A GIFT FOR YOU
A GIFT FOR YOU
*
Il suo sguardo si fissò
sull’enorme schermo gigante situato nel salotto. Si sforzò, in realtà, per nulla
interessato a contemplare le immagini che si susseguivano ritmicamente, cercando
di interpretare i loro significati. A dire il vero, non era neanche attratto da
quel programma, per quel che era riuscito a capire doveva essere solo una cosa
noiosa di gente che disquisiva su cose ancora più tediose. In cuor suo, quindi,
si augurò che, l’abnorme elettrodomestico, cominciasse a trasmettere qualcosa di
diverso.
Istintivamente, i suoi
occhi color del cielo, si scostarono a qualche metro di distanza; dove, sul
sofà, era sdraiata la figura che poteva vantarsi di avere il potere assoluto
della stanza. Cercò di osservare il suo sguardo, ma il click che seguì
gli lasciò intuire di non essere l’unica persona annoiata in partenza da quel
programma televisivo. In realtà avrebbe dovuto immaginarselo senza difficoltà.
Il capo si scostò
nuovamente sullo schermo, riconoscendo, questa volta, un film d’azione che
pareva essere molto interessante. Era bastata quella immagine per destare la sua
curiosità, poiché i suoi giovani occhi si illuminarono con ritrovato entusiasmo.
La sua fervida immaginazione lo aveva già catapultato tra le auto di un
inseguimento mozzafiato, ma l’irrefrenabile click sembrò cambiare
letteralmente i suoi programmi.
Le labbra si piegarono in
una nota di disappunto, mentre la sua testolina dal peculiare color lilla si
voltò di scatto verso l’autore dello zapping sfrenato che non aveva smesso per
un solo istante. “Papà… quello sembrava interessante” Osò dire nei confronti del
genitore che, sentendosi chiamare, sollevò per un secondo il dito dal
telecomando, osservando il figlio di sottecchi con un’espressione che definire
annoiata era quasi un eufemismo. “Il film di prima” Ribadì il bimbo, additando
lo schermo, nella speranza che la sua richiesta venisse seguita.
L’adulto sembrò restio ad
ascoltarlo, indugiando per qualche istante ancora, fissando il figlioletto
seduto al suolo con le gambe incrociate, come se dal suo sguardo potesse
effettivamente conoscere l’andamento del programma televisivo. Ad essere
sinceri, tuttavia, la sua sola preoccupazione sembrava essere un moto
d’orgoglio, come al solito. Lui aveva il telecomando e lui decideva che
programma guardare, punto. Nessuno poteva dirgli cosa fare, nemmeno con uno
stupido elettrodomestico.
Un paio di occhi scuri
tornarono a fissare lo schermo, contemporaneamente il pollice si posò sul tasto
del controller, e dopo un sonoro sbuffo le sirene della polizia, impegnate in un
inseguimento colossale, presero nuovamente possesso del gigantesco televisore al
plasma che imperava nella stanza.
Trunks sorrise, soddisfatto
di aver ottenuto ciò che voleva, immergendosi ancora una volta nel
lungometraggio che gli era stato gentilmente concesso. Dal canto suo, il padre,
si allungò per appoggiare l’oggetto, che lo incoronava re indiscusso del
salotto, sul tavolino a pochi centimetri da sé. Successivamente incrociò le
braccia al petto, concedendo allo spettacolo una possibilità. Nonostante a lui
non paresse altro che un’inulte accozzaglia di luci e suoni che non avevano
alcun senso. La tv vista da un Saiyan.
“Tesoro, ho una sorpresa
per te!” Irruppe una voce femminile, invadendo la quiete che si era creata nella
stanza. E se Trunks si limitò a voltarsi verso l’uscio del salotto, Vegeta
sollevò gli occhi al soffitto sbuffando sonoramente. Aveva riconosciuto
perfettamente quel tono ed era consapevole che preavvisava solo una cosa:
guai!
“Non m’interessa” La
anticipò subito, prima ancora di vedere la moglie comparirgli davanti agli occhi
con uno strano sorriso e un oggetto tra le mani che pareva anche più strambo.
Bulma ignorò volutamente
ogni qualsivoglia commento da parte dello scorbutico compagno, poggiando sul
tavolino da caffè quello che sorreggeva tra le sottili dita.
Dopo aver raddrizzato il
busto fissò il Principe poggiandosi entrambe le mani ai fianchi con aria
soddisfatta e, ad essere sinceri, Vegeta aveva già cominciato a sperare di
essere in un’altra stanza, in un’altra casa, in un’altra città e possibilmente
anche su un altro accidenti di pianeta!
Si sforzò di osservare
quell’obbrobrio cavo e dalla forma indefinita sulla quale erano disegnati
stupidi fiorellini. “Che diavolo sarebbe quella cosa?!” Brontolò inarcando un
sopracciglio con aria infastidita, conscio che quella domanda gli sarebbe
costata cara. La consorte lo guardò con ovvietà, mostrandogli il famigerato
orror… ehm, oggetto, con entrambe le mani. “Non lo vedi? È un vasi di fiori” Lo
presentò inorgoglita attendendo una risposta da parte del Saiyan. Beh, veramente
non aspettò affatto, dando già per scontato che, lui, si sarebbe limitato a
qualche insulto o, nel migliore dei casi, al silenzio. Decise di perseguire,
dunque, senza perdere altro tempo. “L’ho trovato in un mercatino questa mattina.
