2. Yu
Al di sopra dell’orfanotrofio, Aryuna si
librava in volo, osservando con calma il Sole che tramontava lentamente dietro
la città.
Il cielo, tinto di violetto, era
completamente terso, solo poche basse nuvole si rincorrevano sulla linea
dell’orizzonte, ricoprendo quasi completamente il Sole come una cappa e
lasciando filtrare gli ultimi raggi rossicci che si tendevano verso l’altro,
come in un ultimo, disperato tentativo di strappare le stelle alla notte.
Dalla parte opposta, l’orizzonte era
una linea blu scura che si allargava piano verso l’alto e quest’onda lenta,
gigantesca e inesorabile, era appena rischiarata da una Luna quasi piena, che
non si era ancora mostrata in tutto il suo splendore.
Aryuna non
era per niente preoccupata, glielo si leggeva in viso. La certezza era un’ombra
palese sul suo sorriso beffardo, lo sguardo si posava tranquillo sui bambini
che rientravano nell’edificio, preparandosi ad andare a dormire. Non aveva
visto Yu, ma durante la giornata si era accertata su
quali fossero la sua camera e il suo letto. Aveva previsto tutto con la massima
cura.
Non aveva visto neanche Takuto… ah, eccolo! Era nel cortile dell’orfanotrofio,
zampettando furtivamente da un albero all’altro. Aryuna
scosse la testa. Che sciocco, pensava. Sa benissimo che gli umani non possono
vederci, perché cammina così? Forse per nascondersi da lei? Che illuso… avrebbe
dovuto fare ben altro per sfuggire al suo sguardo! Non valeva niente come
messaggero di morte, rispetto a lei!
Fin dal primo giorno non aveva avuto
alcuna esitazione: nessun ricordo della vita passata, nessun
rimpianto per essere ancora al mondo, nessuna tristezza per la pena che era
costretta a scontare. Le piaceva l’idea di essere un messaggero di morte, e non
capiva come questa potesse essere una condizione infelice! Dov’era la pena?
Anzi, era stata quasi entusiasta all’idea di poter volare, o passare attraverso
i muri. L’unico fastidio era quel Takuto, così
testardo, così pieno di sé! Ma ciò che le avrebbe
fatto vincere questa competizione non sarebbe stata la sua padronanza dei
poteri, lo sapeva bene. Sarebbe stata la consapevolezza della sua capacità di
allontanare le emozioni. Ciò che Takuto, se aveva
imparato a conoscerlo, non sarebbe riuscito certamente a fare.
“Vai, vai,
nasconditi pure!” Sussurrò. “Guarda come una vera messaggera
di morte si prepara a recuperare un’anima! Certo non tuffandosi in
picchiata e sfondando tutto quello che si trova davanti!” E planò lentamente
verso l’ingresso, proprio al di sopra dei bambini che
entravano nel palazzo. Il sorriso si allargava sempre più sul suo volto.
“Maestra, maestra!
Una fatina che vola!” Urlò un bambino, indicandola.
Aryuna
impallidì e si fiondò come un lampo sul muro più vicino dell’orfanotrofio,
decisa ad attraversarlo. Ci riuscì, ma come l’ultima volta, lasciò la coda
dall’altra parte. Diede uno strattone così forte che per poco non la strappò e
finì sotto una doccia gelata che probabilmente era stata lasciata aperta da
qualche bambino.
“Maestra, maestra!
La fatina è sparita!” Continuò a gridare il bambino di prima.
“Sì, sì certo! Tu guardi troppi film!
Stasera a letto senza cena! E ora fila dentro!”
Intanto Aryuna,
rassegnatasi ad essere incastrata, era immobile sotto
la doccia col volto rosso di rabbia.
“Non è possibile!
Devo essermi concentrata così tanto che mi sono resa
visibile!” E con un ultimo, deciso strattone riuscì a liberarsi dal muro,
uscendo dal bagno mentre borbottava furiosa.
“Che freddo assurdo!” In forma di volpe
si diede una forte scrollata e come risultato le si gonfiò
tutto il pelo, trasformandola in una specie di grossa palla pelosa arancione in
cui si intravedevano a malapena il muso e le zampe.
