Orfeo ed Euridice
Orfeo era un giovane cantore e
la bellissima melodia della sua lira incantava animali e uomini,
chiunque udisse quelle dolci note.
La sua musica era divenuta, se
possibile, ancora più bella: era, da tre giorni, lo sposo di
Euridice, e la sua felicità era... distrutta, calpestata, ormai
inesistente.
I suoi familiari avevano combinato
un matrimonio con la più grande condanna della sua miserevole
esistenza, la giovane Euridice, e adesso, l'unica consolazione che gli
rimaneva era la sua adorata lira, la sua musica.
Nelle sue melodie infondeva la sua
stessa anima, cercando così di sfuggire in qualche maniera al
triste destino che gli si prospettava al fianco di quell'adorabile
fanciulla.
Stava lietamente suonando in una radura, circondato da animali e persone, quando un'ancella arrivò gridando, sconvolta.
- Oh, Orfeo! Strappa i tuoi
capelli, le corde della tua lira!!! Un serpente insidioso ha morso il
piede di Euridice e lei è morta! Morta! - esclamò
l'ancella.
Orfeo venne sconvolto da quella notizia.
- Dici davvero? Euridice? La MIA Euridice? La mia sposa è morta?! - chiese, al colmo dello stupore.
- La bella è morta! - rispose l'ancella.
Niente si può dire del dolore di Orfeo: era distrutto.
- SONO LIBEROOOOOO!!! LIBERO!!! BENEDETTA SERPE CHE L'HAI MORSA!!! -.
- Oh, Orfeo... mi rattrista tanto
vederti così afflitto... la tua Euridice è morta! Oh... -
continuò l'ancella.
- Sopravviverò... -.
Gli occhi dell'ancella s'illuminarono.
- Oh, Orfeo... adesso impiegherai
tutte le tue energie per attraversare monti, mari e fiumi sconosciuti,
arriverai allo Stige, entrerai nell'Oltretomba e chiederai al sommo Ade
di poter avere di nuovo Euridice, affrontando la prova che il dio ti
imporrà di superare per riportare la tua amata nel regno dei
vivi? - chiese l'ancella, con occhi pieni d'ammirazione.
- Eh? - domandò lui, perplesso - Ma non ci penso nemmeno!! -.
- Non lasciarti abbattere così, nobile Orfeo, non tutto è perduto! -
- E' davvero confortante esser così compreso... - mormorò lui.
Dopo quella notizia, lo sentirono
cantare e suonar più felicemente di prima, intonar canti agli
angeli, alla natura, alla vita e nessuno mancava, ascoltandolo, di
rivolgergli parole di conforto per la perdita della sua amata, parole
che, francamente parlando, gli entravano da un orecchio e dall'altro
gli uscivano.
Canti ancor più felici, poi,
intonò dopo il funerale della sua sposa, gesto che dai
conoscenti fu interpretato come un tentativo di consolarsi dall'immenso
dolore di quella perdita così improvvisa.
Un giorno, mentre suonava
tranquillo in una radura, dimentico della sua amata Euridice, un lupo
sbucò da un cespuglio e strapò dalle sue mani la sua lira.
- No!! La mia lira!! - esclamò il giovane, inseguendo la belva.
Attraversò così
pianure immense, valicò monti sconosciuti, guadò fiumi e
solcò mari ignoti, finché non giunse al limite estremo
del mondo umano, oltre al quale i vivi non erano ammessi: il confine
dell'Oltretomba.
Il povero Orfeo era stanco del
lungo viaggio e, giunto nei pressi del fiume Stige, si fermò per
riprendere fiato, mentre il lupo, con un unico balzo, oltrepassava
l'ampio letto del fiume.
Orfeo si domandò se tornare
indietro o proseguire, ma decise subito di continuare l'inseguimento:
in gioco, c'era la sua adorata lira.
Un rumore di remi attirò la
sua attenzione: Caronte, il traghettatore delle anime dannate,
fermò la sua barca vicino al giovane.
Era davvero avvenente, considerato
che era pur sempre al servizio del signore degli Inferi: capelli corti
viola, grandi occhi marroni, pallida.
Tuttavia, il suo sguardo non aveva assolutamente niente di vivo: metteva quasi i brividi.
- Chi sei? - domandò atono, continuando a guardarlo.
