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Prefazione:
ciao a tutti! questa è la prima storia
che scrivo su questo stupendo telefilm; siccome ultimamente sto rivedendo tutte
le puntate di Buffy comprando i dvd con Sorrisi, mi è venuta
l’ispirazione per questa one-shot. È ambientata durante la quinta stagione,
dopo “Shadow”; in breve, Buffy sta ancora con Riley, non sa dei sentimenti di
Spike, è a conoscenza della vera identità di Dawn, ha affrontato Glory due
volte. Spero sincerante che la mia storia vi piaccia, e ringrazio in anticipo
tutti coloro che la leggeranno, e ancor di più quegli angeli adorabili che la
commenteranno (con uno sforzo di buona volontà non trascurabile, oserei dire!
^^”). Oh, naturalmente tutti i personaggi sono di proprietà di Joss Whedon. Io
li ho solo presi in prestito per…giocarci un po’. Miei sono solo i demoni, a cui
ho dato il nome sfogliando il vocabolario di latino. Se non altro, dopo anni che
lo cercavo invano, ho trovato un modo utile per usare quello strumento: dalle
mie versioni, si direbbe che non ne ho mai posseduto uno… Ehm, ehm…detto
questo, buona lettura!
-Melany
Breathless
L’aria della
notte era fresca e umida, pregna dell’odore forte di erba e terriccio, si udiva
l’acuta cantilena dei grilli e il basso tubare di qualche gufo in lontananza,
oltre al lento avanzare dei suoi stivaletti sul terreno soffice del cimitero.
L’atmosfera era piuttosto tranquilla ed escludeva che potesse incontrare una
qualche minaccia, cosa che la seccava enormemente e la rendeva irrequieta: era
andata a fare la ronda perché aveva un bisogno estremo di scaricare la tensione
accumulata durante quei giorni: la malattia di sua madre, il ricovero in
ospedale, la scoperta della vera identità di Dawn, gli scontri con Glory…tutte
cose che gravavano sulle sue spalle, che la opprimevano e le stringevano il
cuore in una bruciante morsa. Ogni giorno era costretta a vivere con questi
pesi, a cui non sapeva trovare una soluzione, una via d’uscita: aveva provato a
chiedere ai suoi amici un incantesimo per guarire sua madre, ma loro l’avevano
subito disillusa: era frustrante, lei, la cacciatrice, colei che aveva il potere
di salvare l’umanità, non era in grado di aiutare sua madre. Che
importava salvare la vita a milioni di persone sconosciute e senza volto, se
doveva sopportare di vedere la persona che amava con tutta se stessa, che non
l’aveva mai abbandonata, come aveva fatto suo padre, ma le era rimasta accanto
nonostante tutti i guai che le aveva procurato essendo una cacciatrice,
ammalarsi e peggiorare a poco a poco sotto i suoi occhi? E Dawn…doveva occuparsi
anche di lei, starle vicino ora che la mamma stava male, e tenerla al sicuro.
Perché, sebbene sapesse che non era veramente la sua sorellina, provava un
affetto sincero nei suoi confronti. Stentava a credere che fino a pochi mesi
prima non esistesse, e sapeva che sebbene i monaci avessero creato di proposito
tutti i loro ricordi, i suoi sentimenti erano veri: Dawn era reale e lei le
voleva bene, al diavolo tutto. Era una bambina innocente che doveva proteggere a
tutti i costi. Da lei, da Glory…un’altra responsabilità che la attanagliava.
Aveva combattuto due volte contro di lei, ed entrambe le volte le aveva dato una
lezione. Aveva ancora lividi su tutto il corpo a causa del loro ultimo scontro,
e doveva ammettere con se stessa che era spaventata all’idea di doverla
affrontare di nuovo: non aveva la più pallida idea di come ucciderla. Aveva
visto con i suoi occhi crollarle addosso un palazzo e non si era fatta niente;
eppure avrebbe dovuto combattere di nuovo, lo sapeva, perché lei non poteva
tirarsi indietro, mai: lei era la prescelta. Aveva dei doveri, delle
responsabilità…cose che pesavano imponenti sulla sua schiena. La verità? Era
stanca. Stanca di quella vita, di come tutto fosse difficile, doloroso, come
tutti contassero sempre su di lei per risolvere la situazione, come lei stessa
sentisse il dovere di caricarsi addosso tutto, di lottare, sempre, sempre…
Non importava
quanti vampiri avesse ucciso, non contava quanti demoni, mostri avesse
annientato…ce ne sarebbero stati altri, in continuazione, per tutta la sua vita.