“Argh!”
Cacciò un urlo soffocato, e quasi rotolò nella stanza più vicina.
Trasformatasi di nuovo nel suo aspetto normale,
si mise a sedere sul pavimento provando ad asciugarsi le ali e si guardò
intorno. Era in una camera molto grande con un gran
numero di letti, e alcuni bambini qua e là si preparavano per andare a dormire.
Trattenne il fiato sperando che non
l’avessero vista, ma per fortuna era riuscita a tornare alla normale
invisibilità e nessuno la notò. Tirando un sospiro di sollievo, andò verso una
finestra e l’aprì piano, in modo che anche se qualcuno
l’avesse vista muoversi avrebbe creduto che fosse stato il vento.
L’aria fresca della sera entrò nella
camera, e lei si mise davanti all’apertura per asciugarsi. Stava ammirando il
panorama, quando un lieve brusio che proveniva dai lettini a fianco la indusse
a voltarsi. A un paio di metri di distanza una bellissima bambina dai capelli
corvini, sdraiata in un letto, si stava togliendo dei nastri dai capelli mentre
parlava con un ragazzo un po’ più grande di lei.
“Voglio guardare le stelle insieme a te, Eichi…”
“Lo faremo quando potrai stare alzata
più a lungo, ok?”
Aryuna
osservò incuriosita la bambina che prendeva un libro rilegato in pelle dal
giaciglio del ragazzo.
“Allora posso dare
un’occhiata a questo libro?”
“NO, MITSUKI!!!”
La reazione del giovane sorprese
l’aspirante messaggera di morte, mentre la bambina scoppiava a piangere.
“Ma come ti
permetti, guarda che le hai fatto!” Urlò Aryuna
mentre sollevava in aria la sua asta a forma di chiave, anche se era ben
consapevole che lui non poteva sentirla.
Mentre il ragazzo chiedeva goffamente
scusa, Aryuna cercò di sbirciare il libro.
“Che avrà di tanto importante…”
Poco dopo i due si misero a dormire, e
lei girò intorno ai letti osservando la bambina che continuava a piangere senza
fare rumore.
“Chissà che c’è scritto lì dentro…”
Mormorava. “Oh, Eichi, perché non vuoi dirmelo?…
perché?…” Serrò gli occhi, e una lacrima le scivolò silenziosa sulla guancia,
scintillando alla luce della Luna.
Aryuna
oltrepassò i giacigli e si mise di fronte al giovane, continuando a parlare,
più per sfogo che per altro.
“Ma perché?
Perché ti sei comportato così? Povera bam…”
Non finì la frase, perché il suo sguardo si posò sul volto del ragazzo.
La sua bocca si aprì in una “o” di stupore.
Anche lui stava piangendo amaramente,
stringendo forte il suo libro.
Aryuna si rizzò
in piedi, sorpresa. Era profondamente incuriosita da
quei due. Voleva saperne di più, ma all’improvviso si ricordò che aveva una
missione da compiere, e non sarebbe certo stato un capriccio momentaneo a
permetterle di darla vinta a Takuto! A malincuore si
allontanò dai due.
Ad un tratto si fermò, e tornò indietro
a chiudere la finestra. La bambina in lacrime era proprio davanti allo spiffero
d’aria sempre più fredda, e in quel momento aveva un’aria talmente fragile che
se avesse dormito con la finestra aperta si sarebbe di sicuro ammalata.
Aryuna spinse
il vetro e girò la maniglia, poi, dopo aver dato un veloce bacio sulla guancia
della bimba, uscì dalla camera.
La finestra, che non era stata chiusa
bene, si spalancò lentamente. Mitsuki fu accarezzata
da una folata di vento, e nel dormiveglia rabbrividì.
In un altro corridoio dell’orfanotrofio
Takuto camminava silenziosamente, osservando ogni
particolare di ciò che lo circondava. Aveva trovato la porta della camera del
bambino e la stava raggiungendo con passo sicuro.
“Aryuna, ti
ho fregato!” Esclamò mentre spalancava la porta, non curandosi della reazione
che avrebbero avuto dei bambini al vedere una porta che si apriva da sola. Di
fronte a lui, però, non c’erano dei bambini e neanche dei letti vuoti, ma uno
stanzino pieno di secchi e spazzoloni.
