~
Se
ti piace nascere al tramonto puoi dormire insieme a me
~
Le
sei e ventisei ~
Cesare
Cremonini
Le
sei e ventisei ci sono notti in cui non sai dormire
e più lo
chiami e più Morfeo ti dice: "Non ce n'è!"
Harry
Potter di certo non aveva mai pensato che lavorare come Auror gli
avrebbe creato problemi d'insonnia, ma dopo aver affrontato una
missione all'estero, tornato in Inghilterra, si era trovato a dormire
di giorno e a rimanere sveglio la notte.
Erano
solo le sei del pomeriggio ma il cielo di Londra era già
scuro e le
vie brulicavano di giovani che uscivano quando Harry si
svegliò
sbadigliando.
Si
alzò svogliatamente dal letto e andò in cucina a
prepararsi una
tazza di caffè sporgendosi dalla finestra.
Viveva nella Londra
babbana. Aveva fatto quella scelta solo per evitare di essere sempre
torturato. Gli bastava già il continuo ronzare dei
giornalisti
attorno al suo ufficio al Ministero.
Bevve
il suo caffè continuando a osservare i giovani ragazzi che
passavano
ridendo sempre più ubriachi man mano che le ore passavano.
Non
erano rare le volte in cui si incantava a fissare ciò che lo
circondava.
Il
suo appartamento era sempre estremamente silenzioso quando non
c'erano Ron ed Hermione che gli facevano visita.
Ma
dubitava che i due si sarebbero presentati a quell'orario.
Infondo
erano...
Harry
osservò l'orologio.
Le
2 del mattino.
Sbuffò.
Erano 2 settimane che era tornato, perchè non riusciva a
riprendere
i suoi orari?!
Scendere
per strada in cerca di una birra e poi trovarsi
a raccontare a una
puttana tutti i tuoi perché...
Lo
stomaco brontolò facendogli capire che era l'ora
del pranzo.
Mise
un paio di jeans e una felpa a caso. Prese le chiavi, il portafogli e
il cappotto e scese i 4 piani di scale che lo dividevano dalla porta
del condominio.
Percorse
quello che ormai era diventato il suo tragitto abituale ed
entrò nel
vecchio pub che stava poco distante da casa sua.
Non
era mai molto frequentato quel posto. Era un locale malfamato, dove
spesso si rifugiavano le prostitute d'inverno per ripararsi dal
freddo. Ma lui ci andava proprio perchè in quel posto non ci
andava
quasi nessuno. Non che non si potesse permettere un posto raffinato e
costoso, ma a lui non piacevano quei posti. Gli ricordavano la sera
in cui aveva chiesto a Ginny di sposarlo.
La
stessa sera in cui lei gli aveva confessato di tradirlo da mesi.
Scrollò
la testa cercando di non pensare a quella sera di 6 mesi prima ed
entrò accompagnato dal solito tintinnio del campanello
appeso sopra
la porta.
“Hey
Harry, ti si vede anche stasera.” lo salutò il
vecchio al bancone.
Il
moro sorrise sedendosi in uno degli sgabelli di fronte all'uomo.
“'Sera
Oscar. Il solito.” gli disse prima di osservarsi intorno.
Si
aspettava di vedere seduto nel tavolino all'angolo del locale il
vecchio barbone che si ubriacava ma quella sera, a occupare quel
posto, era un donna.
Indossava
le calze a rete, un vestitino inguinale e molto scollato. Appoggiata
accanto a lei c'era una pelliccia.
Era
facile capire che fosse una puttana, ma aveva qualcosa di famigliare.
I
corti capelli corvini, i tratti del viso sottili e delicati. E gli
occhi. Profondi come pozzi. Pozzi neri in cui perdersi. Pozzi che
fissavano la gente fuori dal locale senza vederla davvero.
Oscar
tornò dalla cucina con un piatto con fish&chips
e una birra bionda ghiacciata.
“Ti
piace la tipa lì?” gli chiese ridacchiando l'uomo
visto che Harry
non le toglieva gli occhi di dosso.
“Cosa?
Oh no... Solo... Ha qualcosa di familiare. Mi sembra di conoscerla ma
non riesco a capire chi sia.” borbottò mettendosi
a mangiare.
“Magari
ci hai fatto una scopata e non te lo ricordi.” disse il
barista con
un'alzata di spalle.