Pensavo di metterlo in camera nostra, così l’abbelliamo un po’” Spiegò infine
annuendo ripetutamente.
Vegeta si issò, portandosi
in una posizione seduta e poggiando i piedi al suolo, il tutto sempre restando a
braccia conserte. Per qualche istante ancora fissò quello strano coso, prima di
sollevare lo sguardo sulla compagna, regalandole un sorriso beffardo e ironico.
“Camera nostra sarebbe migliore se non lasciassi sempre in giro le tue cose”
Puntualizzò in quella che pareva essere una frecciatina fin troppo avvelenata.
Colta sul vivo, la donna,
puntò un piede al terreno con nervosismo, sporgendosi leggermente in avanti e
tornando a poggiarsi le mani ai fianchi, questa volta con aria minatoria. “Che
diavolo c’entra! Io sto cercando di migliorare la casa e tu non sai fare altro
che criticare. Come tuo solito, tra l’altro” Sbraitò inviperita, additando il
marito come se fosse il colpevole di reggiseni e mutandine disseminati per tutta
la camera da letto.
Trunks, perso l’interesse
per il film d’azione, si era concentrato su un altro tipo di pellicola, dal
titolo litigi senza senso in casa Brief, nella quale i suoi genitori si
rendevano protagonisti delle più bizzarre scaramucce per le cose più insulse.
Come un vaso di fiori per l’appunto.
Il giovane Saiyan sarebbe
rimasto per minuti interi a fissare i suoi in quell’insensato diverbio, ma ad
interrompere lo spettacolino non fu la pubblicità. Senza alcun preavviso,
infatti, un ben noto paio di stivaletti blu comparve davanti ai suoi occhi,
lasciando il tempo a tutti i presenti di annotare la nuova presenza e
riconoscerla. “Ehilà” Salutò il nuovo venuto, regalando ai due litiganti, che
per un attimo avevano sospeso le ostilità, un’amichevole cenno della mano, dopo
aver tolto due dita dalla propria fronte. “Goku!” Esclamò per prima Bulma,
riconoscendo l’amico dalla tuta arancione che le dispensò un’immancabile
sorriso. Stava per chiedergli come mai si fosse precipitato là, ma fu anticipata
dal Saiyan stesso. Goku si voltò appena, osservando il bambino seduto accanto ai
suoi piedi. “Sono venuto a prendere Trunks” Annunciò, rinfrescando la memoria a
tutti.
Il guerriero più giovane si
alzò dal terreno con un balzo, annuì con sicurezza e si allontanò di qualche
passo dall’amico di famiglia. “Vado a prendere lo zaino” Spiegò sparendo in un
lampo verso l’uscita.
Goku sorrise, prima di
rivolgere l’attenzione a quel particolare oggetto sul tavolino. Lo osservò per
qualche istante, reclinando il capo, come se stesse cercando di comprendere cosa
fosse. “Ti piace?” Lo distolse dai suoi pensieri Bulma, appena si accorse della
direzione di quei gentili occhi scuri. “E’ un vaso di fiori” Specificò appena un
secondo dopo, come se ci fosse la necessità di precisare. A ben pensarci, la
necessità c’era eccome.
Goku si lasciò andare ad
una risata nervosa, accompagnata dall’immancabile gesto di grattarsi la nuca.
“Ah… certo… molto, ehm, originale” Ridacchiò evidentemente impacciato. La sua
risposta, tuttavia, sembrò confortare la scienziata, che rimirò il nuovo
acquisto con ritrovato entusiasmo. Nel frattempo, Kakaroth, si sentì trafiggere
da uno sguardo penetrante e carico d’odio. Ovvio dire che, il poveretto, non
dovette neanche guardarsi attorno per capire da dove provenisse. I suoi occhi,
infatti, si incrociarono direttamente con quelli del Principe dei Saiyan che lo
stava silenziosamente minacciando di morte certa, tanto per cambiare.
“Eccomi Goku” Esclamò il
bambino dai capelli lilla apparendo sulla soglia, zaino in spalla, raggiungendo
l’ospite che era venuto a prenderlo. “Fai il bravo a casa di Goten” Lo ammonì la
donna, che non era riuscita a trattenere le tipiche raccomandazioni materne. “Sì
mamma” La rassicurò la piccola peste, proprio mentre la mano di Son Goku si posò
sulla sua spalla, per poi svanire entrambi un secondo più tardi.
*
L’orologio di Gohan, posto
sul comò accanto al letto nella quale dormiva quella sera, segnava l’una e mezza
di notte, quando il piccolo Trunks Brief aprì stancamente gli occhi per
osservare l’oscurità che avvolgeva l’intera stanza. Il capo del bambino si
scostò dal lato opposto della camera dove, uno stremato Goten, stava dormendo in
una posizione scomposta, risultato di una faticosa giornata all’inseguimento del
padre con la complicità dell’amico di sempre.