“Oh, maledizione… ho sbagliato di
nuovo! Ma quanto è grande questo posto?”
Con un’espressione delusa si allontanò
dalla porta e colse con la coda dell’occhio un movimento alla fine del
corridoio. Sorridendo, pensò che era molto improbabile
che i bambini avessero una divisa di un arancione acceso. Aveva trovato la sua
avversaria.
Si avvicinò di soppiatto all’angolo
dietro il quale aveva visto Aryuna scomparire,
appoggiò le mani sullo spigolo della parete e si affacciò dall’altra parte.
“Per caso mi stai pedinando?” Aryuna era dietro l’angolo, in piedi con le braccia
conserte, e il suo viso era a pochi centimetri dal naso di Takuto.
“ARGH!” Takuto
fece un balzo indietro mentre lei continuava a fissarlo impassibile.
“Ma sei matta?
Vuoi farmi venire un infarto?” Si portò una mano al petto,
ansimando pesantemente.
“Non credo che a un messaggero di morte
possa venire un infarto… ah, dimenticavo, tu non lo sei ancora!”
“Neanche tu, fino a prova contraria!”
“Ancora per poco,
caro mio! Dietro quella porta laggiù c’è la camera del
bambino, e… MA CHE FAI?” Queste ultime parole finirono con un gorgoglio
strozzato, mentre le pronunciava dopo essere stata spinta per terra da Takuto.
“E io ci
arriverò prima di te!” Concluse lui, mentre correva ridacchiando.
“Non pensarci neanche!” Aryuna gli corse dietro e lo placcò prima di varcare la
porta, che era già spalancata.
I bambini che erano nella stanza
continuarono a sonnecchiare tranquilli, non avendo il minimo sospetto che un
gattino e una volpe che lo teneva per le zampe erano
appena rotolati oltre la soglia.
“Hai intenzione di farci rimproverare
di nuovo da Izumi?”
“Io? Ma sei stato tu a metterti a
correre così!”
“Ma stai
zitta!”
“Ma sta’ zitto
tu!”
I due si presero per il colletto,
tirando indietro un braccio come per darsi un pugno, ma si bloccarono al suono
di una voce di uno dei bambini.
“Yu, chiudi
la finestra! Si muore di freddo!”
Takuto e Aryuna si voltarono contemporaneamente verso la finestra, vedendo
un bambino che poteva avere al massimo sei anni in ginocchio su un lettino
addossato al muro, affacciato sul davanzale.
“Un attimo, sto dando da mangiare a questo uccellino! Guarda che bello, mi viene a prendere le
briciole sulla mano!”
Yu era biondo
e gracilino, avvolto in un pigiamone più grande di
lui, con un enorme sorriso dipinto sul volto e due occhioni
che ispiravano una tenerezza assoluta. Stava porgendo dei pezzetti di pane a un
piccolo gufetto che si era posato a fianco a lui e gli becchettava sulla mano.
“Hi
hi! Mi fai il solletico!”
Una risatina angelica uscì dalla bocca del bambino, che cominciò ad accarezzare
delicatamente con la punta del dito la testa del gufetto.
Tornati nella loro forma normale, i due
si avvicinarono lentamente al lettino di Yu, che era
lontano da tutti gli altri e attaccato alla finestra in un angolo del muro.
Poterono osservare più da vicino il bambino, che sembrava così fragile, ma ogni parte del suo corpo e ogni lineamento del
suo viso esprimevano una gioia assoluta per una cosa così semplice come un
piccolo gufo che mangiava sulla sua mano. Aryuna, non
sapendo bene perché, provò un’immensa invidia per quel bambino.
“Ora devo chiudere,
se no gli altri si arrabbiano! Torna quando vuoi! Ciao
ciao!” Chiuse piano la finestra, restando a guardare
il gufetto che volava via, e tirando un profondo
sospiro quando svanì nel buio delle prime ore della notte. Poi si infilò sotto le coperte, e il suo piccolo corpicino si
raggomitolò mentre con una mano Yu si tirava la coperta
fino a sotto il mento. Uno scintillio dorato rivelò che il bambino aveva al
collo una catenella con appeso un portafoto dorato.