“Non
sono il tipo di uomo che va con le puttane.”
sibilò acido prima di
bere un sorso di birra.
Sospirò
continuando a mangiare silenzio pensando intensamente alla ragazza.
Era
rimasto un ultimo sorso di birra nel suo bicchiere e lui lo fissava
con sguardo vacuo.
Pensò
per l'ennesima volta a quegli occhi profondi e d'improvviso si
ricordò chi fosse.
Pansy
Parkinson.
Portò
di nuovo lo sguardo su di lei.
Non
aveva dubbi. Era proprio la Parkinson.
Ma
che ci faceva lei lì? E sopratutto perchè era
conciata a quel modo?
Non
pensavo di esser stato divertente invece guarda
come ride, sembra
anche felice, molto più di me.
“Grazie
per il pranzo Oscar, metti tutto sul mio conto e tieni questi come
mancia.” disse lasciando un paio di banconote sul bancone e
andando
verso la ragazza.
“Posso
sedermi qui?” le chiese.
Lei
alzò lo sguardo e capendo chi le stava di fronte
sobbalzò.
“C-certo”
sussurrò sperando di non essere riconosciuta.
“Non
avrei mai pensato di trovarti qui.”
“Mi
dispiace, non credo di conoscerla.” rispose indifferente
guardano
nervosa altrove.
“Lo
so che sei tu Parkinson. Non sono stupido. E non sono neppure sul
piede di guerra. Niente insulti per stasera, ok?” propose lui.
Pansy
lo osservò con sguardo minaccioso per qualche istante poi
con un
sospiro annuì.
“Immagino
che vuoi sapere che ci faccio qui.”
“Umm...
anche no. Se non ti va di parlarne non importa.”
borbottò con
un'alzata di spalle.
Lei
sospirò sorridendo amaramente.
“Non
sai mentire. Ti si legge la curiosità in faccia.”
Bevve un sorso
della cioccolata ormai tiepida che aveva di fronte a sé e
poi
continuò a parlare. “Sono stata costretta a fare
questa vita. I
miei erano Mangiamorte e con la fine della guerra sono stati
arrestati e i loro beni confiscati. Mi sono ritrovata su una strada.
All'inizio facevo la barbona, poi ho fatto amicizia con una puttana
che mi ha ospitata. Non mi piaceva però pesarle quindi ho
iniziato a
vendere il mio corpo anche io. Stasera però non mi andava di
lavorare
quindi sono venuta qui.” spiegò senza mai fermarsi
con tono quasi
inespressivo.
“Mi
sento quasi in colpa.” sussurrò Harry guardandola
negli occhi.
“Infondo è colpa mia se i tuoi sono finiti ad
Azka-” lei però
lo interruppe.
“Cazzate.
Se la sono voluta. Nessuno li costringeva a stare dalla parte del
male.” sibilò. “E comunque voglio sapere
tu invece che ci fai in
un postaccio del genere.” aggiunse.
“Non
riuscivo a dormire.” ammise con semplicità lui
guadagnandosi uno
sguardo perplesso da parte sua.
“Sono
tornato da una missione all'estero e non riesco a riabituarmi al fuso
orario diverso quindi dormo di giorno e sono sveglio di notte. Vengo
qui a pranzare tutte le sere.”
Lei
sogghignò.
“E
ti cerchi anche la compagnia?” chiese con malizia.
Harry
arrossì visto che lei gli fece il piedino.
“Smettila!
Non è così!”
Pansy
smise ridacchiando.
“Sempre
il solito santarellino. Come sta la Weasley?” chiese poi.
“Non
ne ho idea. Dovresti chiederlo al tuo vecchio amico Zabini.”
sibilò
rabbioso osservando fuori mentre stringeva le mani a pugno.
“Oh.
Argomento sbagliato.” sussurrò mortificata lei.
“Tranquilla,
non importa. Non è colpa tua. Forse sono solo sbagliato
io.”
ammise con un sospiro. “Probabilmente non le dedicavo
abbastanza
attenzioni o non ci so fare a letto.”
Pansy
si trattene per qualche istante ma poi scoppiò a ridere.
Aveva
una risata cristallina ed Harry fu costretto ad ammettere che fosse
davvero carina quando rideva.
