Renaissance
[continuo ad
allegare i commenti presenti sul sito di Iroy, il nostro amato e
scomparso LEIF]
Gioia e gaudio, eccoci
di ritorno !!! Be’, forse voi lettori non siete
così contenti…ma noi sì !! ^o^
Questo è il
terzo capitolo, frutto della mente di Hikuraveku, la mia adorata kohai
!!! E presto anche il 4°, sempre di mano sua!! Chiediamo scusa
per l’eternità trascorsa tra l’ultimo
aggiornamento e questo, confidando nella speranza che i successivi
vadano a buon porto e che non ci abbiate abbandonate nel frattempo
ç.ç !! Thanks a tutti e see you soon!
3.
Adieu
Il 10 Marzo era una splendida giornata. Il sole
splendeva alto nel cielo terso di un blu intenso, la sua luce
vivacizzava in un modo incredibile i colori dei fiori del giardino
della villa Di Ganymede.
Una missiva era appena giunta dal palazzo imperiale. Dopo la fine della
guerra contro la Gilda la rete di vanship era diventata molto
più fitta ed efficiente. Il marchese di Ganymede stava
leggendo nel salone rosso, seduto su una poltrona di velluto carminio
accanto al camino. Un invito. Si era assentato per molto tempo dalla
sua casa e, nonostante ciò, non era mai andato nella
città imperiale, sebbene avesse ricevuto più
volte richiami dal precedente imperatore, essendo egli molto importante
nella società di Anatore. Ed eccolo qui, il primo invito da
parte di un nuovo governante. Recava una firma semplice ma elegante, a
tratti essenziale, priva di inutili fronzoli, il che delineava una
strana ed inusuale fretta nell’apporre il proprio nome :
Sophia Forrester.
Il marchese Di Ganymede scorse le poche righe con disattenzione, quasi
con una certa noia. La costituzione di una nuova carica. Non aveva
intenzione di rientrare nel sistema, ora voleva dedicarsi solo e
soltanto alle persone comuni che incontrava per strada e che, con un
timido sorriso, lo salutavano educatamente. Si tolse gli occhiali
intarsiati d’oro, pose la lettera sul grembo e vi mise le
lenti sopra. Sospirò chiudendo gli occhi, avrebbe negato la
sua presenza come d’altronde faceva ormai da molto tempo,
anche se dentro di sé sentiva una piccola
curiosità accenderlo. Conosceva la nuova imperatrice
soltanto di vista, ma aveva sentito molte voci in proposito. Voci
sull’accademia, voci sull’imbarco sulla Sylvana,
voci sul suo oneroso titolo nonostante la sua giovane età.
Gli sarebbe piaciuto conoscere la figlia dell’imperatore, ma
l’idea di tornare tra quelle fila di signorotti non lo
allettava moltissimo.
D’improvviso udì dei passi che lo distolsero dai
suoi pensieri. Erano passi lenti, gravi, che si avvicinavano. Si
fermarono nel quadro della porta. Il marchese voltò la
sguardo. Alex. Indossava uno dei suoi abiti scuri di quando aveva
ancora trent’anni, chissà perché erano
detti bei tempi quelli. I capelli pettinati sembravano più
lunghi e descrivevano larghe onde sfumate di grigio che riluceva alla
luce del sole che filtrava dalle finestre. Gli occhi severi, aveva uno
sguardo duro, non inespressivo, ma duro e soffusamente irato. Di
un’ira silenziosa, tacita, che di tanto in tanto faceva
scintillare quelle pupille ombrose, scure e sfumate di nero intenso
verso l’interno.
-Ben svegliato!- mormorò il marchese salutandolo con un
gesto del capo
-Buongiorno.- rispose il giovane con parole mute.
-Cosa è accaduto ? La mia cameriera vi ha forse
usato qualche scortesia?-domandò in tono ironico il marchese
invitandolo a sedersi sulla poltrona di fronte a lui.