Non avrebbe potuto mai fermarsi. Mai.
Non prima di
morire.
Ogni
cacciatrice desidera la morte…
Era quello che le
aveva detto Spike qualche sera prima. In quel momento, l’aveva spaventata:
davvero lei avrebbe desiderato morire un giorno? Era per quello che tutte coloro
che l’avevano preceduta erano morte così giovani?
Era così immersa
nei suoi pensieri che si accorse solo quando le fu vicinissimo che un vampiro
l’aveva attaccata. Non riuscì a bloccare il suo pugno che la colpì in piena
faccia, facendole strizzare gli occhi dal dolore, e prima che potesse
riprendersi il suo avversario la fece cadere a terra con un calcio ben assestato
sullo stomaco. Cercò di avventarsi su di lei, ma Buffy lo respinse con una
spinta delle gambe che lo scaraventò contro una lapide. Si alzò rapida e impugnò
il paletto.
“Ehi, non ti
hanno insegnato che non si attacca la gente alle spalle senza preavviso? Solo
perché sei morto non significa che puoi fare a meno delle buone maniere!” Gli
disse in tono beffardo, lui rispose con un ringhio e la attaccò di nuovo.
Combatterono per
un po’, ma durante tutto lo scontro la superiorità di Buffy era evidente.
Avrebbe potuto polverizzarlo quasi subito, ma era andata lì proprio per
scaricare tutta la tensione e l’aggressività che aveva accumulato dentro di sé e
protrasse volontariamente lo scontro. Quando finalmente il turbinio interiore
che provava cominciò a scemare, sostituito dalla stanchezza, lo scaraventò a
terra con un pugno e fu sopra di lui, pronta ad ucciderlo.
Ma proprio quando
stava per infliggergli il colpo fatale qualcosa la colpì violentemente alla
testa. La sua vista si annebbiò mentre un dolore forte esplose dalla nuca,
facendola gemere. Il vampiro approfittò per togliersela di dosso e fuggire e lei
rotolò a terra, sentendo l’odore dell’erba più forte e pungente nelle narici.
Aprì gli occhi, sbattendo le palpebre, e si ritrovò circondata da quattro demoni
che non aveva mai visto: erano alti e scheletrici, di un colore argenteo, con
lunghi artigli affilati sulle braccia: dovevano pesargli molto, perché
camminavano curvi, ma in modo agile e fluido. Gli occhi erano piccoli e neri,
alla bocca avevano due grosse zanne. Emettevano uno strano, continuo verso che
sembrava una cantilena musicale…
Buffy seppe che
era nei guai. Si alzò in piedi con uno scatto di reni, ma la testa pulsava
ancora dolorosamente e non si era ancora ripresa completamente dagli scontri con
Glory. Era probabile che li avesse mandati lei per ucciderla, e temeva che
stavolta avrebbe avuto un’enorme difficoltà a fermarli. Comunque, avrebbe
combattuto…
Perché lei era la
cacciatrice.
Due di loro la
attaccarono insieme, veloci nonostante l’aspetto; riuscì ad evitare i loro
artigli e con un calcio ne allontanò uno, ma l’altro la mancò per un pelo prima
che riuscisse a scaraventarlo via. Senza contare che anche gli altri si
preparavano ad andarle addosso. Un terzo la colpì con una gomitata alla schiena
mentre era impegnata ad affrontare il primo e così diede l’occasione a quest’ultimo
di ferirla con i suoi artigli. Sentì un dolore acuto e bruciante alla pancia,
dove si era aperta una lunga ferita orizzontale da cui usciva sangue. Con un
colpo poderoso e sofferto riuscì a buttare a terra il demone che l’aveva
colpita, e prima che gli altri tre la attaccassero di nuovo cominciò a correre
per sfuggirgli. Non poteva affrontarli in quelle condizioni, e poi doveva
saperne di più su di loro. Doveva avvertire Giles, chiamare gli altri…
I demoni erano
davvero veloci e agili. Uno di loro le bloccò la strada e alzò di nuovo la mano
artigliata, pronto a colpirla di nuovo, e fu in quel momento che una figura
sbucò fuori dall’ombra e si avventò contro il demone, che colto di sorpresa
smise improvvisamente la sua nenia, che aveva continuato a sussurrare melodioso
per tutto lo scontro. Buffy sperò intensamente che non fosse Riley, loro erano
troppo forti per lui, non avrebbe potuto vincere; sentiva che anche gli altri si
stavano avvicinando, e riuscì a respingerne un secondo, gemendo per lo sforzo e
il dolore. Sentiva che le forze la stavano abbandonando…
“Presto, vieni
con me!” le ordinò lui, dopo aver atterrato il demone che stava per ucciderla.