“Quanto
sei idiota. Sono sicura che non dipenda da come fai sesso Potter, ma
che semplicemente lei si sia innamorata di Blaise. La capisco sai. Ho
amato Draco con una intensità incredibile. Per anni l'ho
corteggiato
ma io non gli interessavo. Siamo anche stati a letto un paio di
volte, ma per quanto io cercassi di accontentare tutte le sue
fantasie, lui non mi considerava altro che la sua bambola gonfiabile.
Per voi credo fosse diverso. Lei mi sembrava innamorata di te. Magari
i suoi sentimenti sono solo cambiati. Anche io ormai ho girato
pagina. Nonostante non sia il modo migliore per farlo diventare una
prostituta...” disse diventando mano a mano più
seria.
Rimasero
in silenzio per un paio di secondi.
Ma
se ti piace nascere al tramonto puoi dormire insieme a me.
“Ti
va di farti un giro con me?” le chiese Harry all'improvviso.
Non
sapeva neppure lui da dove gli fosse uscita quell'idea cretina, ma
quando lei accettò sorridendo sentì una strana
felicità
avvolgergli le viscere.
Guarda
un po' dove ti porta la vita!
In questa notte sbagliata la birra è
finita si
ma tu puoi essere mia amica?
Passeggiarono
per un po' nel freddo della notte parlando come vecchi amici. Dopo un
po' si rifugiarono nell'appartamento di Harry per ripararsi dal
freddo penetrante di quella notte che era diventata limpida e
stellata.
Continuarono
a bere birra per ore finché non né rimase neppure
una bottiglia nel
frigo del moro.
Erano
entrambi un po' alticci quando ormai stava albeggiando.
“Mi
ha fatto piacere chiacchierare con te” sussurrò
Pansy sulla soglia
prima di uscire per tornare a casa sua.
“Suonerà
strano, ma è piaciuto anche a me.”
Lei
sorrise facendo per andarsene quando lui la bloccò per un
polso.
“Ehm... sentì, ti va se ci troviamo anche domani
per
chiacchierare di nuovo?” domandò leggermente rosso
in viso.
“Mi
stai chiedendo di uscire?” rispose lei.
“No
no... solo... vuoi essere mia amica?”
Rimasero
in silenzio.
Ci
penserò magari tutta la vita!
Lei
sorrise enigmatica senza rispondere iniziando a scendere le scale.
Harry
rimase lì imbambolato a guardarla.
Era un sì o un no?
Quella domanda lo
torturò fino al momento in cui Morfeo finalmente lo
chiamò a sé.
Se
Dio sapesse di te sarebbe al tuo fianco.
Direbbe: "Son io!
Quel pittore son io!"
Facendosi bello per te.
Ma è troppo
occupato a dipingere nuvole in cielo
per badare anche me..
Sognò
lei per tutto il tempo.
Avvolta
da una luce intensa, vestita di un leggero abito estivo che le
arrivava alle ginocchia. Correva in un campo di girasoli ridendo come
una bambina scappando da lui.
E
poi cadevano entrambi a terra e mano nella mano osservavano le nuvole
bianche correre in cielo.
Quando
si svegliò sorrise d'impulso ripensando a lei e a quanto
bella
fosse.
Immediatamente
sperò di trovarla anche quella sera al locale per poter
chiacchierare ancora con lei.
L'asfalto
mentre corri sembra un fiume verso il mare
il panorama se ti volti
è spazio e tu sei l'astronave.
Si
vestì ad una velocità incredibile e corse a
perdifiato per arrivare
al locale.
L'asfalto
sotto i suoi piedi scorreva veloce e quasi gli sembrava che stesse
andando nel senso contrario, come a volergli impedire di andare a
vederla. Ma non si arrese.
Più
volte si voltò a chiedere scusa a qualcuno che aveva urtato.
Quando
finalmente vide l'insegna del locale rallentò.
Fece
dei respiri profondi per riprendere fiato e poi finalmente
entrò.
Lei
non c'era.
Amareggiato
si sedette al bancone e ordinò un caffè.
Oscar
lo tartassò di domande su di lui e la puttana della sera
precedente,
ma Harry non gli rispose mai rimanendo con lo sguardo fisso
sull'entrata sperando di vederla apparire da un momento all'altro.
Avrebbe
aspettato tutta la notte se necessario per parlarle ancora una volta.
Aveva
ormai bevuto 7 tazze di caffè lungo quando finalmente Pansy
varcò
la soglia.