Trunks meditò quasi di
ridestarlo, per obbligarlo a fargli d’accompagnatore verso la cucina. Stava
cominciando a venirgli sete. Tuttavia, dopo aver appoggiato i piedi sul parquet
della camera da letto dei fratelli Son, si accorse di una timida luce che
penetrava da sotto la porta. Evidentemente, un membro della famiglia, era ancora
sveglio. Decise di approfittarne dunque, risparmiando al miglior amico lo
sconveniente obbligo di destarsi dal suo sonno.
Timidamente aprì la porta
della stanza, guardandosi lentamente attorno. Conosceva quella casa alla
perfezione, la frequentava da prima ancora di muovere i primi passi, pertanto
non gli fu faticoso destreggiarsi tra gli stretti corridoi, che confrontati con
quelli della propria abitazione erano decisamente meno complicati. Scese le
scale con cautela, passando in punta di piedi davanti alla stanza dei padroni di
casa.
Ben presto si ritrovò in
salotto, tappa obbligatoria per trovare la cucina, e fu in quel momento che capì
chi era ancora in piedi a quell’ora per lui così tarda. Solitamente, Son Gohan,
cedeva a lui il suo letto, così da dare la possibilità ai due bambini di
condividere la stessa stanza. Era sempre stato così da quando Trunks era solito
pernottare sui monti Paoz. Di conseguenza il figlio maggiore si vedeva
costretto, di buon grado, ad accamparsi sul divano in soggiorno. In quel preciso
momento, tuttavia, di lui non vi era traccia. I suoi pigiama e le lenzuola per
la notte erano ancora ordinatamente piegati e lasciati sul sofà sulla quale il
giovane si sarebbe dovuto riposare. Ciò lasciò intuire al piccolo ospite che era
dunque lui il misterioso sonnambulo.
L’ulteriore conferma giunse
quando il bimbo si affacciò alla porta della cucina, stanza dalla quale
proveniva la luce, trovandosi ad osservare le spalle dell’adolescente Saiyan
meticcio alle prese con un computer, tanto concentrato da non accorgersi della
più piccola presenza appena sopraggiunta. “Gohan” Lo chiamò infine il giovane
Brief, facendo sussultare il ragazzo colto alla sprovvista.
Sentendo pronunciare il
proprio nome, Son Gohan si voltò ad osservare il bambino, fissandolo per alcuni
secondi come se stesse cercando di confermare la sua presenza. “Cosa ci fai
sveglio a quest’ora, Trunks?” Gli domandò il maggiore, seguendo i suoi movimenti
mentre si accomodava su una delle sedie poste accanto al tavolo della cucina
sulla quale il ragazzo stava lavorando. “Avevo sete, volevo prendermi qualcosa
da bere” Lo informò stropicciandosi stancamente un occhio e guadagnandosi un
sorriso comprensivo da parte dell’amico. “D’accordo, ci penso io” Si propose
alzandosi, “Cosa vuoi?” Chiese avvicinandosi al cassetto dietro la quale erano
nascosti i bicchieri. “Acqua” Rispose distratto l’altro, trovando una maggiore
attrattiva sul portatile del giovane Son.
Mentre Gohan si preoccupava
di servire il piccolo Saiyan, Trunks si scoprì a studiare lo schermo
dell’elettrodomestico, riconoscendo formule e numeri di complesse equazioni
matematiche. Nella sua giovane vita, a dire il vero, ne aveva viste di molto più
articolate. Ed era inevitabile, condividendo casa e sangue con due scienziati
sempre chini su motori e meccanismi all’apparenza impossibili. In genere, vista
la familiarità che aveva con le materie scientifiche, si sarebbe perso tra gli
intricati procedimenti logici sul computer del ragazzo, ma quella sera era
particolarmente stanco, quindi rinunciò a ficcanasare sul lavoro del padrone di
casa.
I suoi occhi azzurri,
quindi, si posarono sul resto del tavolo, dove un elegante pacchetto faceva
bella mostra di sé, incartato con massima cura. “Che cos’è?” Volle sapere,
abbastanza sveglio da farsi gli affari dell’altro Saiyan. Certe volte
assomigliava terribilmente a sua madre.
Gohan scostò lo sguardo sul
pacchetto, mentre porgeva la bevanda al bambino. Appena Trunks afferrò il
bicchiere, con entrambe le mani, il più grande si grattò la nuca in un gesto
impacciato. “Ah, quello… è un regalo per Videl” Spiegò un po’ imbarazzato,
avvampando vistosamente.