Non era Riley, come aveva pensato, ma non sapeva se sentirsi sollevata o no: ad
aiutarla era stato Spike. Se fosse stata in piena forma probabilmente avrebbe
protestato liberandosi dalla mano con cui le aveva stretto il braccio, ma si
sentiva molto debole, e la vista cominciava ad appannarsi. Così lo seguì docile,
per metà correndo con enorme fatica e per l’altra metà lasciando che lui la
trascinasse.
Arrivarono alla
sua cripta, non molto lontana dal luogo dello scontro, e Spike la spinse dentro
con decisamente poco garbo, respingendo uno dei demoni che cercava di entrare a
sua volta con un calcio e sprangando la porta. Restò lì per qualche minuto,
ansante, aspettando probabilmente un attacco dall’esterno, mentre Buffy, seduta
per terra con la schiena contro una colonna, si stringeva la ferita con la mano
a pugno, sentendosi malissimo. Sapeva di non poter alzarsi, le gambe giacevano
molli a terra; provava un’immensa fatica anche a muovere il braccio quel tanto
che bastava a tamponarsi la ferita sanguinante. Non era mai stata così male per
un semplice taglio, per quanto profondo potesse essere, perciò cominciava a
sospettare che ci fosse qualcosa in quegli artigli.
“Demoni
Venenos, particolarmente forti e veloci. C’è un potente veleno nei loro
artigli, che attacca i muscoli e gli organi interni delle loro vittime,
uccidendole lentamente. Di solito aspettano che il veleno faccia effetto e poi
si nutrono dell’unico organo rimasto illeso: il cervello.”spiegò Spike, e si
voltò verso di lei, facendo scorrere lo sguardo sul suo corpo, finché non si
soffermò sulla ferita. Buffy sussultò, realizzando improvvisamente che era in
trappola nella cripta del suo peggior nemico, indifesa e grondante di sangue.
Com’era ridotta, non avrebbe potuto respingerlo se avesse cercato di farle del
male. Era per quello che l’aveva aiutata? Voleva avere anche lui un ruolo nella
sua morte? Avrebbe bevuto dalla sua ferita fino a dissanguarla? Sapeva di non
potersi fidare di Spike: sebbene il chip l’avesse reso innocuo, era ancora
crudele e pericoloso. L’aveva dimostrato l’anno prima, alleandosi con Adam e
separandola dai suoi amici per farla cadere in una trappola mortale.
Le venne accanto
con passo deciso, inginocchiandosi per essere alla sua stessa altezza. Buffy
avrebbe voluto impedirglielo, indietreggiare, ma si sentiva così debole da non
poter muovere un muscolo. Persino respirare stava diventando faticoso. “C’è di
buono che il veleno agisce molto lentamente.” Continuò lui, ignaro dei suoi
pensieri “Se interveniamo subito, potresti…”
“Non toccarmi!”
ordinò con voce roca, guardandolo torva. Spike aveva teso una mano verso la sua
ferita e al suono della sua voce si bloccò, sorpreso, poi sfoderò uno dei suoi
soliti sorrisetti ironici.
“Che ti prende,
cacciatrice? Hai paura di me, adesso?”
“Non credo
proprio” replicò lei, cercando di assumere un atteggiamento fiero e sicuro.
“Prova a toccarmi e io giuro che…”
“Che cosa? Mi
ucciderai?” ribatté lui scettico e divertito, alzando un sopracciglio “Non sei
esattamente nella posizione di minacciarmi, dolcezza.”
Era vero. In
quelle condizioni non avrebbe potuto ucciderlo nemmeno se avesse avuto un
paletto in mano appoggiato al petto di lui, proprio sul cuore. Si sentiva
completamente senza forze. Era in balia del suo nemico mortale, avrebbe potuto
farle qualsiasi cosa e non poteva impedirglielo. Improvvisamente, si sentì più
spaventata di quando i demoni Venenos l’avevano circondata.
“Che hai
intenzione di fare?” gli chiese, sempre mantenendo con immensa fatica il tono
duro. La vera domanda che voleva porgli era: ‘che hai intenzione di farmi’ ma
non voleva che lui capisse quanto la situazione le facesse paura.