Indossava
un semplice paio di jeans a sigaretta con un cappottino nero in pelle
e degli stivaletti dai tacchi alti.
Gli
sorrise sedendosi affianco a lui ordinando una cioccolata calda senza
panna.
“Scusa
il ritardo. Ero andata a fare un giro con la mia
coinquilina.”
sussurrò quando Oscar sparì borbottando in cucina
dopo
un'occhiataccia di Harry.
“Tranquilla,
non ero qui da molto.”
Per
qualche istante cadde il silenzio ed entrambi bevvero un po' a
disagio.
E
ora di che potevano parlare?
“Non lavori più?” chiese lei
all'improvviso.
“Cos-
oh no no, lavoro ancora ma mi sono preso un paio di settimane di
ferie. Ero un po' stanco dopo la missione in America.”
“Wow,
in America? Che tipo di missione? Sei Auror se non sbaglio.”
“Sì.
Cercavamo un criminale che prima stava qui a Londra e che ha tentato
di rifugiarsi negli Stati Uniti ma l'abbiamo beccato dopo un paio di
settimane. Niente di particolarmente impegnativo ma il mio
caposquadra è un po'... come dire... volubile.”
“Che
intendi.”
“Bhè, ha idee un po' strane. A volte mi ricorda
Xeno Lovegood.”
“Il padre di Lunatica?” chiese lei dubbiosa.
“Esatto.
Ha come lui una fervida immaginazione ma è molto bravo come
Auror. E
poi è divertente lavorare con lui anche se a volte ti fa
girare le
scatole. Ron invece non la pensa come me. Si lamenta sempre
perchè
ci fanno lavorare più delle altre squadre.”
ridacchiò.
“Ovvio
che lavorate di più. Probabilmente sarete la squadra
migliore, no?
Sopratutto se con voi c'è anche la Granger.”
“No, lei non è
Auror. Ha deciso di buttarsi in legge. Fa la
Magi-avvocatessa.”
Pansy
rise. “Ce la vedo proprio davanti al Wizengamot mentre cerca
di
salvare i suoi clienti. Quella è un diavolo di
donna.”
“Anche
Ron lo dice. Io invece credo che lei sia fantastica. La invidio in un
certo senso.”
“Non ne hai motivo. Cosa ti renderebbe peggiore
di lei?” chiese seria guardandolo negli occhi.
“Hai
frainteso. La invidio perchè è felice. Lei e Ron
si sono sposati 2
mesi e mezzo fa. Io invece... beh, sono tutto solo...”
borbottò
amareggiato.
“Come
sei melodrammatico. Avrai una marea di ragazze che ti muoio dietro,
basta che te ne porti a casa una e non sarai più
solo.” esclamò
lei con una punta di rabbia nella voce.
“Non
è quello che voglio.” rispose sincero lui
osservando la tazza
vuota che ancora stringeva tra le mani. “Portarmi a letto una
qualsiasi non cambierebbe nulla. Vorrei trovare qualcuno da amare e
che ami me. Ma sembra impossibile. Tutte quelle con cui esco sono
interessate alla fama che possono avere stando accanto a me. Sono
destinato a restare single a vita.”
“Stupidaggini. Devi avere
solo pazienza. Troverai di sicuro una ragazza che ti ami
sinceramente. Sarebbe una pazza a lasciarsi scappare un uomo sincero,
coraggioso e dannatamente bello come te.” disse senza
rendersi
conto delle sue stesse parole.
Allo
sguardo stupito di lui infatti arrossì.
“G-grazie
per i complimenti ma non credo ch-”
“Smettila
di negare. Sto dicendo solo ciò che penso e visto che sono
una donna
è ciò che pensano anche le altre donne.”
Di
nuovo lei arrossì dandosi della stupida.
Perchè
gli stava dicendo tutto quello?
Lui
non doveva sapere che le piaceva! E invece gli stava praticamente
confessando tutto.
Si
diede di nuovo della cretina.
“Devo
andare.” disse alzandosi e facendo per andarsene.
Lui
come la mattina precedente la fermò afferrandola per un
polso.
“Aspetta.
Ti prego. Vieni con me.” la supplicò quasi.
Pansy
deglutì abbassando lo sguardo.
Annuì
arrosendo e dandosi ancora della stupida. Si stava comportando come
un'adolescente innamorata!
Quella
constatazione le tolse il respiro.