Il giovane Brief continuò a
fissare l’involucro, sbattendo le palpebre più e più volte, cercando di capire,
nella sua fanciullesca mente, un motivo valido per la quale l’amico avrebbe
dovuto farle un regalo. Di sottecchi, appena un secondo dopo, fissò il ragazzo
accomodarsi sulla sedia che aveva occupato prima del suo arrivo. “Perché? Non è
il suo compleanno” Domandò infine, sorseggiando dal calice, e fissando
l’interlocutore con particolare attenzione. Gohan si trovò ad osservare a sua
volta il Saiyan di discendenza regale, riconoscendo l’atteggiamento di Vegeta e
la curiosità che contraddistingueva Bulma. Col senno di poi si sarebbe dovuto
accorgere, all’epoca, chi erano i genitori di quel giovane diciassettenne che,
brandendo una spada, era riuscito a diventare Super Saiyan e a sconfiggere
Freezer in un lampo.
“Eh… beh…” Farfugliò
infine, sempre più a disagio, scostando lo sguardo sul soffitto in cerca di una
risposta, una qualsiasi, che potesse soddisfare il bambino e riuscisse nel
contempo a tirarsi fuori dai guai. Sospirò, una volta raggiunta una soluzione
mentale, iniziando a parlare rivolto nuovamente al piccolo Principe. “Ecco vedi,
quando si vuol bene ad una persona, tanto bene, si possono fare
piccoli regali per dire a questa persona cosa si prova” Chiarì non senza fatica,
grattandosi lo zigomo con un dito e sorridendo in maniera sforzata.
Trunks non riuscì a
distogliere lo sguardo dal primogenito di Son Goku, cercando di chiarire il
discorso fatto dall’altro Saiyan. Infine, sembrò giungere ad una qualche
conclusione. Osservò a lungo il pacchettino, poi passò al suo bicchiere quasi
vuoto, infine si soffermò sul viso del ragazzo. “Ho capito” Dichiarò dopo
alcuni, infiniti, secondi di silenzio. Appoggiò il recipiente sul tavolo e
scivolò giù dalla sedia, compiendo alcuni passi verso l’uscita. “Grazie Gohan,
buona notte” Disse prima di svanire dietro la porta, lasciando solo il tempo al
più grande di sussurrare a sua volta un “Buona notte” un po’ titubante
accompagnato da un cenno della mano.
Gohan scrutò con attenzione
l’uscio dalla quale lo aveva visto svanire, per ancora qualche attimo, prima di
sospirare pesantemente. Successivamente tornò al regalo che aveva riservato alla
sua ragazza, lo afferrò delicatamente squadrandolo come se potesse osservarne il
contenuto, sperando che quella spilla le sarebbe piaciuta. Ma più di ogni altra
cosa i suoi pensieri tornarono al giovane interlocutore che lo aveva da poco
lasciato solo. Chissà cos’aveva capito Trunks?
*
Fiutare il pericolo, per un
Saiyan, è come nascere con la pelle verde e le orecchie a punta sul pianeta
Namecc. Naturale.
E lui, dalla sua lunga
esperienza di guerriero, aveva imparato a sentire l’avvicinarsi delle minacce
ancora prima che esse si mostrassero all’orizzonte. Lui viveva in simbiosi col
rischio e con l’avventura.
Era lì, dietro di lui, e lo
sapeva. No, anzi, era davanti, proprio dietro gli alberi laggiù.
Sorrise, il guerriero,
consapevole che presto o tardi il pericolo si sarebbe mostrato, avventandosi su
di lui nel tentativo di farlo cadere al suolo esanime, come già aveva tentato di
fare in precedenza. Non ci sarebbe cascato, non lui, lui che aveva imparato ad
affrontare i nemici prima ancora di pronunciare la sua prima parola.
Ma voleva stare al suo
gioco, approfittare dell’effetto sorpresa per sconcertarlo a sua volta. Avanzò,
dunque, strusciando i piedi tra l’erba alta ed avvicinandosi con cautela al
nemico, illudendolo di non aver precedentemente avvertito la sua presenza.
L’erba frusciò qualche
secondo dopo il suo passaggio, il suo udito sopraffino non poteva ingannarlo;
non era solo.
Intanto aveva quasi
raggiunto gli arbusti, allertando tutti i suoi sensi, captando il più piccolo
respiro, anche quello appena accennato.
“Adesso, Goten!” Urlò una
figura, apparendo da dietro il fogliame e lanciandosi sulla sua preda. Un’altra
sagoma si scagliò verso il guerriero, saltando fuori dall’erba alta.
Fu un solo attimo, una
frazione di secondo, prima che i due loschi figuri si scontrarono l’un l’altro
mancando pietosamente il bersaglio, già sparito un istante prima accompagnato da
una risatina svagata.
Trunks e Goten, doloranti,
si tastarono reciprocamente la fronte, nel punto esatto nella quale si erano
scontrati. Un secondo più tardi, la persona che stavano pedinando, si
materializzò nuovamente al loro fianco, inginocchiandosi per essere all’altezza
dei due piccoli Saiyan, attualmente sdraiati al suolo. “Mi spiace ragazzi, siete
ancora troppo lenti” Ridacchiò l’avversario, con una leggera punta di
divertimento nel timbro di voce.