Spike smise di
sorridere e la guardò intensamente con i suoi occhi blu. “Aiutarti, se me lo
permetti.” Rispose serio, facendo scorrere un dito sulla sua ferita e facendola
trasalire. Le sue parole l’avevano lasciata perplessa e stupita. Spike voleva
aiutarla? SPIKE?!?!?
“Il veleno si
accumula intorno al taglio prima di entrare in circolo. Non è da molto che sei
stata ferita. Se togliamo via subito il sangue avvelenato non morirai.” Le
spiegò, ora fissando con le sopracciglia inarcate la sua pancia.
Buffy sentì
improvvisamente la rabbia divampare nel suo corpo. Certo, ora si spiegava la sua
improvvisa voglia di ‘aiutarla’. Aveva un’idea ben precisa di come lui
intendesse togliere via il sangue, e sapeva benissimo che era tutta una scusa
perché lei gli permettesse di bere da lei. Lurido infido bastardo…approfittare
di lei nel momento in cui non poteva difendersi.
“Non berrai il
mio sangue, Spike. Non ti permetterò di salire a quota tre cacciatrici stasera,
non importa quanto mi senta male…io…”
Lui sembrò
accalorarsi. “Dì un po’, cacciatrice, credi davvero che vorrei bere del sangue
pieno di veleno??” replicò, arrabbiato. “Se ti avessi voluto morta avrei potuto
benissimo godermi la scena mentre quei quattro ti conciavano per le feste!
Piantala di fare la troia o ti faccio veramente del male!” gridò, Buffy sbarrò
gli occhi sorpresa e intimidita, ma non disse altro. Voltò la testa, i capelli
spettinati che le incorniciavano il viso sudato, lasciandosi andare
completamente contro la colonna. Si sentiva così stanca, la vista era sempre
più annebbiata, la testa pulsava dove l’avevano colpita e la ferita bruciava.
Annuì lentamente, con grande sforzo, dandogli un permesso che in effetti non gli
era poi indispensabile. Chiuse gli occhi, e avvertì che il viso di lui si era
avvicinato alla pancia. Rabbrividì con un basso gemito quando le sue labbra
fredde si posarono sulla ferita, cominciando a succhiare sangue. Immaginava che
lui avesse assunto il suo volto da vampiro, e non voleva guardare: ma avvertiva
benissimo il sangue che piano piano fluiva abbandonando il suo corpo, una
sensazione strana, che le faceva venire i brividi in tutto il corpo. Spike
faceva delle brevi soste, probabilmente per sputare il sangue avvelenato, e poi
riprendeva, succhiandole via la linfa vitale, facendola sentire ancora più
debole di prima. Il sospetto che lui volesse ucciderla continuava a martellare
nella sua mente, ma si sentiva impotente, e comunque era meglio morire così che
a causa del veleno. Se agiva lentamente attaccando gli organi, probabilmente era
anche molto doloroso…
Lo sentì
succhiare quasi avidamente, mentre lei si lasciava sempre più andare,
sprofondando in uno strano regno di incoscienza mentre sentiva la vita fluire
via da lei…lentamente…
Dopo un tempo che
le parve un’eternità, Buffy sentì che lui aveva abbandonato la sua pancia e non
accennava a ritornare al lavoro. Aprì gli occhi, sbattendo le palpebre, e lo
vide asciugarsi la bocca sporca di sangue con il dorso della mano. Come pesava,
aveva assunto il suo volto da vampiro.
“Fatto” la
informò, quando si accorse che lo stava guardando. “L’ultima volta non ho più
sentito il sapore del veleno, in mezzo al sangue.”
Buffy gli lanciò
un’occhiataccia “E ne hai approfittato per farti una bevuta, eh Spike?”
Lui le sorrise
crudelmente “Ammetto che sono andato un po’ avanti, sì…ma io sono cattivo,
piccola, ricordi?”
“Bastardo.”
Sospirò, chiudendo di nuovo gli occhi. L’unica cosa di cui aveva voglia in quel
momento era farsi una bella dormita: si sentiva a pezzi. Non riusciva ancora a
muoversi, ma il cuore aveva smesso di sfondarle il petto, e la ferita di
bruciare. Immaginava di dover ringraziare Spike per quello, ma non era ancora
sicura che le sue intenzioni fossero tutte lì. Insomma, lui voleva ucciderla,
no? La odiava con tutto se stesso, se non fosse stato per il chip avrebbe
continuato a cercare di far fuori lei e i suoi amici. Questo pensiero la
costrinse a riaprire subito gli occhi: non poteva addormentarsi, lì, nella tana
del suo nemico, ma restare allerta. Avrebbe potuto farle chissà che.