-Mi hanno detto che potevo trovarvi qui.- mormorò Alex
accomodandosi e accavallando le gambe. Abbassò gli occhi,
poi li rialzò fissandoli penetranti in quelli di Ganymede :
-Immagino di dover ringraziare voi se ora sono qui.-
-A vostro piacimento. Io personalmente ringrazierei Cladius, Lily,
Lucilla ed il mio dottore. Non sembrate un uomo che ama parlare. Non
sprecate ringraziamenti per me che ho solo messo a disposizione la mia
umile dimora. Piuttosto, come vi sentite stamani ? Ricordate qualcosa
in merito a quanto vi è successo ? -
-No.-
-Niente ?-
-Niente.-
-Ma ne siete sicuro ? Eppure il dottore mi aveva detto che bene o male
la situazione sarebbe cambiata a breve ! Siete assolutamente certo di
non ricordare nulla ? Anche qualcosa della vostra vita passata,
qualsiasi cosa!-
-Qualsiasi cosa.......quell’immagine,
quell’immagine è scomparsa ormai da parecchi
giorni.-
-Immagine ? Di cosa state parlando ? Ricordate qualcosa dunque ?!-
-Io...non so- mormorò Alex portandosi le mani alla testa. Il
marchese pensò che avesse mal di testa, probabilmente per lo
sforzo mnemonico, ne era stato avvertito dal medico. Attese
finché il giovane non soggiunse :- Era una donna dai lunghi
capelli color della sabbia bagnata, gli occhi verdi e profondi, e
poi...e poi quell’ombra sul viso. Sorrideva, sì
sorrideva, ma c’era come un’ombra che oscurava quel
sorriso.- Mentre parlava il giovane aveva gli occhi chiusi, come se in
quel momento stesso riuscisse a vedere quel volto misterioso. Un lieve,
sussurrato sorriso gli increspò le labbra per un
’istante, poi tornò alla solita
inespressività.
-Dite che apparteneva alla vostra vita passata?-
-Non saprei ma...forse...no ! Lei era importante. Sicuramente era molto
importante !- mormorò con un crescendo e poi un decrescendo
di tono. La sentiva così importante. Possibile che insieme
alla sua memoria avesse perso anche lei ?
-Avete detto color della sabbia bagnata, giusto?- domandò
con voce ferma il marchese rivalutando quel noioso invito che ora
acquistava un aspetto molto più allettante.
-Sì.- fu la risposta
-Bene ! Ho idea che io e voi faremo un viaggio tra qualche giorno !
Sempre se non vi disturba, chiaramente !- esclamò Di
Ganymede offrendogli un calice di vino rubino.
-Un viaggio...per dove ? Che interesse avete nel portare anche me ?-
-Oh suvvia ! Che problema avete ? Quello che vi propongo non
è un viaggio qualsiasi : andremo nella città
imperiale, mi è appena giunto un invito per quel luogo
firmato direttamente dall’Imperatrice !-
-E io cosa ho a che fare con tutto ciò ?-
-L’Imperatrice, amico mio, ha dei meravigliosi capelli
castano chiaro, sapete, a pensaci bene ricordano proprio una distesa di
sabbia bagnata. E poi, se volete recuperare i vostri ricordi dovrete
viaggiare molto; io vi offro soltanto un luogo da cui poter cominciare.-
Ci fu un istante di silenzio. Non era un silenzio opprimente, ma
leggero, rarefatto, uno di quei silenzi di cui ci si accorge solo dopo
averne rotto le trame con una sottile lama di suono. Alex
sospirò, si alzò in piedi e pose il bicchiere
sopra al camino ; poi si volse verso l’uomo davanti a lui,
ancora un sospiro come un’ultima catena che lo ancorava al
passato, parlò :
-Vedete, io vi sono veramente grato per quello che avete fatto per me,
ma non ho intenzione di seguirvi fino alla città imperiale.
Vorrei togliere il disturbo quanto prima, oggi stesso forse. Non credo
che il mio passato sia così importante,
continuerò per la mia strada, se poi il destino
vorrà restituirmi quanto mi ha sottratto, sarò
lieto di riceverlo. Grazie infinite.- fece un leggero inchino e poi si
incamminò verso la stessa porta da cui era entrato. Una sola
porta, eppure due. Che bizzarri sconvolgimenti si hanno a causa di
semplici particolari. La stessa porta che lo aveva portato da lui ora
si accingeva a sottrarlo al suo sguardo.
-Aspettate !- esclamò il marchese alzandosi di scatto e,
quando vide il giovane rivolgersi nuovamente a lui, aggiunse :
-Perché ?-.
Alex si voltò nuovamente verso la porta, poi, quando
l’ebbe raggiunta, tornò a guardare il marchese.