- Io sono Orfeo, il cantore -
- Non sei morto - osservò il traghettatore.
- Sono qui per riprendere la mia lira! -
- I vivi non passano -
- Ma quel lupo è passato! Devo passare anche io!! -.
Caronte tacque e lo fissò intensamente.
- Devi pagare il pedaggio - rispose infine.
- Non ho di che pagare -.
Si fissarono per altri istanti, finché Orfeo non si decise a rompere quella snervante assenza di suono.
- B-be'... potrei cantare... -.
Iniziò così a cantare, anche senza il suono della sua fidata lira.
Caronte lo ascoltò, impassibile.
Quando ebbe finito, il traghettatore volse la prua e se ne andò.
- N-no! Aspetta!!!! E la mia lira?!?!? - esclamò Orfeo, gettandosi nella barca.
Caronte gli lanciò
un'occhiata imperturbata, quindi lo colpì reiteratamente con un
remo, assestandogli infine un colpo talmente forte da scaraventarlo
fino sulla sponda opposta.
Il giovane, dolorante, guardò la barca allontanarsi, prima di addentrarsi nel regno di Ade.
"Accidenti a quel lupo! Se non mi
avesse preso la lira, non sarei qui!!" pensò Orfeo, contrariato,
continuando a procedere.
Nel camminare sovrappensiero, non
si era accorto di essere arrivato all'ingresso per il cuore degli
Inferi, sorvegliato da Cerbero.
Orfeo camminava ancora, quando il gigantesco guardiano gli poggiò una zampa addosso, schiacciandolo a terra.
Iniziò quindi a giocare con
il povero cantore come fosse un giocattolino per cani, finché il
disgraziato non si afflosciò privo di sensi tra le sue zampe.
Persa ogni attrattiva per quel bambolotto ormai inerte, il cane tornò a guardia dell'ingresso.
Appena riavutosi, Orfeo cercò di escogitare qualcosa che potesse aiutarlo a superare quell'avversario.
Un'idea gli balenò in mente
e subito si applicò per metterla in pratica: si accostò
al cagnone ed intonò una ninna nanna che acquietò la
bestia, fino a farla sprofondare in un quieto sonno.
A quel punto, fu libero di passare.
Scorse in lontananza il lupo che,
fra le fauci, stringeva ancora la sua adorata lira e lo guardava con
occhiacci iniettati di sangue.
Un moto di rabbia lo spinse a rincorrere quella fonte di guai.
Nell'inseguimento, passò vicino ad una ruota infuocata, alla quale era legato Issione, colpevole d'aver desiderato Era.
- Oh, Orfeo! Ti prego, canta per me, cosicché possa trovare qualche istante di pace... -
- CAGNACCIO!!!! TORNA QUIIIIII!!!! -.
Orfeo nemmeno considerò l'invocazione di Issione, impegnato com'era a correr dietro al lupo.
Passò vicino a Tantalo, colpevole d'aver condiviso l'ambrosia divina con gli umani, condannato a fame e sete eterne.
Anche questo gli rivolse la sua
supplica: - Orfeo, cantore celestiale! Ti prego, fermati e canta, in
modo che l'acqua e i frutti non si allontanino da me ed io possa bere e
saziarmi! -.
Ma il giovane, preso dalla sua caccia, non si preoccupò neppure di rispondere.
Corse dietro al maledetto animale
ancora a lungo, raggiungendo inavvertitamente la parte più
remota e intima dell'Oltretomba: il palazzo di Ade.
Qui, finalmente riuscì ad avvicinarsi al lupo.
- Oh, Orfeo!! Finalmente sei qui!!! -.
La voce femminile che lo richiamò era sottile, bassa, ma udibile.
Il giovane allora si guardò intorno e realizzò di essere giunto nel palazzo del Signore degli Inferi.
Dinanzi a lui, vide Persefone, la moglie di Ade, seduto al suo fianco.
Rimase stupito: si aspettava una coppia più inquietante, più... demoniaca.
In realtà, il grande Ade e
Persefone sembravano due ragazzi: Ade aveva castani capelli corti, gli
occhi chiusi e sorrideva, pensando a chissà cosa.
Persefone era castana, giovanissima, dalle forme accentuate, molto, molto avvenente, decisamente più di Euridice.