Spike era tornato
al volto umano, le stava fasciando la ferita con una stoffa rossa e lisa, e lei
strinse i denti finché non ebbe finito. Poi, la sua mano si mosse ad
accarezzarle i lunghi capelli biondi e il viso, e lì si fermò, continuando a
muovere delicatamente il pollice sulla guancia: una cosa che lei non gli avrebbe
mai permesso in altre situazioni, e che la lasciò senza parole. La stava
guardando in un modo strano, che non gli aveva mai visto: i suoi occhi parevano
addolciti e il suo sorriso aveva perso la tinta di scherno che aveva sempre.
“Fra qualche ora
starai di nuovo bene, potrai ricominciare a muoverti.” Le disse con voce calda,
facendo scorrere il pollice sulle labbra di lei. Stranamente, Buffy cominciò ad
avere paura adesso, che era umano, più di quando aveva assunto il suo aspetto di
vampiro. Si avvicinò così tanto a lei che i loro visi si sfioravano, la sua
espressione era la stessa che aveva quella sera nel vicolo sul retro del Bronze,
quando le aveva raccontato delle sue uccisioni, un attimo prima che lei lo
spingesse via. Le fissava le labbra con una strana luce negli occhi, il respiro
accelerato, e lei sapeva che non era certo per la mancanza di ossigeno. Buffy si
sentì improvvisamente agitata e curiosa allo stesso tempo. Che stesse per..?
Ma lui si
allontanò subito e la prese in braccio, senza alcuno sforzo, e la portò verso il
letto. L’espressione di Spike era tornata normale e Buffy cominciò a dubitare
che fosse mai cambiata, forse era stato uno scherzo della sua mente provata. Era
strano, stare fra le braccia forti e fredde di Spike: non sapeva se sentirsi al
sicuro o in pericolo. Ma lui la depose con delicatezza sdraiata, e si sedette
sul bordo del letto accanto a lei. Fu allora che Buffy realizzò una cosa. “Harmony?”
chiese, facendo scorrere lo sguardo per la cripta, anche se dalla sua posizione
poteva vedere per la maggior parte solo soffitto. Spike rise.
“In giro, da
qualche parte…ma non credo si farà viva, dato che i nostri amici sono ancora qui
fuori. Riesco a sentire il loro odore putrido.”
“Dovrò occuparmi
di loro, non appena starò meglio.” Disse lei, e alla mente le tornarono le
riflessioni che stava facendo prima che il vampiro l’attaccasse. Doveri,
responsabilità…sempre e solo per lei.
“Posso farlo io,
è da un po’ che non ho una scazzottata come si deve. Qui intorno è pieno solo di
vampiri incapaci.” Si lamentò, estraendo un pacchetto di sigarette dalla tasca
dei jeans neri e accendendone una.
“Allora andiamo
insieme, sono piuttosto forti. Così ne avremo solo due per uno.” Concluse lei in
tono pratico. Spike le sorrise, di nuovo ironico. “Ti preoccupi per me, tesoro?”
“Mai.” Replicò
lei con un sorrisetto suo malgrado. “Ma non mi piace l’idea che la gente muoia
combattendo al mio posto contro i miei nemici. La mia reputazione
ne soffrirebbe.” Spiegò, alzando le sopracciglia.
“Ti piace quello
che fai?” le chiese lui all’improvviso, sbuffando fumo. Lei rimase interdetta
per un attimo, non capendo perché le facesse quella domanda, poi sospirò.
“Ci sono delle
volte in cui sono grata di avere questi poteri per poter proteggere i miei cari,
salvare il mondo…ma ce ne sono altre in cui preferirei non essere stata scelta.”
Disse sinceramente. Non capiva perché dovesse dire certe cose proprio ad un
nemico, ma aveva davvero voglia di parlarne con qualcuno. E poi, Spike si era
dimostrato gentile e comprensivo quando gli aveva detto della malattia di sua
madre.
“Perché? Troppe
responsabilità?” chiese lui, centrando il punto con una precisione
impressionante.
“Anche” ammise
lei con un altro sospiro. “Ma soprattutto perché è inutile avere tutti questi
poteri se non riesci ad aiutare chi ami. È terribilmente ingiusto.” Mormorò,
chiudendo gli occhi.
“Ti riferisci a
Joyce?” lo sentì dire, cauto.
“Sì.”