Quegli occhi così profondi sembravano contenere il nero
oblio della sua mente. Come poteva una tale inespressività
essere tanto eloquente ? Un calmo e lieve sospirò
increspò appena le sue labbra :
-Può darsi che io abbia già vissuto la mia
felicità, e non me ne tocchi altra.-
Tutto fu avvolto nel silenzio ed il marchese si ritrovò solo
in quel salotto. Ancora una volte si era trovato dinnanzi quella
battaglia. Sapeva bene che non gli apparteneva, ma si accorgeva che ne
veniva comunque coinvolto e stravolto, tanto da illudersi ogni volta di
poter fare qualcosa, invece...
Ricadde sulla poltrona a peso morto, con gli occhi chiusi. Sapeva che
non poteva fare sua quella battaglia però non poteva
rinunciare almeno al tentativo. Lui voleva soltanto provare ad
aiutarlo, non poteva rinunciarvi per quanto difficile potesse rivelarsi.
Alex camminava con tranquillità e disinvoltura lungo il
corridoio. Salì le scale e raggiunse la sua camera al piano
di sopra. Non aveva mai avuto l’occasione, fino a quel
momento, di osservarla con attenzione. Colori caldi pastello
ricoprivano le pareti, il legno del mobilio le conferiva un aspetto
accogliente con un tocco di nobiltà a causa delle
intarsiature raffinate che andavano sviluppandosi sui lati del comodino
e dell’armadio.
Alex si sdraiò sul letto. Fissava il soffitto di
un bianco puro e spento. Era finita. Ormai era tutto finito e lui era
riuscito a lasciar andare quei ricordi. Non avrebbe più
rivisto quell’immagine, non gli si sarebbe più
stretto il cuore al pensiero di non ricordare chi fosse e di saperla
lontana, e non avrebbe mai più sofferto tentando di capire
il perché di quell’ombra sul suo viso. Era tutto
finito, ma ora...ora si sentiva stanco e vuoto. Un uomo senza ricordi,
lui, privo di ricordi poteva definirsi davvero felice ?
Sospirò a quei pensieri : non era mai stato superficiale,
almeno aveva l’impressione di non essere mai riuscito ad
esserlo, ed era ancor più per questo motivo che gli
risultava difficile accettare quell’ombra. Se la ragione di
essa fosse stato lui stesso, come credeva, non poteva permettersi di
tornare a quel passato. Non poteva tornare ad oscurare ancora un
sorriso che probabilmente ora risplendeva limpido e spensierato, non se
lo sarebbe mai perdonato. Ed era proprio per questo motivo che aveva
dovuto lasciare andare quei ricordi. D’altronde cosa se ne
sarebbe mai fatto ? Ora doveva vivere solo soltanto per il suo futuro
ed il prossimo sorriso lo avrebbe conservato, custodito e protetto per
sempre.
Alex chiuse gli occhi : lei non c’era. Si sentì
davvero spossato nonostante non avesse fatto nulla di così
impegnativo, era come se si fosse liberato di un terribile fardello, ma
ora il non averlo si rivelava ancora più opprimente del
possederlo ed esserne gravato. Si assopì. Solo qualche lieve
e melodioso cinguettio interrompeva l’atmosfera di silenzio
che cullava il suo respiro, un respiro regolare, calmo, silenzioso che
celava un animo turbato, ma d’altronde lo sapeva bene : non
poteva esistere Alex senza qualcosa in lui che fosse turbamento ed in
inquietudine costanti. Il lottare giorno per giorno faceva parte di
lui, era intrinseco, quasi come una battaglia abitudinaria a cui,
ormai, si fa meno attenzione, ma che c’è e
prepotentemente vorrebbe emergere sul viso, un’espressione,
anche solo un attimo, un’espressione contorta per la
sconfitta e lei avrebbe vinto, sarebbe uscita ed avrebbe vinto.
Ora, dopo aver perso tutto, questa lotta era l’unica cosa che
gli era rimasta. Una battaglia che non l’aveva mai
abbandonato, come un secondo cuore che palpitava irregolare e gli
ricordava quel desiderio che da molto sentiva agitarsi dentro di lui,
ma che cercava in tutti i modi di far tacere. Per lei, per quel sorriso
come luce intensa a rischiarare il cuore di colui che è
cieco, lui non l’avrebbe cercata, né rivista mai
più.
|