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Titolo:
Temporale d’Agosto
Fandom:
Axis Power Hetalia
Personaggi/Pairing:
Inghilterra (Arthur Kirkland), Giappone (Kiku Honda), America (Alfred F. Jones)
Prompt:
Temporale d’Agosto
Rating:
Verde
Conteggio Parole:
1085 (Word)
Avvertimenti:
Shonen-ai, OneShot
Note:
Scritta per la mia cartella della
Criticombola su
Criticoni.
{ Temporale d’Agosto ~
Stavano seduti sul portico che dava al giardino e osservavano quasi
incantati quel fenomeno per loro innaturale. Era Agosto inoltrato e lì, in
Giappone, pioveva da ormai ore - da leggera pioggerellina si era passati ad un
vero e proprio acquazzone, con tanto di fulmini.
" Da me in Agosto non piove.", commentò secco Inghilterra, dopo che
il cielo grigio venne sinistramente illuminato da un lampo, seguito qualche
secondo dopo da un rumoroso tuono.
" Piove e c'è sempre la nebbia a casa tua.", ribatté America,
coricandosi sul portico per posare la testa sulle gambe di Giappone, ignorando
completamente lo yukata che indossava che finì per alzarsi quasi del tutto
lasciando le gambe scoperte. Kiku, in risposta, balbettò qualcosa arrossendo
leggermente: non solo per la pelle messa a nudo ma anche per la posizione per
lui compromettente.
" È sempre grigio a Londra. Come il tuo carattere. Da me ad
Agosto c'è il sole e dal caldo quasi si soffoca. Meno male che ho aperto tanti
McDonald: lì si sta veramente bene.", continuò ridendo.
Arthur grugnì, non apprezzando né l'insulto dell'altra Nazione, né
il suo vantarsi da tipico americano e né tantomeno la posizione che aveva
assunto sul giapponese, troppo buono e gentile per mandarlo a quel paese dal
quale proveniva.
Nel mentre, a rompere quel breve silenzio che si era creato, un
altro lampo illuminò i tre, seguito all'istante da un tuono che fece tremare i
vetri dell'abitazione data l'intensità.
" Sta arrivando un temporale...", commentò Kiku con voce bassa.
" Bene, America fila dentro.", ordinò imperioso Inghilterra.
" Non sono più tuo fratello.", si lamentò subito Alfred. " E non ho
più paura dei temporali. Sono un eroe e devo proteggere Kiku.", continuò,
muovendosi per allacciare le braccia attorno alla vita di Giappone che, preso
alla provvista, sussultò avvampando e balbettando qualcosa di incomprensibile,
il tutto mentre l'americano strusciava, lascivo e affettuoso, il viso sul suo
ventre come era ormai solito fare.
" A-america-san..."
" La vuoi piantare?! Lo stai mettendo a disagio, damned America!",
lo rimproverò l’inglese, senza riuscire a nascondere un chiaro moto di gelosia
nella voce.
Aveva finalmente trovato un posto dove stare in pace e in buona
compagnia, perché con Kiku si trovava veramente bene ormai, era dolce e gentile,
un buon ascoltatore e, quando voleva, anche ottimo oratore di leggende e storie
del passato. Adorava passare qualche giorno con il giapponese, rilassandosi e
abbandonando per qualche tempo l'occidente ma, tanto per cambiare, quell'ameba
di Alfred rovinava tutto.
Era un buono a nulla, in grado solo di rovinare ogni cosa che
rendeva Arthur felice.
" N-non ti p-preoccupare, Igirisu-san...", mormorò Giappone
anche se era chiaramente a disagio. Non era ancora abituato - e forse non ci
sarebbe mai riuscito - ai modi affettuosi delle altre Nazioni. E nonostante
tutto il tempo passato con Italia, che elargiva baci e abbracci come caramelle,
ancora continuava a vergognarsi quando veniva stretto tra le braccia di
qualcuno.
" Kiku è mio~", continuò infantilmente l'americano.
" Ancora con questa storia?", esclamò esasperato Inghilterra. "
L'avevamo detto perché eri stressante."
" Sono io che l'ho aiutato dopo la Seconda Guerra Mondiale."