Restarono per
qualche minuto in silenzio. Buffy udiva solo il rumore del proprio respiro e la
cantilena rivoltante dei demoni che veniva da fuori, attutita dai muri della
cripta.
“Ti capisco. È
successo anche a me, molto tempo fa.” Le confidò, Buffy si voltò a guardarlo.
Lui fissava un punto imprecisato del muro. “Anche mia madre stava molto
male…tubercolosi. E io non ho potuto fare nulla per aiutarla, nemmeno dopo che
sono diventato un vampiro.” Si lasciò andare ad un sospiro, e tornò a guardarla.
“So quanto è frustrante, avere dei superpoteri e non essere in grado di aiutare
le persone a cui tieni.” Le scostò i capelli biondi dalla fronte, con una
dolcezza che non gli aveva mai visto. “Ma non preoccuparti. Le donne Summers
sono tipi tosti, io ne so qualcosa…” Lei sorrise. “Sono certo che tua madre
annienterà quel maledettissimo tumore.”
“Lo spero, Spike.”
“Credici, Buffy.
Si sa che la mela non cade tanto lontana dall’albero, e poi Joyce ha una bella
grinta. Ho ancora un segno dove mi ha colpito con quella dannata ascia.”
Buffy rise
sinceramente, e gli fu grata per questo. Non rideva da giorni, ormai.
Era strano
sentirsi riconoscente nei confronti di Spike. Lo guardò, e si accorse in quel
momento che era ormai da un po’ che il suo comportamento era cambiato. Non
tramava più ai suoi danni… certo, era sempre scontroso e strafottente, ma
qualcosa era cambiato. Era sicura che solo l’anno prima lui non l’avrebbe mai
aiutata contro quei demoni, ma l’avrebbe lasciata lì a morire senza battere
ciglio. Né le avrebbe parlato di una cosa personale, facendola sentire meglio.
Che fosse opera del chip? Non sapeva perché, ma ne dubitava.
“Che hai da
guardare?” le disse lui ad un tratto, di nuovo scontroso.
“Niente” si voltò
dall’altra parte.
“Non è che ti
piaccio, cacciatrice?” le chiese con un sorrisetto, facendo scorrere uno sguardo
lascivo sul suo corpo.
“Ma per favore!”
strillò lei, con voce stridula, guardandolo con gli occhi sbarrati.
“Vieni nella mia
cripta nel cuore della notte, ti fai stendere sul letto, mi chiedi dov’è la mia
ragazza, mi fissi…” si piegò verso di lei e fece scorrere una mano sul suo
corpo, partendo dal viso e sfiorando seno, fianchi e cosce, facendola
rabbrividire. “Capisco che Capitan America non dev’essere granché…se una notte
vuoi divertirti come si deve, vieni pure. Ti accoglierò a braccia aperte. E
tu…beh, aprirai qualcos’altro.” Indugiò con lo sguardo sulle sue cosce e lei
sentì di nuovo la rabbia infiammarle tutto il corpo.
“Sei un maiale,
Spike.” Lo insultò con voce gelida, guardandolo male.
“E non mi hai
ancora visto all’opera.” La rimbeccò, facendola arrossire.
Decisamente si
era sbagliata. Era sempre il solito, cattivo, perverso, immorale, vizioso Spike.
Lui si alzò dal
letto sempre sorridente e le rimboccò le coperte. Lei continuava a fissarlo
torva.
“Ora dormi, ne
hai bisogno”
“Credi che potrei
dormire con te intorno?” replicò, ma si sentiva davvero stanca e assonnata. Era
molto provata da tutto ciò che era accaduto, il suo corpo era esausto e
dolorante per i combattimenti e la perdita di sangue.
“Beh, se
preferisci potremmo giocare al dottore...” le rivolse il suo sorriso sensuale e
lascivo, gli occhi blu che brillavano.
“Provaci e ti
polverizzo.” Fu la semplice risposta, e con un sospiro si lasciò andare sui
cuscini. Era davvero molto stanca, perché si addormentò praticamente
all’istante.
