Questa è la storia di Greta e Tom, o meglio, di Greis e Split. Però è anche la storia della ricerca dell'amore del piccolo Bill. E' ls storia di un'amicizia profonda... quelle amicizie che durano da una vita e non si possono spezzare. E' la storia di tre persone inscindibili, legate a doppio filo tra di loro.
I Tokio Hotel non mi appartengono e con questo scritto non voglio dare
nessuna rappresentazione della realtà.
1.
Greta
guardò il suo vecchio Swatch che non toglieva mai. Era verde
acido, e
sul quadrante era disegnata una scarpa rossa con un alto tacco a
spillo, infilzato da spade. Ne aveva sempre contate cinque, ma forse
erano sei. Quell'orologio era completamente rovinato, ma era un regalo
a cui teneva troppo.
Erano in ritardo, come al solito, probabilmente
avevano trovato traffico dall'aeroporto o forse si erano fermati a
prendere qualcosa da mangiare. Guardò la lancetta dei
secondi scandire
rumorosa quel minuto che le parve per un istante interminabile, non
sapendo perché il cuore le stava battendo così
forte. Erano solo loro
che tornavano a casa dopo un periodo di assenza, erano solo le due
persone che conosceva quasi meglio di se stessa, che non vedeva da un
mese... erano solo i suoi migliori amici. Si sistemò sul
divano mentre
Simone ritornava dalla cucina e le regalò uno dei suoi
sorrisi
rassicuranti che facevano tanto mamma, quella che lei non aveva mai
avuto. Le sorrise anche lei e si scansò verso il bracciolo
per farle un
po' di posto sulla pelle tesa e nera del divano ad angolo del
soggiorno. Si spostò una ciocca di capelli mentre la donna
si sedeva al
suo fianco posandole una mano sul ginocchio e sospirando.
- Sono in arrivo, hanno trovato un po' di traffico -
Immagino
– rispose la ragazza poggiando il gomito sullo schienale e
tenendosi la
testa con la mano – sembra che abbiano la calamita
per il traffico quei
due -
Simone le sorrise ancora accarezzandole una guancia e
mettendole una mano sotto al mento, dolce e amorevole, come sempre,
come quando era bambina e Tom la faceva cadere e si sbucciava sempre le
ginocchia. L'odore di disinfettante le ricordava sempre Simone, quando
le posava il cotone sulla ferita e le diceva di soffiare per sentire
meno dolore.
- Cos'hai tesoro? -
Greta abbassò gli occhi; quella
donna aveva lo stesso potere di destabilizzare le persone con lo
sguardo, come Bill e Tom. Stessi occhi e stessa intensità.
La ragazza
aveva imparato ad essere immune a quel colore, ma ogni volta faticava a
non rimanere ipnotizzata.
- Sono solo stanca -
Lo sai che io non
ci casco – le rispose Simone con tono di finto rimprovero
posando il
bicchiere di succo di frutta che aveva tra le mani e sorridendo ancora
– sei un libro aperto per me -
Era quello di cui aveva paura. Paura
che fosse un libro aperto anche per loro due, proprio adesso che non
voleva essere letta da nessuno, proprio adesso che aveva bisogno di
passare inosservata -
Avanti – la esortò la donna – Lo sai che
con me puoi parlare, non dirò niente ai ragazzi -
- I ragazzi? - chiese Greta sorridendo – Mi sono mancati... -
- Non cambiare discorso signorina -
-
Non sto cambiando discorso – si mise sulla difensiva la
ragazza
sedendosi composta e fissando il bicchiere di succo di frutta. Era alla
pesca, ne poteva sentire l'odore dolce anche seduta su quella pelle
nera e lucida che sapeva di nuovo.
- Greta – Simone si sporse e riprese il bicchiere –
dimmi cosa c'è -
-
Perché devo necessariamente aver fatto qualcosa? Sono solo
un po'
stanca. - Si girò verso di lei abbozzando un sorrisetto e
mettendole
una mano sul ginocchio – Davvero! -
- Perché pensi di potermi raccontare le bugie? - chiese la
donna alzando un sopracciglio.