Cazzo,
si era innamorata di Potter.
Ma
com'era potuto accadere?!
Perderti
nei vicoli, domani non svegliateci
c'è la luna da esplorare, la
stella polare dov'è?
Non
seppe neppure come ci erano arrivati, ma quando finalmente
ricominciò
a respirare si ritrovò nell'appartamento di Harry.
Lui
era in piedi di fronte a lei dandole le spalle.
Sembrava
indeciso su qualcosa.
Pansy
si perse a osservare la sua figura che si stagliava nella
semioscurità della cucina dell'appartamento. Aveva le spalle
solide,
la schiena dritta e il sedere sodo. E delle gambe forti, muscolose,
scattanti. Semplicemente mozzafiato.
Mai
si sarebbe immaginata anni prima di sentirsi attratta da Harry, ma in
quel momento desiderò con tutta sé stessa di
potersi stringere a
lui e di sentire il moro stringerla a sua volta.
Harry
dal canto suo desiderò esattamente la stessa cosa.
Si
voltò e la guardò negli occhi per qualche
istante. Le si avvicinò
carezzandole il viso. Aveva la pelle freddissima e le labbra sottili
erano vermiglie a causa della bassa temperatura.
Desiderò
immensamente baciarla in quel momento ma aveva paura.
Come
avrebbe reagito lei?
Dopo
lunghissimi attimi di silenzio Pansy sospirò insoddisfatta.
“Cos'ho
che non va?” gli chiese. “Ti faccio così
pena? Non vuoi baciarmi
perchè sono sporca? Perchè sono una
puttana?” continuò sentendo
quasi le lacrime pungerle gli occhi.
Lui
fece un cenno di negazione con la testa e le sfiorò il naso
con il
suo.
“No.
Ho solo paura di rimanere scottato di nuovo.”
sussurrò sincero.
Rimasero
fronte contro fronte per qualche attimo poi anche lei gli
carezzò il
viso.
“Anche
io. Anche io ho paura.” sussurrò prima di
sfiorargli le labbra con
le sue. “Non voglio essere tua amica, Harry. Mi piacerebbe
essere
qualcosa di più.” aggiunse prima di baciarlo di
nuovo cercando una
risposta in lui.
Per
alcuni istanti non rispose sentendo il cuore prima fermarsi e poi
battere furiosamente in pochi secondi di distanza. Non credeva che
potesse esistere una sensazione del genere.
La
felicità che aveva provato la prima volta che lui e Ginny si
erano
baciati non era neppure lontanamente paragonabile.
Improvvisamente
rispose con un impeto, una passione e una dolcezza che Pansy non si
sarebbe mai aspettata. Anche per lei quel bacio era diverso.
Aveva
sempre creduto che i baci di Draco sarebbero stati i più
belli della
sua vita. Li aveva sempre desiderati ed erano così rare le
volte che
lui l'aveva baciata che ogni singolo bacio aveva uno spazio speciale,
tutto suo, nella sua memoria.
Ma
il solo sfiorare le labbra di Harry le aveva fatto dimenticare come
fossero quelle del biondo.
Erano
quelle le labbra che voleva.
Quelle
le mani che dovevano sfiorarle il corpo.
Voleva
solo lui.
Lo
aveva sempre voluto.
Ed
era sicura che anche Harry, in quel momento, mentre la guardava negli
occhi sfiorandole le braccia, stesse pensando le stesse cose.
Non
seppero neppure come successe ma si trovarono nella camera da letto
del moro spogliandosi a vicenda con estrema lentezza, scoprendo l'uno
il corpo dell'altro quasi con timidezza, paura...
Fu
la notte più bella della loro vita.
Fu
il sesso migliore della loro vita.
Era
la prima volta che facevano l'amore entrambi.
Quando
Morfeo li avvolse tra le sue comode braccia, Harry stringeva forte a
sé Pansy per la vita e lei ascoltava i battiti del suo cuore
con la
testa appoggiata sul petto scolpito dell'Auror.
Lo
stesso pensiero però li colse un attimo prima di
addormentarsi.
Non
volevano che il sogno finisse.
Non
volevano svegliarsi il giorno dopo.
Temevano
che tutto potesse finire...
Poi
sentirsi liberi, prigionieri e simili.
Torneremo liberi! Ma liberi
da che?
Pansy
aprì gli
occhi con lentezza infinita.