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Spike la guardava
dormire, i capelli d’oro sparsi sul cuscino, il viso rilassato e calmo, come non
era abituato a vederlo, le guance leggermente imporporate. Era davvero bella,
non aveva altre parole per descriverla. Fece scorrere lo sguardo sul profilo del
suo corpo disegnato dalle lenzuola, il rigonfiamento del seno, la curva del
bacino...non era solo bella: era anche sexy. Avrebbe tanto voluto farla sua…non
riusciva a sopportare di saperla con quel bamboccio insipido, vederli
abbracciati, a baciarsi, gli faceva una grande rabbia. Non invidiava nulla al
soldatino…eccetto lei. Avrebbe voluto essere lui a baciarla, a sentire la
morbidezza delle sue labbra, ad assaporare la sua bocca mentre esplorava quel
corpo perfetto con le mani. Aveva sperimentato la sua foga e la sua
intraprendenza in combattimento, era sicuro che sarebbe stata altrettanto
grandiosa a letto.
Si piegò verso di
lei, annusandole i capelli: sapevano di buono, qualcosa alla vaniglia, dolce ma
forte allo stesso tempo. Come lei. Sperando che non si svegliasse, perché in
quel caso lo avrebbe davvero polverizzato all’istante, si distese accanto a lei
e la circondò con il braccio. Lei si mosse appena, ma non sembrò destarsi. La
strinse un po’, e avvertendo il suo corpo piccolo premuto contro il proprio non
poté fare a meno di sentirsi felice e appagato. Il suo petto si alzava e si
abbassava regolare, una cosa a cui non era affatto abituato, dormendo solo con
vampire. Come era incredibile e piacevole sentire quanto fosse calda, la sua
pelle, il suo respiro...niente a che vedere con i corpi gelidi di Dru e Harmony.
Poteva sentire la vita scorrere dentro Buffy, vivace e radiosa…era una cosa che
lo faceva impazzire. Poter possedere per una volta non un corpo morto, ma pieno
del calore umano, della forza vitale. Prima, bevendo il suo sangue, aveva
avvertito tutta la sua energia, la sua vitalità, ed era stato meraviglioso. Era
stata dura costringersi a smettere di bere, ma non voleva ucciderla, né fare di
lei un vampiro: Buffy era perfetta così com’era, non voleva corromperla,
privarla della sua purezza.
Lei lo
ossessionava. Non faceva che pensarci giorno e notte, a quanto sarebbe stato
bene se fosse stata sua. La voleva con tutto se stesso…ma non voleva illudersi
di poterla avere. Lui era un vampiro spietato e crudele, lei era la cacciatrice.
Il loro mestiere era uccidersi a vicenda, non amarsi. Eppure…non poteva fare a
meno di voler tentare. In fondo, a quell’idiota di Angel era andata bene. Rise
sommessamente. Se qualche mese prima gli avessero detto che si sarebbe ridotto
anche lui a voler fare il cagnolino della cacciatrice, avrebbe riso loro in
faccia e li avrebbe uccisi senza pietà. Ma in fondo, lui era sempre stato uno
schiavo dell’amore, e non l’aveva mai negato.
Giacque a lungo
accanto a lei, godendo della vicinanza di Buffy, di poter sentire il suo
profumo, il suo calore…e sfiorandole il corpo cercando di non svegliarla. Fu a
malincuore che alla fine dovette scostarsi, accorgendosi che stava per
svegliarsi.
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Dopo essersi
svegliata, si accorse con gioia che poteva di nuovo muoversi. I muscoli erano
ancora un po’ indolenziti, ma il bruciore e il dolore alla ferita erano
completamente andati via, e anche la testa andava meglio. Si alzò,
stiracchiandosi con le braccia in aria, sbadigliando con gli occhi chiusi. Ci
voleva proprio una bella dormita, ed era stato un sollievo risvegliarsi
completamente illesa, conoscendo il soggetto che l’aveva vegliata. Quando riaprì
gli occhi, si accorse che Spike le stava fissando il petto mentre si sgranchiva,
e si affrettò ad abbassare le braccia. Pervertito.
“Allora, usciamo
e diamo una bella lezione a quei quattro” disse, e le piacque sentire che la sua
voce era tornata fiera e sicura senza alcuno sforzo. Si gettò i lunghi capelli
biondi dietro le spalle, guardandosi intorno. “Hai qualche arma qui?”
“Di solito
combatto a mani nude, tesoro.”
“Credevo ti
facessero sentire virile.” Replicò lei, accennando al loro primo incontro. Lui
sorrise, a quel che pareva compiaciuto. Si diresse verso il fondo della cripta,
inginocchiandosi davanti ad una specie di baule, e ne estrasse un’ascia, che
passò a lei, ed un grosso pugnale.
“Sono
invulnerabili su tutto il corpo. Se vuoi ucciderli, devi colpirli in mezzo agli
occhi.” Le spiegò, mentre lei faceva ruotare l’ascia in mano per prendervi
confidenza. “Ricevuto. Andiamo?”