- Non è una bugia! -
-
Greta – la rimproverò Simone – hai
guardato l'orologio troppe volte da
quando sei arrivata, e sento che sei in ansia... c'è
qualcosa che vuoi
dirmi? -
- Sono solo ansiosa di rivederli – si giustificò
ancora.
Simone
posò nuovamente il bicchiere di succo di frutta alla pesca e
si girò
verso la ragazza. La guardò con lo sguardo di disappunto
classico delle
mamme, quello che ti fa venire il nervoso, perché loro
capiscono sempre
tutto senza che tu parli, senza che tu possa avere un minimo di privacy
dei tuoi pensieri. Loro, le mamme, capiscono sempre tutto, anche se
quella in persona non è la tua vera mamma, anche se tu non
vuoi che lei
sappia, vuoi che nessuno sappia la follia che ti è balenata
nella
testa. Greta si chiedeva se quando sarebbe diventata mamma avrebbe
avuto anche lei quel potere.
- E' Bill o Tom? - chiese Simone mostrando un sorrisino.
- Cosa è Bill o Tom? - rispose Greta spalanco la bocca.
- Sono sicura che sia Tom – continuò la donna.
-
Simone non so di cosa tu stia parlando – rispose la ragazza
boccheggiando e abbozzando un sorrisetto di circostanza, spostando gli
occhi in più punti del salotto per cercare di non finire
nuovamente nel
turbinio di quello sguardo castano.
- E' Tom, lo sapevo! - rise la
donna bevendo un po' di succo di frutta – L'ho sempre pensato
che prima
o poi ti saresti svegliata -
- Simone – rispose Greta scandalizzata – Svegliata
da cosa? Non riesco a capire... -
Sapeva
che era inutile fingere. Quello che cercava di ricacciare dentro al
posticino del suo cuore in cui quel sentimento si era sempre nascosto
continuava a venire fuori. Sentimento che aveva tenuto nascosto forse
per diciotto anni. La prima volta che lo aveva visto gli aveva chiesto
se voleva essere il suo fidanzato e lui si era messo a ridere dicendo
che ne aveva già quattro e che se ne avesse lasciata una le
avrebbe
fatto sapere. Rise tra sé e sé al ricordo di quel
bambino biondo che
sembrava sempre così sicuro di sé ma che in
realtà era così indifeso e
timido che tutt'ora le veniva sempre voglia di difenderlo quando
sentiva qualcuno che parlava male di lui.
E sentiva sempre troppo per i suoi gusti.
Si
poggiò sullo schienale prendendo con un gesto nervoso il
bicchiere
dalle mani di Simone e bevendolo tutto d'un fiato. Era pesca.
Posò il
bicchiere sul tavolo e si girò verso la donna.
- Sai quando mi sono
innamorata di lui? - chiese sicura fissando Simone. La madre dei
gemelli non rispose spostando semplicemente la testa di lato in attesa
che la ragazza parlasse.
- Eravamo all'asilo e qualche giorno prima
mi aveva detto che 'mi avrebbe fatto sapere' se avesse lasciato una
delle sue quattro fidanzate. Mi fa strano pensare che un bambino di
quattro anni possa aver detto quella frase, eppure Simone, quello
è uno
dei momenti della mia vita che mi è rimasto più
impresso nella mente e
tuo figlio disse proprio 'te lo faccio sapere' – Greta
sorrise e
continuò posando di nuovo la testa sulla mano –
per me era una sfida,
nessuno mi aveva mai detto di no e ci ero rimasta veramente male,
così
quella fatidica mattina arrivai nell'angolo segreto che avevamo in
classe... l'avevano costruito Bill, Tom e Andreas e permettevano solo
ad alcune persone di entrarci dentro, se entravi nell'angolo segreto
eri un figo, così funzionava... -
- Me lo ricordo – rispose Simone annuendo.
-
Ero decisa a dirgli che io dovevo essere la sua fidanzata
perché ero
più bella di tutte quelle che già aveva e che
potevamo darci la mano
quando mangiavamo a pranzo perché io avevo deciso
così e lo volevo a
tutti i costi. Era diventato come la bambola che mio padre non mi aveva
mai regalato per Natale, doveva essere mio non importava altro. Quando
arrivai nell'angolo segreto vidi una scena che negli anni successivi
avrei avuto sempre più spesso di fronte agli occhi e per
quanto potessi
essere piccola, quando lo vidi a fianco di Bill mentre lo consolava
perché un bambino gli aveva preso Hans... te lo ricordi
Hans? -
Come dimenticarsi quel pupazzo rattoppato. Non lo lasciava mai...
