo da
quel primo incontro imbarazzante. Può persuadersi a fingere che non esista
lascivia nel tendersi al tocco dell’amante, ritrovato sotto sembianze tanto
rotte, ma il pizzicore oltre le palpebre, e Sirius –
vuole essere creduto, ascoltato con disperazione. Non può, non può fare altrimenti, non può fargli questo.
“Dovrei
ucciderti, perché non mi capiti mai più di sentirmi così solo.”
Gelida è
la lucidità che arresta il tempo.
Remus ingoia la
voglia del sesso, eretto com’è nel pugno scarno
dell’altro, il cui abbraccio non dura più d’un altro colpo al costato.
Mutamente,
Sirius dichiara il terrore condiviso, e senza indugio
si ritira.
C’è ancora un po’ d’amore,
qui intorno.
“Sirius.”
È una
dimensione via dalle ere, ed è la camera degli ospiti, al tempo stesso.
“Non parliamone più, Moony, ti prego.”
“Hai
ragione. Volevo solo tu sapessi.”
“…”
“Non ti
ho creduto. Mi sembrava così stupido.”
“Va
tutto bene, Rem.”
Davvero.
Sirius lo tocca con un
turbamento gentile di passione, quel garbo ponderato e servile che ha sempre
avuto nell’amare.
“Poi,
sarei voluto venire. Avevo tanta rabbia. Sono stato lì, e ho scoperto cosa ti
era stato fatto, ma non potevo. Non potevo e basta.”
“È la
legge.”
“Ma la
legge non ha fermato te, o Prongs, o Wormtail.”
La pace
è tale da permettergli di sorridere al singulto mal soppresso che scorge nel
tono di Remus.
“Ora
non perdere il controllo! Erano altri tempi. Da ragazzi si vive diversamente.”
Il
sospiro tenuto stretto si rilassa.
“Eravamo
più forti, allora.”
Sirius non dice
niente. Non ha il cuore di rievocare i soli frangenti che ha custodito
nell’anima nera di Azkaban –
le interminabili lune, la colpa, il crollo di Peter,
la fine di James – e rovesciarli tutti su Remus quali testimoni d’eterna debolezza. È fermamente
convinto che, in qualche modo contorto, Moony sia più
innocente di tutti loro.
“Pads.”
“Mh?”
“Ti
sembrerò ingrato, e forse non ci crederai – d’altronde non ne
avresti motivo.”
“Cosa?”
“Penso
che l’avrei preferito, se non mi avessi perdonato.”
“…”
“So che
è strano. Forse non ci credo neanch’io.”
“Moony…”
La sorte
ha fatto di Remus Lupin una
creatura oscura davvero fortunata. Anche adesso, i
capelli di Sirius sotto i polpastrelli, non riesce a
giudicarsi degno di tanto.
Deve
rimbrottarsi un attimo più tardi. Attribuirsi l’incarico di un simile giudizio
è ben fuori dalla sua portata – ode la propria voce
fondere a quella di Silente, assimilarne l’appunto smaliziato.
“…
posso sempre arrabbiarmi di nuovo, se ti fa stare meglio!”
Ghigni
gemelli posano per occhi privilegiati, nella camera deserta. Poco importa che
la battuta sia a spese sue – Remus è talmente stufo
della delicatezza, non li ha portati che a bivi tortuosi.
“Dopotutto,
ne farò a meno.”
Sirius ride di cuore,
conscio della semplicità pesante di battute non scritte né recitate. Se mai un demiurgo è stato dietro le scene per tutti loro,
per Peter e per James, ha
ora scelto di lasciare i superstiti al silenzio della natura vivida.
Nell’oblio,
nel frammento, nella verità – osserva,
nella forza,
nell’errore, nella libertà – Remus si dice,
un’unica mano larga e
violenta cinge entrambi, rimettendoli malconci alle cure del tempo che sempre
sa come trattare gli spiriti infranti.
È la
lezione di una vita spesa a farsi creta, anima, arte – Padfoot
e Moony lasciano la ribalta
con profusione d’inchini.
– – Cani d’attori, storie di cani.
Per la fiducia
d’ancora vagare, muso in giù, tra le macerie.
Fin.
_ * _
C’est
bien, abbiamo finito J. Grazie a tutti, davvero, DAVVERO grazie.
Come
alla fine di una prima teatrale, ne? ;-)
Mizar, spero ardentemente tu abbia PIANTO in questo ultimo capitolo, muaha. Non per una qualche gioia sadica, bensì perché ritengo di aver
evidenziato qui emozioni un po’ più forti di quelle del capitolo precedente –
quindi, ecco, in proporzione. Ti ringrazio davvero tanto per la costanza
del tuo incoraggiamento: non saresti obbligata a recensirmi, potresti
semplicemente goderti il mio stile contorto xD se ti piace. Apprezzo il superfluo più di quanto riesca a esprimere *__*.
TimeWarpAddicted, temo di essermi persa a ‘sorbirti le mie recensioni’. Mi è andato in tilt il cervello. Poco male,
però: era alla fine del commento :p. Recensori come te meritano così tanto, e in quanto autrice sono cosciente
di poterti ricambiare solo continuando a scrivere, possibilmente migliorando un
po’ ‘^^ - oooh, maccomessiamopprofonde,
nevvero? Spero vivamente di non averti delusa nel finale, perché non l’avevo
esattamente immaginato così: è venuto dal para-nulla (come la sottoscritta, del
resto). Un abbraccio fovte fovte <3.
Fri rapace, dal tuo commento deduco tu non abbia letto la mia fic di battesimo nel fandom, (Or) The Act,
nella prefazione della quale dichiaravo la mia totale e vergognosa incompetenza
riguardo il mondo di HP xD:
il fatto è che sono stata iniziata al fandom da
amiche, ma non mi sono mai premurata di leggere i libri della Rowling o di guardare i film con particolare attenzione. Mi
sono presa una cotta spaventosa per Sirius e Remus <3 e i Malandrini in genere, ecco tutto. Premesso
questo, vengo alla tua domanda: nella mia situazione di partenza, ovvero quella
di un Moony e un Padfoot
che stanno insieme sin da Hogwarts, ho pensato che
fosse semplicemente più credibile considerare che Sirius avesse raccontato a Remus
la verità. Non ho potuto esprimerlo chiaramente perché odio mettere parole in
bocca ai personaggi solo per comunicare direttamente ai lettori: in quest’ultimo capitolo Remus dice
che ‘non gli ha creduto’,
riferendosi al fatto che Peter fosse il Custode. Poi,
con ‘sarei voluto venire, ma non potevo. Non
potevo e basta’ si riferisce
ad un ipotetico processo e alle eventuali visite ai detenuti: difficilmente un
lupo mannaro, benché sotto la protezione di Silente, potrebbe avvicinarsi
impunemente al Wizengamot. Non so se le mie
spiegazioni ti soddisfino o meno ‘^^, e in caso
contrario mi scuso con te in quanto rappresenti i fans
fedeli della saga, un gruppo cui non appartengo di diritto. Ti ringrazio per
questo doppiamente dell’interesse mostrato alla mia umile storiella
*____*.
Al
mio prossimo coup de génie xD
- dunque potreste aspettare tutta la vita.
Bye! :3