Takuto ed Aryuna arrivarono ai piedi del
letto del bambino, incerti sul da farsi. Sapevano bene qual era il prossimo
passo, ma il sorriso dolce che imperava sul visetto di Yu
li aveva bloccati completamente.
Il bambino sembrava una creatura
eterea, un piccolo angelo finito lì per sbaglio. Entrambi si chiesero se Izumi lo avesse scelto apposta per metterli alla prova. Be’, ci era riuscito. Takuto e Aryuna non avevano il coraggio di guardarsi, quasi
ipnotizzati dalla pelle pallida e vellutata del volto di Yu
illuminata da un debole raggio della Luna. Per un po’ restarono lì in piedi
senza fare nulla, aspettando che l’altro rompesse il silenzio e l’immobilità
che li aveva paralizzati. Dopo un tempo che parve lunghissimo, Aryuna aprì la bocca, ma le parole, che già sembravano
uscire con una difficoltà incredibile, le rimasero bloccate in gola perché i
due furono distratti da una debole luce intermittente che giungeva dal cortile.
Anche Yu se
ne accorse e si rizzò lentamente, stropicciandosi piano gli occhi con i dorsi
delle mani. Il bambino si affacciò sul cortile, e ai suoi lati fecero lo stesso
Takuto e Aryuna. I tre
volti scrutarono all’esterno, oltre il loro riflesso dipinto sui vetri chiusi,
come un quadro appena abbozzato.
Il bagliore proveniva dalla siepe che
divideva il cortile dell’orfanotrofio dalle sbarre che delimitavano la strada.
Dentro la siepe c’era qualcosa che proiettava un debole fascio di luce che si
accendeva e si spegneva proprio verso quella finestra. Yu,
incuriosito, la fissava attentamente. La luce continuò a brillare per qualche
secondo, stavolta puntando dritto sul volto del bambino, che era quasi sorpreso
ogni volta che il suo viso si illuminava e continuava
a tirare dei brevi sospiri di stupore ogni volta che accadeva. Poi si spense
un’ennesima volta, e nonostante il bambino attendesse impaziente, non si
riaccese più.
Yu rimase
immobile per un minuto, indeciso, continuando a scrutare quella siepe appena
visibile nel buio che non mostrava nessun segno di ciò che era appena successo.
Si girò, si infilò un paio di pantofole e si avviò
verso la porta della stanza cercando di non fare il minimo rumore per non
svegliare i suoi compagni che si erano già tutti addormentati.
Takuto e Aryuna si guardarono, poi lo seguirono mantenendosi a una
certa distanza e camminando piano a testa bassa.
Aryuna non
riusciva a capire cosa le stesse succedendo. Era
tenerezza? Pietà? Paura? Qualunque cosa fosse, le aveva riempito il cuore senza
lasciare spazio a nient’altro. Sapeva che per diventare un messaggero di morte
avrebbe dovuto prendere l’anima di quel bambino, che era comunque condannato per qualche motivo a lei ignoto, quindi non stava
compiendo un omicidio. Ma lei, proprio lei che era
convinta delle sue motivazioni ed era così certa di non essere coinvolta
emotivamente, ora si trovava completamente spiazzata. Credeva di essere
preparata a tutto, ma nessuno le aveva detto cosa avrebbe provato a guardare un
bambino pieno di gioia di vivere l’attimo prima di dovergli rubare l’anima.
Nessuno le aveva preannunciato quel groppo in gola,
quella morsa nel petto, quel tremore delle labbra. Non riusciva a piangere, ciò
che provava sapendo di dover rubare il soffio vitale a Yu
era qualcosa di talmente indescrivibile che non le provocava il pianto come una
qualsiasi tristezza.
Come un grosso macigno che le fosse
piombato sul capo, finalmente le era giunta fulminea
la consapevolezza della terribile pena che i messaggeri di morte erano
costretti a provare. In un attimo aveva perso ogni sua certezza. E un veloce
sguardo a Takuto le fece capire che i suoi pensieri
erano gli stessi.