Per un attimo sperò
di non aver solo sognato ciò che era successo la notte
precedente.
Ma era sola nel
letto. Lo aveva capito da un pezzo e per questo aveva aspettato per
un'infinità prima di aprire gli occhi.
L'ambiente
che la circondava le era sconosciuto, eppure ormai si era abituata a
risvegli del genere visto il lavoro
che faceva. Solo... quella volta sperò di non essere stata
usata.
Ricordava lo sguardo
di Harry la notte prima ma non poteva fare a meno di temere di averlo
solo immaginato presa com'era dalle sensazioni che le avevano fatto
batte davvero il cuore.
“Buongiorno.”
sussurrò la voce calda del moro.
Pansy sussultò
mettendosi a sedere e guardando alle sue spalle.
Harry se ne stava
seduto su una poltroncina con addosso solo un paio di jeans slavati e
una vecchia felpa consumata bevendo tranquillamente da una tazza.
Osservava il nulla
respirando profondamente.
Rimasero in silenzio
a lungo.
L'unico rumore che
si sentiva era quello del traffico che bloccava le strade di Londra a
quell'ora.
“Sono
le cinque del pomeriggio.” aggiunse lui con tono inespressivo.
La ragazza sentì il
cuore incrinarsi.
Quindi era vero...
aveva solo immaginato la dolcezza nei gesti dell'uomo che le stava di
fronte.
Silenziosamente
scese dal letto recuperando i suoi vestiti e indossandoli
velocemente.
Voleva andarsene il
prima possibile. Dimenticarlo il prima possibile.
Non avrebbe mai
pensato di potersi sentire libera come era successo nella notte prima
e ora che le catene tornavano a stringerla le pareva di morire.
Sperò che lui si
sentisse almeno un po' come lei. Voleva che soffrisse.
Magari così si
sarebbe sentita meglio, un po' più libera di nuovo.
Libera da cosa poi?
Non si sarebbe mai
liberata di lui. Non si sarebbe mai liberata delle sue catene senza
lui.
Una lacrima. Due.
Tre. Dieci. Cento.
Non poté impedirsi
di piangere, ma non si lasciò sfuggire neppure un singhiozzo.
Harry non doveva
capire che stava soffrendo.
“La
prossima volta ti faccio pagare il servizio.”
borbottò prima di
uscire dalla camera da letto del moro cercando di andarsene con
almeno un po' di dignità.
A quelle parole
anche il cuore di Harry si spezzò.
Strinse forte la
tazza ormai vuota. Così forte che qualche istante dopo
rimanevano
solo i cocci tra le sue dita tagliate e sporche di sangue e
caffè.
Bruciava. Bruciava
immensamente.
Si sforzò di
pensare che fosse il caffè nelle ferite sulla mano a
bruciare ma
sapeva che non era così.
Era il suo cuore a
bruciare.
Si sentiva in colpa.
Ma che altro avrebbe dovuto fare?
Loro erano...
diversi... troppo...
Se
ti piace nascere al tramonto puoi dormire
Se ti piace nascere al
tramonto puoi dormire
Se ti piace nascere al tramonto puoi dormire
insieme a me.
Era
un bugiardo.
Loro erano le due metà della stessa mela.
E lui stava facendo
la cazzata più grande della sua vita lasciando andare
così.
Scese le scale 4
scalini alla volta e subito si diresse verso il locale di Oscar.
Era sicuro di
trovarla lì.
Si sbagliava.
Lei era così
sconvolta che non era riuscita a camminare per più di un
paio di
metri.
La vide mentre
correva e all'improvviso si fermò voltandosi a guardarla.
Era fantastica. Una
visione. La luce del sole faceva dei riflessi incredibili sui suoi
capelli e le lacrime che scendevano lente lungo le sue guance
brillavano come rubini mentre se ne stava seduta sugli scalini di una
fontana che riluceva di mille fiammelle liquide.
Si avvicinò con
passo calmo sperando che lei non fuggisse.
Doveva dirle la
verità.
Dirle che non sapeva
perchè e come fosse successo ma che si era innamorato
perdutamente
di lei e che non poteva pensare di perderla.
Quando la raggiunse
si sedette accanto a lei.
Pansy sussultò
capendo chi fosse e sgranò gli occhi vedendo il sangue
colare dalla
mano sinistra del moro.