I ragazzini, che
simultaneamente avevano alzato lo sguardo sull’uomo, si fissarono per qualche
secondo, scambiandosi uno sguardo d’intesa che sfociò in piccoli ghigni degni
delle due piccole pesti quali erano. Quelle espressioni non passarono
inosservate agli occhi dell’altro che, dopo aver spostato lo sguardo da uno
all’altro, si ritrovò, in tutta la sua ingenuità, a farfugliare un confuso “Che
c’è?”.
Con un balzo sincrono, i
due Saiyan si fiondarono sull’uomo che si ritrovò ben presto sdraiato al suolo
sotto il peso di due marmocchi. “Vittoria!” Esultò il giovane Brief, alzando le
braccia al cielo “Ti abbiamo preso, papà!” Gli diede manforte Goten.
L’improvvisato babysitter,
Son Goku, osservò i due bambini scambiarsi un cinque in segno di vittoria, prima
di scoppiare a ridere a sua volta. “Ok, siete stati bravi” Ammise, confessando a
se stesso che aveva erroneamente abbassato la guardia troppo presto.
“Gokuuuu, porta qui i
bambini, il pranzo è quasi pronto” Annunciò la moglie dell’uomo che, sottosopra,
la osservò sventolare una mano appena fuori dallo stipite della porta
d’ingresso. “Arriviamo subito Chichi” Le confermò un secondo dopo, mentre i due
piccoli guerrieri lo liberarono definitivamente dalla presa.
Goten, evidentemente
affamato, fu il primo ad avviarsi verso la propria abitazione, correndo con
entusiasmo. Trunks, al contrario, attese qualche istante, aspettando il Saiyan
di sangue puro, seguendo i suoi gesti mentre lo vedeva alzarsi in piedi.
“Goku, che tipo di regalo
faresi ad una persona a cui vuoi bene?” Quella domanda gli era venuta spontanea,
riscoprendo, subito dopo, di non conoscere lui per primo il motivo per la quale
l’aveva rivolta proprio al padre dell’amico. E se Trunks Brief ne fu sorpreso,
Goku sembrò altrettanto meravigliato dal quesito piuttosto singolare.
Tuttavia, per sua stessa
natura, il Saiyan sembrò seriamente pensare ad una risposta da dare al bambino;
se poteva aiutare, lui era sempre in prima linea. Anche nei casi in cui non era
proprio un esperto. “Uh, beh… io non sono molto bravo in queste cose” Confessò
subito e senza remore. Si appoggiò successivamente una mano al mento, sollevando
lo sguardo al cielo come se esso potesse in qualche modo suggerirgli una
risposta. “Ma penso che un regalo sia qualcosa che deve partire dal cuore”
Suppose, tirando evidentemente un po’ ad indovinare. Poi l’illuminazione.
Delicatamente poggiò una mano sulla spalla del ragazzino, esortandolo a
camminare. “Perché non provi a chiedere consiglio a tua madre? Sono sicuro che
lei sarà più brava in queste cose” Suggerì alzando l’indice con fare saccente,
ma la proposta non sembrò soddisfare il bambino che, energicamente, scosse il
capo in segno di diniego. Spiazzato, Goku, si ritrovò a pensare ad un piano
alternativo, che sembrò quasi naturale quando i suoi occhi incrociarono la casa
a pochi metri di distanza. “Beh allora, che ne dici di Chichi?” Ritentò,
raccomandando l’aiuto di sua moglie e il bimbo parve rifletterci.
“Ehi Trunks vieni, io ho
fame!” Si lagnò l’amichetto, fermo di fronte alla porta d’entrata ed
evidentemente impaziente di abbuffarsi dei manicaretti cucinati da sua madre. Il
giovane dai capelli lilla annuì, cominciando a sua volta a percepire il proprio
stomaco alieno reclamare cibo. Impiegò un attimo, prima di raggiungere
l’inseparabile compagno di giochi e a sparire dentro la casetta dalle modeste
proporzioni.
*
Ogni famiglia ha le proprie
abitudini, e Trunks era solito fare dei paragoni proprio quando si trovava a
passare del tempo a casa Son. Restava sempre piuttosto sorpreso durante i pasti,
per iniziare. Alla Capsule Corporation si mangiava in silenzio o quasi. Non si
spendevano molte parole, solo informazioni basilari sugli spostamenti della
giornata o avvisi che era necessario far sapere al resto della famiglia. Le sole
eccezioni erano i momenti nella quale sua madre e suo nonno avevano un progetto
in lavorazione. In quei casi il discorso era animato, ma limitato a chi aveva
conseguito con successo studi in ingegneria. Sua nonna, invece, aveva
l’abitudine di parlottare di cose frivole che nessuno realmente ascoltava, ma
questo accadeva anche lontano dai pasti. Suo padre era anche inutile nominarlo,
se non fosse stato per l’accumularsi di piatti al suo fianco la sua presenza
poteva tranquillamente passare inosservata. In quanto a lui, beh, aveva
decisamente preso dal genitore.