" Sei tu che l'hai distrutto, idiota!"
" Mmh...", pensieroso America, allentò leggermente la presa,
salvo poi sussultare quando un fulmine squarciò violentemente il cielo seguito
poi da un potente rombo che, per un attimo, lo assordò.
Decisamente, per quanto desiderasse stare con Giappone - amava quel
ragazzino timido e impacciato che nascondeva dietro il rossore forza e onore,
era un tipo speciale e ogni volta che lo vedeva aveva sempre voglia di
abbracciarlo, anche se sapeva di metterlo alquanto a disagio -, per lui quelli
erano temporali fuori stagione e proprio non gli piacevano. Sinceramente, non
gli sarebbero piaciuti neanche se erano d'inverno e non ad Agosto, ma se si
potevano evitare era sempre meglio.
Quindi, per quella volta - ma solo quella! -, avrebbe
lasciato campo libero a Inghilterra con Kiku ma la prossima - non nella stagione
delle piogge possibilmente - sarebbe stato solo suo e non l'avrebbe lasciato per
nulla al mondo. Né a quel musone di Arthur né a nessun altro: perché Giappone
era suo.
Quindi, sciogliendo l'abbraccio, tentò di assumere una parvenza
seria che fece ovviamente intuire il suo disagio a entrambe le Nazioni.
" Mi piacerebbe stare qui, ma io al contrario di qualcun'altro
lavoro e non poltrisco in casa l'altri.", insinuò, alzandosi e sistemandosi lo
yukata.
" Sicuro di non voler rimanere, America-san?", chiese
Giappone cordialmente. " Non è di alcun disturbo."
" Grazie Kiku.", sorrise ampio e, aggiungendo un: " Ma il mondo
ha bisogno di un eroe.", si congedò senza salutare l'inglese, donando però
al giapponese un furbo e veloce bacio sulle labbra.
" Bastardo! Io ti ammazzò!", esclamò all'istante Arthur,
scattando in piedi per uccidere, come appena promesso, l'americano che, conscio
del pericolo e del temporale sempre più vicino, se l'era data a gambe.
" Lo uccido. Lo lego dentro la Casa Bianca e gli do di nuovo
fuoco.", ringhiò minaccioso Inghilterra. Non lo sopportava proprio e crescendo
aveva perso i pochi neuroni che possedeva quando era un bambino: avrebbe fatto
meglio a lasciarlo a Francia, almeno non avrebbe avuto tutti quei problemi.
" Calmati... n-non... è stato n-niente...", balbettò Kiku,
tenendo il capo basso per nascondersi dietro la lunga frangia, riuscendo
miracolosamente nell'impresa di calmare Arthur che, subito, tentò di fargli
sollevare il viso.
" Tutto bene?", domandò preoccupato, carezzandogli la guancia
rossa. La sola idea che quell'idiota avesse sfiorato con le sue luride labbra da
mangiatore di hamburger, quelle del suo dolce Giappone lo faceva ribollire di
rabbia, ma sapeva benissimo quanto questo non amasse più la violenza: ne aveva
subita troppa per tollerarne altra.
" H-hai..."
" Scusa.", mormorò poco dopo, inginocchiandosi davanti al
giovane. Kiku lo guardò interrogativo, stupito da quella parola che, secondo
lui, non doveva essere pronunciata dall'inglese. Era lui infondo che, impacciato
com’era con i contatti umani, non riusciva a muoversi quando Alfred lo
abbracciava.
" Non dovevo permettere che ti toccasse. E ti prometto che non lo
farà mai più.", avrebbe preservato e protetto quel suo piccolo angolo di
paradiso con le unghie e con i denti se necessario. Perché solo lui poteva
toccare Kiku e baciarlo.
E mentre Giappone sorrideva, luminoso e grato per quell'affermazione
- Inghilterra per quanto strano fosse, riusciva sempre a tranquillizzarlo con
quel suo incondizionato affetto -, Arthur si piegava leggermente verso lui,
sfiorandogli le labbra con le sue dolcemente.
Sì, solo Inghilterra poteva permettersi di toccarlo in quel modo.
Un po' di sano
spam!
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