– sorrise la donna alzando gli occhi al cielo.
-
Beh, un bambino aveva preso Hans a Bill e Tom lo consolava mentre
piangeva... In quel momento Simone credo di essermi innamorata di tuo
figlio, ma... l'ho capito solo quando sono partiti il mese scorso. -
Greta alzò le spalle e si morse il labbro.
- Perché cosa è successo? -
-
Niente, non è successo niente, è questo il
problema principale! - rise
la ragazza – mi ha sussurrato all'orecchio 'mi mancherai'
come fa
sempre, ma non so cosa avesse nella voce, mi è arrivato lo
stomaco in
gola e il cuore ha cominciato a battere così forte che
pensavo potesse
esplodermi fuori dal petto -
- E... -
- E tutto questo mese non
ho fatto altro che stare su internet per sapere cosa stesse facendo,
nonostante il suo numero in rubrica è sempre e comunque il
primo, è
sempre stato il primo, ed io in questo mese non l'ho chiamato se non
una sola volta e per semplice miracolo sono riuscita a parlare.
Balbettavo e sudavo freddo e adesso non ho la minima idea di come
affrontare questa situazione – Greta si alzò dal
divano e si mise una
mano sulla fronte fissando sconcertata Simone ed indicando la porta
–
tra qualche minuto entrerà da lì ed io non sono
riuscita a parlargli al
telefono figuriamoci a sostenere una conversazione mentre mi fissa
negli occhi, mentre è nella stanza mentre sento il suo odore.
- Greta calmati -
- Come faccio a calmarmi? Anzi no, mi devo calmare assolutamente,
sembro una delle loro fan assatanate -
Fissandosi
i piedi tornò a sedersi sul divano dove Simone la
abbracciò amorevole
dandole un bacio sulla testa. Sapeva di gelsomino.
- Sarebbe successo prima o poi, è che non ero sicura fosse
Tom -
- Come facevi a saperlo? - chiese Greta in un sussurro strozzato.
-
Hai sempre avuto un bellissimo rapporto con loro, sei sempre stata come
una loro sorella ed io ti considero un po' figlia mia... ma con uno dei
due sarebbe successo, sono sempre stata convinta che sarebbe stato Tom,
fino a dieci anni continuavate solo a litigare e sapevo che era il
primo passo per la nascita di un amore -
- Ti giuro Simone che mai e
dico mai prima di un mese fa, avevo pensato a lui in modo diverso che
dal bambino sporco di fango che mi faceva cadere e sanguinare le
ginocchia -
- Ti credo tesoro, ma sai, alcune volte i sentimenti
rimangono nascosti dietro di noi per tanto tempo e poi vengono fuori
quando meno te l'aspetti... -
- Ma io adesso non so cosa fare... -
- Tom ci metterà un po' di tempo per capirlo... -
-
Ma io non voglio che lo capisca! Non voglio rovinare il nostro
rapporto, è praticamente perfetto, senza contare che
c'è anche Bill,
non posso, non devo- rispose Greta alzando la voce – voglio
che questo
rimanga un segreto, tra me e te, promettimelo... -
- Bill ne sarebbe
solo felice tesoro. Comunque va bene, rimarrà un segreto tra
donne,
però non puoi farti vedere così, capiranno che
c'è qualcosa dietro
questi occhioni sgranati... -
Greta si passò la mano sulla fronte portando indietro i
capelli ed abbracciando forte la donna al suo fianco.
- Se non ci fossi tu...-
- Lo so... - rispose lei accarezzandole la testa – Ora
l'unica cosa che devi fare è... -
Simone
non fece in tempo a finire la frase perché una voce
familiare irruppe
nella stanza, seguita immediatamente dalla seconda voce che Greta
aspettava di sentire. Pensò di nuovo al succo alla pesca.