Uscirono dalla
cripta, e Buffy si avventò sui due di sinistra, lasciando a Spike gli altri. Lo
sentì ringhiare, segno che era tornato al suo aspetto da vampiro. Lei diede un
pugno ben assestato ad uno, che cadde a terra con un tonfo, e con un giro su se
stessa schivò gli artigli di quello che aveva dietro e gli piantò l’ascia nel
punto suggeritole da Spike. Come previsto, il mostro smise di cantare ed emise
un gemito baritonale decisamente non melodioso, prima di cadere senza vita ai
suoi piedi. Buffy sorrise: ora che sapeva come affrontarli, non era poi così
complicato. Il secondo si alzò, preparandosi ad infliggerle un’altra ferita, ma
lei lo colpì alla testa con un calcio, mentre staccava l’arma dalla fronte del
primo demone. Si voltò, colpendolo di nuovo di piatto con l’ascia, e poi la
sollevò sulla sua testa per uccidere anche lui mentre era a terra. Ci riuscì, e
stette a contemplare la sua opera soddisfatta mentre ansimava, col respiro
corto. Si voltò e vide che anche Spike aveva ucciso i due che gli spettavano, e
si stava accendendo una sigaretta compiaciuto con se stesso, appoggiato ad un
albero.
“Perché lo hai
fatto?” gli chiese all’improvviso, spinta dalla curiosità.
“Non dovevo? Li
hai massacrati anche tu, mi sembra.” ribatté, tornando all’aspetto umano.
“Ma non quello,
idiota” scosse la testa “Intendevo…aiutarmi, prima. Perché non mi hai lasciata
morire? Non ti ho promesso dei soldi…e poi credevo che mi volessi morta.” Era
sinceramente perplessa. Insomma, non era una cosa che sarebbe dovuta succedere:
Spike la odiava, la voleva uccidere. Era sempre stato così e così era convinta
che continuasse ad essere così per sempre, chip governativi a parte. Ci mancava
solo che l’indomani Glory bussasse alla sua porta e si scusasse sinceramente per
i fastidi che le aveva procurato.
Il vampiro la
fissò intensamente per quelle che parvero ore. Buffy rispose allo sguardo, senza
abbassare gli occhi: non gli avrebbe mai permesso di metterla in imbarazzo.
Finalmente, lo vide aprire la bocca per rispondere.
“Buffy, io…”
“Amore, sono
tornata!”
Entrambi
sobbalzarono udendo la voce acuta e giuliva di Harmony. Lei, da parte sua,
rimase impietrita quando vide Buffy, e lasciò cadere le buste di vario colore
che teneva in mano, correndo vicino a Spike per rannicchiarsi contro di lui, che
assunse un’aria seccata e rassegnata. Buffy le lanciò un’occhiata torva, poi si
strinse nelle spalle. “Devo andare”
Annunciò
freddamente, e si allontanò. Era stata una nottata piuttosto strana, e non
vedeva l’ora di tornare a casa per infilarsi sotto le coperte.
Il peso del mondo
gravava ancora sulle sue spalle, pressante, opprimente, e non poteva farci
nulla. Comunque, doveva andare avanti, e affrontare ciò che le sarebbe capitato.
Doveva. Era il suo destino, lottare, combattere, finché non fosse stata troppo
stanca per andare avanti, finché le forze non l’avessero abbandonata. E allora
tutto sarebbe finito.
L’unico motivo
per cui duri da tanto tempo è che hai ancora dei legami sulla terra. La mamma…
Sua madre stava
morendo, e lei non poteva fare nulla per aiutarla. Sentiva che la stava perdendo
a poco a poco, sotto il suo sguardo impotente…
…una sorellina
adorabile…
Dawn…le voleva
bene. Ma lei non era davvero sua sorella…e anche la responsabilità della sua
vita ora gravava sulle sue spalle. Doveva proteggerla, doveva essere forte, per
lei…ma era così difficile…
Ogni
cacciatrice desidera la morte…anche tu.
Ed era vero.
Fine
Note dell’Autrice:
solo delle piccole accortezze da aggiungere: durante
la ff ho accennato ad altri episodi della serie, ovvero “School Hard”, seconda
stagione, “Fool for Love”, quinta stagione, e un minimo accenno ad un episodio
della settima stagione, “Lies my parents told me”, ma non credo proprio che
possa essere considerato uno spoiler!^^” Per il nome dei demoni, viene da
venenum, i = veleno.
-Melany
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