A casa di Goten, invece,
l’accumularsi di piatti era, per ovvie ragioni, maggiore; tuttavia il rumore
delle mascelle che masticavano irrefrenabili non impedivano una specie di
conversazione che avveniva tra un boccone infilato per intero tra le fauci e
l’altro. Chichi, la sola che si accontentava, per così dire, di un solo e
modesto piatto, non sembrava farci troppo caso. Che fosse abituata non era
neanche necessario dirlo, ma forse si poteva più verosimilmente chiamarla
rassegnazione. Inutile cercare di spiegare al marito che il cibo andava
masticato, non ingurgitato.
L’altra differenza che
Trunks aveva più volte notato erano le abitudini del dopo pasto. Nella sua
famiglia, infatti, era raro che si spendesse del tempo assieme una volta alzati
da tavola. Ognuno sembrava avere una vita propria, separata da quella degli
altri membri. Suo padre, per esempio, era il primo che finiva di divorare,
termine decisamente più appropriato. Una volta concluso si alzava semplicemente,
senza fare complimenti, e svaniva chissà dove. A volte si rifugiava nella
Gravity Room, altre usciva di casa dirigendosi verso mete sconosciute ai più. O
addirittura, la sera, preferiva rintanarsi direttamente sotto le coperte, stanco
dopo una giornata di allenamenti che per lui iniziavano ancor prima dell’alba.
Gli scienziati di casa, invece, erano soliti riprendere a trafficare con i loro
macchinari. Più il progetto era importante e più velocemente sparivano per
tornare a macchiare i propri abiti con l’olio per motori. A volte erano
addirittura più svelti di suo padre, tanto da non avere nemmeno il tempo di
vederli accomodarsi che si erano già alzati. Nemmeno lui era una persona alla
quale piaceva lasciare le proprie attività per troppo tempo. Pertanto, appena
posava la forchetta sul tavolo, svaniva nei meandri della casa, a perdere tempo
davanti alla televisione, nella sala giochi personale o, quando era in giornata
positiva, riusciva a strappare a suo padre un pomeriggio d’allenamenti. Al
tavolo restava sempre sua nonna che, con tutta calma, finiva di mangiare da
sola, parlottando da sola e tornando alle sue faccende e alle sue piante con la
spontaneità di sempre. Al resto pensavano i robot, programmati per una pulizia
rapida ed indolore, permettendo pertanto alla famiglia Brief di non sprecare i
loro pomeriggi a pulire le stoviglie che si erano accumulate sul tavolo.
I Son avevano tutto un
altro sistema. Nessuno si muoveva fino a quando tutti non avevano inghiottito
voracemente l’ultimo boccone, restando per qualche minuto ancora coinvolti in
una piacevole conversazione che si protraeva fino a quando, tutti insieme, si
spostavano in salotto a guardare la televisione o, in alcuni casi, a trovare
attività ricreative che coinvolgevano l’intera famigliola e, come in questo
caso, eventuali ospiti. Tuttavia, nessun robot si preoccupava di tenere la
cucina in ordine, per tale motivo la prima persona che disertava le attività era
sempre Chichi, costretta a passare almeno un’oretta a rassettare il disordine
lasciato da tre Saiyan, uno più affamato dell’altro. Non chiedeva aiuto e non si
lamentava, si alzava regolarmente e senza far pesare a nessuno il suo dovere si
metteva al lavandino come una brava casalinga, lasciando che i tre uomini si
preoccupassero solo di passare un po’ di tempo insieme, prima di pensare ognuno
ai propri impegni.
Quel pomeriggio, la
famiglia Son, si era spostata in salotto per guardare la televisione, Gohan
aveva suggerito un programma che pareva interessante. Sebbene a Trunks piacesse
quella famiglia, guardare la tv con loro non sembrava all’altezza dello zapping
sfrenato di suo padre che appariva quasi divertente. Ma forse si trattava più di
poter passare del tempo con papà, cosa che il giovane Brief adorava fare in
qualsiasi forma, che si trattasse di allenamento o di semplice ozio.
“Posso usare il bagno?”
Domandò educatamente il giovane ospite, alzandosi dalla poltrona ed attendendo
un cenno qualsiasi da parte di uno dei tre padroni di casa. Fu Goku a concedere,
senza riserva, l’opportunità di usufruire di uno dei due bagni. Un “Ma certo”
accompagnato da un insostituibile sorriso, fu appunto il benestare dell’uomo, e
Trunks, senza farselo ripetere, uscì dalla stanza.
Fortuna che il suo bisogno
non era urgente, poiché, passando davanti alla cucina, udì il canticchiare
allegro della madre di famiglia, ricordandosi in quel momento le parole che Goku
gli aveva rivolto poche ore prima. Decise di deviare il suo percorso quindi,
sbirciando le gesta della massaia che, uno dopo l’altro, lavava ed asciugava
ogni singolo piatto manualmente.
Trunks si avvicinò a lei,
accostandosi al lavandino sulla quale si poggiò con entrambe le mani, alzandosi
leggermente in punta di piedi per guardare dentro il lavello.