Mamma –
sentì dire da Bill, subito seguito da un tonfo sordo, segno
che aveva
lasciato cadere una delle sue grandi borse sul parquet scuro. Simone si
alzò dal divano e si avvicinò verso l'ingresso;
Greta rimase immobile
fissando la scena che troppe volte aveva visto: Bill affondò
il viso
tra i capelli di Simone e rimase immerso in quell'abbraccio immobile,
assaporando l'amore, il conforto che solo l'abbraccio di una madre
può
dare.
- Mi fai salutare anche a me? - la voce inconfondibile di Tom
arrivo qualche istante dopo, mentre Bill sbuffando si staccava da
Simone che abbracciava anche il gemello.
- Che palle -
Bill – lo
imbeccò Simone mentre abbracciava il secondo dei suoi figli.
Erano così
alti che dovevano chinarsi per darle un bacio sulla guancia.
Greta
si alzò dal divano nel momento in cui Bill si accorse della
sua
presenza. Il suo Bill, che tante si permettevano di pensarlo loro
quando lei l'aveva scoperto e protetto quando ancora era un piccolo
pulcino spelacchiato dai capelli biondi e dallo sguardo malinconico.
-
Stavamo per mettere i manifesti in giro per la città, lo
sai? - le
disse Bill senza neanche salutarla ma spalancò le braccia
per
accoglierla in un abbraccio.
- Hai ragione è che... -
- Ah è qui
anche la stronza – Greta si stacco dall'appena nato abbraccio
con Bill
per spostare lo sguardo su Tom che la guardava di sbieco con gli occhi
semichiusi ed uno sguardo veramente alterato. Conosceva quella faccia,
voleva dire tante cose tra cui 'non ti sei fatta sentire per un mese se
non per una telefonata in cui parlavi a monosillabi' oppure 'sei una
maledetta stronza per non aver risposto mai ad una mia e-mail' ed anche
'ti sei scordata che esisto'.
- Tom – lo rimproverò Simone mentre reggeva la
porta d'ingresso nel frattempo che venivano scaricati i bagagli dei
gemelli.
-
Io me ne vado in camera mia – rispose il moro trascinandosi
una valigia
dietro e guardando verso il gemello e l'amica con l'aria quasi schifata.
-
Tom – provò a chiamarlo Greta ma era
già scomparso sulle scale. La
ragazza sbuffò mentre Bill le prendeva la mano e le metteva
quella
libera sulla guancia.
- Che succede? -
- Niente Bill ho avuto solo tanto lavoro... -
- In un mese, non hai mai avuto tempo per chiamarci o mandarci una
stupida e-mail per dire 'ehi amici, sono viva!'?! -
- Si, no, cioè, no Bill davvero... Sono successe tante cose
e vorrei davvero che voi due poteste capire -
-
Tom non capisce – rispose Bill con cipiglio severo
– E' incazzato con
te, io no, io potrei capire se tu mi dicessi cosa sta succedendo.
Cosa? - Greta abbozzò un sorrisetto ingenuo – Cosa
sta succedendo? Niente Bill, non sta succedendo niente! -
-
Sei un libro aperto per me... - le rispose Bill tenendole un braccio e
fissandola negli occhi con così tanta prepotenza che la
ragazza si
scostò dalla sua presa.
- Allora richiudilo Bill, richiudilo questo
cazzo di libro - si girò nervosa ed andò verso le
scale prendendo a
salirle due a due, fino alla camera di Tom. Sentì la musica
alta
pulsarle nelle orecchie ancor prima che potesse aprire la porta. Poi la
aprì.
Erano scene che aveva visto un milione di volte, ma mai, mai
come quella volta si sentì inopportuna in quella camera, o
meglio,
nella sua camera.
- Tom – lo chiamò piano rimanendo sull'uscio.
- Non si bussa? - rispose lui brusco girandosi e posando la valigia sul
letto.
- Non ho mai bussato – disse Greta sicura di sé.
Il
moro alzò lo sguardo e la trafisse con gli occhi non
riuscendo a
rispondere, si limitò ad aprire la valigia ed buttare mucchi
di vestiti
sul pavimento.