- Oh, Orfeo, finalmente sei arrivato! - esclamò Persefone, sull'orlo del pianto.
- Orfeo! Devi portarla via! - tuonò Ade, mantenendo, a dispetto del tono, il suo sorrisino.
- Mmh? - domandò il giovane, perplesso.
- Quella ragazza, Euridice, la tua sposa... - spiegò timidamente Persefone.
Orfeo strabuzzò gli occhi.
- Euridice è QUI!?!? -.
Ade gli indicò un punto alle sue spalle.
Orfeo non fece in tempo a voltarsi che Euridice gli saltò addosso, euforica.
- ORFEOOOOO!!! -
- EURIDICE?!?!? - esclamò lui.
Il giovane cantore impallidì e saltò via.
- C-che cosa ci fai qui? -
- Amoreeeee!!! ORFEOOOO! -
- Toglimi le mani di dossoooo!!! -.
Euridice iniziò a rincorrere il povero Orfeo, che cercava di sfuggire alle sue grinfie.
Nonostante fosse del pallore della morte, era dannatamente viva.
- Orfeo, amor mio! Finalmente sei giunto a salvarmi! -
- Ma non ci penso nemmeno!!! -.
Euridice iniziò a
sproloquiare sul loro futuro insieme, includendo anche eventi
paranormali e sovrannaturali, oltre alla solita solfa del metter su
famiglia, eccetera.
- Basta... basta! Fatela smettere... - piagnucolò Persefone.
In quel momento, gli occhi di Orfeo si posarono su Ade, che stringeva in mano la sua lira.
- LA MIA LIRA!!! RIDAMMELAAAAA!!! - gridò il ragazzo, slanciandosi verso il dio.
- La rivuoi? Allora portala via!! -
gli intimò cordialmente Ade, senza abbandonare il suo sorriso
innocente, accennando ad Euridice.
- Ma neanche per sogno!! E' morta, ormai è un problema vostro!! -
- Hai la mia autorizzazione a
portarla via di qui! Anzi, è un ordine!! Dovrai portarla nel
mondo dei vivi, tenendola per mano, senza voltarti a guardarla -
- Ma anche no! -
- Altrimenti non rivedrai mai più la tua lira! -.
A quell'ultima intimazione, Orfeo
parve cambiare tutto d'un tratto idea, afferrò Euridice per un
braccio e la trascinò di peso verso la porta.
Iniziò così a
ripercorrere a ritroso il regno di Ade, con la sua amata che
sproloquiava a raffica, riempiendogli le orecchie di un ronzio
indistinto di parole e frasi per lui prive di un qualsivoglia senso.
L'unica cosa che gli rammentavano
era il suo fortissimo desiderio di mollarla lì nel mezzo del
regno dei morti e andarsene, ma non poteva: in gioco c'era la sua lira.
Così era costretto a
sopportare quel fiume in piena di discorsi campati in aria, quella
pioggia senza fine di parole prive di filo logico.
Tuttavia, anche la sopportazione
umana aveva i suoi limiti e, proprio quando ormai era fatta, quando
mancavano solo pochi centimetri alla sua ricompensa, il ritorno della
sua amata lira, i suoi nervi cedettero.
Mollata la presa sul suo polso, si girò a guardarla dritta negli occhi, furioso.
- ORA MI HAI SCIOCCIATO!!! TACI!! STA' ZITTAAAAAAA!!!!!!!!! -.
La ragazza lo fissò per qualche istante, perplessa.
- Amore... - mormorò.
- Troppo presto ti sei voltato Orfeo! Ora la tua lira non è più tua... -.
Una voce riecheggiò attorno al cantore, che solo in quel momento ricordò della minaccia di Ade.
- No, a-aspetta!!! No, la mia lira no!!! -.
Euridice svanì nel nulla,
inghiottita nuovamente dal nero degli Inferi, insieme alla speranza del
cantore di rivedere la sua amata lira.
Angolino autrice
Oki, so che è uno
schifo, ma l'idea mi piaceva troppo! X3 Probabilmente era l'ebbrezza
dell'ispirazione, perché ora sono convinta che non sia venuta un
granché -.-'' va be', almeno c'ho provato... spero non me ne
facciate una colpa e che, magari, mi lasciate un commentino... ^^'''''
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