Colta alla sprovvista da
quella nuova presenza, Chichi sobbalzò trattenendo a stento un urlo,
riconoscendo solo in un secondo momento la presenza del giovane Saiyan. “Ah,
Trunks, sei tu, mi hai spaventata” Ammise poggiandosi una mano sul petto e
sospirando pesantemente. Resosi conto di averla intimorita, il bambino ridacchiò
leggermente in imbarazzo. “Mi dispiace Chichi” Si giustificò sinceramente
dispiaciuto, ottenendo in risposta un sorriso da parte della donna, prima che
questa riprendesse a lavorare freneticamente. “Come mai non sei a guardare la
televisione con gli altri?” Domandò incuriosita, afferrando un altro piatto come
se fosse lei stessa un robot. Trunks sembrò titubare un secondo, diventando
all’improvviso piuttosto serio. “Volevo chiederti una cosa” Confessò infine,
abbassando lo sguardo sul bancone alla quale a malapena arrivava. “A me?” Si
stupì dapprima Chichi, congelando i suoi gesti e fissando il bambino con
crescente curiosità. “Dimmi” Lo esortò un secondo più tardi, dopo aver avuto la
conferma da un leggero annuire da parte dell’altro. “Voglio fare un regalo ad
una persona, ma non so cosa. Non hai qualche suggerimento?” Sputò il rospo
infine, guardandola di sottecchi con una lieve speranza. La casalinga poggiò il
piatto che reggeva sul lavello, si asciugò le mani sul grembiule che portava e
si chinò accanto al bambino, allo scopo di guardarlo dritto negli occhi. “E’ per
una ragazza?” S’informò senza malizia, ma a tale domanda il piccolo Brief sembrò
parecchio indeciso. Tanto bastò, tuttavia, alla mamma del migliore amico per
avere la conferma dei suoi sospetti. “E’ carina?” Insinuò, con l’atteggiamento
di chi aveva già capito tutto.
Non ci fu nessun indugio,
questa volta, il piccolo Saiyan sorrise a trentadue denti, sfoggiando
un’espressione delle più solari ed annuì, come se quella fosse la cosa più vera
del mondo. Sì, era bellissima.
Chichi sorrise, tornando ad
alzare il busto ed assumendo quell’atteggiamento che era solita ostentare quando
stava per dare qualche consiglio sulla quale pareva saperla molto lunga.
Socchiuse gli occhi e sollevò l’indice della mano in un gesto da maestrina. “Ci
sono tante cose che puoi regalare, innanzi tutto…”
*
Più i suoi occhi fissavano
quello strano oggetto, più il suo sopracciglio si sollevava in maniera
infastidita. Contemporaneamente anche la bocca si contorceva in una smorfia,
conferendogli quasi un’espressione buffa. Era evidente, ad un occhio esperto,
che era sul punto di esprimere la sua opinione riguardo a quel coso, come già
aveva fatto in più occasioni. Altrettanto ovvio era il fatto che, il parere, non
era dei più positivi.
“Perché è ancora qui?”
Brontolò infine, rivolgendosi ad un misterioso interlocutore che, alcuni istanti
più tardi, fece capolino dal bagno adiacente, fissando prima lui, poi l’oggetto
in questione. “Smettila di lamentarti Vegeta! Perché non puoi semplicemente
apprezzarlo?” Gli rispose la consorte, spazzolino ancora stretto tra i denti.
Vegeta osservò la
terrestre, prima che lei sparisse nuovamente dietro lo stipite della porta che
li separava. Lo sguardo, questa volta, era quello di una persona notevolmente
disgustata. Era chiaro come la luce del sole che quell’obbrobrio non era di suo
gradimento. Fu un basso grugnito l’ultima e ulteriore conferma del suo
disprezzo.
Bulma uscì dal bagno un
secondo dopo, fissando a sua volta lo sguardo sul vaso di fiori. Una strana
espressione si dipinse anche sul suo volto e, se il suo interlocutore non fosse
stato il compagno, probabilmente nessuno si sarebbe accorto che, per un attimo,
anche lei aveva trovato quell’oggetto di pessimo gusto. Ok, era orribile, e
allora? Pur di non darla vinta a Vegeta avrebbe sostenuto le parti di
quell’inanimato contenitore fino alla morte, sua o del vaso stesso. “E’ solo
questione di abitudine, dopo un po’ non ci farai più caso” Suppose, o forse
sperò, la scienziata; incrociando le braccia ed assumendo una postura simile a
quella del Saiyan, che al contrario continuava a fissarla in attesa di
un’ammissione. Gli piaceva sentirla confessare di avere torto. Cosa che era
successa di raro a dire il vero, e ovviamente non sarebbe accaduto quel giorno.
“Oh andiamo! Non guardarmi con quella faccia! Il vaso resta, è fuori
discussione” Appunto. “Tsk, sei solo una testarda, nemmeno tu lo vuoi qui
dentro” La punzecchiò il marito, ghignando com’era solito fare quando era sicuro
di avere ragione. Cosa che avveniva regolarmente, anche quando aveva torto
marcio. “N… non è vero, a me piace” S’impose la donna, aggrottando le
sopracciglia nella speranza di risultare credibile.