I due seguirono
il bambino che sgattaiolava tra i corridoi privi di vita, e il rumore attutito
dei suoi piedini che percuotevano il pavimento era l’unico suono percettibile
in quel mare di silenzio.
Yu non si
diresse verso l’ingresso principale, ma raggiunse una porticina che dalle
cucine dava sul retro dell’orfanotrofio. Probabilmente aveva la serratura
rotta, perché gli bastò spingerla che questa si aprì senza opporre resistenza,
e i tre si trovarono all’aperto.
Il bambino rabbrividì mentre
attraversava l’uscio, coperto solo dal pigiama e solleticato dal vento. Pochi
secondi dopo Takuto e Aryuna
lo seguirono, cercando nella curiosità sulla provenienza di quella luce
qualcosa che gli facesse dimenticare tutto quello che stavano provando. Come
tentare di arginare un fiume in piena.
Il piccolo gruppo si avviò verso la
siepe, girando su un lato dell’edificio e passando accanto alle giostrine dell’orfanotrofio. Il vento faceva muovere piano
le altalene, che cigolavano sinistramente, e mentre i tre si avvicinavano al
confine del cortile un brutto presentimento cominciò a
farsi strada negli aspiranti messaggeri di morte.
Yu rallentò
fino a fermarsi, bloccandosi a una decina di passi dalla siepe che continuava a
non rivelare nulla di anomalo. Il vento cominciò ad aumentare, facendo agitare
le foglie, che però non si spostavano abbastanza da rivelare cosa ci fosse nel
buio fitto oltre i rami.
Lo sguardo curioso di Yu continuava a spingersi in avanti, quasi tirando il suo
corpo verso i rami. Riprese a camminare, sempre più vicino a quelle foglie
mosse dal vento.
Takuto si
avvicinò piano, e riuscì a scorgere chiaramente un uomo vestito di grigio scuro
e con indosso un passamontagna, perfettamente mimetizzato
nell’oscurità oltre la siepe, con i muscoli in
tensione, che si preparava a ghermire il bambino attraverso i larghissimi spazi
fra le sbarre.
Paralizzato dallo stupore, non potè fare altro che continuare a fissare Yu mentre si avvicinava sempre di
più alle foglie che sembravano protendersi verso di lui, invitandolo in quella
trappola.
Nel giro di pochi secondi, un enorme
fracasso che proveniva dal cortile lacerò il silenzio della notte, facendo
sobbalzare Yu e Takuto.
Molte luci si accesero nell’orfanotrofio e si levarono voci spaventate, mentre Yu correva a perdifiato verso la
porta di servizio per non essere scoperto.
Takuto si
voltò nuovamente verso la siepe. L’uomo era scomparso.
La sua attenzione tornò sul bambino,
che stava rientrando nell’edificio, e guardandolo si accorse della fonte del
rumore: uno scivolo era caduto su una panchina di marmo, rompendosi in numerosi
pezzi che ora giacevano immobili tutt’intorno. In piedi, a fianco alla
panchina, c’era Aryuna.
“Ma che hai
fatto? Te ne rendi conto?” Takuto
la raggiunse, più sorpreso che arrabbiato. “Hai interferito! Sappiamo
che Yu una di queste notti doveva morire, e
probabilmente sarebbe successo ora! Perché…”
“Taci! È
impossibile salvare qualcuno se il suo nome è scritto nella lista! Quindi,
sicuramente non era questo il momento della sua morte!” E senza ulteriori spiegazioni si incamminò verso l’altro lato del
cortile.
Takuto stava
per controbattere, ma poi si fermò. Capiva bene quello che Aryuna
stava provando. Probabilmente, se lei non fosse intervenuta, lui stesso si
sarebbe gettato per salvare Yu. Avevano entrambi
bisogno di tempo.
Quello che Takuto
non sapeva, era che in Aryuna era successo qualcosa
di totalmente inaspettato. Infatti, mentre Yu si
avviava verso le braccia dell’uomo, un’immagine le era balenata violentemente
davanti al viso.
Non sarebbe riuscita a spiegare cosa le
dava questa certezza, ma era sicura di essersi già trovata in una situazione
simile. Con lo stesso bambino.
Continua...