La luce mi svegliò da quel sogno così vero,
così strano.
Avevo sognato Jacob, che entrava dalla ia finestra e che mi convinceva
ad andare da lei e chiedere perdono.
Che sgtrano sogno..
Con gli occhi ancora mezzi chiusi, mi alzai, stroppicciandomeli.
Guardai il tappeto, non riuscendo a fare nient'altro
Sorrisi. che sciocco. o forse la sciocca ero io?
"Mi racomando, se non vieni ti sarò costretto ad usare le
maniere forti! jake", era scritto in un foglietto stroppicciato, con la
solita scrittura scarabocchiata del mio amico.
Mia lazai con calma, incredula che il sogno di stanotte fosse veramente
reale e non solo frutto della mia fantasia.
mentre mi lavavo i denti cercavo di pensare a migliaia di alternative
per cui non dovessi realmente andare dai Cullen, ma la cosa
più intelligente che venne fuori fu che ero sonambula e che
avessi scritto io quel biglietto, copiando la grafia di Jake..
Non credo fosse possibile una cosa del genere, e se anche lo fosse
stato non sarebbe mai potuto succedere a me.
Da sempre dormivo come un sasso, anche quando avevo gli incubi non
avevo mai urlato o raba simile.
Cercai vestiti adatti al lavoro orribile che mi sarebbe toccato di
lì a poco: semplici jeans e maglietta nera, come se fossi
rattristata seriamente dalla cosa.
La cosa che mi preoccupava di più erano i genitori. Se il
fratello Edward era veramente come l'aveva descritto Jake,sarebbe stato
fatale anche un solo sguardo deu loro genitori.
Cercai di pensare a qualunque cosa che non fosse Reneesme o Jacob, ma
non mi venne in mente niente, così cercai le parole giuste
per scusarmi mentre mangiavo un po' di cereali.
Mi alzai svogliatamente dalla sedia facendo più rumore
possibile, e senza guardarmi allo psecchio mentre prendevo le chiavi
dell'auto, uscii di casa.
Una bella giornata per la media di Forks. C'era un bel venticello ma
non faceva freddo, mi maleddi per non aver preso neanche una giacca.
Entrai in auto, una macchina niente male in confronto a quella che
avevo dovuto usare i primi anni in cui avevo preso la patente.
La strada non era difficile, ma sembrava non finire mai.
Accesi la radio e il riscaldamento, così che il rumore mi
facesse compagnia attraverso quel sentiero sterrato in quel posto
dimenticato da Dio.
Non si poteva dire lo stesso della casa. Fu la prim costruzione che
vidi dopo chilometri, era tutto il contrario di come me l'aspettavo.
Non avevo nulla in particolare in testa, ma così non me la
sarei aspettata mai e poi mai.
Era enorme, sui tre piani, e più che moderna. Doveva essere
costata centinaia di megliala di dollari. Non un milione
però, era talmente sperduta che in pochi avrebbero avuto il
coraggio di abitarci.
parcheggiai in quello che avrebbe dovuto essere il vialetto,
meraviglioso anche quello, neanche a chiederlo.
Davanti alla casa delle macchine proprio niente male, ma di cui non
avrei mai saputo dire il nome. Quello era il campo di Jacob, o chiunque
altro tranne me.
Ero davanti al portone. Non volveo bussare. Il cuore in gola e i sensi
di colpa che cominciavano ad affiorare occupando la mia mente. E ora?
-Che brava! Sei venuta!- una voce calda, che conoscevo bene, mi stava
chiamando, ma ero troppo occupata a non cadere a terra priva di sensi.
Perchè mi sentivo in quel modo? Perchè
così tanta frustrazione e disperazione? Come se il mondo mi
stesse crollando addosso...
Dovevo scusarmi al più presto, o sarei caduta dentro ad una
voragine nel terreno. tutta colpa della mia testardaggine.
-Adesso basta Jasper. O finirà per suicidarsi!- quando una
vocina pronunciò queste strane parole, mi sentii meglio,
sollevata, non c'era più alcuna calamità pronta a
distruggermi, così mi girai.
Erano due ragazzi tra cui uno era Jacob ed una ragazza.
-Su, andiamo, ti mostro dove devi andare-dissi Jacob assorto,
continuando a fissare l'altro ragazzo. Era biondo, ma non era Edward,
da quanto avevo capito si chiamava Jasper.
Seguii Jacob, abbassando gli occhi. mi sentivo fissata.
Avevo le farfalle allo stomaco. Di nuovo quella sensazione.
-Sai, quasi non ci speravo che venissi! E' stato il bigliettino a
convincerti, vero?-
-Naturalmente sì, ma anche io lo..lo volevo fare- risposi
ditratta. Ero a diagio, continuavo a guardarmi attorno. Qualcosa mi
diceva di andarmene immediatamente. Pericolo.
Questa parola mi rimbomabava nelle orecchie.
Continuai a rispondere svogliatamente alle domande di Jacob, fino a che
non arrivammo.
Lei stava seduta davanti ad un albero, le gambe incrociate. Stava
leggendo "Cime tempestose". Un libro piuttosto impegnativo.
Jake, mi guardò, sorridendo della mia espressione truce e se
ne andò. L'orgoglio mi diceva di seguirlo, ma qualcos'altro
mi diceva invece di non farlo.
Sbuffai, e come se avessi fatto talmente rumore da poter spaccare i
timpani, lei alzò lo sguardo disturbata.
-Ciao- la salutai timidamente. Mi guardava stupita, come se fosse una
cosa impossibile il fatto che mi trovassi lì.
-Ciao-disse lei. Mi avvicinai lentamente.
-Volevo scusarmi...per ieri...-
-Scuse accettate- disse frettolosamente.
-Come, scusa?-
-Ho detto scuse accettate. ora te ne puoi anche andare-detto questo
cominciò a leggere, o almeno posò lo sguardo sul
libro.
Che odio! Uno ti chiede scusa, sapendo di aver torto, e tu rispondi in
questo modo?Ma come si permetteva?!
-Sono venuta per chiederti scusa, cos posso dirti di più?-
-Niente. Non devi dire niente.-
Non sapevo che rispondere, ero sinceramente offesa. Ferita.
Lei capì e mi guardò, buttando a terra il libro.
-Ok, ora ti devo chiedere scusa io. Mi dispiace, ma sei stata veramente
cattiva con me. E' difficile perdonarti.-
Boccheggai un po', ondeggiando sui talloni.
-Lo so..è per questo che voglio chiederti scusa. Non
è colpa tua. Non è colpa di nessuno...solo che..-
-Ok, basta. Sei perdonata..-mi sorrise gentile e mi fece cenno di
raggiungerla.
-Cosa leggi?- le chiesi mentre mi sedevo. Lo sapevo benissimo, ma era
giusto per fare un po' di conversazione.
Cominciammo a parlare del più e del meno. Non era
così male. Passai il pomeriggio con lei e me ne andai falice
di aver avuto successo.
Anche se non era antipatica, anzi, e avessimo molto incomune, non sarei
mai riuscita da essere amica sua. Credo che anche lei lo pensasse.
Augurai una vita felice a lei e a Jacob. E mi augurai di non incontare
mai Edward nella mia vita, contentache quel giorno non fosse accaduto.
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Fineeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee.
Che ne pensate? Io sono veramente fiera di questo racconto.
Gli errori li corregegrò un altro giorno, adesso non ho
tempo. Ringrazio tutti quelli che l'hanno letta e seguita.
grazie di cuore.
Francesca.
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