Il Principe dei Saiyan
stava nuovamente per replicare, ma il timido bussare alla porta distolse i due
coniugi da una discussione insensata, che ben presto si sarebbe comunque
tramutata in un litigio. Simultaneamente, i due, si rivolsero all’uscio, in
tempo per vedere la testolina dai capelli lilla del figlio fare la sua comparsa.
“Ciao” Li salutò il
bambino, apparendo un po’ indeciso, ma quando incrociò gli sguardi dei genitori,
quello sorridente di sua madre e quello immancabilmente imbronciato di suo
padre, si fece coraggio, compiendo un passo all’interno della stanza pur
restando ancora nascosto dietro la porta. “Ciao tesoro! Sei già tornato? Pensavo
volessi restare da Goku ancora per un giorno” Lo salutò la mamma, poggiandosi le
mani ai fianchi e voltandosi completamente verso l’ingresso dietro la quale lui
si nascondeva. “Volevo tornare a casa” Confessò il ragazzino, abbassando lo
sguardo sul pavimento. Bulma scrutò attentamente l’espressione del figlio,
diventando seria. “E’ forse successo qualcosa?” Domandò impensierita dallo
strano atteggiamento del bimbo, ma lui scosse energicamente il capo. “No, tutto
bene” La rassicurò subito, tornando ad essere silenzioso appena un istante più
tardi.
Infine sollevò il capo,
fissando la madre con un’espressione estremamente seria. “Mamma, posso parlarti…
da solo?” Chiese, cambiando direzione dello sguardo nel pronunciare
quelle ultime due parole e puntandolo sull’altro genitore, il quale parve per un
attimo offeso da quella silenziosa richiesta.
Che diavolo, un moccioso di
appena otto anni lo stava buttando fuori dalla sua stessa camera da letto? Da
quando il Principe dei Saiyan aveva l’obbligo di uscire da una stanza su
richiesta di qualcun altro?
Due paia di occhi azzurri
si fissarono su di lui in attesa di una qualsiasi risposta che avvenne tramite
un ringhio infelice. Vegeta afferrò un asciugamano poggiato su una delle sedie,
l’unico posto in cui erano presenti le sue cose, e si diresse a passo pesante
verso il bagno. “Figuriamoci se m’interessano le vostre stupide conversazioni!”
Sbottò in un ultimo moto d’orgoglio, svanendo nel piccolo bagno e sbattendo la
porta.
Rimasti soli, Bulma sospirò
pesantemente, scuotendo il capo appena. Era impossibile ottenere anche un
semplice favore da quell’uomo, senza che lui ne facesse una questione
d’orgoglio. Successivamente si accomodò sul brodo del proprio letto, solo dopo
aver spostato una gonna, un paio di mutandine e un vestito che… sì, era suo
anche quello. Si rivolse al figlio dunque, facendogli cenno di avvicinarsi ed
invitandolo ad accomodarsi accanto a lei. “Dimmi Trunks, di cosa avevi bisogno?”
Gli domandò infine, attendendo che lui si accostasse.
Trunks sembrò esitare per
qualche secondo, entrando infine nella stanza dopo essersi portato entrambe le
mani dietro la schiena. Si fermò davanti alla donna, osservando il terreno
ancora per un attimo, prima di mostrarle ciò che gelosamente custodiva.
Un piccolo fiore, dalle
stupende colorazioni rosse, il colore preferito di sua madre, si materializzò
davanti agli occhi di Bulma che si ritrovò a fissare il bocciolo per un istante
appena. “E’… per me?” Chiese un po’ sconvolta, per avere conferma dei suoi
sospetti, e il giovane Saiyan annuì fermamente.
Bulma non poté fare a meno
di abbracciare suo figlio, stringendolo forte al petto come se avesse paura di
farselo sfuggire. “Oh tesoro sei così dolce” Gli sussurrò nell’orecchio, mentre
il bambino si gongolò nel suo piccolo successo. “Tuo padre dovrebbe imparare da
te” Le sfuggì, alzando il tono della voce e parlando con una porta socchiusa
dalla quale giunse un ringhio di disapprovazione.
“Mamma, mi stai soffocando”
Si dimenò il bimbetto, stretto, forse troppo, dalle sottili braccia materne che,
sebbene non fossero forti come quelle di un Saiyan, risultarono ugualmente
pericolose. “Scusa tesoro” Si giustificò la scienziata, afferrando le spalle del
figlio e fissandolo negli occhi per un istante, prima di schioccarli un bacio
sulla guancia, afferrando il fiore che lui le stava porgendo.
Si alzò dal letto quindi,
avvicinandosi verso la specchiera sulla quale era poggiato il vaso, dentro la
quale introdusse il bellissimo regalo che il suo bambino le aveva appena fatto.
“Ecco, ora è perfetto” Affermò inorgoglita, osservando la piccola pianta
come se fosse la cosa più bella del mondo. E doveva ammetterlo, ora il vaso era
diventato decisamente meno brutto.
Alle sue spalle, Trunks la
scrutò per diversi attimi, soddisfatto di aver dimostrato, alla sua mamma, che
le voleva tanto bene.
*
FINE
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