“C-cosa
hai fatto alla mano?” chiese asciugandosi le lacrime.
“Nulla...
Ho solo cercato di dimenticare il dolore che mi attanagliava il cuore
provocandomi altro dolore... Ma è ancora troppo forte la
stretta al
cuore. Non sento assolutamente nulla.” rispose sincero
guardandola
negli occhi.
La ragazza guardò
altrove ricominciando a piangere.
“Solo
se morissi toglierei il dolore probabilmente...”
continuò.
“Non
fare il melodrammatico.” sibilò scontrosa la ex
Serpeverde.
“Dico
solo la verità. Ci sono solo due cose che mi toglierebbero
il
dolore. Tu o la morte. Ti amo troppo.”
Pansy fece una finta
risata amara.
“Tu
deliri.” aggiunse smettendo di piangere. “Mi sento
già
abbastanza stupida senza che tu continui a mentire. Smettila. Sei
peggio del Serpeverde più crudele.”
Si alzò in piedi
iniziando a camminare osservando terra.
All'improvviso si
fermò. Indecisa.
“Se
ti piace nascere al tramonto... puoi dormire insieme a me.”
sussurrò.
Harry alzò lo
sguardo.
Aveva sentito le sue
parole ma non ne capiva il significato.
“Dici
di essere innamorato di me. Se è così devi essere
pronto a vivere
con me. Il che vuol dire che dovrai vivere di notte come faccio io...
Nasconderti come faccio io... Sei disposto a rinunciare alla tua vita
per me?” gli chiese guardandolo negli occhi.
Se
Dio sapesse di te sarebbe al tuo fianco.
Direbbe: "Son io!
Quel pittore son io!"
Facendosi bello per te.
Ma è troppo
occupato a far piovere il cielo
dare vita a uno stagno e forza
all'oceano
ed io come un vecchio scienziato
l'ho scoperto.
L'ho
scoperto.
Il
moro le sorrise
alzandosi e andandole incontro.
Non sapeva perchè
ma si sentiva l'uomo più fortunato del mondo.
Perchè lei era
rimasta nascosta. Neppure Dio l'aveva vista altrimenti le sarebbe
sempre stato accanto vantandosi di aver creato la creatura
più bella
del mondo.
Ma era sempre stato
troppo occupato a far piangere il cielo di Londra, a far muovere le
acque tranquille del Lago Nero, a creare tempeste nell'Oceano...
Solo lui l'aveva
scoperta.
Era solo sua.
E non aveva alcuna
intenzione di rinunciare a lei.
“Mi
è sempre piaciuto il tramonto e lo trovo il momento migliore
in cui
svegliarsi.” le sfiorò il viso con la mano sana.
“Rinuncerò a
tutto per te.”
Pansy sorrise senza
riuscire a impedirsi di piangere di nuovo.
Il cuore scoppiò di
nuovo nel suo petto, liberandosi delle pesanti catene che da tempo le
stringevano l'anima.
Lui era la sua
libertà.
Lui era la sua metà
mancante.
Lui era tutto.
“Non
sarà necessario cretino... Ti stavo solo mettendo alla
prova. Non
voglio più nascondermi. Voglio stare con te alla luce del
giorno e
sotto il cielo stellato della notte. Sempre.”
Si sorrisero
baciandosi ancora una volta mentre di nuovo la luce del tramonto
lasciava posto allo splendore delle stelle.
Era una notte
limpida a Londra. Ed erano rare le notte limpide nella città
della
pioggia.
Forse quella sera
Dio si era reso conto finalmente di aver perso la sua creatura
più
bella. Ma era troppo tardi per riprendersela.
Harry ora l'avrebbe
difesa a qualunque costo.
Spazio
dell'autrice.
Che
dire. Ho scritto questa
song-fic in un momento di ispirazione da ansia pre-compito di
geografia. Sono consapevole di essere in un ritardo incredibile con
gli aggiornamenti della mia long-fic ma l'idea di questa shot mi
è
piaciuta così tanto che non sono riuscita a trattenermi dal
scriverla.
Spero gradirete questa cosa
che ho scritto senza alcun impegno particolare. Lasciatemi i vostri
commenti se vi va.
Con la speranza di trovare
il tempo e l'ispirazione per scrivere il capitolo della mia long-fic,
vi mando mille baci e ringrazio in anticipo coloro che commenteranno.
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