- Possiamo abbassare questa merda? - chiese la ragazza indicando lo
stereo.
-
Questa merda? - chiese Tom alzando un sopracciglio, mentre i bassi di
quel pezzo hip hop per poco non facevano infrangere i vetri delle
finestre.
La ragazza non attese risposta e si avventò sul lettore
premendo il tasto di stop.
Non
sapeva come avrebbe reagito quando lui si sarebbe trovato di fronte a
lei, ci aveva pensato a lungo nel corso di quelle settimane, ed ora che
ce l'aveva di fronte avrebbe solo voluto prenderlo a schiaffi.
- Che cazzo c'è Greta? -
- Tom ascoltami -
-
Ah si? Adesso? E' da un mese che vorrei ascoltarti e ti ricordi di me
quando torno a casa! Comodo, ma anche no, grazie. - Tom continuava a
buttare magliette su magliette sul pavimento.
- Tom -
- Lo sai
quanto cazzo è importante per me e mio fratello sentire te,
sentire
Andreas, sentire i nostri amici Greta, sai cosa vuol dire? Sai la
parola 'amicizia' che cazzo significa? -
- Tom ti prego lascia che... -
-
Pensavo di aver fatto qualcosa, invece quando ti ho chiamato dopo due
settimane mi hai risposto, a monosillabi ma hai risposto, pensavo fosse
tutto a posto invece sei scomparsa di nuovo, non rispondevi quando io
ti chiamavo, IO Greta, ti chiamavo io! - disse nervoso indicandosi il
petto.
- Che significa Tom? Che se chiami tu tutti devono
mobilitarsi per te eh? Cosa significa che TU chiamavi? - disse la
ragazza alterandosi.
Tom la fissò con gli occhi e fece il giro del letto
andandole di fronte a pochi centimetri dal viso.
- Significa
piccola stronza che avevo bisogno di te e tu non c'eri, significa che
mi hai fatto stare di merda perché non sapere cosa ti passa
per la
testa mi fa fare certi viaggi mentali allucinanti. Perché se
non ti
sento mi manchi perché sei uno dei pochi contatti che mi fa
rimanere
con i piedi per terra... ecco perché -
Il silenzio affondò la
stanza. Greta lo fissava ed il cuore stava per implodere... con quella
vena al centro della fronte che gli pulsava era ancora più
bello, ma in
tutta quella scenata c'era qualcosa che non la convinceva. Quelle cose
tragiche le faceva Bill di solito, teatrale come pochi c'era solo lui.
All'improvviso
il ragazzo abbozzò un sorrisetto e abbassò la
testa di lato, Greta
scoppiò a ridere e gli tirò una spinta sul
braccio.
– Come sono
andato? Sono da Oscar? Stavo anche per mettermi a piangere –
si posò
una mano sotto al mento e la guardò intensamente.
- Prima cosa sei
uno stronzo – rispose Greta annuendo – seconda
cosa, questa storia si
addiceva più a tuo fratello, sei stato poco credibile,
veramente poco
credibile.-
- Vero – rispose Tom – lo sapevo che dovevo seguire
il
mio copione originale sul filo del 'dovevo raccontarti quante me ne
sono scopate nel giro di due ore' -
- Sarebbero state storie interessantissime –
ironizzò Greta
- Puoi dirlo forte bionda -
- Quante te ne sei fatte? -
- Nessuna, ma quello è un altro discorso -
- Rimane il fatto che sei uno stronzo – le rispose
parlandogli sopra.
- Fino a prova contraria non sono io che sono scomparso, ma non ho
voglia di sentire le tue stupide scuse stasera -
- Ah no? -
- No, ho già sentito troppe cazzate oggi, ora vieni qui e
abbraccia il tuo preferito -
Greta
sorrise e scosse la testa, era sempre stata brava a smascherarlo, e
nonostante lui lo sapeva, adorava fare scenette del genere.
Sentì di
nuovo l'odore della pesca per un istante, poi si avvicinò a
lui
cingendogli il collo e l'odore di pesca scomparse, divenne l'odore di
Tom – Non sei il mio preferito – gli
sussurrò ad un orecchio.
Si certo come no – rispose lui prendendola in braccio.
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